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Anteprima

Detroit: Become Human, nuova anteprima del titolo di Quantic Dream

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Avatar di Gottlieb

a cura di Gottlieb

Pubblicato il 31/10/2017 alle 00:00
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Dopo essere entrati in contatto con Marcus all’E3 di Los Angeles, è arrivato il momento di approfondire la conoscenza di Kara e dell’ecosistema che le gira intorno in una nuova anteprima di Detroit: Become Human, il nuovo titolo di Quantic Dream, che tra l’altro ha festeggiato, a margine della Paris Games Week, i venti anni di attività. 

Il ramo delle scelte

La build che ci è stata mostrata non era altro che il trailer dello showcase nella sua versione più estesa. Come consuetudine per i titoli di Quantic Dream abbiamo giocato due volte la stessa scena, così da poter avere le due facce della stessa medaglia e capire, adeguatamente, in che modo le ramificazioni narrative vanno a modificare gli eventi della storia narrata. Partiamo col presentare i personaggi: ci troviamo nei panni di Kara, un androide che è all’origine dell’idea di Detroit, come spiegatoci dal team: appena finito Beyond, d’altronde, era essenziale iniziare a ragionare su cosa fare, su cosa lavorare, e l’idea è partita proprio da un cortometraggio che la software house francese aveva realizzato circa vent’anni fa, proprio chiamandolo Kara. Da qui, quindi, l’esigenza di raccontare quella che è la vita degli androidi, robot che possono utilizzare le proprie emozioni per violare eventuali regole imposte dal mondo dal quale provengono e disobbedire, solo in casi straordinari, agli umani, i loro proprietari. 

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Kara è uno di questi androidi, un modello pensato per essere una cameriera e servire Todd, il suo padrone: i suoi compiti sono quelli di badare esclusivamente alla casa e, in alcuni momenti, anche ad Alice, la figlia del suo padrone. Purtroppo Todd è lo stereotipo dell’americano depresso, con una figlia a carico e con tanti problemi cui tener conto, tra i quali anche l’abuso di droghe. Il suo atteggiamento è molto aggressivo, soprattutto nei confronti della figlia, che deve subire le angherie di un genitore per niente permissivo e che sfoga tutti i suoi disagi su di lei. Kara, in questi casi, nonostante sia stata acquistata da Todd e debba, quindi, rispettare i suoi dettami, ragionerà in funzione di quello che è più giusto fare.
Dopo aver, quindi, risposto a tutte le richieste e soddisfatto gli obiettivi che ci vengono indicati a schermo, tra cui preparare la cena, servirla e versare l’acqua nei bicchieri di Alice e Todd, sfruttando i movimenti del Dualshock, ci toccherà prendere la prima importante decisione del gioco: muoverci o rimanere fermi. Decidere di muoversi, per andare in soccorso di Alice, che dopo l’aggressione del padre ha deciso di rifugiarsi nella sua camera, significherà violare l’ordine dato da Todd e quindi venir meno ai propri doveri di androide. Per poter superare questa importante barriera, che di fatto rappresenta il gesto di rottura con quella che è la nostra natura, dovremo seguire una sequenza precisa di tasti, da premere con foga e con energia, e poi accettare il fatto di aver completamente violato le regole principali dell’essere un androide.

L’ordine di Kara

Compiuto tale passo Detroit: Become Human ci mostra quello che è il ventaglio di possibilità da portare a termine per concludere la scena nella quale ci troviamo: la prima scelta è quella di raggiungere Alice nella sua stanza per difenderla da un altro assalto di Todd oppure cercare di ragionare con l’energumeno che ha riscoperto la propria indole animale. In entrambi i casi, come potete ben immaginare, la scena non si chiuderà ottimamente, ma l’aspetto focale è che il finale della scena mostrataci, qualunque fosse il percorso scelto, era la medesima: ovviamente confidiamo nel fatto che le azioni compiute abbiano delle ripercussioni, ma allo stesso tempo sottolineiamo come, nelle azioni più concitate e maggiormente intense che comprendono degli scontri fisici, Quantic Dream ha riproposto ancora una volta le sequenze di QTE che da Heavy Rain guidano, in sostanza, l’intero gameplay. Per questo, nel momento in cui sceglieremo di affrontare Todd utilizzando un’arma da fuoco, ci ritroveremo dinanzi a una sequenza forse troppo lunga di tasti da premere e che, in qualche modo, andranno a distoglierci dall’azione, molto bella e cinematografica, dello scontro. 

Per chi era seduto in sala ad assistere alla demo che veniva giocata da un’altra persona è stato chiaramente un bel vedere, soprattutto perché i movimenti di Kara e quelli di Todd erano ben inseriti nell’ambiente e offrivano un ritmo molto incalzante che teneva tutti gli occhi fissi sullo schermo, ma per chi era intento a giocare sicuramente tale piacere difficilmente è stato riscontrato, avendo l’attenzione focalizzata sui QTE proposti. In chiusura facciamo un ultimo accenno ad alcune situazioni nelle quali potremmo trovarci nel corso dell’avventura: ci sono chiaramente delle scelte che possono portarci al game over, ossia alla morte di Kara. Non ne abbiamo viste, ma ci è stato assicurato che ve ne sono. Allo stesso modo in alcuni momenti sarà fondamentale essere adeguatamente tempestivi con le azioni da compiere, che saranno accompagnate spesso da un conto alla rovescia: l’esempio più lampante è quando dovremo chiudere a chiave la porta della camera di Alice per anticipare l’ingresso di Todd, che potrebbe riversarsi su di noi e vomitare addosso alla figlia tutta la sua rabbia armato di cinghia. I secondi sono sempre pochi, circa sei, e quindi sarà fondamentale avere anche tempismo e rapidità d’azione nel compiere le nostre scelte, dando una connotazione sicuramente più action a un titolo prettamente story driven.

– Con Kara c’è molto più sentimento

– Dialoghi sempre ottimi

Detroit: Become Human resta un titolo dallo stile inconfondibile, quello di Quantic Dream. Davide Cage propone un’altra storia molto sentimentale, toccante, che ci mette dinanzi alla classica ramificazione di eventi, tutti da vivere col fiato sospeso. Delle build mostrate fino a ora sicuramente questa di Kara è stata forse la più intima, la più umana, nonostante fossimo nei panni di un androide, con quelle di Marcus e Connor che, invece, si erano distinte mostrandoci aspetti ben diversi di quello che è Detroit, un titolo pronto a offrire diversi stili e diversi approcci alla medesima vicenda. L’appuntamento a questo punto è per l’anno prossimo, per la prova finale.

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