Recensione

Parasite Eve II

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a cura di Dr. Frank N Furter

Correva l’anno 2000, l’ultimo anno da protagonista della gloriosa PlayStation. Grandi titoli continuavano ad arrivare e fra questi non possiamo non ricordare Parasite Eve II. Seguito diretto del primo Parasite Eve, vedeva ancora, a distanza di anni dall’incidente accaduto a New York quando ancora era una recluta della polizia locale, la bella Aya Brea come protagonista. Il secondo capitolo della saga, a differenza del primo, fu portato anche in Europa e addirittura tradotto nella lingua nostrana, fu abbastanza strano se pensate che il predecessore non ha mai varcato i confini americani fino allo scorso anno quando fu rilasciato su PlayStation Network. Per chi non ha avuto la fortuna di provare questi due giochi al tempo in cui uscirono, oggi ha la possibilità di trovarli entrambi sullo store online Sony, un’occasione imperdibile per gli amanti del survival horror.

Da una costa all’altraCome accennato nell’introduzione, Aya non si trova più a New York, ora lavora a Los Angeles nella squadra speciale M.I.S.T. (Mitochondrion Investigation and Suppression Team) una divisione segreta coperta dall’F.B.I. Nei tre anni trascorsi dall’incidente di Manhattan non ci sono state attività rilevanti di NMC (Neo Mitocondri), Aya trascorre il suo tempo allenandosi al poligono di tiro e investigando su presunti casi rivelatisi poi delle bolle di sapone. Ad un tratto l’allarme si attiva, una segnalazione dall’Akropolis Tower, sarà la volta giusta? All’interno dell’edificio non c’è corrente, i corpi delle forze speciali senza vita sono scaraventati ovunque ed il sangue è su tutte le pareti, senza considerare che vi sono disgustosi mostri a piede libero. Senza proseguire oltre con la trama possiamo affermare che, nonostante i vari cliché del genere horror/fantascientifico, la storia si fa apprezzare anche se la narrazione mostra il peso degli anni, denota una certa lentezza e affida qualche evento importante ai tanto cari filmati in computer grafica che andavano in voga in quegli anni. Aya e il resto del cast s’impegnano per raccontare la loro avventura, un paio di idee interessanti danno profondità alla protagonista, alla scoperta delle sue origini e di tutto quello che le sta accadendo. Purtroppo la completa assenza di un doppiaggio, neanche in lingua inglese, va a inficiare sull’impatto che determinate cut scene possono avere.

Un horror di ruoloIl titolo prodotto dall’allora SquareSoft, si presentava come un survival horror con importanti elementi RPG al suo interno. L’energia vitale e quella magica sono rappresentate da due barre a schermo, HP e MP come nella migliore tradizione ruolistica. I combattimenti sono in tempo reale: quando in una zona si trovano dei nemici che individueranno Aya lo schermo andrà per un secondo in negativo dando inizio allo scontro. Con il tasto quadrato si prende la mira e con il dorsale destro si fa fuoco, ad ogni colpo inferto apparirà su schermo il numero di danni arrecati, una volta sterminati i nemici presenti verrete ricompensati con punti esperienza, BP (Bounty Points) e MP. I primi serviranno per sbloccare (e poi potenziare) i poteri speciali di Aya. Questi variano tra attacchi offensivi con vari raggi d’azione a seconda delle esigenze, per passare a capacità curative, eliminazione di status negativi come veleno o cecità, potenziamento delle difese fisiche ed efficacia dei proiettili. Il potenziamento dei poteri servirà a renderli più veloci, potenti e con un’area d’influenza maggiore risparmiando diversi punti magia. I BP invece saranno la vostra moneta di scambio per acquistare armi, munizioni, armature e articoli vari. Dovrete essere oculati per ottenere i pezzi migliori perché vi costeranno non poco, inoltre alcuni tipi di proiettili si trovano quasi esclusivamente presso il negozio. Le bocche di fuoco a disposizione di Aya sono tante e di diverso tipo, alcune funzionano e lavorano meglio di altre, ma starà a voi capire quali. Stesso discorso per i proiettili, alcuni godono di proprietà uniche controbilanciate da una potenza offensiva minore. Come potete ben capire dovrete essere bravi a impiegare i punti esperienza e quelli da cacciatori di taglie in maniera intelligente per non rimanere a secco o sviluppare poteri in maniera sbagliata. Quest’ultimi infatti non sono tutti uguali, in base alla loro natura e raggio d’azione si differenziano enormemente tra loro rendendosi indispensabili per affrontare determinate tipologie di nemici. Se quindi tutto il sistema di combattimento è ben strutturato dal punto di vista teorico, mostra il fianco su quello pratico. Sono passati ben undici anni dal suo debutto e un sistema di controllo così legnoso sposato al sistema di telecamere con inquadrature fisse non giova al gameplay. Potreste non avere sempre la visuale migliore, incastrarvi in piccoli spazi e diventare facili prede dei mostri, inoltre il sistema di puntamento non è sempre immediato a volte può ignorare completamente un cambio di obiettivo. Essenzialmente bisogna esercitarsi per padroneggiare Aya anche perché i vecchi survival horror hanno insegnato a intere generazioni di videogiocatori che la fuga non è un disonore, ma una valida alternativa, per questo motivo evitare gli avversari fluidamente diventa molto importante.

La bella Aya?Appare ovvio che un gioco con undici anni sulle spalle presenti oggi un comparto tecnico obsoleto, purtroppo Parasite Eve II non si sottrae a questa impietosa regola della tecnologia. Nonostante i fondali pre-renderizzati in 2D in qualche modo conservano un certo fascino, il modello poligonale e le animazioni di Aya (che mostra due gambe dalla circonferenza decisamente ampia) e quelle dei mostri lasciano molto a desiderare. Giocandolo su PSP con uno schermo più piccolo e una risoluzione minore noterete un discreto miglioramento. D’altra parte abbiamo un bestiario davvero ispirato e ancora oggi spiazzante: un esempio su tutti sono i cavalloni presenti nel deserto del Mojave con il viso simile a quello di un essere umano, anche i boss si differenziano tra loro godendo di uno stile diverso gli uni dagli altri. La colonna sonora non brilla per vastità e varietà, ma si lascia apprezzare nei frangenti più adrenalinici e pericolosi. La longevità si attesta attorno alle sei, sette ore per la prima partita, da questo punto di vista gli sbloccabili e i finali alternativi sono dei validi incentivi per riprendere in mano il gioco e finirlo più volte. Se poi contiamo un livello di difficoltà nella media che va ad aumentare esponenzialmente nelle modalità extra le ore di gioco si moltiplicano senza accorgersene.

– Un survival horror di vecchio stampo che affascina ancora

– Buona diversificazione del gameplay

– Modalità extra e finali segreti

– Sistema di controllo legnoso

– Colonna sonora poco incisiva

– Gestione dell’inventario migliorabile

8.0

Parasite Eve II è un titolo destinato prevalentemente ai nostalgici, indirizzato a tutti coloro che lo giocarono ai tempi e ne sentono tuttora la mancanza. Gli amanti del survival horror old style troveranno pane per i loro denti, d’altronde le similitudini con Resident Evil sono molte e probabilmente anche volute. I videogiocatori più giovani invece potrebbero trovare il gioco legnoso, lento e poco attraente visto anche il comparto tecnico ormai obsoleto, tuttavia è un buon esercizio per capire come si è evoluto il genere nel corso degli ultimi anni. Piccoli brividi sopportabili anche dai deboli di cuore.

Voto Recensione di Parasite Eve II - Recensione


8