Recensione

Assassin's Creed IV: Black Flag

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a cura di LoreSka

Non è facile essere liberi. Perché la libertà ti obbliga a fronteggiare dei dilemmi, ti obbliga a delle scelte che possono distruggere le parti fondamentali della vita di un essere umano. La libertà ti dà una vita nuova, ma uccide quella vecchia. Moglie, amici, salute: tutto scompare dietro un vessillo nero, quello del pirata, e il passato viene rimosso con una cura a base di rum. Il corsaro è libero, ma è anche un uomo morto.
Forse, però, il pirata si sbaglia. Se è vero che chi segue la bandiera nera ha dalla sua il fatto di non dover rendere conto a nessuno, dall’altro lato c’è il dio denaro. E alla fine, un pirata resta sempre una figura negativa che, per quanto romanzata, semina morte e distruzione per ottenere ricchezza. Dunque: il pirata è davvero libero? Questo tema sembra pervadere molti degli aspetti di Assassin’s Creed IV: Black Flag, un gioco che ci getta in un mare sconfinato e ci permette di esplorarlo a piacere, ma che al contempo ci mette nei panni di un uomo il cui passato sembra sembra persino più incerto del suo futuro.
Una storia di avventure
I piccoli frammenti della vita passata di Edward Kenway, il nuovo protagonista, vengono distrubuiti con enorme lentezza e in maniera sbiadita. Appare chiaro sin da subito che Kenway ha scelto la via della ricchezza, vendendo la propria anima al diavolo per riuscire ad accumulare denaro. Ma le cose non sembrano andare per il meglio: il nostro eroe si ritrova infatti naufragato su di un’isola, con la sua nave affondata in uno scontro con un uomo più forte e agile dei soliti spagnoli impomatati che battono i mari del sud. Quest’uomo, anch’egli naufrago e già ferito, cade sotto i colpi di Edward, che decide di prenderne l’identità per riuscire ad incassare una buona ricompensa. Ma, a quanto sembra, il giovane questa volta si è invischiato in qualcosa di grosso e la sete di denaro lo sta portando verso un destino completamente inatteso.
È davvero interessante il lavoro compiuto da Ubisoft nella scrittura di questo quarto capitolo della saga. Il protagonista è un giovane poco più che ventenne, molto determinato ma certamente troppo impulsivo, intento a diventare un grande pirata con ogni mezzo. Ha dalla sua il fatto di essere estremamente carismatico, un aspetto che sembra aiutare nel gioco di alleanze con gli altri corsari. In breve, gli sceneggiatori hanno creato un protagonista che – pur essendo giovane – sembra avere le idee chiare e che, in definitiva, lascia una sensazione molto positiva nel giocatore. Allo stesso modo, la storia è davvero ricca e stratificata. Abbiamo la vicenda personale di Edward che si intreccia con la sua nuova vita piratesca, la quale deve inesorabilmente rendere conto ai fatti storici del diciassettesimo secolo, spesso retti dalla presenza di alcuni personaggi storici realmente esistiti, e quasi sempre ben caratterizzati. E, naturalmente, c’è l’annosa questione degli Assassini e dei Templari che, a sorpresa e con risultati alquanto positivi in termini di svecchiamento della serie, in molte occasioni sembra quasi passare in secondo piano per lasciare spazio a numerose trame secondarie e personaggi.
Il tutto si mescola con alcuni rendez-vous al di fuori dell’Animus, che questa volta danno luogo a quella che potremmo definire una grossa operazione di metavideoludica. Ovvero: l’Abstergo Entertainment è una grossa azienda con sede in una non ben precisata città francofona (che ricorda a tutti gli effetti Montreal) e che produce videogiochi attraverso i ricordi acquisiti dai frammenti di DNA. Abstergo Entertainment, casomai non fosse chiaro, sembra una grossa allegoria di una nota azienda videoludica che, guarda caso, produce proprio Assassin’s Creed IV. C’è una certa dose di autoironia da parte di Ubisoft, che in ultima analisi abbiamo trovato davvero piacevole, specie quando all’interno dei corridoi dell’Abstergo Entertainment si iniziano a scoprire alcune verità scomode. Le sezioni fuori dall’Animus sono in prima persona, e ci consentono di completare alcuni semplici minigiochi in quella che, a tutti gli effetti, è una storia parallela.
Le sezioni in mare
Se la storia sembra rappresentare una buona premessa, anni luce avanti alla vicenda un po’ noiosetta del terzo capitolo, lo stesso non si può dire del gameplay, che comunque presenta delle migliorie. Il gioco si divide sostanzialmente in due blocchi imponenti: le sezioni a piedi e quelle in mare.
Le sezioni in mare – che come detto aprono il gioco – sono l’esaltazione da parte degli sviluppatori di quanto di buono era stato fatto in Assassin’s Creed III. Poiché nel gioco si trascorre parecchio tempo a bordo della Jackdaw, il nostro vascello, il controllo è stato migliorato. Le battaglie navali fanno uso di tre armi principali: i cannoni che infliggono danni, i cannoni frontali impiegati per rallentare l’avversario e i cannoni rotanti, che colpiscono i punti scoperti consentendo un danno ancora maggiore. Tutto questo si accompagna a una serie di attacchi secondari con proiettili contati, che includono mortai, barili esplosivi, polene rinforzate e colpi più potenti.
