Recensione

WWE 2K16

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a cura di JinChamp

Il wrestling in Italia non sarà certo lo sport più popolare, eppure mantiene una discreta community di appassionati che da anni seguono come possono le gesta di atleti fisicamente prestanti che se le suonano di santa ragione, o almeno lo danno a vedere, galleggiando tra realtà e finzione. Le trame in stile soap sono recitate ai limiti dell’assurdo, ogni dialogo o promo è scritturato dal team creativo e tutti gli esiti sono predeterminati, non finti! Ciò significa che non c’è reale competizione sul ring per la vittoria, ma l’impegno e gli sforzi sono veri, il tutto per rendere lo spettacolo il più coinvolgente possibile. È proprio su questa consapevolezza che consta la maggiore differenza tra pubblico del Bel Paese e quello angloamericano, la cui passione per questo particolare sport entertainment è nettamente più diffusa. La WWE negli anni ha cambiato moltissimo il proprio stile e oggi si presenta come uno show per famiglie, magari con bambini piccoli, in cui quasi sempre si fa il tifo per il rappresentante della fazione dei “buoni” e si odia la controparte dei “cattivi”. In Italia invece si bada molto più alla parte atletica e si apprezza un lottatore piuttosto che un altro più per le proprie abilità che per il ruolo che ricopre in quel determinato momento. Tutti però saranno ben contenti di mettere le proprie manine sul nuovo titolo con licenza World Wrestling Entertainment, sviluppato come da tradizione dagli Yuke’s, accasati ormai sotto la bandiera 2K. WWE 2K16 raccoglie l’eredità pesante di un 2K15 che doveva affermarsi come il capitolo iniziale di una nuova era di successi e che invece aveva lasciato l’amaro in bocca a tanti appassionati, a causa soprattutto dei pochi contenuti. Probabilmente sarà stato proprio questo a cementare le fondamenta di WWE 2K16 e ci fa tirare un bel sospiro di sollievo!

Give me an HELL YEAH!WWE 2K16 arriva nei negozi con un testimonial d’eccezione, Stone Cold Steve Austin, e su di lui è incentrata totalmente la modalità showcase, almeno finché non verrà rimpolpata con la solita sfilza di dlc. Pochissimi ricorderanno il wrestler texano come l’esordiente dalla lunga chioma bionda in WCW, ma è da qui che la storia parte e ci accompagnerà tra decine di match e reperti video fino al tramonto della sua carriera, iniziato in quel di WrestleMania XIX. Una storia ricca di emozioni e momenti memorabili, indelebili nella storia della WWE e del wrestling in generale, peccato che subisca in maniera probabilmente eccessiva l’era PG, dove l’intrattenimento è rivolto appunto a famiglie con bambini e certi limiti non possono essere superati. Limiti che invece venivano infranti costantemente nella celebre Attitude Era, che aveva proprio in Steve Austin il suo emblema. Un rozzo, sboccato e irriverente beone. 

In questo caso il team di sviluppo si è trovato una gatta davvero difficile da pelare, ritrovandosi nel mezzo di due mondi non solo distanti ma assolutamente incompatibili. Come può Stone Cold prescindere dalle sue lattine di birra, le sue parolacce, i suoi gesti offensivi e i suoi match più importanti portati a termine con una maschera di sangue? Non può, così come la WWE non può permettersi di trascurare la sua politica aziendale e il pubblico – troppo – giovane a cui si rivolge principalmente. Ciò che ne consegue è un prodotto censurato in larga parte, ma seguendo uno schema incoerente. Tutto il materiale video e audio riguardante il vecchio nome della WWE è stato censurato senza pietà, mentre scene violente e frasi volgari come “son of a b**c” vengono ora oscurate e ora esaltate con una alternanza apparentemente casuale. Il sanguinamento è di default disattivato e cozza in maniera quasi fastidiosa con la storia che fu. 
Questa ostinata volontà di accontentare tutti inquina dunque un po’ il racconto di una delle carriere più illustri nella storia del wrestling, eppure è sempre un piacere ritrovarsi ad affrontare altre leggende di questo sport come Bret Hart, Shawn Michaels, Mick Foley e The Rock. Tutti gli incontri sono scriptati in larga parte e accompagnano il giocatore, anziché suggerirlo, attraverso segmenti in cui bisogna portare a termine le istruzioni degli obiettivi a schermo e poi godersi brevi filmati col motore di gioco, ove possono essere inclusi uno o due quick time event (o persino registrazioni originali). La monotonia di utilizzare esclusivamente un unico lottatore per quasi tutti gli eventi dello showcase e di non avere un effettivo controllo sugli incontri potrebbe annoiare l’utente più casual e meno interessato alla carriera del texano, mentre i veterani che la conoscono bene potranno certamente lamentare delle mancanze dovute alla censura o ai copyright. Insomma, comunque la si guardi, Showcase rimane una modalità coinvolgente e interessante, purtroppo rovinata in alcuni punti da scelte probabilmente obbligate.

