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The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom | Recensione

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un mosaico che incastona una meraviglia all'altra. Nella video recensione vi spieghiamo perché.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

In sintesi

  • Un mondo enorme tra terra, cielo e sottosuolo
  • Gameplay che si fida completamente del giocatore
  • Migliore di Breath of the Wild in ogni suo aspetto

Informazioni sul prodotto

Immagine di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom
The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom
  • Sviluppatore: Nintendo
  • Produttore: Nintendo
  • Distributore: Nintendo
  • Testato su: SWITCH
  • Piattaforme: SWITCH
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 12 maggio 2023

Non si può chiedere a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom di restituire quello stesso senso di meraviglia che ha creato il suo predecessore, stravolgendo il mondo di Zelda, il mondo di Nintendo e il mondo dei videogiochi nel 2017 – quando Breath of the Wild fece il suo esordio su Wii U e Switch.

Infatti, non lo restituisce. Perché, semplicemente, quell’idea di open world completamente nelle mani del giocatore, della sua inventiva e della sua voglia di scoprire cosa c’è oltre lo sguardo è impossibile da replicare. Nessuno l’ha fatto in questi sei anni, ma molti hanno preso appunti e rielaborato quel concetto, come lo splendido Elden Ring di FromSoftware.

Come si fa, quindi, ad approcciare il sequel di un videogioco del genere?

Ce lo siamo chiesti molte volte su queste pagine e immagino se lo sia chiesto anche Eiji Aonuma nel dirigere i lavori per Tears of the Kingdom. Videogioco che, ormai lo sanno anche i muri, nasce come DLC di Breath of the Wild per poi essere annunciato come un sequel ufficiale nel 2019.

Come si fa a essere all'altezza di qualcosa che ha semplicemente cambiato tutto ciò che pensavamo si potesse immaginare e vivere con un videogioco?
Una proposta che ha cominciato a creare attesa ed esaltazione, ma anche un certo moto di preoccupazioni e timori nella community: come si fa ad essere all’altezza di qualcosa che ha semplicemente cambiato tutto ciò che pensavamo si potesse creare, immaginare e vivere con un videogioco?

Costruendo qualcosa che non sia tanto il Majora’s Mask della serie, come era comprensibile ipotizzare, ma il suo Super Mario Galaxy 2.

I giocatori più anziani ricorderanno lo scetticismo, soprattutto dei fan, all’idea che quel capolavoro per Nintendo Wii potesse avere un seguito diretto. “Ecco ora Nintendo comincia a pensare solo ai soldi”, “Anche loro si mettono a fare sequel su sequel” (il periodo storico era atroce in questo senso, va detto), “Ora che hanno venduto tante Wii vendono sempre lo stesso gioco”. Solo che Super Mario Galaxy 2 era tutto meno che lo stesso videogioco.

La storia è circolare, come l’uroboro del logo di questa nuova avventura, e Nintendo dimostra ancora una volta che le idee sono tutto. Perché la risposta alla domanda che tutti gli appassionati e gli scettici, i nuovi e vecchi Veri Credenti della Triforza, i fan giovani e anziani di The Legend of Zelda stavano cercando è nel videogioco che dal 12 maggio 2023 cambierà ancora una volta il mondo.

Hyrule, sei anni dopo

Le prime due ore scarse di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom vi daranno inevitabilmente una sensazione di deja vù.

Almeno dopo aver preso confidenza con i nuovi poteri di Link all’interno di un’isola nel cielo, una grande area che funge da tutorial e che permette di capire esattamente come inizierete a rivoluzionare il vostro approccio al gameplay.

Per scoprire che fine ha fatto la principessa di Hyrule dopo il risveglio accidentale di Ganondorf, narrato nel prologo, dovrete visitare il regno degli Zora, delle Gerudo, dei Goron e dei Rito per ottenere delle informazioni, oltre a rivivere dei ricordi trovando le lacrime del drago piovute dal cielo attraverso dei geoglifi impressi nella terra.

Devo essere sincero, quando mi sono ritrovato di fronte allo stesso setup di Breath of the Wild sono trasalito. Ho fatto fatica ad accettare che, dopo sei anni, fosse di nuovo questa la soluzione narrativa proposta da Nintendo. A maggior ragione perché in me ha iniziato a palesarsi la mefitica idea di avere qualcosa per cui dare ragione a chi, negli ultimi mesi, ha ripetuto la frase “more of the same” come un boblin in preda all’ira.

Fortunatamente le cose non stanno così.

