Anteprima

Prey

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a cura di YP

Approcciarsi a un nuovo gioco, una nuova ip, non è mai cosa semplice: aspettative, dubbi e anche agitazione (nel caso in cui il progetto vi abbia colpito fin da subito), sono sentimenti che spesso accompagnano gli hands-on di chi, come me, è un inguaribile entusiasta e amante dei videogiochi. Sarà per questo motivo che pochi giorni fa, dopo che la sveglia è suonata nel cuore della notte e mi stavo preparando per il primo vero contatto con Prey, sono stato colpito da una sensazione che potrei facilmente descrivervi angoscia positiva: la fantascienza è tra i generi che  apprezzo di più, e se al timone di un videogame sci-fi ci sono quei bravi ragazzi degli Arkhane Studios, allora ecco spiegato il fatto. Qualche ora di volo dopo, arrivo a Londra negli uffici Bethesda e finalmente posso sedermi, mettere le cuffie e toccare con mano l’affascinante universo di Prey.
Good morning Morgan
2032, una mattina come tante altre per Morgan Yu: un dolce risveglio, un giro nell’appartamento, poi la telefonata; il dottor Alex Yu ci chiama a rapporto per eseguire su di noi qualche test, nulla di grave sia chiaro, ma è importante ricordarci d’indossare la tuta prima di dirigerci verso l’elicottero che ci porterà a destinazione. La sequenza introduttiva di Prey ha l’incredibile pregio di riuscire a catapultarci immediatamente nel mood giusto, che caratterizzerà l’intera produzione: un’incessante e palpitante musica, condita da qualche nota più vivace, ci accompagnerà nel corso di tutto quanto il gameplay e assieme al riuscitissimo concept dell’ambientazione contribuirà a creare un quadro che prende liberamente ispirazione da produzioni come Half-Life, Bioshock e System Shock ma riesce comunque a partorire un’identità e un lato artistico proprio e discretamente ansiogeno; anche se tutto sembra perfetto e ordinario, aleggia una strana sensazione d’inquietudine che presto si rivelerà essere concreta e alquanto preoccupante. Il plot di Prey è intrigante e sopratutto stimola e invoglia a continuare a giocare, tant’è che quando si è conclusa la nostra ora a disposizione sono rimasto con l’amaro in bocca: avrei giocato volentieri per molte, moltissime ore. 
La disavventura di Morgan Yu sfocerà presto nel paranormale e nell’alieno: quella che credevamo fosse un’ambientazione terrestre verrà presto stravolta, e ci ritroveremo obbligati a lottare contro entità aliene furbe e agguerrite, spinti dalla disperata ricerca della verità, fondamentale per dare un senso a un microcosmo narrativo che ci sembrerà apparentemente confuso e pieno di ombre. Pad alla mano i movimenti di Morgan sono semplici quanto riusciti: visuale in prima persona e movenze tipiche di ogni FPS rendono il gameplay accessibile e subito confortevole anche se, come scopriremo presto,  l’impostazione da shooter è solamente la testa di un iceberg ben più profondo. Prey è infatti un gioco dalle molte sfaccettature in grado di offrire molte possibilità: l’interazione con l’ambiente, per esempio, è quasi totale, al punto che potrete impugnare, spostare o raccogliere qualsiasi oggetto vedrete a schermo; alcuni saranno utili e quindi andranno inseriti nell’inventario (non molto ricco a livello di spazio, quindi da gestire bene), altri invece potranno essere utilizzati come diversivo o arma durante alcuni scontri. Anche l’esplorazione è incredibilmente centrale nell’esperienza di gioco: accedere ai vari pc sparsi nella stazione spaziale Talos, gestita dell’enigmatica compagnia TranStar, sarà utile a capire meglio che cosa stia succedendo al nostro protagonista ma anche il perché di alcune scelte, decisioni, da parte di alcune delle misteriose figure che ci accompagneranno nel corso dell’avventura, a partire dal dottor Alex Yu.
You choose
