Recensione

Serial Cleaner

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a cura di DjPralla

Quando ti lanci nel mondo dei videogiochi da indipendente sai da dove inizi, ma non puoi mai prevedere dove andrai a finire. Nella buona o nella cattiva sorte ci sono sempre svolte pronte a cambiare l’andamento dell’azienda appena creata. Così è successo per iFun4All, azienda polacca composta da una dozzina di teste, che alla fondazione nel 2009 era focalizzata sulla realizzazione di titoli dal gameplay semplice per dispositivi mobili. Col passare del tempo il team ha preso sempre più confidenza, fino a fare il passo importate ed arrivare su console e PC. 
Il primo progetto di iFun4All ad approdare contemporaneamente su Xbox One, PlayStation 4 e PC è Serial Cleaner, che già dal nome lascia intendere un gioco fuori dagli schemi. Non stiamo parlando di un simulatore di pulizie, bensì di un action/stealth che pesca a piene mani dalla cultura degli anni ’70: i baffoni, i RayBan Aviator, le station wagon con gli inserti radica e la dilagante popolarità del genere pulp. Per molti versi, si tratta anche del miglior periodo per i serial killer, che attanagliavano l’America con continue carneficine. Se però la figura di questi assassini professionisti è ben radicata nella mente di tutti gli appassionati di film d’azione o di cronaca nera, passa molto più in sordina chi si accolla il lavoro più complesso, ossia ripulire tutto senza lasciare tracce che la polizia possa perseguire. Qui fa l’ingresso in scena il nostro pulitore seriale, un professionista della pulizia che viene assoldato per far sparire corpi e macchie di sangue. A mo’ di Mr Wolf di Pulp Fiction oppure dei pulitori di Jhon Wick, dopo una rapida chiamata di ingaggio, le ruote della station wagon di Bob fischiano nel vialetto di un tranquillo quartiere di villette in direzione della scena del crimine da ripulire. Andando più al sodo del gameplay, una volta arrivati sulla scena del misfatto dovremo raccogliere un numero fissato di corpi e oggetti che la polizia potrebbe usare come prove. Per farlo bisogna muoversi con discrezione in modo tale da non entrare nel cono visivo dei poliziotti, né tanto meno far si che quest’ultimi sentano i nostri passi. Se le cose dovessero andare storte e si venisse scoperti, c’è sempre la possibilità di nascondersi dietro a determinati oggetti, fino a che gli uomini della giustizia non riprenderanno la ronda classica. Con l’avanzare degli stage ovviamente la difficoltà nel raccogliere i copri e portarli all’auto (o a seconda della situazione farli sparire in altre forme più strane) diventa sempre più tosto e tattico. Tramite la pressione del tasto dorsale sinistro è possibile vedere l’intera area di gioco e notare anche gli obbiettivi da raccogliere, le guardie con il loro cono visivo e gli oggetti dietro cui nascondersi. In più col proseguire dei livelli potremo anche avere la possibilità di muovere container, aprire porte oppure far suonare delle esche. Dopo aver appreso le meccaniche base di gestione dei corpi, viene introdotta anche la necessità di ripulire il sangue: con la pressione del dorsale destro, Bobby, come la sua cara madre ama chiamarlo, sfodererà una lucidatrice d’altri tempi che al solo passaggio eliminerà il sangue, che altrimenti potrebbe diventare anche un avversario scomodo, dato che ci si può scivolare sopra, allungando così l’inerzia nel movimento del nostro personaggio. Combinando tutti questi fattori, quello che all’inizio doveva essere un gioco dal passo lento che doveva quasi andare a scimmiottare Hitman, è diventato qualcosa di molto più frenetico, dal momento che Bob corre a destra e a manca con cadaveri sulle spalle e nel caso in cui venga beccato c’è sempre la possibilità di lasciare il carico a terra per nascondersi per poi riprendere l’attività poco dopo. Le guardie sono attratte dalla sparizione di un corpo o al ritrovamento in un altro luogo, ma non prendono provvedimenti oltre ad un breve momento per controllare i dintorni; così facendo il gameplay diventa più veloce, rispetto che più tattico. Ovviamente nel caso in cui il manganello degli operatori di giustizia dovesse raggiungere la testa del ripulitore, tutti i progressi compiuti in quel determinato stage andranno persi e bisognerà ricominciare da capo. Per questo motivo il tutto diventa sempre più ragionato e meno di slancio, abbassando un po’ il ritmo di gioco col passare dei quadri. In più ad ogni retry, che avviene immediatamente senza alcun caricamento, la posizione di alcuni corpi e dei punti per nascondersi vengono rimescolati, dando così al giocatore una sfida leggermente diversa, giusto per non far cadere il titolo nel loop della memorizzazione ossessiva di cui Hotline Miami fa colonna portante del gameplay. Al di fuori delle scene del crimine, Bob passa le giornate tra una chiamata e l’altra a casa, dove può chiacchierare con la mamma, ascoltare la radio, leggere il giornale oppure guardare la TV. Il tutto per contestualizzare ancora di più la situazione in cui è ambientato il gioco, quegli anni ’70 fatti di crimini efferati, dei violenti incontri di box in televisione e dell’Odyssey, la prima console da gioco ad arrivare sul mercato, che mise nelle mani di tutti i videogiocatori un fucile.

Stile anni ’70

Gameplay che richiede tattica e prontezza

Alla lunga un po’ simile a se stesso

Controlli a volte imprecisi

7.5

Con i suoi trenta stage (venti di storia e altri dieci ispirati dal cinema che vanno sbloccati) Serial Cleaner dimostra come iFun4All sappia costruire delle esperienze di gioco con un gameplay solido come fondamenta. In più il contorno degli anni ’70 va a creare una contestualizzazione interessante sia dal punto di vista storico, ma soprattutto per quanto riguarda quello stilistico. Magari si sarebbe potuto impreziosire il tutto con stage più grandi, con checkpoint, oppure un gameplay leggermente meno caotico, che allo stato attuale non riesce ad essere governato in modo perfetto per via di controlli imprecisi.

Voto Recensione di Serial Cleaner - Recensione


7.5