Prima di tutto, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom manda un messaggio molto chiaro al giocatore rispetto al fatto che le cose sono cambiate. Con un paio di note bassissime al pianoforte che introducono il prologo dell’avventura, impostando un registro narrativo molto più cupo e tragico, Nintendo ci avverte che il mondo non è affatto salvo.

Le prime fasi di Tears of the Kingdom vi lasceranno senza fiato, con una sensazione di felice sopraffazione.
Le azioni di Zelda e Link causano il risveglio di Ganondorf, la cui sola presenza da tempo affligge Hyrule infettandolo con il miasma, le oscure escrescenze che emergono del castello in rovina e si diffondono per tutto il regno.

Se Breath of the Wild chiedeva al giocatore di capire come sconfiggere la Calamità Ganon dandogli la piena libertà nell’eseguire l’azione eroica, Tears of the Kingdom fa nascere il dubbio del mistero nel giocatore. Dov’è Zelda e cosa le è successo? Cosa c’è nel sottosuolo del castello? Chi è Ganondorf e perché risiede nelle profondità? Di chi è il misterioso braccio che sostituisce quello malato di Link?

Questa sensazione di dubbio, l’indagine che Link deve portare avanti nella prima fase dell’avventura, ci porta a scoprire come il mondo è cambiato negli anni successivi a quelli della sconfitta delle Calamità Ganon.

Da questo momento in poi il deja vù scompare rapidamente e The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom comincia a mettere a terra le sue idee, ma anche in cielo… e nel sottosuolo.

Non c’è la necessità di andare direttamente alla fonte del male dall’inizio della partita ma, allo stesso tempo, nessuno vi impedisce di esplorare le profondità del castello fin dal primo minuto di gioco.

Le prime fasi di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom vi lasceranno senza fiato, con una sensazione di felice sopraffazione come se aveste ricevuto una serie di bellissime notizie da una persona a cui volete bene.

Ci sono un mondo da riscoprire, delle isole nel cielo che nascondono segreti, tantissimi nuovi cibi e materiali con cui sperimentare, un braccio pieno di poteri inediti con cui iniziare a manipolare il mondo, e un sottosuolo opprimente e misterioso che promette di dare risposte a chi ha l’ardire di esplorarlo. Da dove cominciare?

C’è molto di cui parlare, tanto e altrettanto al punto che, anche mentre continuo a giochicchiare tra la scrittura di un pezzo di recensione e l’altra, continuo a scoprire cose nuove in questo mondo meraviglioso.

Nella speranza di riuscire a restituirvi tutto quello che vorrei, raccontandovi le sensazioni di un videogioco epocale senza rovinarvi la sorpresa di viverlo da soli, facciamo così: partiamo dal basso puntando in alto, per poi andare oltre.

Un sottosuolo che sogna il Crepuscolo

I più attenti l’avevano intuito (anche il sottoscritto, in un piccolo bagno di non-umiltà) anche se Nintendo è rimasta molto silenziosa: la vera sorpresa di Tears of the Kingdom non è in alto, ma in basso.

Il miasma generato dalla rinascita di Ganondorf ha eruttato in varie parti di Hyrule, generando dei crateri in cui è possibile tuffarsi per iniziare l’esplorazione.

L’effetto è meraviglioso perché completamente opposto a quello che si ha quando ci si tuffa per la prima volta dalle isole nel cielo. Non solo per motivi ovviamente geografici, ma anche per la sensazione che si vive ogni volta che ci si lancia nelle profondità.

Se dal cielo si può cominciare a scrutare il terreno durante la caduta libera per individuare zone interessanti su cui atterrare, il sottosuolo è completamente oscuro e tutt’altro che accogliente.

Le prime incursioni in questa parte del mondo sono avvolgenti perché Tears of the Kingdom diventa, in questi momenti, quasi un videogioco survival. Per poter illuminare il mondo circostante è necessario lanciare degli speciali globi luminosi, da attaccare alle frecce dell’arco, creando così delle zone luminose che permettono di scrutare il cammino. Ma tutte queste risorse sono limitate e, ancora una volta, le armi si rompono – e quindi l’arco tende a consumarsi anche in questo modo.

Il sottosuolo non pullula di città ma quella di Link non sarà affatto una esplorazione in solitaria. Mostri e creature di ogni tipo si annidano in ogni angolo, fomentati fisicamente e mentalmente dal miasma di Ganondorf, che li rende più aggressivi e pericolosi. Il sottosuolo è infatti la fonte di una delle nuove meccaniche di gioco, per cui i danni inflitti dal miasma sono quelli “normali”, ma tolgono cuori massimi dalla riserva.

