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Immagine di Dawn of Fear, un survival horror vecchia scuola che tenta di omaggiare i classici - Recensione
Recensione

Dawn of Fear, un survival horror vecchia scuola che tenta di omaggiare i classici - Recensione

Dawn of Fear tenta di omaggiare i survival horror classici, ma fa un clamoroso buco nell'acqua. Vi spieghiamo perché nella nostra recensione.

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 05/02/2020 alle 11:18
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  • Pro
    • Struttura di gioco da survival horror classico, con inquadrature fisse
    • È un autentico salto alle origini del genere
  • Contro
    • Troppi problemi tecnici, taluni di enorme entità
    • Hitbox da rivedere e alcune morti che arrivano in modo del tutto misterioso
    • Trama inconsistente

Il Verdetto di SpazioGames

4.8
Dawn of Fear è un'opera che nasce da una buona intenzione ma che deve scontrarsi con degli evidenti limiti tecnici, di programmazione e di game design. Sebbene sia indicato ai puristi del genere, che aspettavano da tempo un'avventura con inquadrature fisse e una struttura di gioco che viene fuori direttamente dagli anni '90, viene difficile consigliare Dawn of Fear. Alcuni problemi di grossa entità non sono minimizzabili nemmeno da chi ha fatto del survival horror la propria religione.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Dawn of Fear
Dawn of Fear
  • Sviluppatore: Brok3nsite
  • Produttore: Good Game Publishing
  • Piattaforme: PS4
  • Data di uscita: Disponibile

Può un gioco obiettivamente molto problematico e con degli imperdonabili errori di progettazione riuscire a risucchiarvi nel suo mondo e non lasciarvi più? Se avete un’alta resistenza alla frustrazione e tanta nostalgia per i survival horror vecchia scuola con inquadrature fisse, la risposta potrebbe essere sorprendentemente positiva, anche se Dawn of Fear ha degli orrori da mostrare che non sono esattamente quelli che vi aspettereste da un titolo del genere.

L’alba di un orrore senza fine

Gli spagnoli Brok3nsite ci avevano già provato due anni fa su Kickstarter, senza successo: avevano presentato la bozza di Dawn of Fear e non avevano raccolto abbastanza fondi per far diventare il progetto realtà. Poi arrivò PlayStation Talents, un programma utile a formare e promuovere i talenti spagnoli, con risultati che nel corso degli anni non hanno ancora raggiunto picchi di grande rilevanza. Nelle intenzioni degli sviluppatori, Dawn of Fear è un omaggio ai due mostri sacri che hanno influenzato e indirizzato il genere, il punto d’incontro tra Resident Evil e Silent Hill; nella realtà dei fatti, pur intravedendo un buon gusto per la struttura d’insieme che ricalca gli schemi del passato, il progetto è un disastro da praticamente tutti i punti di vista. Dalla storia raffazzonata, lacunosa e narrata in modo sommario e sbrigativo, fino ad arrivare ai disastri tecnici a cui nemmeno delle grandi patch correttive possono rimediare, di Dawn of Fear rimane ben poco da salvare.

Alex è il protagonista della storia, un ragazzo a cui la fortuna ha sempre rivolto le spalle. La madre muore dandolo alla luce, il padre e il fratellastro muoiono in un incidente stradale in cui lui è l’unico superstite e la matrigna, non riuscendo a superare il doppio lutto, finisce in una clinica psichiatrica. Una volta tornato nella casa di famiglia, Alex scopre un mondo di crudeltà e follia da cui non riesce più ad evadere; da quel momento in poi, quello che doveva essere un’ultimo commiato a un passato di sciagura, si trasforma in un incubo a occhi aperti. Dawn of Fear parte da queste premesse, ma poi lascia disperdere le tracce del canovaccio narrativo in un vuoto costellato di tanto in tanto da file di testo confusi e senza collegamenti reali al troncone principale della trama, aprendo la strada alla negromanzia solo quando la storia arriva davvero con le spalle contro il muro.