What?!Parlando di sostanza, quella che più di ogni altra cosa sta a cuore a tutti i giocatori, finalmente questo capitolo si presenta in una forma smagliante e vanta un roster sconfinato e difficilmente ripetibile. Già guardando al tavolo di commento finalmente troviamo il trio Lawler-Cole-JBL al completo e non più il posto vuoto orfano di quest’ultimo. Rispetto agli anni precedenti sono pochissimi i lottatori che non trovano spazio in quest’ultima edizione e tutti per problemi riguardanti i diritti di chi, per un motivo o per un altro, ha lasciato la federazione o non ha voluto rinnovare l’accordo. È questo il caso di CM Punk, AJ Lee e Rey Mysterio, giusto per fare qualche nome recente. Assente giustificato anche Hulk Hogan, con il quale la stessa federazione ha recentemente chiuso ogni tipo di rapporto. Per il resto sono presenti quasi tutti tra performer attuali e leggende del passato, tra cui l’unica reale mancanza può identificarsi con quell’Eddie Guerrero che già un anno fa non aveva trovato spazio.Sia come quantità che come qualità va fatta però una netta distinzione tra Superstars e Divas. Se tra i talenti maschili troviamo una ampia scelta e una fedeltà almeno buona per quanto riguarda aspetto e parco mosse, la situazione diventa desolante per la controparte femminile. Numericamente sono appena una manciata, due icone storiche come Trish Stratus e Lita sono confinate come dlc e, cosa che infastidisce decisamente troppo, mancano del tutto in questa edizione Charlotte, Sasha Banks, Becky Lynch e Bayley, quattro tra le migliori esponenti della categoria degli ultimi anni, che da mesi portano avanti la cosiddetta Divas Revolution: nient’altro che un movimento di rivalutazione della categoria, troppo spesso snobbata in passato e occupata più da ragazze copertina solite a mettere in mostra il loro corpo piuttosto che capacità tecniche e atletiche. Tutti questi elementi suonano un po’ come una bocciatura di tutta la categoria e di quanto di buono stiano facendo ogni settimana in giro per il mondo. Tra tutti gli aspetti meno positivi del titolo, è questo senza alcun dubbio il più grave.La cosa diventa ancor più fastidiosa se si pensa che nemmeno in un futuro prossimo sarà possibile vederle arrivare, persino sotto forma di dlc. Ed è proprio su questi ultimi che vogliamo spendere due paroline, poiché ancora una volta vengono bloccati contenuti del prodotto completo per essere successivamente messi in vendita, singolarmente o con il Season Pass. Per gli episodi showcase può anche essere una mossa intelligente, così come per il roster – quest’anno in particolare – non pesano certo le assenze di poche leggende a fronte di tutte quelle già presenti. Potremmo anche considerare per certi versi furbo tenere nei contenuti extra Samoa Joe per rendere l’acquisto appetibile. Quella che fa storcere il naso è la gestione dei dlc. In un mondo in costante evoluzione come quello della WWE, un modo certamente migliore poteva essere riservarsi un aggiornamento per i nuovi arrivi, nuovi costumi e nuovi personaggi. È dunque già deciso che per giocare con i vari Alberto Del Rio, i Dudley Boyz e le suddette Divas bisognerà aspettare almeno la prossima edizione, salvo non ci si voglia accontentare delle creazioni della community, liberamente scaricabili dall’apposita sezione che presenta in non rare occasioni delle riproduzioni veramente ben fatte. 

Proprio parlando di creazioni, molti saranno ben felici di sapere che l’editor è stato migliorato ancora una volta. Sia ben chiaro però: migliorato e non rivoluzionato. La base è la stessa dell’anno scorso, con tutti i pregi e i limiti che lo contraddistinguevano, con però la possibilità ora di poter creare anche delle Divas e di modificare nei più piccoli dettagli atleti, cinture, arene e show. Promossa a pieni voti anche la possibilità di creare delle versioni alternative di tutti i personaggi ufficiali, utilissima per avere a disposizione diversi ring attire e spezzare la monotonia. Non è possibile creare mosse di sana pianta, ma ci si può comunque affidare ad un parco mosse davvero molto esteso per creare il proprio set preferito.