Quando si sconfigge una nave avversaria, è possibile scegliere se affondarla o tentare l’arrembaggio. Nel primo caso è possibile recuperare una minima parte del carico in essa contenuta, mentre nel secondo caso la si può depredare totalmente. Qualora si scelga di effettuare l’arrembaggio, il nostro capitano Kenway lascia il timone e prende il controllo di un piccolo cannone, con il quale inizia a colpire i nemici sul ponte della nave nemica mentre i nostri uomini lanciano delle cime. Infine, si può arrembare e iniziare qualche rocambolesco scontro armato con gli occupanti della nave nemica, fino alla loro resa. Queste sequenze si accompagnano spesso a sezioni di gameplay epiche: alcune navi richiedono davvero un grosso impegno e qualche buona tattica navale per poter essere sconfitte, un elemento che si ingigantisce grazie alla presenza di alcune navi leggendarie, apparentemente invincibili, che quando fanno capolino tra la nebbia ci fanno correre un brivido lungo la schiena.
Alcune porzioni di mare appartengono ai nostri nemici, e sono guardate da alcuni forti molto difficili da espugnare. Quando ci si avvicina ad una di queste roccaforti è facile ritrovarsi coinvolti in uno scontro tra la nave e alcune batterie di cannoni poste su di una scogliera. In questi momenti la tattica navale diventa importantissima, in quanto è praticamente impossibile riuscire a farcela senza condurre la nave al di fuori della linea di tiro dell’avversario, sempre indicata con un pattern di colore rosso. Quando i cannoni avversari sono messi fuori combattimento, si può penetrare nel forte ed eliminare il capo, conquistando di conseguenza una buona porzione di oceano (ed evitando così gli scontri con le numerose navi di pattuglia, che vengono sostituite da vascelli amichevoli o neutrali).
Inoltre, con il prosieguo dell’avventura è possibile ottenere una campana per l’esplorazione subacquea, che apre un vero e proprio nuovo mondo. In alcuni punti della mappa è possibile immergersi per recuperare tesori e tentare di completare le varie collezioni presenti nel gioco, il tutto facendo i conti con l’aria sempre più scarsa e con degli squali affamati.
Infine, il mare è pieno zeppo di attività secondarie, che spaziano dal salvataggio di naufraghi al recupero di oggetti alla deriva, fino ad alcune sequenze di pesca con l’arpione che aggiungono un’ulteriore variazione.
Le sezioni a piedi
Una volta giunti in prossimità di un’isola minore è possibile tuffarsi in mare e raggiungerla a nuoto, mentre nei porti principali è possibile far attraccare la Jackdaw e scendere sul pontile, dopo una breve animazione parzialmente interattiva.
Fatta eccezione per alcuni punti scriptati, per i porti principali e per il viaggio rapido (facoltativo ma sostanzialmente obbligatorio data la spaventosa vastità della mappa di gioco), tutto avviene senza soluzione di continuità. Ovvero, ci si può spostare da un’isola all’altra senza mai avere un caricamento.
Una volta sbarcati, non ci vuole molto a scoprire che Assassin’s Creed IV: Black Flag è davvero simile ai precedenti capitoli della saga in termini di controllo e di attività da svolgere. Ci si sposta per la città o nelle zone selvagge, si ottiene l’invisibilità dai nemici nei soliti modi, si raggiungono i soliti punti di sincronizzazione, e via discorrendo. Sono state mantenute le attività secondarie di Assassin’s Creed III, come la caccia, che ha un ruolo importante nel sistema di progressione del personaggio. Le terre selvagge sono apparentemente più lineari e meno dispersive rispetto alla scorsa avventura, ed è indubbiamente un aspetto molto positivo che allontana i momenti morti visti in passato.
Il combattimento, invece, ha alcune piccole ma significative migliorie. Il flusso degli scontri è stato velocizzato: Edward Kenway è un assassino molto più capace di Connor, ed è in grado di affrontare più nemici in un tempo brevissimo. Possiamo essere attaccati da più nemici contemporaneamente, e le operazioni di counter e di rottura della difesa sono accompgnate da animazioni più rapide, che rendono il tutto meno legnoso che in passato. Il risultato finale è un combattimento meno frustrante rispetto a quello di Assassin’s Creed III, sebbene la strategia migliore resti sempe quella dell’omicidio silenzioso. Vi è un certo abuso delle sezioni stealth, e in alcuni istanti si vorrebbe irrompere oltre le linee nemiche e iniziare qualche duello. Il perenne sovrannumero dei nemici, semplicemente, non ce lo consente. Ciononostante, gli sviluppatori hanno avuto l’ottima l’idea di includere quattro pistole, che permettono di sparare quattro colpi in rapida successione. Sebbene la nostra tattica di gioco abbia fatto quasi sempre a meno delle armi da fuoco, peferendovi le sempre funzionali lame celate, il sistema funziona davvero bene. A questo si aggiunge la possibilità di sparare mentre si corre, un aspetto che rafforza ulteriormente la velocità nel combattimento. Nel complesso, però, si segnala ancora una volta una difficoltà un po’ troppo bassa nelle fasi di combattimento, che ci mettono in seria difficoltà solo quando ci ritroviamo ad affrontare più di quattro nemici allo stesso tempo.
