Recensione

Surviving Mars, recensione del citybuilder marziano

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Dopo esplorare lo spazio, poter colonizzare un pianeta differente dalla nostra Terra è un sogno che abbiamo immaginato tutti. Un mito recentemente tornato in voga anche per le recenti scoperte astronomiche che confermavano la presenza di acqua potabile proprio su Marte, e volendo anche da pellicole come The Martian di Ridley Scott. Da tali premesse sono parimenti partiti Haemimont Games per questo Surviving Mars. Gli sviluppatori bulgari, non nuovi ai city-builder (dagli Imperium ai Tropico) costruiscono stavolta uno strategico-manageriale di ambientazione futuristica decisamente esigente nei confronti del giocatore (del resto, a fare loro da publisher è la Paradox). Un’apparenza che, pur muovendosi sui binari sicuri della “colonia anni Cinquanta”, cela altro sotto la sabbia rossa e le meteore che cadono.
Costruisci per sopravvivere, sopravvivi per costruire
La base di ogni colonia sarà l’automazione, trasportata da un classico razzo bianco lucido. Il libero arbitrio per il giocatore è totale: oltre a deciderne il contenuto, dovremo anche scegliere in che settore e in che zona farlo atterrare. Una scelta che già di suo comporta delle responsabilità, in quanto bisognerà fare in modo che vi siano terreni edificabili e risorse raccoglibili. La maggior parte del lavoro sarà però svolto dai droni, che raccoglieranno le risorse e costruiranno gli edifici. Ciascuna squadra ha un preciso raggio di azione, corrispondente alle onde radio trasmesse dal veicolo principale, pertanto bisognerà organizzare bene i compiti. Prima ancora delle risorse (metalli, calce, materiali preziosi) infrastruttura principale sarà l’energia, da ottenere piazzando pannelli solari, pale eoliche e accumulatori Stirling (questi ultimi funzionano anche in assenza di luce o vento), collegando poi il tutto con i cavi. Il passo successivo sarà quello di produrre acqua e ossigeno, risorse essenziali per la vita umana e che necessiteranno di una pianificazione ancora più accurata, considerando che vi devono essere scorte per i momenti in cui non c’è energia per produrli. Tutto questo servirà a una sola ambizione: accogliere e ospitare coloni umani sul nostro piccolo angolo di pianeta rosso. Arrivati con un altro shuttle (finché avremo i fondi potremo richiedere anche missioni di rifornimento), i volontari andranno per forza ospitati nei Dome, enormi cupole trasparenti cui destinare l’ossigeno, l’acqua e il cibo prodotti. La loro presenza significherà una forza lavoro specializzata, capace di raffinare risorse e creare beni. Parimenti andranno “accuditi” dando loro case, intrattenimenti e luoghi dove crescere la prole, fino a costruire più cupole e avviare una nuova società sul pianeta. C’è un lodevole livello di gestione sotto questo punto di vista, in quanto potremo intervenire sul tipo di persone che arriveranno dalla terra, scremandone pregi e difetti. Non si può mai sapere come evolverà la situazione una volta giunti sul pianeta rosso, e inevitabilmente ogni partita farà storia a sé.
L’arrivo dei coloni umani è il punto di non ritorno: la loro morte porterà a un inevitabile game over. L’approccio del giocatore deve essere fin da subito deciso e mentalmente organizzato, sempre pronto a correggere i problemi nel suo dominio. Le risorse a disposizione sono limitate, e sarà fin da subito richiesta una grande pianificazione urbana tra energia, scorte e organizzazione delle macchine per fare in modo che la colonia possa prima sopravvivere e poi anche vivere. Non vi saranno tutorial ma solo pochi suggerimenti a schermo, cosa che porta la componente di “sopravvivenza” a un livello più carnale e distante dal puro valore economico. In questo senso il livello di frustrazione, specialmente nelle fasi iniziali, potrebbe raggiungere dei veri e propri picchi. E di contro, possiamo garantirvi che è sempre una grande soddisfazione vedere finalmente la colonia prima decollare e poi raggiungere l’autosufficienza.
Il mistero di un pianeta