And that’s the bottom line…WWE 2K16 non è ovviamente tutto qui ma offre ai giocatori anche quest’anno le modalità WWE Universe e My Career con cui sbizzarrire la propria fantasia. Anche le stipulazioni possibili sono state ampliate, senza però esagerare. Tante tipologie di match cari agli appassionati di wrestling ancora non rientrano tra quelle selezionabili, come il Lumberjack, il Casket, l’Inferno e il Buried Alive. Quest’ultimo in particolare è curioso vedere come sia presente solo all’interno dello showcase – ovviamente scriptato – ma non nel resto del gioco. Al contrario troviamo un Extreme Rules e un No Holds Barred che sono assolutamente identici, se non per il nome.Nella modalità WWE Universe è possibile gestire a tutto tondo il roster, gli show e qualsiasi cosa creata con l’editor di gioco. Questa modalità in particolare risulta piuttosto stratificata e permette al giocatore meno paziente di portare avanti anche soltanto uno show, come Monday Night RAW, e curare le faide tra gli atleti che preferisce, mentre per chi è deciso a sfruttare tutte le possibilità si può considerare un vero e proprio manageriale limitato soltanto dalle proprie facoltà creative. Si può infatti agire direttamente anche sugli stati d’animo e fisici dei singoli atleti e decidere se e in quali show possono esibirsi. In buona sostanza è il giocatore a governare tutta la baracca seguendo la propria filosofia del “best for business”.Nella modalità carriera troviamo anche piccole novità che riescono a cambiarne la sostanza. Il tutorial iniziale dura diverse settimane, durante le quali non solo si apprendono le basi delle meccaniche di gioco ma soprattutto le nuove features. La Superstar da noi creata dovrà farsi strada partendo dal Performer Center e dal roster di NXT, sotto l’occhio vigile del nuovo allenatore (noto ai più con i ring name di A-Train e Tensai). Ora però tutto viene gestito con più criterio, integrando un sistema di rapporti interpersonali in modo tale da creare amicizie e dissapori con chiunque altro nel roster. Con questa interessante novità ci si potrà fare strada sia nel campo dei Tag Team che nel singolo, oltre che disturbare a piacimento gli incontri di coloro che intendiamo mettere nel nostro mirino. Peraltro l’aspetto psicologico è maggiormente caratterizzato non solo dalla condotta in ring, ma pure da frequenti interviste condotte nel backstage. Qui troveremo Renee Young a porci domande riguardanti gli incontri appena trascorsi e starà poi a noi decidere la risposta tra le quattro offerte, influenzando così la percezione che il pubblico ha dell’atleta. Tuttavia, se proprio dobbiamo muovere una pecca a riguardo, la tendenza a comportarsi da face, ovvero da buoni, resta marcata anche rispondendo in modo spocchioso e arrogante alla bella bionda.Dulcis in fundo, non sarà più necessario aspettare che il General Manager di questo o quello show decida di introdurci in un giro titolato a caso, piuttosto sta al giocatore dichiarare dall’inizio a quale cintura intende puntare e così viene subito piazzato in fondo alla classifica, da scalare con esibizioni sul quadrato convincenti e dichiarazioni sferzanti.

