Ni no Kuni, dalla matita di Studio Ghibli ai poligoni di Level-5

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a cura di DjPralla

Nel settembre del 2008 Level-5 tirò fuori dal cilindro un grande annuncio per festeggiare il decimo anniversario di vita dello studio; sulla carta non sembrava un progetto molto al di fuori da quanto seminato con i titoli precedenti della casa di sviluppo, ma a renderlo unico era l’inaspettata e prima di allora imprevedibile collaborazione con Studio Ghibli. Per chi non lo conoscesse, ma se siete su queste pagine è difficile che ricadiate in questa categoria, Studio Ghibli è uno studio cinematografico di film d’animazione giapponese che dalla sua fondazione nel 1985 a oggi è riuscito ad impressionare tutto il mondo attraverso decine di opere. Attualmente lo studio detiene l’unico oscar per miglior film d’animazione assegnato ad una pellicola completamente disegnata a mano, ossia La Città incantata, e con altre quattro nomination resta l’unico studio giapponese ad essere arrivato in lizza per la statuetta; in più, tra i primi dieci film d’animazione giapponese per quanto riguarda gli incassi mondiali, Studio Ghibli ne piazza ben cinque, con la vetta da poco persa in favore del fenomeno attuale Your Name, a cura del promettente Makoto Shinkai, al quale molti affibbiano il soprannome di “Erede di Miyazaki”. Quel Miyazaki che pur essendo colonna portate e nome di altissimo spicco all’interno dello studio, aveva da poco annunciato il pensionamento (salvo poi ripensarci un paio di volte) dopo l’uscita di Ponyo sulla Scogliera. Anche per questo motivo Studio Ghibli si è ritrovata nella situazione in cui tentare di differenziare il proprio lavoro avrebbe potuto portare ad un futuro più stabile.

L’incontro
Il nome di questo nuovo prodotto di Level-5 sarebbe stato Ni No Kuni e la sua genesi è da attribuire in parte a Naoya Fujimaki, musicista che nella sua carriera ha avuto modo di lavorare per entrambe le società ed ha fatto sì che il presidente di Level-5 Akihiro Hino si incontrasse con il produttore di Studio Ghibli, Toshio Suzuki. Da quell’incontro scaturisce il primo titolo pensato inizialmente per Nintendo DS con il sottotitolo The Another World, ma dopo due anni di sviluppo il progetto viene diviso in due, con la versione per la portatile della casa di Kyoto che continuerà con il sottotitolo Dominion of the Dark Djinn, la quale sfortunatamente non arriverà mai in Europa per via di una traduzione troppo onerosa, mentre la parte principale del progetto viene indirizzata verso il Ni no Kuni: La Minaccia della Strega Cinerea che ben conosciamo e che arrivò dalle nostre parti il gennaio del 2013 su PlayStation 3. Una scelta che porta le due versioni su binari separati sia per quanto riguarda lo sviluppo, sia per quanto riguarda le meccaniche di giochi, dato l’evidente divario tecnico tra le due macchine di destinazione. A non cambiare però è il supporto di Studio Ghibli nella realizzazione del progetto. La componente di cui lo studio di Totoro è responsabile all’interno del progetto, è quella artistica, partendo dai bozzetti dei personaggi, arrivando fino all’integrazione dei fondali. Un lavoro che dà così vita all’immaginario di Level-5 sotto una veste completamente nuova, con personaggi che sì potrebbero richiamare facilmente altri progetti dello studio, ma riescono comunque ad esprimere un senso di unicità, che li fa risaltare all’interno del panorama videoludico. 

La rivoluzione
Un altro aspetto fondamentale nella creazione dei personaggi, ma soprattutto importante per renderli vivi nel migliore dei modi, sono le animazioni: nonostante Studio Ghibli fosse pressoché novizio all’animazione tridimensionale, vista l’estrema riluttanza proprio di Miyazaki nei confronti della tecnologia, grazie all’esperienza e al talento degli animatori, sono riusciti a creare dei movimenti che all’occhio umano risultano naturali, non inteso come realistici, ma perfettamente funzionanti per un prodotto d’animazione giapponese, nonostante si trattasse di poligoni e texture. Un salto in avanti straordinario che ancora oggi non è stato assorbito da gli altri studi d’animazione giapponese, basti guardare le recenti produzioni Netflix che faticano a proporre un 3D veramente convincente. Uno sforzo che però non è rimasto chiuso nel cassetto, in quanto Miyazaki ha annunciato il suo ritorno alla direzione di un film e per l’occasione vuole proprio portare ad un altro livello la computer grafica e quindi l’animazione tridimensionale. Nonostante Goro the Caterpillar sia atteso per il 2020, è già possibile apprezzarne l’importanza tecnica attraverso il materiale preliminare già pubblicato, oppure aspettare novembre con l’arrivo nelle sale di Never Ending Man, un documentario che andrà proprio a spiegare l’approccio di Miyazaki al mondo dell’animazione 3D.

Il futuro
Per quanto riguarda Ni no Kuni II: Il destino di un regno, invece, Level-5 non ha potuto più appoggiarsi a Studio Ghibli in quanto la loro struttura è variabile a seconda del lavoro e attualmente lo studio non funziona più come in modo tradizionale, non lasciando spazi per questo genere di collaborazioni. Dal canto suo Level-5 ha comunque voluto che le stesse persone che avevano lavorato al primo capitolo fossero presenti anche per il secondo, così ha internalizzato parecchi ex membri dello studio Ghibli: figure importanti come per esempio Yoshiyuki Momose che si era occupato del character design oppure Joe Hisashi che ha composto le musiche, non solo per Ni no Kuni, ma per buona parte dei successi di Studio Ghibli. Con questa mossa Level-5 non solo può mantenere lo stesso staff e la stessa qualità artistica del primo capitolo, ma può lavorare più fluidamente senza che ci sia la necessità di parlare con uno studio esterno. In più avendo ora queste figure di altissimo valore all’interno del team di sviluppo, c’è la possibilità di impiegarli per molti più lavori, andando così ad alzare il livello qualitativo generale dell’azienda.

Nonostante per alcuni Ni no Kuni non sia il primo videogioco realizzato in collaborazione con Studio Ghibli, per via di quel Cliff Hanger basato su Lupin III e il Castello di Cagliostro diretto da Miyazaki, rappresenta senza ombra di dubbio il momento di svolta sia all’interno del mondo videoludico che in quello dell’animazione. Da un lato ha dimostrato che è possibile dare vita a dei poligoni proprio come nei migliori prodotti d’animazione, lasciando al giocatore la libertà di muoversi e interagire con l’ambiente; dall’altra ha settato un punto di non ritorno per quanto riguarda la produzione di film e serie animate in computer grafica.