Nel sottosuolo cambia completamente il paradigma dell'esplorazione.
Questi cuori possono essere recuperati attraverso ricette speciali (ma indovinate quanti pentoloni ci sono nel sottosuolo?), oppure aprendo delle radici luminose che traggono luce dalla superficie. Funzionano in maniera simile alle classiche torri della terra ferma, fungendo da teletrasporto e da cura per i danni ricevuti dal miasma. Con il tempo i modi per resistere a questa energia negativa saranno diversi, tra pozioni e abiti speciali, ma soprattutto nelle prime fasi il sottosuolo è l’elemento più sorprendente del gioco, pur non essendo certo l’unico.

In questa parte del mondo che si estende in maniera analoga alla mappa di superficie, cambia completamente il paradigma dell’esplorazione. Difficile essere spavaldi quando non si vede a un palmo dal naso, e anche quando si è preparati a sufficienza c’è sempre qualcosa che sorprende costringendo a rivedere le proprie mire.

Il sottosuolo nasconde edifici a volte anche molto complessi, zone naturali che ospitano creature sorprendentemente forti, angoli in cui scoprire preziosi elementi dell’ambientazione, dove ottenere oggetti segreti e unici, così come in cui vivere storie e missioni secondarie dedicate – come quella del redivivo Clan Yiga, per fare un esempio.

Senza svelarvi troppo, Koga e il suo clan sono in questa zona per un motivo preciso. Esplorando le loro basi potrete scoprire segreti molto interessanti, per il sottosuolo e non solo, così come ottenere dei progetti per costruire veicoli molto elaborati con cui esplorare Hyrule in ognuno dei suoi tre livelli.

Solamente questa porzione di Hyrule costituisce idealmente un videogioco a sé stante considerando che, seguendo solamente le missioni principali e poco altro, arriverete a visitare poco più del 20% della sua estensione completa.

Il resto è tutto nella volontà dei giocatori di scoprire ed essere sorpresi dai segreti della parte più oscura di Hyrule. Che non è certo l’unica.

Una terra che scopre un nuovo Tempo

Dopo aver ripreso le fila dalla stessa esplorazione sotterranea che aprì il trailer del 2019, in cui Link e Zelda scoprono il corpo cadaverico del terrificante Ganondorf, il nostro eroe deve tornare ad esplorare quella landa a lui così nota ma mai così diversa.

Non solo il miasma che emerge dal castello decaduto ha già rovinato la vita degli abitanti di Hyrule, ma le isole cadute dal cielo hanno modificato inevitabilmente la geografia del mondo. Se avete memorizzato la mappa di Breath of the Wild saprete già come muovervi, ma non vi aspettate di poter anticipare tutto quello che troverete.

Ponti crollati, montagne deformate dai pezzi di isole cadute, città parzialmente distrutte, mostri che hanno preso il controllo di aree estese e persone che si sono dovute spostare per poter sopravvivere: l’esplorazione di questa nuova era di Hyrule nasconde sorprese anche per chi ha impresso la mappa di Breath of the Wild nella mente.

Mentre un Link spezzato dal ritorno dell’origine della Calamità Ganon inizia la ricerca di Zelda nella speranza di scoprire, contemporaneamente, i tanti eventi misteriosi che hanno avvolto il suo mondo, noi assistiamo ad una Hyrule molto più viva di quanto non lo fosse precedentemente.

La popolazione ha ripreso il controllo delle proprie vite dopo la sconfitta della Calamità e, mentre i villaggi si ripopolano e nuove zone della mappa vengono rese vive dai cittadini di Hyrule, non mancano le minacce e i pericoli a cui Link dovrà stare attento.

Il mondo di gioco è pieno di personaggi con cui interagire attraverso dialoghi che, stavolta, sono raramente fini a sé stessi. Nel peggiore dei casi scoprirete un dettaglio del mondo di gioco, perché magari vi verrà raccontato cosa è successo negli anni che sono trascorsi dalla sconfitta della Calamità. Nel migliore dei casi, invece, riceverete una missione o un prezioso indizio su qualcosa di strano o particolare nel mondo.

Qui Tears of the Kingdom fa un ulteriore passo in avanti nella gestione dell’esplorazione e di come le informazioni vengono recapitate al giocatore. Alcune informazioni potenzialmente noiose da recuperare, come ad esempio la posizione delle fate radiose, ora vengono esplicitate direttamente sulla mappa mentre sta al giocatore scoprire come poter risolvere una particolare situazione. Nella maggior parte dei casi, però, la mappa non viene riempita dai classici indicatori da seguire come nei classici open world.

