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Battlefield V e le protesi: fedeltà storica o finzione?

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a cura di Beard

Pubblicato il 29/05/2018 alle 00:00

Cinque giorni fa, Battlefield V veniva presentato al mondo in pompa magna. Il trailer di reveal ha però scatenato il pubblico, il quale nella sua spasmodica ricerca dello scandalo è insorto sul web criticando diversi aspetti del filmato. Uno dei principali temi toccati dalla infondata critica, è quello della presenza di una protesi agli arti superiori della soldatessa protagonista del trailer. Cerchiamo dunque di fare luce su tale protesi, che tanto futuristica poi non è, come si vuol far credere.
   
Cenni storici
Le protesi hanno una storia secolare, ma quella che si vede nel trailer è un modello di protesi le cui origini risalgono ai primi anni del ‘900 in Italia quando il medico toscano Giuliano Vanghetti (1861-1940) ideò e fece costruire apparecchi protesici manovrabili volontariamente da persone che avevano subito amputazioni o mutilazioni. Queste protesi meccaniche, pratiche, resistenti e di facile manutenzione sono le antenate delle protesi ultramoderne di oggi, di cui un esempio noto a tutti può essere quello del pilota automobilistico Alex Zanardi. Lo sviluppo delle protesi fu accelerato durante la Prima Guerra Mondiale, in seguito alla quale tutte le nazioni coinvolte dovettero risolvere i problemi dei mutilati di guerra e furono prodotti moltissimi modelli di protesi applicabili alle mutilazioni di tutti gli arti: la caratteristica comune era quella di essere meccaniche, attivate mediante tiranti e controllate da movimenti specifici dei muscoli previo lungo allenamento. Per alcune attività della vita quotidiana era importante disporre di queste protesi manovrabili volontariamente, mentre per altre necessità era sufficiente dotare le protesi di terminali adatti a particolari attività lavorative (impugnare un badile, usare attrezzi meccanici, manovrare il volante di una automobile): perciò all’estremità delle protesi potevano essere inseriti uno o più ganci meccanici. In particolare l’uso dei ganci da lavoro da applicare alle protesi fu sviluppato durante la Seconda Guerra Mondiale come dimostrano le immagini tratte da un volume pubblicato nel 1947 basato sull’esperienza dei centri di rieducazione dell’esercito e della marina militare statunitense. Questi tipi di protesi poi furono impiegati a lungo come dimostra un’illustrazione tratta da una rivista medica del 1959. 
A proposito invece della placca che si nota a livello della spalla della soldatessa, essa ci testimonia le modalità di aggancio della protesi alla spalla del soggetto come dimostrato da uno schema tratto da un volume italiano del 1924. L’evoluzione delle protesi è proseguita e, dopo quelle viste nelle due Grandi Guerre (che sono tutt’ora utilizzate nel Terzo Mondo per la loro praticità e resistenza), a partire dagli anni’60 furono introdotte quelle elettroniche: si trattava di una grande novità che consentiva una maggiore fluidità e precisione del movimento. Oggi si assiste invece ad un utilizzo di protesi robotiche che sono sempre più integrate nel corpo del ricevente. Così come nel ‘900 con Vanghetti, l’Italia tuttora è all’avanguardia mondiale nel settore, grazie all’attività del Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio.
   
Una critica infondata
Dopo aver analizzato quindi la storia delle protesi moderne, è chiaro come quella mostrata nel trailer sia reale e appartenga a quell’esatto periodo storico. L’utilizzo delle protesi nei mutilati di guerra serviva per reintrodurli nella società permettendo ai soggetti di svolgere la maggior parte delle mansioni che eseguivano quotidianamente, di conseguenza è lecito immaginare che anche per i soldati si applicasse tale discorso. Il ritorno sui campi di battaglia dunque è una situazione verosimile in quanto, se ciò fosse davvero accaduto (e non sarebbe così strano), sicuramente tra le protesi disponibili in quel periodo quella mostrata nel trailer dotata di ganci da lavoro sarebbe stata la più corretta e la più funzionale per imbracciare un fucile. La sua presenza quindi e quella delle situazioni mostrate è correttamente contestualizzata al periodo storico che Battlefield V vuole rappresentare e non può essere oggetto di critica alcuna. Battlefied V peraltro compie una scelta importante quale l’introduzione delle protesi come elemento estetico, e cioè quella di dare peso e profondità al tema della guerra, percorrendo un filone di realismo caro alla serie ma allo stesso tempo innovativo: la medicina infatti non era mai stata riproposta così fedelmente all’interno di un videogioco. Sebbene vi siano esempi di riproduzione di tecniche mediche o simili all’interno di alcuni videogiochi (il trattamento dei defunti in Assassin’s Creed Origins per esempio), la ricostruzione meticolosa della protesi è qualcosa di ancora inesplorato nel medium videoludico.

Battlefield V è stato criticato anche per l’introduzione di una protesi all’interno dei suoi scenari di battaglia, ingiustamente. Il titolo DICE ha però mostrato grande attenzione e accuratezza nei dettagli, proponendo un tema quello delle protesi e dei mutilati di guerra, che non solo all’epoca fu di incredibile importanza ma che è stato ancora poco riprodotto all’interno dei videogiochi.

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