Surviving Mars non è quindi un videogioco da prendere con leggerezza, ma non è un city-builder del tutto “puro”. Prima di iniziare ogni partita dovremo scegliere, oltre ai materiali e ai prefabbricati da caricare sullo shuttle per la missione, anche il finanziatore, la specializzazione e il “Mistero”. Il primo è il livello di difficoltà, rispecchiato nelle attrezzature iniziali e i fondi a disposizione. La seconda garantisce una serie di vantaggi e svantaggi a seconda della scelta: uno scienziato permetterà di aumentare la raccolta e la raffinazione delle risorse, mentre un dottore abbasserà i requisiti minimi perché i coloni comincino a procreare. In aiuto a tutto questo verrà anche un gigantesco albero delle tecnologie, diviso in cinque rami (biotech, engineering, robotics, physics e social); è essenziale avere sempre qualcosa in corso su tale schermata, in quanto apporterà vantaggi sensibili alla colonia, facendola anche accedere (nelle fasi avanzate) a tecnologie particolarmente fantascientifiche come l’eliminazione della vecchiaia.
Elemento più interessante è però il “Mistero”, che fa un po’ le veci della storyline. Potremo selezionarlo all’inizio di ogni avventura, indicato solo da un titolo e da una citazione sibillina presa da grandi classici e autori della fantascienza. Scegliere una di queste variabili avrà effetti autentici sulla partita, contaminando il gioco con una fantascienza di livello variabile a seconda della scelta, portando a volte a qualche voluta “stranezza” grafica. L’atmosfera generale del gioco può quindi variare improvvisamente, aggiungendo elementi ovviamente estranei a quelli di un manageriale “puro”. Ovviamente il grande libero arbitrio concessoci permette anche di lasciar completamente perdere tali contaminazioni e concentrarci solo sulla colonia. Anche perché già in situazioni normali la vita non è facile per via delle basse temperature, delle tempeste di sabbia e delle meteore che cadono, e che potrebbero essere fatali per il nostro sudato sistema di distribuzione e incubazione della vita. Quello che il gioco pare sottolineare con stanca ironia è l’ostilità di Marte a una vita umana duratura, e allo stesso modo evidenzia anche come la testardaggine degli esseri umani non se ne curi più di tanto.
Terra rossa
Su console Surviving Mars è molto pulito e funzionale. Strutture e macchinari godono di un buon livello di dettaglio, e la capacità di zoom permette di apprezzarlo a fondo. Gli umani hanno invece un aspetto più dai colori più carichi e quasi cel-shading, probabilmente per spezzare il paesaggio brullo e rossastro che invece domina lo schermo per tutta la partita. Peccato proprio per il terreno, che quando osservato troppo da vicino sgrana eccessivamente la texture, e per qualche indecisione durante i salvataggi e i caricamenti: in tali occasioni il gioco si blocca sempre per qualche secondo, cosa che potrebbe essere fastidiosa specialmente nelle sessioni prolungate. Interessante la colonna sonora, fatta da strumenti classici e sintetizzatori che da quel tocco “morbido” ma metallico e caratterizzante.
Purtroppo, la nota dolente è volendo sempre la stessa: il sistema di controllo. È una triste verità che è quasi impossibile traslare uno strategico dal mouse al gamepad, e purtroppo anche in questo caso il risultato è controverso. Le levette, a cui sono affidati movimento e zoom, fanno il loro dovere ma il gioco è macchinoso quando si tratta di selezionare e impartire ordini specifici. Ciascuna porzione di interfaccia ha infatti un tasto specifico da premere per accedere e un ulteriore tasto (differente) per utilizzarla, cosa che porta sempre a una certa confusione appena la concentrazione comincia a venire meno. Il gioco risente delle sue origini PC anche per quanto concerne l’interfaccia, i cui elementi risultano poco comprensibili su un normale TV “da salotto”. Anche qui l’abitudine sopperirà alle difficoltà iniziale, ma si è sempre molto “al limite”.

-Profondo, scalabile e potenzialmente eterno

-Atmosferico ma con ironia

-Grafica funzionale e pulita

-Il sistema di controllo col pad

-Curva di apprendimento molto ripida

7.0

Surviving Mars è un prodotto di nicchia, inconsigliabile al grande pubblico ma allo stesso tempo un buon lavoro. Haemimont Games dimostra grande amore per la fantascienza, mischiandola a un city-builder impegnativo, pieno di riferimenti e possibilità. La grafica si dimostra parimenti di buona qualità, esibendo uno zoom potente e dettagli piacevoli. Il pad della console inevitabilmente arranca nel difficile compito di sostituire un cursore, cosa che a volte fa cedere il passo alla confusione. E inevitabilmente, il gioco parimenti soffre di una scarsa accessibilità, che rende il primo contatto difficile e l’apprendimento delle dinamiche particolarmente ripido. È consigliato agli appassionati di city-builder, che potrebbero trovare nella sua fantascienza un (relativamente nuovo) approccio al genere. I neofiti potrebbero considerare più agevole prenderlo su PC.

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7