Il titolo pone completa fiducia nel giocatore dicendo "in quel posto c'è un segreto, vai e scoprilo", lasciandogli la completa libertà di come farlo.
In questo senso l’avventura è leggermente più guidata. Per fare un esempio, la scienziata Pruna avverte Link che nel Deserto Gerudo la situazione è molto pericolosa ed è bene equipaggiarsi prima di avventurarsi da quelle parti, suggerendo implicitamente al giocatore di lasciare per ultima quella zona. Ma questo non impedisce ai più ingegnosi di andare subito a scoprire cosa succede da quelle parti.

Il titolo pone completa fiducia nel giocatore dicendo “in quel posto c’è questo segreto, vai e scoprilo”, dandogli la completa libertà di come farlo. Può sembrare un concetto superfluo da rimarcare, ma non esiste un videogioco che ad oggi offra questo tipo di esperienza.

Per spiegarvi come questo approccio viene applicato, vi racconto cosa succede andando proprio dalle giunoniche guerriere del deserto. Saltate i prossimi paragrafi se non volete una minuscola anticipazione e andate direttamente al testo sotto l'immagine successiva a questa.

La zona dove vivono le gerudo è funestata da una tempesta di sabbia che non lascia scampo. La mappa della tavoletta Sheikah non funziona: bisogna allora sfruttare le correnti ascensionali che di tanto in tanto appaiono nel deserto, salire sopra la tempesta e dare un colpo d’occhio per orientarsi, per poi riscendere nella tempesta.

Mentre si viaggia per il deserto appaiono alcune creature apparentemente invincibili da cui non si può far altro che scappare fino a che, con attenzione e un po’ di intuito, fra vampate di caldo e attacchi di mostruosità varie si riesce ad arrivare alla cittadella delle gerudo. Nella fortezza le guerriere si sono nascoste in un bunker, la nuova matriarca Riju non è presente e la guerriera di guardia non riconosce Link come un voy amico.

Come fare per poter entrare nella città ed attendere Riju? Ci si può vestire da donna acquistando un costosissimo vestito in un bazar clandestino fuori dal bunker, oppure esplorare in cerca di un passaggio segreto (che qualche gerudo si lascerà sfuggire in un dialogo fugace, se si ascolta) sotterrano da cui risalire al centro del bunker, dove alcune guerriere riconosceranno Link.

Ma nessuno di questi approcci è stato quello che io ho seguito.

Avventurandomi nei dintorni del deserto ho trovato una caverna da esplorare. Da lì ho visto un fiume sotterraneo in cui galleggiava una bottiglia con un messaggio. Leggendolo ho scoperto una lettera d’amore di una gerudo che, costretta a rimanere nel bunker, sperava che il messaggio finisse al suo amato hylia, in qualche modo. A quel punto ho realizzato che qualcuna doveva aver gettato il messaggio in bottiglia da una posizione sopra di me.

Così ho esplorato la rete di tunnel sotterranei trovando una strana struttura in pietra, nella quale ho tentato l’utilizzo di Ascensus, il nuovo potere che fa salire verso l’alto attraversando le pareti. Il mio intuito è stato premiato perché sono finito esattamente all’interno del bunker, entrando in contatto con le gerudo senza acquistare il vestito da donna, né scoprendo le informazioni prima del tempo.

Questo tipo di approccio viene utilizzato per qualsiasi occasione in cui vi ritroverete, voi e Link. Il focus dell’avanzamento del gioco non è nello scoprire la soluzione giusta, ma nell’inventare il modo per arrivare ad una soluzione nota.

Se c'è un'idea, in Tears of the Kingdom è impossibile bloccarsi.
L’esperienza citata nel Deserto Gerudo è l’esempio di come, in misura a volte minore e a volte maggiore, The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom si fida completamente del giocatore dandogli tutti gli strumenti necessari e le informazioni di cui ha bisogno o indizi su come può trovarle. Sta a voi, successivamente, trovare il modo per creare la vostra storia.

Non c’è un singolo momento nella mia esperienza con il gioco in cui ho provato frustrazione. Non c’è mai stato un momento in cui mi fosse stato precluso fare qualcosa. In un’occasione magari lo stavo facendo nel modo sbagliato e sembrava difficile, in un’altra forse non avevo capito la maniera più agile di farlo e ho consumato più risorse di quante avrei potuto, ma se c’è un’idea è impossibile bloccarsi e questa sensazione è quanto di più rinfrescante c’è oggi nel mondo dei videogiochi.

