Recensione

Killer Instinct: Definitive Edition

Avatar

a cura di Mapaan

Difficilmente sarà possibile dimenticare il reveal di Killer Instinct, avvenuto durante la conferenza Microsoft all’E3 del 2013, semplicemente perché totalmente inaspettato, considerando la chiara strategia del colosso di Redmond di puntare su ben altre tipologie di proprietà intellettuali; aggiungiamoci inoltre, la difficoltà nel cercare di imporsi in uno specifico mercato, come quello dei picchiaduro, che vede protagonisti gli stessi nomi da parecchio tempo. Il fatto che ci fosse stata per alcuni anni una disputa legale tra la stessa Microsoft e FOX per l’utilizzo del nome, era sembrato un avvenimento più fine a sé stesso che qualcosa legato ad un possibile e reale utilizzo del marchio, quasi un ventennio dopo l’uscita dell’ultimo capitolo su Nintendo 64: fortunatamente non è stato così. Un annuncio che è riuscito a catturare l’attenzione di tutti i giocatori di vecchia data, almeno inizialmente, perché negli attimi successivi alla fine di quel trailer d’annuncio qualcosa in realtà non ha pienamente convinto l’utenza. In primis, il nome di chi avrebbe messo le mani sul gioco – nonostante la supervisione iniziale di Rare e quella generale di Microsoft Studios e di un grand’uomo come Ken Lobb – e cioè Double Helix; affidare un marchio così “pesante” ad un team che fino a quel momento aveva dimostrato poco o nulla sembrava una scelta davvero insensata. A peggiorare la situazione ci pensò Microsoft stessa, confermando dopo alcune ore, che il gioco sarebbe uscito esclusivamente in digitale e con una formula di rilascio particolare che avrebbe previsto una modalità F2P ed un trattamento “a pezzi”, quasi a voler far venire il dubbio che nel progetto fosse proprio Microsoft a non crederci in modo poi così deciso. Era però il caso di togliersi un po’ il prosciutto dagli occhi, perché dietro quella scelta si celava la precisa volontà da parte di Ken Lobb di voler dare alla produzione una natura perennemente in divenire: un gioco in grado di trasformarsi in base ai feedback dell’utenza generale e dei veri appassionati. Questa si è rivelata la vera carta vincente di questa produzione, essendo un fighting game creato ovviamente da sviluppatori, ma che in realtà hanno sempre voluto definirsi come appassionati del brand, cercando di rendere sempre più chiaro il concetto per cui Killer Instinct vada a delinearsi come un gioco “fatto da fan, per i fan”. Stiamo per addentrarci nell’analisi di quella che è nata inizialmente come una scommessa interessante, ma che è arrivata ad essere una reale certezza, già con la conclusione della 2nd Season, fino a diventare una delle produzioni più interessanti di questa generazione: un viaggio, ben iniziato da Double Helix, ma portato perfettamente a compimento da Iron Galaxy: dopo tre anni di speranze, updates, bilanciamenti, personaggi e sorprese, finalmente è stata rilasciata quella versione retail tanto desiderata dall’utenza fin dal D1. 

