Recensione

Shin Megami Tensei IV Apocalypse

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Anno dopo anno, la libreria di giochi di ruolo di Nintendo 3DS è arrivata a rivaleggiare con quella, di altissimo profilo, del suo progenitore, e una delle compagnie maggiormente attive (se non la più attiva in assoluto) nel portare JRPG di qualità sui due schermi della console Nintendo è stata sicuramente Atlus, regina del genere.
Il quarto episodio della saga regolare di Shin Megami Tensei è arrivato in occidente nella sola versione digitale, ad un prezzo ribassato, e, nonostante le lamentele di molti collezionisti, si è rivelato essere un ottimo prodotto, come la quasi totalità dei suoi predecessori; oggi, a tre anni di distanza, forse per regalare ai fan anche una versione fisica, ecco giungere Shin Megami Tensei IV Apocalypse, ambientato nella stessa Tokyo devastata in cui si muovevano i personaggi del prequel.
In occasioni simili abbiamo spesso sentito puzza di bruciato, ma ad Atlus conviene sempre concedere il benefico del dubbio, quantomeno quando si parla di giochi di ruolo.
Seconda chance
Apocalypse prende il via direttamente a Tokyo, senza preamboli, e questo rappresenta già uno dei suoi punti di forza rispetto al predecessore, che, prima di aprirsi a livello narrativo, imponeva una fase iniziale piuttosto lenta: gli eventi narrati sono contemporanei rispetto alle avventure di Flynn e compagnia (siamo quindi nel 2038), e questo sequel parte dal presupposto che il giocatore abbia scelto il cammino neutrale al termine di SMT IV.
Ecco quindi che Flynn è asceso al ruolo di godslayer, uccisore di dei, e Isabeau, che incarnava appunto il neutral path, è la sua più fedele spalla, in battaglia e non: il giocatore, però, non sarà chiamato a vestire i panni di una di queste facce note, ma quelli di Nanashi, uno degli eroi più androgini ed equivoci (quantomeno nel look) della recente storia di Atlus.
Questi è un soldato di basso rango, arruolato nella Hunter Association, che pattuglia le strade di una Tokyo devastata dal conflitto sempiterno tra le forze infernali, al comando del principe delle tenebre Lucifero, e quelle angeliche, al servizio di Merkabah: sua fedele spalla è Asahi, amica di una vita, energetica e sempre propositiva.
In un panorama apocalittico come quello descritto, però, basta incappare nel demone sbagliato per rimanerci secchi, e questo è esattamente ciò che succede al protagonista già nell’incipit di gioco, a pochi minuti dall’inizio dell’avventura: quando il buio cala sul nostro eroe, però, un demone di nome Dagda (proveniente dalla cultura celtica, ma nel titolo si incrociano influenze europee, indiane, sudamericane, come da tradizione per i giochi della serie) gli propone uno scambio.
A condizione che Nanashi divenga il suo burattino, rispondendo ai suoi ordini, il demone è pronto a riportarlo in vita istantaneamente, peraltro con poteri che prima gli erano preclusi, tra cui quello di evocare demoni e piegarli alla sua volontà: il nostro non ci pensa due volte, ed accetta.
Di qui, la storyline principale porterà il giocatore a fare la conoscenza di una serie di comprimari di un certo spessore e a navigare ambientazioni tremendamente affascinanti, ancora più cupe e disperate di quelle viste nella seconda parte del titolo uscito nel 2013.
Qui ancora di più che in quell’occasione, i personaggi risultano vividi e ben scritti, sono mossi da motivazioni spesso assai poco nobili ma credibili, umane: capiterà di trovarsi costretti a combattere umani con cui saremo parzialmente d’accordo, o di cedere, anche solo per un istante, al fascino dei discorsi di un demone particolarmente arguto.
Gli sceneggiatori Atlus, insomma,forniscono un’altra ottima prova, coniugando eccellentemente un’ambientazione intrigante (sebbene non troppo originale) con una serie di personaggi in cui non si fatica ad immedesimarsi.
La costante, come già in altri prodotti del team giapponese, è che gli umani, tanto nelle loro elucubrazioni quanto nei loro scopi, sono spesso più diabolici e perversi dei demoni stessi.
Tante piccole migliorie
Piuttosto che soffermarci sulle basi del gameplay, per le quali vi invitiamo a rileggere la recensione di SMT IV, per amore di brevità ci concentreremo sulle modifiche apportate al sistema di gioco, nessuna delle quali, all’apparenza, si rivela clamorosa.
Cionondimeno, ognuna di esse concorre a migliorare il già ottimo titolo base, rendendo l’esplorazione e i combattimenti ancora più godibili e velocizzando certe fasi di gioco.
La prima cosa che balza all’occhio, sin dai menu iniziali, è la possibilità di selezionare da subito tutti i livelli di difficoltà, laddove, in precedenza, era necessario incappare in morti ripetute per sbloccare quello facile o terminare il gioco una prima volta per avere accesso a quelli più difficili: sembra una cosa da poco, detta così, ma consente anche ai neofiti di avvicinarsi alla saga senza troppe remore, così come ai veterani, magari insoddisfatti dalla difficoltà di SMT IV, di cimentarsi da subito con una sfida più ardua.
Nella direzione di rendere più intuitiva l’interfaccia va anche la scelta di rendere costantemente visibile il prossimo obiettivo primario, che si accompagna ad una maggiore precisione delle nomenclature dei luoghi e della mappatura, più leggibili rispetto a quelli, talvolta oscuri, del predecessore.
Discorso analogo per la possibilità di completare quest immediatamente dopo aver raggiunto l’obiettivo prefissato, senza la necessità di tornare dal committente (se non per determinate missioni strettamente collegate alla storyline principale), snellendo così notevolmente i ritmi di gioco ed evitando l’andirivieni tra le zone abitate, concentrate in genere nelle fermate della metropolitana, e i dungeon dove si svolgono il grosso dei combattimenti.
Le due aggiunte più rilevanti in termini di gameplay, comunque, le abbiamo lasciate per ultime: il sistema di allineamento dei demoni e la possibilità di scegliere un compagno di battaglia.
La prima aggiunge un ulteriore strato di profondità alla già incredibile libertà di personalizzazione di cui i giochi di questa saga, di cui SMT IV era solo l’ultimo esponente, si sono sempre fregiati: adesso, quando si sceglie di fondere due demoni, bisogna fare attenzione alle affinità di questi con i vari elementi.
Ci sono demoni affini al ghiaccio, con un +2 agli attacchi fisici, o portati per gli status alterati, e così via: nel momento di fonderne due e crearne uno nuovo, tenere in considerazione queste variabili può fare la differenza tra forgiare un demone assai utile e sprecarne due per dar vita ad uno appena decente.
Inutile dire che esaltare le caratteristiche peculiari di ogni essere porta a creare un party di grande spessore, che tornerà utile soprattutto per quanti volessero affrontare l’avventura ai livelli di difficoltà più impegnativi.
Rispetto al recente passato, poi, dove i compagni che affiancavano Flynn venivano selezionati casualmente dalla CPU e spesso si dimostravano più un peso che un aiuto, adesso al giocatore è concesso selezionare uno dei diversi membri reclutabili con cui entrerà in contatto durante l’avventura, ognuno con i propri punti di forza e debolezze, e farsi assistere da esso in combattimento.
Ne scaturiscono scontri molto meno legati al caso, perché, pur non avendo il controllo diretto sulle azioni del compagno, il giocatore può scegliere, a monte, quello che preferisce: ci sono curatori, personaggi che prediligono gli attacchi fisici, maghi e persino membri di supporto, che aumentano le statistiche del party o infliggono stati alterati ai nemici.
Non si pensi, però che queste aggiunte semplifichino eccessivamente la vita al giocatore: una maggiore libertà di scelta non coincide con una maggiore potenza, e, anzi, aumentando le variabili, aumentano anche le possibilità di sbagliare per i giocatori meno attenti; affrontare un nemico che riflette gli attacchi fisici, portandosi dietro un compagno che ne fa largo uso, ad esempio, si tradurrà, molto probabilmente, in un game over abbastanza rapido.
Bocce ferme
Se c’è un versante che non è cambiato in alcun modo dal gioco uscito nel 2013 è quello tecnico, che già non era all’avanguardia all’epoca e che, nonostante una direzione artistica ispiratissima, non convince appieno nemmeno oggi.
Apocalypse è mosso dallo stesso motore di SMT IV, e, a parte un paio di frame di animazione aggiuntivi e una manciata di demoni inediti, non abbiamo notato alcuna differenza in termini di definizione, di framerate, di conta poligonale: pochissimi prodotti Atlus, soprattutto su console portatili, hanno saputo stupire dal punto di vista tecnico, e quest’ultima fatica non fa eccezione, risultando deboluccia se vista in quest’ottica.
Ciò che invece è stato migliorato, e non di poco, è la colonna sonora, che rielabora e riprende temi del titolo originario ma ne aggiunge diversi inediti, che spaziano dall’elettronica alla techno, passando per pezzi di vaga ispirazione jazz ed altri che fanno un uso massiccio del sintetizzatore.
Soprattutto se apprezzata con un paio di affidabili auricolari, la colona sonora aiuta tremendamente l’immersione nella Tokyo distopica (ma non troppo lontana da quella odierna) immaginata dal team di sviluppo, tanto quanto l’alta qualità del doppiaggio, in linea con quello apprezzato tre anni fa.
Tornano anche i finali multipli, che stimolano alla rigiocabilità insieme alla voglia di riempire il demon compendium (il Pokedex demoniaco), ed una durata complessiva decisamente generosa, che varia dalla cinquantina di ore scarse dei più frettolosi alle poco meno di settanta necessarie qualora si scelga di portare a termine la gran parte dei compiti secondari disponibili.