In tutto questo, c’è una Hyrule ancora più piena di attività, cose da scoprire, storie da ascoltare, personaggi da aiutare e zone del mondo che nascondono tesori e creature di ogni tipo. Con Tears of the Kingdom, per altro, Nintendo riesce ad utilizzare maggiormente le zone del mondo che in Breath of the Wild rimanevano marginali, portandovi ad esplorare più del dovuto e rivitalizzando aree che inizialmente erano solamente suggestive o relegate a contenuti secondari.

E, tra un’esplorazione terrestre e l’altra, si riprende fiato guardando in alto.

Un cielo che respira col Vento

Le isole nel cielo, frammenti archeologici dell’antica ma avanzatissima civiltà Zonau che è legata alla fondazione stessa di Hyrule, sono il terzo livello di esplorazione di un mondo che non smette di stupire.

Girovagando per il cielo di Tears of the Kingdom si possono trovare isole di varie dimensioni, che a volte nascondono un sacrario, boss o missioni secondarie, nemici da sconfiggere in volo, un piccolo enigma, dei pezzi di tecnologia Zonau con cui costruire qualcosa di ingegnoso, strutture di vario tipo che permettono di esplorare ulteriormente il cielo, e nel più semplice dei casi sono piccole piattaforme che fungono da appoggio tra un volo e l’altro.

In maniera simile all’esplorazione del sottosuolo, in qualsiasi momento la vostra avventura può prendere (letteralmente) il volo e non fermarsi più. Certo, bisogna essere ingegnosi, perché la batteria per la tecnologia Zonau (che funziona in maniera simile alla resistenza per Link) non è infinita – e, soprattutto, le isole sono a livelli differenti.

Come si fa a volare? Anche in questo caso c’è un obiettivo e molteplici soluzioni.

Le torri di osservazione terrestri stavolta sono funzionali perché, una volta sbloccate, vi permettono di fare una sorta di bungee jumping al contrario e venire catapultati in cielo. Un buon modo per tentare sia di accelerare i tempi dell’esplorazione a terra, ma anche di raggiungere un’isola volante nelle vicinanze. I sacrari, che funzionano esattamente come in passato, fungono da teletrasporto e possono rappresentare un altro ottimo punto di partenza per il volo se vengono trovati nelle isole. Poi c’è il potere Reverto che, se utilizzato su pietre che sono appena cadute dal cielo, vi permettono di risalire con pochissimo sforzo.

Se il sottosuolo è una sorpresa e la terra è una riscoperta, il cielo di Tears of the Kingdom completa un trittico di esplorazione che non ha eguali.
E poi ci sono tanti altri modi per guardare Hyrule dall’alto e cimentarsi in imprese epiche che, ovviamente, devono tenere conto delle condizioni atmosferiche e della solita fisica “giocosa” che abbiamo assimilato a terra. Vento e tempeste elettriche funestano alcune isole, mentre in un’altra la gravità può essere stranamente più alta, e in un’altra ancora non potrete atterrare prima di aver fatto indietreggiare alcuni nemici che vi terranno distanti.

Se il sottosuolo è una sorpresa e la terra è una riscoperta, il cielo di Tears of the Kingdom completa un trittico di esplorazione che non ha eguali. Che, anche in questo caso, rimane in gran parte inesplorato al di fuori delle necessità dell’avventura principale, diventando centrale nell’esplorazione secondaria fatta di curiosità, missioni e segreti.

Con buona pace dei pur ottimi open world che abbiamo vissuto negli ultimi anni, non ce n’è nessuno che ha saputo integrare con questa fluidità un tale livello di espansione geografica. Ci vuole un po’ per capire la potenza ludica, mediatica ed espressiva che si nasconde nel gettarsi da un’isola con un aliante per arrivare a terra alla ricerca di un segreto, scoprirne un altro mentre si salva dai boblin un cittadino che, per ringraziarvi, vi racconterà qualcosa di nuovo, che vi porterà a buttarvi nel sottosuolo per scoprire una miniera segreta nella quale otterrete un oggetto unico.

Il tutto, in un’atmosfera incredibile, frutto di una padronanza ormai assoluta da parte di Nintendo dell’estetica che ha costruito in questi oltre trent’anni di storia del franchise. Nonché dell’hardware di Switch.

Sei anni per Hyrule, ma non per Switch

Se è vero che Nintendo Switch ha dimostrato in più occasioni di avere bisogno di un successore, dopo aver visto The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom possiamo dire che non c’è grossa fretta.

