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Recensione

The Caligula Effect Overdose | Recensione - Com'è su PS5?

Il gioco di ruolo a turni di Aquria e FuRyu giunge anche sull'ammiraglia Sony, ma senza le aggiunte e le modifiche che ci aspettavamo.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Un buon combat system, che però non basta
  • Nessuna miglioria significativa rispetto al recente passato
  • Un porting che costa inspiegabilmente troppo rispetto alla versione old gen

Informazioni sul prodotto

Immagine di The Caligula Effect
The Caligula Effect
  • Sviluppatore: Furyu
  • Produttore: NIS America
  • Distributore: Plaion
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH , PSVITA , PS5
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 23 giugno 2016 (JAP) - 9 maggio 2017 (PAL) - 15 Marzo 2019 (PC, PS4, Switch) - 2 giugno 2023 (PS5)

Nonostante non ne sentissimo particolarmente il bisogno, NIS America ha annunciato qualche settimana fa l'arrivo di una versione dedicata per PlayStation 5 di The Caligula Effect Overdose – primo episodio di quello che sembra essere diventato un franchise, con la recente uscita del secondo capitolo numerato di cui trovate la recensione, nemmeno a dirlo, sulle nostre pagine.

Pur senza imbarcarci in una nuova run completa, dopo aver portato a termine il gioco già un paio di volte, abbiamo trascorso parecchie ore in compagnia di questo port, e siamo pronti a dirvi se quella per PS5 sia o meno la versione definitiva dell'originale The Caligula Effect.

Quando Satomi non basta

Per un'analisi approfondita della storia e delle meccaniche di gioco non possiamo che rimandarvi alla nostra analisi della versione Switch datata 2019: lo facciamo sempre in caso di riedizioni e port su altre piattaforme di titoli già recensiti, ma, come vedremo, mai come questa volta la corrispondenza tra la vecchia analisi ed il nuovo prodotto è praticamente 1:1.

Questo perché, di tanti prodotti di questo tipo analizzati negli ultimi anni, ed in particolare dal lancio di PlayStation 5 e Xbox Series X|S, raramente abbiamo visto tanta pigrizia nel riproporre un prodotto quasi del tutto identico alla precedente versione.

La narrativa pesca a piene mani dal florido serbatoio di idee ed ambientazioni che hanno fatto la fortuna della serie Persona, ma almeno qui il motivo non è il plagio più becero quanto, piuttosto, l'arruolamento della penna di riferimento per gli episodi più vecchi di quel franchise.

L'insieme di Overdose risulta ancora oggi disarmonico.
Non basta, però, aver affidato la struttura narrativa e l'introspezione psicologica dei personaggi a Tadashi Satomi, già autore dei primi tre Persona (il primo in assoluto e la doppia versione del secondo), per ripetere il successo planetario degli episodi più recenti del franchise Atlus: qui si dice senza mostrare, ci si poggia a quelli che ormai per l'azienda sono diventati clichè, si fatica ad affezionarsi a personaggi la cui direzione artistica è derivativa e mai convincente.

La presenza di ben cinquecento personaggi arruolabili, come spesso accade quando si mira alla quantità, finisce per compromettere la qualità, con una serie di personalità che finiscono inevitabilmente per sovrapporsi, generando cloni che appesantiscono l'incedere lungo la quest principale e non invogliano a cimentarsi nella pur nutrita selezione di missioni secondarie, in alcuni casi necessarie per includere nel party questo o quello studente.

Gli spunti ci sono, qualche scorcio e qualche dialogo lasciano il segno – e i temi trattati, sebbene ormai divenuti piuttosto in voga per il genere di riferimento, non si adagiano su percorsi semplici da battere.

Eppure, come una squadra di basket mal costruita, l'insieme è disarmonico e la storia non riesce mai a fare davvero presa sul giocatore, oggi come allora.

Tutto immutato, e non se ne capisce il motivo

Dal punto di vista del gameplay le cose vanno un po' meglio ma non troppo, soprattutto grazie ad un combat system che alla prima uscita sul mercato aveva almeno il merito di essere piuttosto innovativo, nella sua implementazione delle timeline differenti su cui muovere i personaggi, in modo da ottimizzare i danni e dare vita a combo ripetute e molto potenti.

Soprattutto le prime ore di gioco – e soprattutto per il neofita che non abbia giocato al secondo capitolo o a JRPG di spessore negli ultimi anni – The Caligula Effect Overdose riesce a risultare anche piacevole, nel complesso, senza toccare chissà quali vette qualitative.

Ma basta sforare la dozzina di ore (sulle circa venti totali giocate per questa recensione) per accorgersi che l'attesa di una rivelazione e di svolte consistenti nel gameplay sarà vana e che tutto ciò che di buono il prodotto Aquria ha da offrire lo ha già mostrato a quel punto.

A vanificare, in un certo qual modo, il buon lavoro svolto sul combat system, che difatti è stato poi ripreso ed ampliato dal sequel, il bassissimo livello di difficoltà, che sembra denunciare quanto il prodotto sia in realtà destinato a chi decide (meglio tardi che mai) di iniziarsi ai giochi di ruolo di matrice giapponese piuttosto che agli appassionati di lunga data del genere.

