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Tacoma

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Avatar di Specialized

a cura di Specialized

Pubblicato il 22/07/2015 alle 00:00
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Gone Home ne ha fatta di strada. E pensare che il minuscolo team di Fullbright, composto da sole quattro persone e guidato da Steve Gaynor e Karla Zimonja con un passato in 2K Marin e nel mondo di BioShock, se ne uscì sul mercato quasi due anni fa con un piccolissimo progetto realizzato letteralmente in cantina. Il successo non è tardato ad arrivare e anche se in molti fanno fatica ancora oggi a considerare Gone Home come un vero e proprio videogioco, è indubbio come l’approccio di Fullbright abbia colto nel segno, dando al settore indie un nuovo approccio basato quasi esclusivamente su narrazione ed esplorazione. Dopotutto in Gone Home, baciato anche da un’ambientazione anni ’90 di inedito fascino nostalgico, non si faceva molto altro se non esplorare una casa, leggere documenti e scoprire alcuni segreti di una famiglia. Perché quindi non riportare questo stesso “genere” nello spazio e immergerlo non più nel passato ma in un futuro hi-tech e fantascientifico? È proprio questa l’idea di fondo di Tacoma, la nuova fatica di Gaynor e soci (nel frattempo il team di Fullbright si è ampliato) che si è rivista nelle settimane scorse all’E3 con un nuovo trailer, ma che soprattutto è stata scelta da Gameinformer come copertina del nuovo numero del popolare magazine videoludico. Una scelta sicuramente coraggiosa, anche perché a Los Angeles Tacoma è stato seppellito da tutti gli annunci e i “gioconi” che ben sappiamo non trovando grande risalto mediatico, ma evidentemente, dopo la visita al quartier generale di Fullbright in quel di Portland (Oregon), Gameinformer ha visto qualcosa di unico e importante in questo nuovo gioco, la cui uscita è stata fissata nel 2016 su PC e Xbox One.
Tra la Terra e la Luna
La lunga introduzione fatta per Gone Home si spiega con il fatto che Tacoma riprende molto da vicino il concept del primo gioco di Fullbright. Anche qui infatti ci toccherà vivere l’intera esperienza di gioco in un ambiente chiuso e anche qui dovremo darci all’esplorazione più forsennata, concentrandoci però al tempo stesso anche sulla narrazione e sulla scoperta di ciò che è successo sulla base spaziale Lunar Transfer Station Tacoma prima del nostro arrivo. Come avrete capito siamo nello spazio e più precisamente in una base costruita per ospitare facoltosi turisti spaziali durante il tragitto tra la Terra e la Luna. In questo luogo così radicato nell’immaginario fantascientifico si muove il nostro alter ego Amy Ferrier (ancora un personaggio femminile dopo la Kaitlin di Gone Home), chiamata sul posto per indagare sulla scomparsa dei sei tecnici che vi lavoravano e di cui non si hanno più notizie. L’incipit è un altro topos classico della sci-fi e sicuramente tra le pieghe di Tacoma ci sarà anche un po’ di mistero e tensione, ma da quanto visto finora non pare che Fullbright sia andata incontro a un vero e proprio fanta-horror come Dead Space, Alien: Isolation o SOMA. Non ci saranno infatti combattimenti contro mostri o creature mutanti (a quanto pare non si potrà nemmeno morire), ma il fulcro del gameplay sarà affidato all’esplorazione di Tacoma, al rapporto tra Amy e l’intelligenza artificiale che comanda la base (ODIN), all’osservazione di oggetti e documenti e alla scoperta del passato.
Parola d’ordine: esplorazione
Durante l’esplorazione di Tacoma potremo infatti lanciare delle specie di registrazioni a ologrammi che faranno comparire di fronte a noi degli avatar colorati dei tecnici della base; potremo così osservarli, ascoltare i loro dialoghi e capire le loro psicologie, il tutto per scoprire cosa ci sia dietro la loro scomparsa. Ognuno di questa avatar avrà sopra di esso un’immagine del rispettivo personaggio con un volto e un nome, in modo da riconoscerli e da creare tra essi e Amy un rapporto più stretto. Da Gone Home gli sviluppatori sembrano pronti a riprendere anche un andamento di gioco molto calmo e riflessivo, una longevità limitata (a molti Gone Home non è piaciuto anche per la sua breve durata) e soprattutto un concetto importantissimo come l’atmosfera. Da quanto visto finora la base Tacoma spazia da ambienti eleganti che non possono non ricordare la Rapture di BioShock a location più classicamente “spaziali”, con lunghi corridoi, laboratori e arredamento iper-tecnologico. Qua e là si potranno afferrare oggetti e osservarli a 360 gradi (non aspettatevi però un classico inventario), ci saranno passaggi a gravità zero e, sempre come in Gone Home, non ci saranno altri personaggi in carne e ossa oltre ad Amy con cui interagire. Inutile dire che il bello di Tacoma, che a vederlo così pare un candidato ideale per Oculus Rift e per la VR in generale, sarà immergersi completamente in questa ambientazione, ascoltare le conversazioni degli avatar, scoprire cos’abbia portato alla loro scomparsa e godersi qualche ora di esperienza narrativa che speriamo possa essere ben fatta e intrigante. Di contro, se proprio non avete digerito Gone Home per la sua struttura poco “giocosa”, difficilmente Tacoma saprà stuzzicarvi.  

– Ambientazione affascinante

– Molto spazio a esplorazione e narrazione

– Se vi è piaciuto Gone Home, andate sul sicuro

Se avete amato Gone Home con la sua struttura di gioco quasi esclusivamente esplorativa-narrativa, segnatevi pure Tacoma nel taccuino dei titoli più attesi e intriganti del prossimo anno. Fullbright promette infatti di restituire la formula di gioco di Gone Home su scala più ampia e con un’ambientazione fantascientifica di grande fascino debitrice di un certo BioShock. Davvero niente male come hype.

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