Nello scoprire tutto ciò che c’è all’interno del gioco raccontato finora, in dimensioni che le parole non possono restituire con efficacia, è facile pensare che la console ibrida possa non aver retto il colpo, stavolta. Ma con grande sorpresa constatiamo che Switch è sì al suo limite, ma in questa occasione i tecnici di Nintendo hanno fatto di tutto per non farlo pesare ai giocatori.

Di nuovo senza un momento di pausa fatto di caricamenti palesi o nascosti, tutto il mondo di Tears of the Kingdom è a portata del giocatore, con 30fps sempre solidissimi ad eccezione di alcuni cali poco fastidiosi nei momenti di massimo bailamme a schermo. Quello che è evidente, oggi come nel 2017, sono alcuni popup a schermo nella generazione degli elementi del mondo di gioco anche a vista.

Sostanzialmente, Tears of the Kingdom è facilmente equiparabile a Breath of the Wild in termini di performance e resa a schermo. Dove, però, quest’ultimo è 1/3 delle dimensioni del suo sequel, che a sua volta mette in scena elementi naturali molto più elaborati a livello estetico e costruttivo. Non sappiamo cosa succederà ai videogiochi su Nintendo Switch dal 2024 in poi, ma questa prova è francamente sorprendente e, per gli standard della console, un vero miracolo.

Non solo il braccio che impugna la spada

Così come è miracoloso che tutte le novità in termini di gameplay siano riuscite ad incastrarsi perfettamente, senza creare un ammasso male assortito di soluzioni che, per inciso, non sono poche.

Il nuovo braccio di Link preso in prestito, per così dire, da un personaggio molto importante che il nostro incontrerà nei suoi primi istanti della sua nuova avventura, gli consente di poter accedere ad una serie di poteri inediti.

Con l’Ultramano è possibile manipolare praticamente ogni oggetto, spostandolo e ruotandolo a piacimento. Un’abilità che torna utile in combattimento, nella soluzione degli enigmi e, ovviamente, nei momenti in cui è necessario costruire qualcosa, visto che si può attaccare insieme praticamente ogni cosa che vedrete di fronte a voi.

A questo si aggiunge il Compositor, un potere… composto, che consente di unire due oggetti insieme. Si può unire qualsiasi materiale alle frecce, agli scudi e alle armi, dal cibo alle reliquie più preziose. Ogni materiale possiede un punteggio che permette di aumentare la potenza di attacco o di resistenza dello scudo, e in molti casi un effetto molto più pratico che dovrete imparare sperimentando in prima persona.

Una mela in cima ad una spada non è molto efficace, ma un corno di un lizalfos blu trasforma anche un innocuo rametto in una katana improvvisata. Così come non è la mossa più geniale attaccare un fiore bomba su uno scudo – a meno di attacchi kamikaze improvvisati –, ma sulla punta di una freccia diventa un missile pronto a far esplodere qualsiasi cosa.

Ogni cosa che trovate in giro può diventare un'aggiunta per le vostre armi.
In questo contesto le armi ora hanno più effetti pratici di quanti non ne avessero in Breath of the Wild, tra bonus al contrattacco e danni maggiorati quando si stanno per rompere, rendendo la sperimentazione bellica ancora più divertente. Le armi zonau, ad esempio, reagiscono in modo unico se collegate ai congegni zonau, creando armi ancora diverse rispetto a quelle di Hyrule e delle creature che la abitano.

Ma non finisce qui, perché ogni cosa che trovate in giro può diventare un’aggiunta per le vostre armi. Avete trovato un banalissimo scudo boblin di legno? Provate ad attaccarci una lastra di ferro per avere un resistente scudo torre. Un nemico è ricoperto di melma e niente sembra poter scalfire la sua corazza? Attaccate un succoso idrofrutto ad una freccia per creare una bomba d’acqua improvvisata, togliere la melma dal nemico e finirlo in grande stile.

A questo proposito è bene specificare che ora, per colpa del miasma di Ganondorf, le armi si rompono ancora più in fretta di prima, ma possono diventare molto più resistenti utilizzando le giuste composizioni. Una spada che si sta per rompere diventa un martello, quindi non colpisce più con il taglio, se attaccate una roccia alla punta con il Compositor. Inoltre, le parti di mostro delle creature più forti aumentano esponenzialmente l’attacco delle armi e forniscono effetti aggiuntivi, a volte anche molto devastanti e inaspettati.

Questo, unito ai tanti tipi di nemici differenti che Tears of the Kingdom vi porrà davanti, renderà del tutto fluida e intuitiva la sperimentazione – oltre a fornirvi nuove opzioni offensive inedite come il fiore frastornante, uno dei più divertenti da usare, che manderà in confusione i nemici spingendoli a combattere tra di loro per qualche minuto.