Libera Il Tuo Istinto
La produzione Microsoft Studios è dotata di un Combo System stratificato e funzionale, che fa della varietà offensiva e difensiva il proprio punto di forza. Pertanto, nonostante il gioco tenda la mano anche a tutti coloro alla ricerca di un picchiaduro, almeno inizialmente, dalla base giocata semplice, Killer Instinct va poi a delinearsi come un prodotto complesso che mostra diverse chiavi di lettura possibili all’interno di un singolo match. La saga era nota, già parecchio tempo fa, per il particolare sistema di combo, ed anche in questa sua edizione odierna, seppur in modo molto differente, fa di tale sistema una delle proprie caratteristiche principali. All’interno di una potenziale concatenazione di colpi, possiamo procedere con una suddivisione ben precisa: inizialmente abbiamo le opener, cioè le mosse che permettono di iniziare una combo, e le linker, che servono a collegare l’inizio di una data combo con una possibile conclusione, queste mosse possono avere tre variazioni ulteriori – quindi una linker forte, media o debole – in base alle scelte strategiche del giocatore. Una “scelta forte” triplica i colpi e causa un danno maggiore ma è facilmente leggibile dall’avversario, che la spezzerà con una combo-breaker mentre una linker debole consiste in un solo colpo, che pur causando un quantitativo basso di danno risulta difficilmente spezzabile. Infine la combo va chiusa con una ender che serve a massimizzare i danni arrecati: questa, risulta fondamentale perché elimina una parte di vita che altrimenti l’avversario potrebbe recuperare con il passare dei secondi. Tra l’inizio e la fine di una combo si inseriscono le auto e le aggiunte manuali. Le prime possono connettere le diverse fasi di una opener con quelle di una linker, ed è possibile suddividerle in auto-doubles forti, medie o deboli. Le aggiunte manuali, sono invece i colpi più difficili da eseguire e vanno inseriti con la semplice pressione di un pugno o di un calcio ma con un tempismo particolare o ad esempio, alla conclusione di una combo in juggle. A differenza dei colpi di cui abbiamo parlato precedentemente, quelli in manual sono colpi che vengono eseguiti dal giocatore senza alcun tipo di automatismo e richiedono una certa tecnica, data la rigidità nei frame di attivazione. Il beneficio nell’utilizzare le manual, è duplice, perché estende le combo e le rende maggiormente complessa da leggere. All’interno di un quadro, all’apparenza semplice, ma che ad alti livelli diventa sempre più complesso vi sono delle mosse speciali come le Shadow Moves e le relative Shadow Counter, che sarà possibile utilizzare esclusivamente se la barra apposita (che verrà riempita con la conclusione di combo) risulti piena. Anche in fase difensiva Killer Instinct propone un sistema molto interessante, che va a toccare principalmente quelle che si definiscono Combo Breaker, che rappresentano l’unico vero modo possibile per rispondere all’inizio di una combo da parte del vostro avversario. Nota a parte per la modalità istinto e le Ultra Combo. La prima riguarda una speciale barra poco sotto quella della vita, che salirà gradualmente subendo danni o eseguendo Combo Breaker, e nel momento in cui piena vedrà l’attivazione di questa speciale modalità, in grado di azzerare il quantitativo rimanente di combo (ovvero il valore Knockdown): inoltre, ogni personaggio possiede una propria peculiarità in relazione all’attivazione di tale stato, ad esempio Jago sarà in grado di recuperare gradualmente salute attaccando, Glacius potrà utilizzare speciali armature di ghiaccio, Orchid sarà in grado di evocare un giaguaro e così via. Quando la barra di vita del proprio avversario scenderà sotto il 15% sarà invece possibile effettuare una cosiddetta Ultra Combo attivabile tramite l’esecuzione di una serie di mosse, specifica per ogni personaggio; deve essere eseguita all’interno di un’ulteriore combo e avvia una combo di circa trenta colpi. Se siete fan dei vecchi capitoli, avrete capito che si tratta dunque di un elemento che strizza l’occhio al passato. Per comprendere i principi che fanno da base alla struttura giocata di Killer Instinct, gli sviluppatori hanno inserito una modalità Dojo per un totale di sedici lezioni di base e altre sedici complesse, che non solo aiutano il giocatore a padroneggiare e comprendere tutti gli elementi di gameplay citati precedentemente ma anche degli altri, quali i Lock Out, Knockout e le Anti Combo Breaker. Il sistema di combattimento di Killer Instinct è complesso e stratificato, permette di essere capito da tutti ma realmente padroneggiato da pochi; il tutto stupisce non solo per la fluidità con cui si concatenano le combo ma soprattutto per le molteplici chiavi di lettura di ogni match. Ricordiamo inoltre che, con un pizzico di curiosità, calandovi in una mentalità molto diversa rispetto a quella attuale, potrete anche tuffarvi sulle prime due incarnazioni del brand, disponibili come extra in questa edizione del gioco. Avrete così la possibilità di giocare finalmente Killer Instinct 2 nella sua versione migliore (diversa quindi dall’edizione Gold, l’unica arrivata su Nintendo 64) e vedere con i vostri occhi quante combo siano state riprese, aggiornate e trasportate nell’ultimo capitolo. 
