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Everybody's Gone to the Rapture

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Pubblicato il 13/06/2014 alle 00:00
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La storia di Everybody’s Gone to the Rapture comincia con la fine del mondo.
Non sappiamo quale catastrofe abbia estirpato l’umanità dalla terra, e non sappiamo nemmeno chi sia il nostro protagonista. Potrebbe essere un’entità che si sposta lungo ciò che è rimasto della Terra, lungo la tremenda desolazione e afflizione che si respira a pieni polmoni in un’ambientazione dove la natura ha vinto e dove degli umani sono rimasti solo i ricordi. Non c’è nulla di post apocalittico nel gioco, ma solo tanta tranquillità, pace, silenzio eterno. Ciò che è rimasto è una sorta di Eden naturale contaminato dalle tracce della nostra specie, le stesse tracce che dovremo seguire e interpretare per capire effettivamente cosa è accaduto al mondo e agli esseri che lo abitavano.

Everything Dies
Il gioco è sviluppato da The Chinese Room, in collaborazione coi Santa Monica Studios. I secondi non hanno bisogno di presentazioni, mentre i primi, sono i creatori di Dear Esther, ossia dell’opera che ha alzato con prepotenza gli standard dello storytelling nei videogiochi. Everybody’s Gone to the Rapture cercherà di andare ancora oltre, sfruttando gli alti valori produttivi del progetto per scrollarsi di dosso l’etichetta di “indie”. E in effetti, si capisce subito quanto The Chinese Room voglia puntare in alto con questa esclusiva PS4: vuole che il titolo diventi il termine di paragone per quanto riguarda la narrazione ambientale e che questa filosofia si imponga come una delle vere strade che i videogame devono intraprendere per emanciparsi e distinguersi realmente dagli altri media. Compito certamente non semplice, ma le caratteristiche per creare qualcosa di completamente originale ci sono tutte. Oltretutto, Dan Pinchback ci ha spiegato che la narrazione non è lineare e che il giocatore ha la possibilità di scoprire dettagli della storia che saranno completamente diversi rispetto a quelli in cui si imbatterà un altro utente. Ciò è possibile grazie a un mondo di gioco aperto e privo di binari, un open world in cui non esistono missioni e dove non ci sono punti specifici da raggiungere. Secondo The Chinese Room, questo approccio fa in modo che il giocatore venga maggiormente coinvolto e che il ritmo non sia spezzato da obiettivi che impongono tragitti prestabiliti. 
Per un tipo di storia fortemente emozionale come quella di Everybody’s Gone to the Rapture, l’obiettivo numero uno degli sviluppatori è stato creare le condizioni affinché l’interesse non scemasse mai nemmeno per un attimo; per riuscirci, era importante disseminare gli scenari di dettagli narrativi senza mai creare dei momenti morti. Non possiamo ancora dire se durante tutto l’arco dell’avventura sarà effettivamente così, ma da quanto abbiamo visto, non abbiamo molti motivi per dubitarne. 

Storie di umanità
Durante la demo, una sorta di entità luminosa si spostava in modo indipendente da un punto all’altro, quasi a volerci indicare la strada giusta da seguire. Tuttavia, potevamo andare da tutt’altra parte ed esplorare ciò che volevamo senza curarci dello “spirito”, ma va detto che avanzando ci si rendeva conto che quella scia sembrava quasi una voce disperata che cercava di dirci qualcosa, di suggerirci che proprio lì, da quella parte, si celava una parte di storia che dovremmo sapere. In Everybody’s Gone to the Rapture potremo imbatterci in oggetti apparentemente fuori contesto, e non capirne il senso fin quando a un certo punto (anche parecchie ore dopo) non riusciremo a trovare l’anello di congiunzione che rende tutto molto più chiaro. Nella sezione mostrata ci avvicinavamo a una sorta di ranch abbandonato e aprivamo il portabagagli di un’auto, scoprendo delle bombole di ossigeno ammassate l’un l’altra. Solo dopo essere entrati in una casa nei dintorni, ci rendevamo conto della presenza di strani glitch visivi man mano che salivamo al piano superiore. Continuavamo in quella direzione fino a raggiungere la camera da letto, dove la distorsione diventava molto evidente e l’entità luminosa si poggiava su di essa. In quel momento, bastava ruotare il pad da una parte fino a creare una specie di risucchio temporale che mutava d’improvviso le fattezze stesse dell’edificio in cui ci trovavamo. Bisognava dunque uscire dalla porta ed esplorare un ambiente completamente nuovo, così da scoprire uno spaccato di vita che non ci saremmo mai aspettati: quella casa era abitata da una donna evidentemente malata, che aveva bisogno di un continuo ricambio di ossigeno, e che nel momento in cui il mondo è andato oltre, non ha avuto nemmeno modo di ribellarsi al suo terribile destino. Avremmo anche potuto evitare di entrare in quell’appartamento, scegliendo magari di avanzare lungo una radura attorniata dai fiori, fino a un albero in cui era presente una nuova distorsione che raccontava qualcos’altro. 
Girare il pad in una direzione anziché dall’altra, significava conoscere un solo punto di vista e solo una parte della vicenda. A una seconda partita, dunque, saremo motivati ad ascoltare l’altra campana, così da avere una situazione molto più chiara su quello spaccato di vita. Il mondo muta davanti ai nostri occhi e il giocatore plasma la storia come desidera; viene a conoscenza di alcuni elementi ignorandone degli altri (volontariamente e non); svela la trama senza essere mai guidato, quasi casualmente e senza alcun tipo di restrizione. Everybody’s Gone to the Rapture potrebbe rappresentare una magnifica evoluzione dello storytelling interattivo, un decisivo passo in avanti verso un modo completamente nuovo di raccontare le tante storie personali che affollano un mondo fittizio. Si tratta di un’opera dalla forza dirompente, di un esperimento nato diversi anni fa con Dear Esther e affinato adesso con la consapevolezza di chi sa di avere le possibilità di raggiungere delle vette mai neanche sfiorate fino a oggi. Everybody’s Gone to the Rapture è un sandbox narrativo, l’espansione concettuale di un nuovo genere che funziona molto bene e che tenta di colpire il giocatore allo stomaco, travolgendo e mettendo in subbuglio il suo lato più emozionale e intimo.

– Sandbox narrativo sfaccettato e superbamente strutturato

– La narrazione ambientale non è lineare

– Fortemente esplorativo e concentrato sul senso della scoperta

Il primo contatto con Everybody’s Gone to the Rapture è stato un’autentica sorpresa: sapere che i creatori di Dear Esther stanno lavorando a un progetto che vuole concettualmente spingersi oltre, non può che far piacere a tutti gli amanti del videogioco d’autore. Ambientato alla fine di un mondo che forse abbiamo imparato a conoscere sin troppo bene, e ricco di influenze sci-fi anni ‘60/’70, l’esclusiva PS4 di The Chinese Room è indubbiamente uno dei titoli più interessanti della fiera di quest’anno. Da verificare la durata totale e la sua effettiva capacità di rendere il giocatore partecipe in maniera costante e senza momenti di stanca.

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