Per rimanere nel frangente più dinamico del potere c’è infine Reverto, che fa tornare indietro nel tempo gli oggetti selezionati. Anche qui le applicazioni sono infinite, in ambito esplorativo, di enigmi e di combattimento. Provate a usare Reverto su qualsiasi cosa si muova, vi venga lanciata addosso o vedete cadere in lontananza: i limiti sono solo l’intuizione e la creatività.

In ambito esplorativo Ascensus, già citato nella mia scorribanda nel Deserto Gerudo, non è un potere che sovrasta la necessità di scalare e muoversi ma, anzi, incentiva la voglia di esplorare. Verrebbe da pensare che, visto che si può salire verso l’alto, ora non ci sia più bisogno di preoccuparsi della resistenza di Link. In prima battuta la paravela rimane fondamentale per poter volare da un’isola all’altra, e l’Ascensus funziona solamente su superfici esattamente perpendicolari e che abbiano abbastanza spazio per “l’atterraggio”, per così dire.

Ascensus è divertente anche per fare infiltrazioni creative all’interno degli avamposti nemici più elaborati, così come per aprire l’esplorazione su un altro livello. Nel sottosuolo, in terra e in cielo, saranno moltissime le volte in cui vi accorgerete di poter arrivare in posti impensabili, aggirare i nemici o, semplicemente, esplorare zone con più libertà senza l’assillo di non avere abbastanza resistenza per poter scalare una parete, per esempio.

Infine, c’è un ultimo potere chiamato Schematrix. Con questa capacità Link può immagazzinare alcuni progetti complessi (come quelli che troverete nel sottosuolo), salvare alcune creazioni improvvisate come preferite e scorrere la cronologia delle ultime creazioni per ritirare fuori una vecchia idea.

Se non vi piace l'idea di trasformare The Legend of Zelda in Minecraft, non sarete obbligati a farlo: per niente, in Tears of the Kingdom, c'è una sola soluzione applicabile.
Immaginate di aver creato una perfetta barchetta con elica, per poi girovagare per qualche ora per Hyrule e dover traversare un grosso fiume. In quel caso potrete rievocare una vecchia costruzione e rifarla da zero, investendo abbastanza zonanio (il minerale che permette di costruire i congegni zonau e le batterie) per la creazione. E se nei dintorni ci sono alcuni pezzi del vostro progetto, Schematrix vi farà uno sconto in zonanio a seconda dei pezzi che riutilizzerete, fino a non usarne nessuno se completerete lo schema.

In tutto questo è inutile specificare che ogni dinamica di gameplay legata alla fisica di Breath of the Wild viene riproposta. Come fa a funzionare tutto ciò? Perché niente è fuori posto e, sorprendentemente, non tutto questo è obbligatorio.

Se non vi piace l’idea di trasformare The Legend of Zelda in Minecraft, non sarete obbligati a farlo. Ad esclusione dei pochi momenti incentrati sulla costruzione – perché necessari ad un passaggio di una missione, magari – non sarete costretti a mettervi a costruire alcunché.

La libertà di approccio accennata sopra vale anche per il modo in cui, pad alla mano, deciderete di affrontare un combattimento, un’esplorazione o un enigma. L’assalto ad un fortino di boblin, la risoluzione di un sacrario, così come raggiungere un determinato luogo: per niente di tutto questo (e tanto altro) c’è una sola soluzione applicabile.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom vi mette nelle mani tutto quello di cui avete bisogno per creare il vostro percorso, letteralmente, con una naturalezza francamente inimmaginabile da ciò che abbiamo potuto vedere negli anni dai trailer.

Hyrule Historia

Sebbene The Legend of Zelda sia una serie di videogiochi che parte dal gameplay, da un’idea pura di videogioco a cui viene costruita attorno una narrazione, Tears of the Kingdom non è per questo un episodio in cui l’aspetto narrativo non sia importante. Anzi.

Ci tengo a soffermarmi sulla storia del titolo, e sul ritmo di gioco che viene scandito per essa, perché dopo la desolante vittoria di Breath of the Wild – un trionfo che lascia spazio solo alla consapevolezza di dover comunque avere a che fare con un mondo morente – Tears of the Kingdom riprende quel filone narrativo e lo amplia ulteriormente con un’efficacia straordinaria.