Che Dawn of Fear sia poco più di un titolo amatoriale è evidente sin da subito, da quando già nelle fasi iniziali viene mostrata quella magione dove per gran parte del tempo sarete costretti a fare avanti e indietro per risolvere puzzle classici che risultano essere piuttosto banali e scontati. La modellazione poligonale di mostri e personaggi è davvero molto lontana dagli standard moderni, anche degli indie, e il monster design non mostra nulla di nuovo rispetto a quanto si sia già visto negli ultimi vent’anni, sottolineando una mancanza d’idee che si estende a tutta la produzione.

Si tratta di un survival horror classico, è vero, ma quando nulla di nuovo si aggiunge, e tutto si distrugge, lo sconforto prende ben presto il sopravvento. Eppure Dawn of Fear possiede quell’inspiegabile fascino, quasi mistico, che avvolge le produzioni di un paio di generazioni fa, capaci di spingere l’utente a volerne sapere di più, ad andare avanti nonostante la frustrazione e le assurdità di un game design azzoppato da inesperienza ed errori grossolani.


Morti viventi e creature maligne

Si tratta forse del fascino di produzioni che non ci sono più, che è un po’ come voler ricercare un passato che non tornerà e che in qualche modo estende ancora un ultimo tentacolo verso il presente. Ecco dunque che ci si sentirà subito a proprio agio a trovare chiavi nascoste, esaminare a fondo le stanze alla ricerca di indizi e oggetti utili, risparmiare i pochissimi proiettili e medikit che troverete sparsi lungo gli ambienti di gioco, risolvere qualche rompicapo prima di passare all’area successiva. Fanno invece sentire molto a disagio le assurde hitbox e certe situazioni di gioco in cui si muore senza alcun motivo valido, o i mancati caricamenti di stanze che rimangono prive di asset per metà, o la gestione di inquadrature fisse che talvolta diventano dinamiche facendo perdere la bussola al giocatore.

Giusto per fare un esempio, durante la prima vera boss fight ci è capitato diverse volte di morire senza subire davvero i colpi del nemico, come se il calcolo delle distanze diventasse in quell’occasione del tutto fantasioso; e lo stesso valeva per il grosso container che facevamo arrivare con violenza verso la sua direzione, il quale poteva causargli danni senza colpirlo o fargli il solletico, senza che la presenza di un chiaro input facesse capire gli esiti del finto impatto.

Contro i nemici standard, invece, l’uso del coltello si rivela spesso molto più utile di quanto possa apparire: basta piazzarsi non troppo lontani e sferrare due rapidi fendenti per liberarsi in un attimo degli zombi di turno. Dawn of Fear molto spesso bara, come quando fa spuntare frotte di non morti nella seconda parte di gioco lì dove avevate già debellato la minaccia. La difficoltà aumenta così in maniera artificiosa, obbligandovi a gimcane disperate. Inoltre, i nemici rimangono esattamente dove li avevate lasciati l’ultima volta, pertanto se siete riusciti a scappare via mentre un mostro era nei pressi dell’uscio, al prossimo ingresso un morso che toglie quasi metà della salute sarà assicurato al cento per cento.

Dawn of Fear, come già anticipato, ha non pochi problemi tecnici: non bastassero i modelli e le animazioni insufficienti, talvolta intervengono dei cali di frame e delle strane balbuzie come glitch visivi che mostrano lo spazio siderale al posto delle pareti. Molte texture hanno poi un solo strato, con la logica conseguenza che alcuni elementi appaiono fatti di pongo, e in generale il colpo d’occhio non offre grandi spunti.

+ Struttura di gioco da survival horror classico, con inquadrature fisse

+ È un autentico salto alle origini del genere

- Troppi problemi tecnici, taluni di enorme entità

- Hitbox da rivedere e alcune morti che arrivano in modo del tutto misterioso

- Trama inconsistente

4.8

Dawn of Fear è un’opera che nasce da una buona intenzione ma che deve scontrarsi con degli evidenti limiti tecnici, di programmazione e di game design. Sebbene sia indicato ai puristi del genere, che aspettavano da tempo un’avventura con inquadrature fisse e una struttura di gioco che viene fuori direttamente dagli anni ’90, viene difficile consigliare Dawn of Fear. Alcuni problemi di grossa entità non sono minimizzabili nemmeno da chi ha fatto del survival horror la propria religione.

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