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Recensione

City of Brass, recensione del rogue-lite dai creatori di Bioshock

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Avatar di Domenico Musicò

a cura di Domenico Musicò

Editor

Pubblicato il 05/05/2018 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Lanciato lo scorso 18 settembre con la formula dell’Accesso Anticipato, City of Brass ha sin da subito incuriosito utenti e addetti ai lavori, presentandosi con una struttura Rogue-lite e delle dinamiche che favoriscono la creatività di approccio e rendono ogni partita una vera sfida. Il fatto che dietro questo titolo indipendente ci siano alcune importanti figure che hanno lavorato a Bioshock, lascia intendere chiaramente quale sia parte dello stile di gioco, il quale farà le gioie anche di chi ha amato i due Dishonored. Non fatevi però ingannare dagli accostamenti altisonanti, perché sebbene il minimo comune denominatore sia il medesimo, la natura di City of Brass è sostanzialmente diversa.
Notti D’Oriente
La storia non è decisamente il forte del titolo sviluppato da Uppercut Games; anzi, si potrebbe quasi dire che sia inesistente: c’è una premessa che giustifica le vostre partite, uno scopo e una meta finale da raggiungere, una misera infarinatura narrativa legata all’ambientazione, ma tutto sommato non c’è molto altro da comprendere o interpretare. 
Impersonerete un ladro che si ritrova all’interno di una città maledetta che sembra uscita direttamente da Le Mille e Una Notte, con grandi palazzi e strutture in stile persiano, alte balconate e balaustre d’alabastro, trappole, tesori, leggende, spiriti, mostri e persino un genio – spesso buono ma talvolta malevolo – che funge da venditore. 
L’obiettivo è raggiungere la fine di ciascun livello entro un tempo limite indicato da una clessidra, prestando attenzione a non rimanere a corto di salute o, nella peggiore delle ipotesi, morire: rimanere senza cuoricini significa infatti dover ricominciare tutto dall’inizio e tentare di nuovo la sfida di superare i tredici livelli e raggiungere così il grande tesoro che, pare, si trovi proprio al centro della città. 
Sappiate però che City of Brass abbraccia la generazione procedurale dei livelli, pertanto non aspettatevi chissà quale maestria in termini di level design. Tuttavia si tratta di una proceduralità che ha una sua coerenza, che mira a mantenere una solida struttura di base e a non stravolgere completamente gli ambienti; è, in definitiva, una buona gestione degli algoritmi preposti al cambiamento interno dei singoli livelli. Può non piacere a tutti. Le partite sempre diverse si mescolano a un’imprevedibilità di fondo che, in certe partite poco fortunate, può determinare prematuri fallimenti, con buona pace di chi vorrebbe sviluppare strategie e tattiche per venirne a capo senza affidarsi al caso.
City of Brass non vi lascia però in balia di tutto ciò, e anzi offre un gameplay davvero ben strutturato e vario, basato sul sapiente uso delle due armi a disposizione (frusta nella mano sinistra, scimitarra nella mano destra) e di una vastissima interazione ambientale. Vi servirà un po’ di tempo per abituarvi e padroneggiare con gran disinvoltura tutto ciò che il gioco vi mette a disposizione, ma quando i movimenti goffi e le indecisioni cederanno il passo alla fluidità delle azioni e alla rapidità di pensiero, City of Brass di trasformerà in quanto di più vicino si sia visto alle molteplicità d’approccio di Dishonored (con le dovute differenze, sia chiaro).
Gestite l’ansia, trovate la via
Il protagonista può scattare, arrampicarsi, abbassarsi, eseguire scivolate, saltare e abbinare ai movimenti del corpo la ritmica alternanza tra scimitarra e frusta, dando una sensazione di grande fluidità e naturalezza. Dovrete però abituarvi alla velocità di gioco, che non è affatto così sostenuta, e dovrete anche abituarvi a pensare molto rapidamente. In tal senso l’uso dei quattro tasti dorsali offre già un’ampia gamma di variabili, a cui vanno sommate quelle degli ambienti pieni zeppi di trappole, spuntoni, terreni cedevoli, barili esplosivi e una serie di elementi che possono sì ferirvi e farvi fuori, ma anche trasformarsi nelle migliori armi che avrete a disposizione. 
Col grilletto destro si usa la scimitarra, col dorsale destro invece potrete spingere via i nemici (in un baratro, sulle spine, verso gas venefici e così via); col grilletto sinistro si usa la frusta, mentre col dorsale sinistro potrete avvicinare verso di voi gli avversari. Si consideri inoltre che la frusta, a seconda di dove colpisce, produce effetti differenti: un colpo alla testa provoca uno stordimento momentaneo, un colpo su un braccio armato fa volare via la spada, alle gambe interrompe la corsa e fa cadere rovinosamente l’avversario sulla sabbia. Mescolate tutte queste possibilità agli approcci creativi e otterrete risultati sempre nuovi, aperti alle sperimentazioni, liberi da vincoli. 
Un esempio? Potrete lanciare una bomba a mezz’aria e attirare a voi un nemico facendolo scontrare contro l’ordigno, che esplodendo emanerà schegge e sposterà gli avversari verso baratri e altre trappole, mentre voi, tramite dei ganci posti in alto, potrete ciondolare per aria come dei provetti Indiana Jones e salvarvi dal gran casino, atterrando in volo su uno scheletro ignaro che si beccherà la vostra scimitarra in fronte per poi venire spinto via su un terreno cedevole posto davanti alla porta che v’introduce alla nuova area. 
Abbiamo provato City of Brass su PC, e utilizzando una configurazione al di sopra dei requisiti consigliati, ad ultra e in Full HD, non si è verificata alcuna anomalia. Il gioco viaggia a 30 FPS stabili, ha un’ottima caratterizzazione degli ambienti (sebbene sia piuttosto scontata e legata all’immaginario collettivo dell’antica Persia) e la modellazione poligonale si attesta nella media, senza particolari picchi verso l’alto. Si tratta di un titolo che vuole fare poche cose ma fatte bene, e tutto sommato ci riesce, se consideriamo la sua dimensione da indie. Arrivare alla fine e sgraffignare il tesoro non sarà semplice, né è indicato arrivare alla fine dei livelli facendo gli speedrunner; ma quando padroneggerete i più efficaci approcci creativi, City of Brass cambierà in meglio il proprio aspetto davanti ai vostri occhi, facendovi pesare meno alcune delle mancanze che obiettivamente rimangono.

– Gameplay strutturato per offrire molteplici approcci e libertà creativa

– Le due armi e la versatilità della frusta consentono di affrontare i nemici in modo mai banale

– Grande interazione ambientale e proceduralità gestita con coerenza…

– Storia praticamente inesistente

– … Ma svilisce un po’, come sempre, il design dei livelli

– La generazione procedurale presta il fianco ai dispetti della casualità

7.5

City of Brass non ha una storia appassionante da offrire, ma l’altra metà della luna è sicuramente illuminata a dovere grazie a un gameplay che si avvicina molto alle opere di Arkane. Vario, mai scontato e studiato per essere “interpretato” liberamente da approcci differenti, il titolo di Uppercut Games perde forse un po’ del suo fascino di fronte a quella croce chiamata proceduralità, che è la morte della creatività autoriale. Tuttavia riesce a trovare un suo equilibrio, a divertire e ad offrire un buon livello di sfida. Senza la spada di Damocle rappresentata dallo scorrere del tempo, forse, sarebbe stato ancora meglio.

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