La Varietà è Il Sale Della Vita
Il lavoro svolto nell’arco delle tre stagioni, per quanto riguarda l’estensione del roster dei personaggi disponibili, è assolutamente di altissimo livello: i ventisei lottatori tra cui poter scegliere hanno dietro non solo un lavoro artistico degno di nota, ma fanno sì che ci sia una varietà reale negli stili di combattimento (che tra generali e specifici sono tantissimi), rendendo il gioco appetibile per qualsiasi tipo di giocatore. Conseguente a tale discorso è quello del bilanciamento generale: il far crescere il titolo come un progetto in perenne trasformazione ha reso possibile un processo di balance, changes e fixes, ogni fine stagione, quasi perfetto (andrebbe fatto solo qualche accorgimento su un paio di combattenti), che va a delineare scontri sempre interessanti e il più delle volte, ad armi pari. Sia che si vada a scegliere uno stile balanced come quello di Jago, uno zoning come quello di Glacius, un grappler come quello di Thunder o l’aerial di Sadira ci sarà sempre un punto di forza su cui far leva per poter arrivare alla vittoria e punti deboli da non mettere mai in secondo piano. Questa Definitive Edition di Killer Instinct contiene anche Shadow Jago, personaggio bonus della prima stagione (l’unico in grado tra l’altro di utilizzare la classica No Mercy/Ultimate) inizialmente destinato solo ad alcuni acquirenti, che alla fine della seconda stagione è passato dall’essere una semplice skin al possedere invece un proprio moveset. Ogni personaggio è dotato di alcuni set di accessori per la personalizzazione (da sbloccare con l’accumulo di punti),  di nove colori complessivi e di una duplice skin, l’originale ed un vero e proprio “retrocostume” che strizza invece l’occhio allo stile dei titoli passati: ottimo il lavoro svolto sulla seconda e terza stagione, mentre non tutti i personaggi della 1st Season hanno subito un trattamento di alto livello. La trama che fa da sfondo al gioco propone una timeline alternativa di prosecuzione del primo capitolo ed in generale risulta godibile, pur proponendo una narrazione non esattamente encomiabile. Il plot comincia con la modalità Arcade della prima stagione, che si focalizza sul torneo organizzato dalla Ultratech, prosegue in quella Rivali della seconda, in cui si cominciano a gettare le basi sui “poteri provenienti da altri mondi” e trova la propria conclusione con l’invasione di Gargos nella modalità Shadow Lords della terza stagione. In tal senso, è un peccato notare come le modalità sopracitate delle prime due stagioni non riescano a catturare l’attenzione del giocatore e risultino non all’altezza della produzione: sarebbe bastato qualche accorgimento in più e qualche scena d’intermezzo per aumentarne esponenzialmente la qualità. Come vedremo, il discorso è invece totalmente diverso per Shadow Lords, che non si configura come una semplice modalità storia e che è dotata di un’indiscutibile qualità. 
I Signori Dell’Ombra
Spiegare brevemente cosa sia davvero Shadow Lords non è per nulla semplice, a causa della sua natura ibrida è infatti difficilmente collocabile all’interno dei soliti schemi, che possono essere utilizzati per giochi appartenenti a questo genere. Si tratta di una modalità che mescola arcade, storia, multiplayer e single player con un pizzico di base roguelike al fine di creare un mix esplosivo. Si sceglie un personaggio iniziale, e con il proseguo della storia si forma una squadra di tre elementi (non tutti i personaggi, a causa della lore, potranno far parte del medesimo team) che andrà a combattere in giro per il globo cercando di fermare l’ascesa di Gargos al potere. Il tutto si svolge all’interno di numerosi turni e piccole missioni, dalla difficoltà variabile e con potenziali modificatori pronti a rendere il gioco ancor più complesso; a fine turno, in base ai risultati ottenuti, il potere di Gargos potrà risultare diminuito o aumentato e la vostra squadra dovrà sempre garantire un minimo di energia vitale per evitare di andare incontro al game over che vi costringerà a ricominciare da zero. Inutile specificare che più andrete avanti, più il gioco si farà ostico, ma a cercare di darvi una mano e a rendere la modalità ancor più interessante ci penserà il sistema di crafting, inserito per la creazione di oggetti e abilità, in grado di facilitarvi il percorso. Altro elemento fondamentale è quello rappresentato dai “Guardiani”, che hanno una funzione simil-equipaggiamento: essi serviranno a migliorare determinate skill in attacco/difesa donando al vostro giocatore specifici punti di forza; ne esistono di diversi ed ognuno va acquisito tramite i punti che