– Nuovi demoni

– Molte piccole migliorie ad un gameplay già solidissimo

– Nuova, intrigante storyline…

– Anche in versione fisica per i collezionisti

– …che sarà apprezzata appieno soprattutto da chi ha giocato SMT IV

– Tecnicamente ancora indietro rispetto alla concorrenza

8.5

Sotto molti punti di vista era difficile riuscire a migliorare uno dei giochi di ruolo più maturi ed impegnativi tra quelli disponibili per 3DS, ma Atlus, con Shin Megami Tensei IV Apocalypse, ci è riuscita in pieno, sgrezzando alcuni aspetti del gameplay e migliorando l’interfaccia e l’esperienza di gioco nel suo complesso, lasciando immutati i numerosi punti di forza, come il sistema di combattimento, quello di arruolamento dei demoni e la narrativa malata ed avvincente.

Sebbene aver giocato il prequel aiuti molto nella comprensione di tutti i risvolti della trama, non ci sono categorie di giocatori cui sconsigliare questo prodotto: chi ha amato SMT IV lo adorerà, e chi se lo è perso potrebbe essere spinto a recuperarlo quanto prima.

Fino a quando 3DS potrà contare su uscite third party di questa qualità, lo spettro del pensionamento rimarrà lontano.

Voto Recensione di Shin Megami Tensei IV Apocalypse - Recensione


8.5