… ’cause Stone Cold said so!L’ultimo aspetto da trattare, non certo per importanza, riguarda la parte tecnica. Nel precedente capitolo abbiamo assistito ad una evoluzione del gameplay verso un ritmo più lento, se vogliamo anche più realistico. In WWE 2K16 si continua su questa rotta, affinando e limando piccole sfumature qua e là, come le prese concatenate che non sono più così invadenti all’inizio di ogni incontro. Il cambiamento principale risiede in una limitazione applicata alle contromosse, che la facevano decisamente da padrone. Ora ogni lottatore ha un limite massimo di slot per contrattaccare, ricaricabili col tempo, che in linea di massima variano da tre a cinque a seconda del personaggio. Così facendo il giocatore è sempre chiamato a valutare la situazione e a fare dei sacrifici: scegliere quali colpi è meglio incassare e quali meritano di esser respinti, a patto di avere il giusto tempismo. Alcune mosse offrono al giocatore anche due finestre di tempo ridotte per contrattaccare, una all’inizio dell’esecuzione identificata dal colore verde, e una ancor più breve nel momento clou di colore rosso. Mettere a segno quest’ultimo tipo di contrattacco fornisce un bonus stordimento ai danni di chi ha fallito a connettere la propria mossa, ma al costo di ben due slot.In una sfida che vede contrapposte due o più persone reali, non c’è dubbio che questo nuovo sistema aiuti molto ad aumentare il livello tattico degli incontri, costringendo ogni giocatore a badare sia alla barra della fatica che agli slot dei contrattacchi residui, onde evitare di restare scoperto o senza fiato. Contro la cpu invece la questione è un po’ diversa, poiché è molto più probabile che il giocatore si ritrovi scoperto e senza difese piuttosto che l’IA nemica, fin troppo brava a calcolare i rischi dei colpi che stanno per arrivare ogni volta.Nuove anche le meccaniche degli schienamenti e delle sottomissioni. Per alzarsi da un tentativo di schienamento è sufficiente fermare l’indicatore entro la porzione di cerchio evidenziata nei 2 o 3 tentativi concessi, la quale ovviamente va diminuendo di ampiezza a seconda dei danni ricevuti e della potenza dell’ultima mossa subita. Per le sottomissioni viene poi introdotto un nuovo tipo di minigioco, con due indicatori – uno blu per chi difende e uno rosso per chi sottomette – che vengono mossi lungo una circonferenza tramite l’analogico destro. Chi difende deve fuggire da chi sottomette e viceversa, fino a che una delle due colorazioni prevalga all’interno del cerchio. Due metodi abbastanza semplici in teoria, ma che nella pratica necessitano di un po’ di fatica per essere padroneggiati. In sostanza, comunque, risultano due cambiamenti abbastanza riusciti.La barra della fatica invece andrebbe leggermente rivista, poiché con l’andare dei minuti ogni incontro perde troppo ritmo senza possibilità di effettuare qualsiasi arrembaggio sul finale, come invece capita di vedere non poche volte in tv. In WWE 2K16 invece, dopo un avvio scoppiettante, si va ben presto a scadere in un ritmo eccessivamente compassato anche per il lottatore medio, mentre diventa ancor più grave nel caso di pesi massimi dalla stazza importante, come Big Show o Andrè the Giant.Graficamente non si discosta molto da quanto visto un anno fa e, proprio come allora, troviamo sia lottatori curati nei minimi dettagli e con un face capture impressionante, sia altri che sembrano essere più la caricatura di sé stessi. La differenza è ancora una volta netta quando si parla di uomini e Divas, con queste ultime ancora una volta penalizzate per la realizzazione del viso e delle espressioni. I modelli dei lottatori sono invece di buona qualità, ottima nel caso di silhouette un po’ più asciutte, mentre per quelle più pompate e muscolose rimangono alcuni difetti evidenziati soprattutto durante le animazioni.Il motore fisico soffre ancora delle solite intersecazioni poligonali, presenta bug grafici minori e interazioni con gli elementi dello stage e gli oggetti assolutamente rivedibili. Anche qui c’è stato un certo lavoro di rifinitura e di miglioramento, ma sembra ormai evidente che i problemi siano alla base e che, per scrollarsi questa zavorra, ci voglia più una rivoluzione che un semplice miglioramento del materiale già pronto.Ottimo invece il comparto audio, sia per la colonna sonora, che per tutte le musiche di entrata e gli effetti sonori dei combattimenti. Il pubblico d’altro canto è parso un po’ sotto tono e raramente si ottengono delle reazioni degne di nota. Il coro “this is awesome” è esclusivo dei momenti OMG! e difficilmente abbiamo sentito qualche inno a favore di qualcuno impegnato sul quadrato, se non per il solo John Cena. Ma anche in questo caso, senza il classico “let’s go Cena – Cena sucks” non si ha la stessa sensazione che si può avere guardando un pay-per-view in diretta.Una menzione va fatta anche alla modalità Online, giusto per mettere in guardia l’utenza. Non giocatela. La qualità dei server porta ad avere circa un secondo di lag per tutti i comandi, rendendo ogni incontro straziante, casuale e decisamente deludente proprio per via del fatto che tutto sia incentrato sul tempismo. Vi basta fare 2+2 per capire che le due cose non possono coesistere.

– Roster mastodontico…

– L’editor permette una customizzazione incredibile e facilmente condividibile online

– My Career e WWE Universe offrono ore e ore di gioco per gli appassionati

– Il gameplay è stato rifinito e migliorato…

– … ma non tutti sono riprodotti con la stessa cura

– Lo showcase di Steve Austin soffre troppo la censura, peraltro discutibile

– … ma resta ancora troppo lento e legnoso

7.5

Quest’anno 2K ci porta un titolo licenziato WWE enorme e ricco di contenuti, che non può che fare la felicità degli appassionati. Anche coloro che non sono rimasti pienamente soddisfatti un anno fa hanno ora finalmente l’occasione di mettere le mani sul roster più grande che si sia mai visto in un videogame e assoluta libertà di customizzazione. Per tutti i fan WWE 2K16 è probabilmente un acquisto obbligato grazie alla mole spropositata di contenuti e a uno showcase dedicato ad una delle icone più importanti del wrestling. Per tutti gli altri, invece, potrebbe essere particolarmente difficile sorvolare su un gameplay piuttosto legnoso per godersi l’esperienza appieno e divertirsi come si deve.

In definitiva, ci troviamo davanti ad un buon titolo che va considerato per certi versi un traguardo per gli Yuke’s, che però dovrebbero avere il coraggio di osare rivoluzionando la formula, per svecchiarsi e ritrovare quella scintilla che solo un progetto “nuovo” sa portare con sé.

Voto Recensione di WWE 2K16 - Recensione


7.5