La libertà è uno di quei fattori che abbiamo capito caratterizzerà in più modi Prey: cosi come il protagonista lotta in qualche modo per ottenerla, noi giocatori invece ne avremo in quantità. Ogni situazione potrà infatti essere affrontata come meglio crediamo; ogni porta potrà essere aperta nel modo che preferiamo.  Starà quindi a noi decidere come comportarci e che stile di gioco adottare, consci del fatto che potremmo in qualsiasi momento cambiare approccio e quindi rendere le nostre sessioni di gioco ancor più frizzanti. Non sono mancate le possibilità di testare questa caratteristica, e il risultato è eccellente, tanto che una volta finita la prova e confrontandoci con i colleghi, abbiamo piacevolmente scoperto che la maggior parte di noi aveva utilizzato metodi diversi per progredire nella demo, addirittura alcuni hanno scoperto aree che altri non hanno trovato, dimostrazione che l’esperienza non sarà troppo guidata e le scelte di noi giocatori faranno davvero la differenza. Ricapitolando: esplorazione, curiosità e varietà d’approccio, ma ci sono anche i nemici, rappresentati da forme aliene evanescenti, furbe e maligne, che si mimetizzeranno con l’ambiente trasformandosi temporaneamente in oggetti e quindi pronti a ingannarci. Per ucciderli avremo a disposizione diverse armi, tutte richiamabili da un comodissimo menù oppure tramite la semplice pressione del tasto sulla croce direzionale al quale verranno assegnate. Durante la nostra ora di gameplay abbiamo provato una semplice chiave inglese, una pistola e un Gloo Cannon, che probabilmente è il primo di una serie di armi dal look eccentrico e particolare. Questa cannone è utilissimo perché spara una schiuma capace di paralizzare gli alieni, ai quali potremmo poi dare il colpo di grazie con l’arma corpo a corpo oppure una qualsiasi altra arma da fuoco. Per fortuna i nostri assi nella manica non si limiteranno a questo: nel corso dell’avventura infatti troveremo i Neuromod a aiutarci: un particolare sistema meccanico/scientifico che inietta (tramite l’inserimento di una particolare pistola a due aghi nel nostro occhio) una sostanza in grado di potenziare le abilità di Morgan, nello specifico le skill da scienziato, ingegnere ed esperto in hacking e sicurezza. Ognuna di queste ovviamente determinerà e aumenterà particolari capacità, che poi saranno quelle che condizioneranno e indirizzeranno il vostro play style nel corso dell’avventura.  Al contrario di Bioshock, dove ogni “mod” rappresentava un’abilità differente, in Prey i Neuromod sono oggetti consumabili e accumulabili, che andranno utilizzati nel momento in cui decideremo di sbloccare uno dei potenziamenti già prestabiliti dallo skill three del personaggio. Torna quindi l’elemento dell’esplorazione, imprescindibile per acquisire quanti più Neuromod possibili in modo tale da accrescere le potenzialità del nostro protagonista. Non è tutto, perché anche i materiali organici e inorganici saranno risorse valide: dai medikit, alle munizioni, ai vari arnesi o rifiuti che potremmo riciclare, tramite il Recycler (terminale che troveremo qua e la nella mappa), trasformandoli in oggetti utili a potenziare il nostro arsenale. Tecnicamente Prey se la cava bene al netto di qualche sbavatura dovuta probabilmente al fatto che la build che abbiamo provato non è, ovviamente, ancora quella definitiva. Il CryEngine crea un ambiente dettagliato e vivace grazie a una paletta di colori accesa e luminosa,  mischiato ad un character design talvolta reale talvolta un po’ caricaturale, che riesce ad aumentare ancor di più il senso d’inquietudine che invade la stazione Talos.

– Grande libertà d’azione e interazione

– Concept generale riuscitissimo

– Trama accattivante

Prey, sviluppato da Arkhane Studios e distribuito da Bethesda, è un titolo che conferma le sue enormi potenzialità: gameplay vario che incoraggia all’esplorazione e all’approfondimento di ogni sua meccanica, unito a una trama accattivante oltre che da un concept riuscitissimo. Certo, prende ispirazione da produzioni simili alle quali strizza l’occhio in diverse occasioni, ma nel complesso il risultato è una creatura originale che ha voglia di farsi scoprire. Rimangono da approfondire alcune cose: come il bilanciamento di armi, difficoltà e IA dei nemici; per il momento però siamo fiduciosi, questa prima prova è stata decisamente rassicurante e incoraggiante.