Colonia – Torniamo a parlare di Call of Duty, questa volta concentrandoci sul background della campagna, mettendo quindi da parte quel multiplayer e quel gameplay che negli scorsi mesi ci hanno accompagnato ripetutamente e che abbiamo imparato a conoscere particolarmente bene.La presentazione di oggi si è infatti divisa in due tronconi principali e, finalmente, ha puntato su qualcosa di diverso dal solito, interessandoci molto più del previsto. Nella prima parte dell’appuntamento i ragazzi di Treyarch hanno voluto spostare i riflettori sulla loro creatura mettendo in risalto un punto di vista differente, un punto di vista che solitamente i più, quando prendono un pad in mano e si mettono a sparare a qualsiasi cosa si muova a schermo, si lasciano scivolare addosso come nulla fosse. Stiamo parlando del messaggio e delle idee che gli story writer di Treyarch lanciano ad ogni iterazione del brand, un messaggio che difficilmente colpisce la massa perdendosi tra un colpo di fucile a pompa e uno zombie alle costole, mentre bambini pacioccosi vi urlano insulti in ogni lingua nelle partite competitive.Eppure c’è davvero chi riesce ad apprezzare la storia di COD, esiste una branca di giocatori, nello specifico quella piccola percentuale che porta a termine la campagna, che si affeziona ai protagonisti, che scava oltre la superficie dello sparatutto di maggior successo su console e ai quali lo studio di sviluppo tiene in particolar modo.
Un videogioco da LeggereCon Black Ops III, continua la filosofia che ha visto Treyarch iniziare un cammino originatosi ormai più di cinque anni fa con il primo capitolo della serie. Allora il piano probabilmente non era così chiaro e tantomeno era scontata la piega che avrebbe preso il marchio Black Ops.Da quando Treyarch è diventato il team di riferimento per COD, possiamo solo immaginare come le pressioni e le aspettative siano schizzate alle stelle e non solo da parte di Activision, ma anche da parte di tutti quei giocatori che vedono nello studio californiano un’ancora di salvezza per l’evoluzione della serie.L’universo tratteggiato fin qui è cupo, in continua guerra, e il giocatore viene continuamente sballottato da una parte all’altra del globo in un conflitto che sembra non aver mai fine. Eppure un unico filo conduttore segue la storyline e un solo pensiero unisce in maniera indissolubile tutti e tre i capitoli della serie. Si tratta ovviamente dell’evoluzione umana e del suo rapporto con la tecnologia, in una visione pessimistica e fuori controllo di un futuro che potrebbe non discostarsi poi molto da quello che sarà realmente se le cose dovessero continuare su questo piano.Se è vero che nel primo Black Ops il focus era incentrato sulle relazioni interpersonali tra soldati, quello del secondo si stava già muovendo verso il duplice rapporto tra uomo e arma, chiudendo il cerchio questa volta con la trasformazione degli stessi soldati in oggetti di distruzione.Le armi ormai hanno cambiato volto, diventate tecnologicamente ultra avanzate, e i soldati non sono più semplici umani che imbracciano fucili ma vere e proprie macchine da guerra con esoscheletri potenziati, elemento unico in una guerra combattuta da droni, intelligenza artificiale e caratterizzata una potenza di fuoco devastante.Il limite tra lecito e indispensabile viene ancora una volta rotto, prendendo questa volta come riferimento un altro stralcio della nostra vita reale: le protesi.
Vediamo ormai quotidianamente atleti che, avendo perso un arto, riducono il gap con le persone normodotate appoggiandosi a protesi leggere e perfettamente funzionanti, tanto da permettergli di gareggiare nuovamente ad armi pari. La storia dello sport è caratterizzata da un continuo miglioramento dei diversi record con gli esseri umani che diventano via via più veloci, potenti e con migliori riflessi, ma le protesi potrebbero cambiare completamente la questione, spostandola dal semplice allenamento a un ulteriore e costante miglioramento di queste protesi: materiali più leggeri, giunture più performanti e via discorrendo.Da questa idea di partenza Treyarch decide quindi per Black Ops III di concentrarsi sull’uso militare di tali protesi, immaginando soldati che tornano a combattere dopo essere stati menomati in battaglia piuttosto che riprendere la normale vita civile. La cosa nell’universo di Call of Duty ha senso, è credibile e funziona, rendendo la prospettiva di questo futuro molto verosimile, un futuro nel quale l’umanità potrebbe tranquillamente incappare. Gambe robotiche che permettono di effettuare balzi altissimi e ripetuti, braccia che compensano il rinculo delle armi garantendo una maggior precisione, o ancora impianti cibernetici oculari che aumentano la vista e permettono di essere interconnessi con i propri compagni.La storia ci mostra il futuro e se osserviamo le grandi guerre del passato notiamo di come gli eserciti stiano perdendo di importanza, sostituiti da strike effettuati da squadre più contenute ad obiettivi strategici mirati. Potenziare queste squadre diventerà quindi l’obiettivo numero uno e la strada tecnologica potrebbe tranquillamente essere la via più facilmente percorribile. Black Ops III ovviamente ci mette un po’ di fantasia inserendo la DNI (Direct Neural Interface) all’interno dei soldati delle forze speciali, una rete neurale che li tiene costantemente in contatto aggiornando gli ordini attraverso interfacce impiantate direttamente nella retina, un passo forse un più lungo della gamba ma tranquillamente accettabile in questo futuro, tratteggiato basandosi su un’evoluzione credibile delle forze armate.Da questa solida base si erge una storia che saprà colpire il giocatore attraverso molteplici colpi di scena, questioni etiche e scelte morali, riservate a quanti vorranno prendere sul serio la nuova campagna di Black Ops III.
– Storia profonda
– Ottimi spunti di riflessione
– Colpi di scena e sorprese non mancheranno
La campagna di Black Ops III, da questi primi assaggi, ci sembra in grado di meritare tutte le nostre attenzioni. Treyarch si è dedicata alla stesura di una trama convincente, realistica e che fosse in grado di stimolare nel giocatore ragionamenti e pensieri, compito difficile per un titolo che viene ormai sempre più associato al semplice sparatutto competitivo e caciarone. Le nostre attese sono dunque molto alte, speriamo non vengano deluse.