Dal lavoro (non) svolto per questo porting emerge in realtà un quadro generale di grande pigrizia.
Avevamo già lamentato la totale assenza di un qualsivoglia livello di sfida, e questa "nuova" versione non modifica in alcun modo questa problematica, quando sarebbe bastato aggiungere un nuovo livello di difficoltà o ribilanciare quelli presenti, uno sforzo evidentemente giudicato eccessivo dal team di sviluppo.

Da questo particolare si può evincere un quadro generale di grande pigrizia, inspiegabile se si pensa che le recensioni all'epoca della prima pubblicazione furono tutt'altro che esaltanti (compresa la nostra) e che con questa riedizione il team di sviluppo avrebbe potuto affinare il gameplay, arricchirlo ed indirizzare i propri sforzi alle asperità riscontrate dalla critica e sottolineate dal pubblico con dati di vendita non esattamente esaltanti.

Davvero un peccato, per quanto ci riguarda.

Perché dovrei giocarci su PS5?

Le note più positive (scusate il gioco di parole) arrivano dalla colonna sonora firmata da Tsukasa Masuko, come già evidenziavamo nella nostra disamina di quattro anni fa, e, più in generale, dall'atmosfera generata dallo stridente contrasto tra i toni JPOP e glamour dei motivi che accompagnano le vicende a schermo e la maturità di alcuni dei temi trattati, dai disturbi alimentari alla libertà personale, passando per l'isolamento dalla società.

Purtroppo, però, a parte un ulteriore arricchimento della già vistosa palette cromatica ed un generale, quasi impercettibile miglioramento in aree come i tempi di caricamento e la solidità del frame rate, questa versione PlayStation 5 non porta in dote alcun tipo di reale miglioria, né a livello contenutistico né, tantomeno, in termini di quality of life o migliorie al gameplay.

A giocare contro questa riedizione l'assurdo prezzo a cui viene proposta: 50 euro al lancio rappresentano una richiesta esorbitante per un prodotto che aggiunge davvero pochissimo rispetto all'originale, poggiando più sulla forza bruta di PS5 che su un lavoro di aggiunta ed ottimizzazione da parte di FuRyu.

Considerando anche che al momento di redigere questo pezzo, entrambi i capitoli in versione PS4 sono disponibili su PlayStation Store in forte sconto, e che la versione old gen di The Caligula Effect Overdose gira su PS5 a 30 fps granitici, non vediamo davvero come sia possibile consigliare questo esborso anche per i fan più incalliti ed oltranzisti dell'attuale ammiraglia Sony.

La risoluzione non si è innalzata e l'unico visibile intervento a livello grafico riguarda alcune texture, adesso di qualità superiore rispetto alla scorsa generazione di console – e, come già menzionato poc'anzi, si fanno notare in positivo anche i caricamenti, adesso praticamente istantanei grazie al rapido SSD in dotazione a PS5.

La quarta versione dell'Unreal Engine, quella su cui il gioco gira, ha dato prova di sé durante la scorsa generazione di console, ma è stata via via abbandonata da molti team di sviluppo nel corso dell'ultimo lustro in favore della quinta, più performante e capace di dare vita ad ambientazioni assai più vivide ed a protagonisti molto più dettagliati.

Qui, invece, animazioni, modelli dei personaggi, mole poligonale delle location (la scuola su tutte, ma anche i vari dungeon) sono tutti elementi lasciati intatti nonostante la genesi del gioco risalga addirittura a PlayStation Vita: questa riedizione avrebbe potuto segnare un nuovo inizio per la serie,  alla luce del fatto che qualche segnale positivo sia arrivato dal secondo episodio, ed invece il publisher ha pensato bene di riproporre lo stesso gioco uscito su PS4 innalzando semplicemente il prezzo. O quasi.

Voto Finale

Conclusioni Finali di SpazioGames

Pro

  • Combat system invecchiato bene

  • Buone musiche (a meno di non odiare il genere idol pop)

Contro

  • Immotivatamente costoso

  • Nessuna aggiunta significativa alla versione PS4

  • La pur giovane libreria di PS5 offre già parecchi esponenti migliori, e di molto

Commento

Non vediamo per quale motivo un qualunque possessore di PlayStation 5 debba pagare un prezzo superiore rispetto ad uno PS4 per poter godere della versione "new gen" di The Caligula Effect Overdose: qualora si scegliesse di cimentarsi in questo sufficiente JRPG, lo si potrebbe fare risparmiando più della metà del costo d'ingresso rivolgendosi alla versione old gen in retrocompatibilità.
Da questo punto di vista, quindi, questa riedizione è un fiasco totale, che non migliora l'esperienza di gioco offerta dal titolo al lancio e non aggiunge sufficienti contenuti per giustificare il nuovo, scintillante prezzo richiesto.
L'analisi del gioco in sé, invece, rimane quella fatta qualche anno fa: siamo dinanzi ad un JRPG che, sulla carta, avrebbe potuto essere molto meglio di quanto è realmente, con qualche buona idea sviluppata male e troppa aderenza ai canoni imposti dal successo internazionale degli ultimi tre episodi della saga di Persona.
Può avere un suo appeal sul pubblico che, da neofita, cerca un JRPG senza troppe pretese, ma nel complesso The Caligula Effect: Overdose non riesce a fare abbastanza per distinguersi e farsi ricordare.
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