La ciclicità del tempo tanto cara a The Legend of Zelda qui diventa nuovamente centrale, rievocando suggestioni da molti episodi della serie in vari modi. L’opprimente sensazione della fine incombente di Twilight Princess e Majora’s Mask, dal quale vengono recuperate alcune situazioni grottesche e tipicamente weird, il tema del tempo e dell’importanza del passaggio generazionale dall’immortale Ocarina of Time, la ricerca della libertà dal citato Wind Waker, e tanto altro.

Se il personaggio di Zelda era stato ancora una volta fortificato in Breath of the Wild, con una gravitas quasi inedita per la saga, in Tears of the Kingdom è al centro delle scene più struggenti che The Legend of Zelda abbia mai raccontato in tutta la sua esistenza. Mentre Link e gli abitanti di Hyrule scoprono il passato del mondo arrivando a conoscerne addirittura la genesi come regno, Zelda ancora una volta è protagonista di un’epica sorprendente.

Uno dei più grandi meriti di Tears of the Kingdom è quello di essere un'opera che ha ancora la voglia di sorprendere, fidandosi del giocatore e delle sue scelte.
In tutto questo torna con tracotanza Ganondorf, che fa il suo ingresso in questa nuova Hyrule e lo fa da gigante – pur con poche apparizioni, ma che lo rendono già iconico rispetto a tutte le sue precedenti.

Hyrule è cambiata e lo scopriamo a livello geografico e antropologico, per così dire. L’influenza del leggendario gerudo si manifesta nelle già citate tempeste di sabbia del Deserto Gerudo, nello scintillante Regno Zora rovinato da una melma che piove dal cielo e fa annegare i suoi abitanti, in una bufera eterna che minaccia la vita dei Rito, nella follia che dilaga tra la popolazione dei Goron.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom riesce a costruire una sequenza di eventi che segna anche il ritorno di alcuni dungeon tanto cari ai fan storici della saga, con un ritmo di gioco che propone situazioni del tutto differenti tra di loro, dedicate all’azione e all’esplorazione, alla contemplazione e alle sfide con sé stessi. Hyrule nasconde una storia per ogni tipo di giocatore, personaggi che all’apparenza sono secondari ma che inaspettatamente sono capaci di inserirsi anche nella narrazione principale. Con uno spettro di sentimenti e umori che, come da tradizione della saga, salta con maestria tra commedia, tragedia, epica e romanticismo.

Più volte mi è capitato di rimanere pietrificato per la sorpresa di fronte a ciò che Nintendo ha deciso che i giocatori dovessero vivere in questa sua ultima avventura. Perché forse, al di là delle doverose analisi di gameplay e di quello che un videogioco ha bisogno che si parli, uno dei più grandi meriti di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è l’essere un’opera che ha ancora la voglia di sorprendere, fidandosi del giocatore e delle sue scelte. Una fiducia che restituisce alcune delle più emozionanti situazioni di gioco che Link abbia mai vissuto nelle sue molteplici incarnazioni, compreso un crescendo finale che lascia sbigottiti per sensibilità artistica, messa in scena… e anche gameplay.

Difficile immaginare che The Legend of Zelda: Breath of the Wild potesse avere addirittura un sequel vista la magnitudo della rivoluzione che ha scatenato nel mondo dei videogiochi. Figuratevi la mia sorpresa nello scoprire che Tears of the Kingdom è semplicemente migliore in ogni suo aspetto.

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Voto Recensione di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom | Recensione


10

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Tre livelli di esplorazione con dinamiche, atmosfere e storie dedicate

  • I poteri creano un gameplay al servizio del giocatore

  • Sfida appagante, dall’inizio alla fine e negli extra

  • Narrazione travolgente

  • Un miracolo dal punto di vista tecnico

Contro

  • Manca l’effetto novità, Breath of the Wild è stato troppo dirompente

  • Ganondorf è già iconico, ma poteva essere più presente

Commento

Si dice che la perfezione non esista, ma The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è la cosa che più si avvicina a questa definizione. Perché la storia dei videogiochi non ha mai visto un mondo con tre livelli di esplorazione da vivere con una fluidità sconcertante, da esplorare con un gameplay che offre una vera libertà totale senza opprimere il giocatore con il proverbiale imbarazzo della scelta ma, al contrario, supportando come mai prima d’ora ogni sua intenzione. 
Tears of the Kingdom risponde ad ogni trascurabile stortura del suo predecessore con una quantità soverchiante di idee, proposte ludiche e contesti narrativi, tutti elegantemente incastonati in un mosaico di meraviglia a tratti inimmaginabile. Un sequel semplicemente perfetto, che ravviva la brace della creatività accesa da Breath of the Wild per alimentare una luce che illuminerà svariate generazioni a venire.
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