sbloccherete andando avanti nel gioco. Avrete la possibilità di scegliere fra tre differenti difficoltà, con speciali elementi di disturbo (ma anche con ricompense molto più interessanti) che verranno inseriti nella difficoltà God-Like. Shadow Lords colpisce in particolar modo per la sua natura roguelike, ogni partita infatti non è mai uguale a quella precedente e il modo con cui Gargos decide di potenziare i propri alleati in alcune situazioni, oltre alla varietà con cui gli scontri continuano a cambiare, è francamente sorprendente. Inserire tale modalità semplicemente all’interno delle “solite” story mode sarebbe ingiusto; parliamo di qualcosa che aggiunge parecchia profondità all’intera produzione, proponendosi come punto saldo della rigiocabilità del titolo e donando ulteriori e numerose ore di gameplay. Shadow Lords prevede anche dei bonus (destinati al salvataggio della terra nella vostra partita) per il completamento di match multiplayer, in cui saranno messi in palio dei punti e che prevedono ulteriori sfide giornaliere. Da segnalare, che così come per l’intero arco vitale del titolo, anche qui il netcode risulta ottimo.  
L’Importanza Del Suono
Merita una menzione d’onore il comparto audio: avevamo avuto un po’ di paura con l’abbandono di Mick Gordon ed invece il suo lavoro – semplicemente d’applausi – è stato ottimamente portato a termine da Atlas Plug e Celldweller che hanno donato diverse tracce inedite ed una nuova convincente calibrazione complessiva. Nel gioco sarà possibile anche sbloccare alcune tracce extra, provenienti dal passato e composte dall’immenso Robin Beanland, da poter utilizzare ed ascoltare quando vorrete. Il risultato finale è semplicemente maestoso, con un sonoro che non solo convince in-game ma riesce a proporsi in termini generali come una OST a sé stante assolutamente di qualità: ogni personaggio ha ricevuto un trattamento più che degno ed è impossibile non apprezzare quella che a conti fatti è una delle migliori soundtrack degli ultimi anni in ambito picchiaduro. Insieme al gioco troverete anche un CD totalmente dedicato alla colonna sonora, contenente alcune delle tracce più amate dai fan. Ottimo anche il lavoro svolto sugli stages, che sono ventuno e risultano artisticamente ben diversificati e ottimamente resi (a parte forse un paio) con sei di questi che prevedono anche una speciale Stage Ultra, ovvero delle Ultra Combo eseguibili con diverse combinazioni di colpi rispetto alla versione base, che porteranno ad una modifica dell’ambiente, contemporaneamente alla fine del match. Ogni personaggio delle prime due stagioni possiede una propria ambientazione; mentre per la terza ne sono state aggiunte soltanto quattro, per l’Arbiter, Gargos, Kim-Wu e Tusk. L’interfaccia di selezione del personaggio risulta più fluida e maggiormente funzionale, per una migliore navigazione, rispetto al passato; anche la schermata di selezione dello stage risulta più chiara e dà la possibilità di scegliere la specifica soundtrack di un personaggio per lo svolgimento di un match, non essendo più prettamente collegata ai diversi elementi del roster. La scelta di sviluppare esclusivamente quattro stage, rendendo “orfani” alcuni personaggi, è da ricercare nel cambiamento radicale del sistema di luci all’interno del gioco, che è stato completamente rivisto, con una realizzazione più lunga di quanto inizialmente preventivato, così gli sviluppatori hanno deciso di realizzarne pochi ma con una cura di ottimo livello piuttosto che farne tanti ma con minore attenzione. Il gioco è tecnicamente molto solido, e fa della fluidità il proprio punto di forza; di ottima fattura gli effetti particellari, che beneficiano in modo particolare del nuovo sistema di luci sopracitato; il gioco non risente – se non per il mero impatto grafico – affatto della propria base, legata al 2013, ed anche in relazione alle produzioni attuali risulta uno dei picchiaduro maggiormente rifiniti dal punto di vista tecnico.

– Gameplay profondo.

– Modalità Shadow Lords ottima e ben costruita.

– Tecnicamente solido.

– Netcode degno di nota.

– I due capitoli “classici” sono una graditissima aggiunta.

– Story Mode delle prime due stagioni non all’altezza.

8.5

Killer Instinct è un titolo maturo, che mescola sapientemente un lavoro qualitativo particolarmente alto sia in Single Player che in Multiplayer, con una particolare attenzione al competitivo. Il lavoro svolto da Iron Galaxy è encomiabile, per la solidità con cui ogni elemento è posizionato al proprio posto e per l’aver reso ben bilanciata l’intera parte giocata; Shadow Lords rappresenta in tal senso, l’ennesima conferma di una cura di alto livello alla base del titolo. Killer Instinct non fallisce neanche negli elementi di “contorno”, presentando un’ottima cura artistica generale ed un comparto sonoro, che si pone come uno dei migliori degli ultimi anni.

Voto Recensione di Killer Instinct: Definitive Edition - Recensione


8.5