Progressione, personalizzazione, collezione
Come di consueto il gioco è accompagnato da un profondo sistema di progressione, che si applica sia al personaggio di Edward Kenway che alla nave Jackdaw. Edward ottiene nuove armi, nuovi gadget e migliora le proprie statistiche attraverso l’acquisizione di oggetti, sia in negozio che tramite la caccia.
La Jackdaw, invece, può essere modificata nei porti comprando miglioramenti e munizioni. Il denaro tende a scendere abbastanza in fretta, e si è costantemente costetti a ricercare nuove fonti di sostentamento – sia tramite le missioni che con la ricerca di tesori nascosti.
L’aspetto dei collectibles, altro marchio di fabbrica della serie, è presente in varie forme. Vi sono tesori speciali nascosti, pagine di storia con testi davvero interessanti, canzoni marinaresche cantate dalla nostra ciurma, mappe del tesoro, frammenti di Animus e altri oggetti unici legati a varie quest.
Chi ama completare il gioco al 100% troverà in Assassin’s Creed IV: Black Flag un gioco davvero gigantesco e longevo. La storia principale può essere completata in meno di venti ore, e anche se le ottanta ore per il completamento completo (segnalate in fase di preview da alcune fonti vicine a Ubisoft) ci sembrano un po’ ottimistiche, la dimensione di questo gioco è innegabile. Se siete cacciatori di trofei, preparatevi a trascorrere ben più di cinquanta ore nel gioco prima di vedere una sincronia totale.
Da segnalare, inoltre, l’interessante possibilità di dare un voto ad ogni sequenza completata. I dati vengono inviati agli sviluppatori di Ubisoft come feedback istantaneo che – speriamo – possa servire a migliorare i nuovi capitoli di questa saga, che non crediamo si fermerà a questo capitolo.
Ad allungare l’esperienza, infine, una componente multiplayer che abbiamo potuto provare in una lunga sessione con gli sviluppatori del gioco. Vi sono varie modalità, tutte accomunate dalla seguente meccanica: è necessario individuare l’avversario (che ha le stesse sembianze dei passanti fra la folla) e assassinarlo prima che sia lui (o un suo compagno) a fare lo stesso. Un radar ci permette di capire dove si trovano i nemici, e a volte la vittoria è più una questione di furbizia che di reale abilità. Ci siamo divertiti di gusto anche quando abbiamo perso, perché il gioco consiste proprio nell’ingannare e nel farsi ingannare.
Il peso degli anni
Il problema di Assassin’s Creed è che, nonostante gli sforzi e l’ottimizzazione compiuta nel corso di tutti questi anni, il gioco gira su di un vecchio motore grafico, che inizia a mostrare il peso della propria età. Parliamoci chiaro: riuscire a imbastire un mondo di tale portata con un motore datato 2007 ha del miracoloso, ma è evidente che Assassin’s Creed IV: Black Flag non è il miglior gioco presente sul mercato da un punto di vista puramente visivo. L’aliasing, in alcuni momenti, è davvero notevole, le texture non sono molto dettagliate e gli effetti speciali sono pochi. Ottimo, invece, il character design dei personaggi principali, davvero ben modellati. Qualche appunto, infine, sul design delle città, piuttosto anonime. Ancora una volta ci vediamo costretti a rimpiangere il rinascimento italiano di Assassin’s Creed II che, nonostante la scala più ridotta, aveva più personalità. In una città come l’Avana, ad esempio, non si riescono a distinguere i vari quartieri: tutto sembra un bassofondo e anche gli interni hanno poca personalità. Molto più belle, invece, alcune isole legate alla trama principale, che con la loro vegetazione lussureggiante e con i tanti segreti (spesso legati al culto degli Assassini) ci hanno regalato alcuni momenti unici.
Ottimo il reparto sonoro, con musiche perfettamente a tema e le già citate canzoni marinaresche che accompagnano i nostri viaggi. Il doppiaggio italiano è molto curato, con il bravissimo Francesco Pannofino nel ruolo di Barbanera (che, forse, avremmo voluto un po’ più “incazzato”) e Alessandro Capra nel ruolo di Edward Kenway, che svolge il suo mestiere in maniera egregia. Tutto è comunque retto da un copione spesso di ottima fattura, con un linguaggio spesso molto colorito che dà ragione al PEGI 18 appiccicato sulla copertina. L’unico lato negativo, curiosamente, si riscontra nel doppiaggio dei passanti, che parlano sempre inglese o spagnolo (con accento marcatamente castigliano, una cosa poco credibile data l’ambientazione caraibica).

– Storia stratificata e intrigante

– Miglioramenti nel combattimento

– Mappa gigantesca e ambientazione interessante

– Almeno cinquanta ore di contenuti

– Motore grafico datato, nonostante l’ottimizzazione

– Doppiaggio altalenante

– Alcuni ambienti anonimi

9.0

Assassin’s Creed IV: Black Flag non è un banale Assassin’s Creed 3.5, come avevamo un po’ ironicamente ipotizzato quando il gioco venne annunciato. Tutt’altro: è un gioco che compie dei passi in avanti importanti rispetto al suo predecessore, risultando migliore sotto ogni punto di vista. Black Flag, suo malgrado, ci ha spinti a rivalutare in negativo il precedente capitolo della saga, poiché è sensibilmente più divertente, con una storia più interessante e una giocabilità variopinta, che eclissa quanto visto in Assassin’s Creed III. Al contempo, però, non c’è nulla che non avremmo potuto vedere nel gioco un paio di anni fa. Quello che è giunto fra le nostre mani è un capitolo eccellente, più vicino allo splendore del secondo capitolo che alla dispersione del terzo, con un’ambientazione originale e piacevole. Una degna conclusione per questa serie sull’attuale generazione, in attesa che la next gen ci porti delle vere innovazioni tecniche.

Voto Recensione di Assassin's Creed IV: Black Flag - Recensione


9