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We Happy Few e la ricetta perfetta della felicità

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Avatar di SirFran Snee

a cura di SirFran Snee

Pubblicato il 23/07/2018 alle 00:00

Dopo anni di annunci, trailer, procrastinazioni, campagne Kickstarter e speranze infondate, dovremmo essere ormai al capolinea di questa lunga e sfiancante attesa. Comprendiamo che non sia facile, oggi come oggi, elaborare la ricetta perfetta della felicità. Ma esattamente che concetto di “ricerca della felicità” ha il team Compulsion Games? Di sicuro ci è voluto tanto tempo per sviluppare un titolo così pazzescamente pazzoide e assurdo come We Happy Few, una creazione che giunge il 10 agosto dopo anni di lavori e solo pochi assaggi in accesso anticipato. Cosa sappiamo dunque di questo roguelike in prima persona e in single player, i cui natali sono datati al 26 luglio di due anni fa? Stando a quanto abbiamo potuto vedere anche da trailer piuttosto recenti, scopriamo una prima tappa del nostro viaggio nella pura pazzia, in un manicomio anglosassone degli anni Sessanta del secolo scorso, dove verremo sottoposti a diversi trattamenti non poco dolorosi. Ispirati da un discorso di Enrico V pronunciato dall’omonima opera shakespeariana, si snoda di fronte a noi la storia di un gruppetto di persone non troppo gradevoli che cercano di sfuggire dalla quotidianità della città di Wellington Wells, dove la nostra sopravvivenza sarà determinata dalla capacità di conformarsi e camuffarsi agli altri, in ambienti dove i colori allegri non sono altro che una maschera tanto vera come quella che copre il volto di coloro che appoggiano la repressione e il conformismo a regole che ci staranno chiaramente troppo strette.
L’esplorazione narrativa avviene utilizzando tre diversi alter ego che esplorano i propri collegamenti agli avvenimenti legati alla ricostruzione di Wellington Wells, vivendo avventure diverse ma tutte contrassegnate da umorismo nero, barlumi di speranza e, se lo vorremo, combattimenti con armi piuttosto fuori dal comune. Stupefacente come le droghe di cui fanno uso gli abitanti di questo posto, We Happy Few si colloca all’incrocio tra narrazione surreale e in costante contraddizione tra costruzione dell’ambiente e comportamento umano, sviluppando così una storia longeva ma non troppo. Al momento si calcola una durata di circa 20 ore, una cifra di tutto rispetto per un titolo che, dopo diverse battaglie, riuscirà a vedere la luce anche nella lontana terra australe. Come riportato negli ultimi tempi, è stato piuttosto discusso l’arrivo del titolo anche per le console australiane. Motivo del dibattito: i contenuti relativi a droghe e sostanze stupefacenti. L’uso di droghe è effettivamente ancora poco sdoganato nei videogiochi, rispetto a molti altri contenuti sensibili e violenti, che hanno però ricevuto anch’essi una buona dose di critiche (un classico esempio è l’uso del corpo delle donne e la presenza di prostitute nei capitoli di GTA, oltre a contenere scene circa l’uso di sostanze stupefacenti). Dobbiamo aspettarci qualcosa di simile anche per la presenza di sostanze illegali in questo gioco? Non è di certo il primo, non sarà l’ultimo, ma come verrà recepito dal pubblico? Probabilmente dipenderà molto dalla capacità artistica e tecnica di costruzione delle scene in cui ci sarà della droga, ma non sappiamo ancora quanto sarà determinante questo tema e quanto verrà mostrato nella versione definitiva del titolo.
Quello che sappiamo però è che i temi trattati saranno piuttosto complessi e profondi: non avremo a che fare con un gruppo di tossici fuori di testa da evitare o ammazzare, si tratta di qualcosa di più. La promessa del gameplay è di vivere una situazione dove l’ignoto è sempre di fronte ai nostri occhi, senza capire come possa procedere la storia in questo universo tanto criptico quanto disilluso e cinico che la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato dietro di sé. Di questo titolo si è parlato a lungo del contenuto e ultimamente della longevità, ma cosa sappiamo di aspetti più tecnici e artistici? Dalle immagini disponibili fino a questo momento, abbiamo visto esseri umani smilzi e senza identità che si riversano nelle strade e nella campagna inglese con occhi vacui e sperduti, pronti a uccidere e reprimere fisicamente la nostra volontà di uscire dagli schemi. Saranno proprio le diverse tonalità di colore a far parlare l’ambiente circostante, grazie alle quali potremo cercare qualche indizio in più, in un carnevale macabro e in totale contraddizione con le tinte allegre, come se avessimo di fronte agli occhi un pagliaccio affatto simpatico, anzi letale. In un mondo dove ci parleranno voci non troppo amichevoli e saremo accompagnati da una colonna sonora che non appare molto ricca di temi, né per quantità né per durata, dimostrando una probabile maggiore attenzione al contenuto rispetto al comparto sonoro. Circa il comparto tecnico infine non ci possiamo ancora sbilanciare troppo, ma sarà un’esperienza in prima persona gradevole o memorabile negativamente parlando? Dopo tutto questo tempo, ci auguriamo che il lento lavoro del team non abbia lasciato dietro di sé alcuni rimasugli di bug e sviste poco piacevoli.

In conclusione, questo titolo dallo sviluppo lungo e arduo sembra puntare parecchio sui contenuti e sullo storytelling, conditi da una grafica che si unisce in perfetta disarmonia con quanto viene narrato. Non ci rimane molto tempo da attendere, anche se la stessa dimensione temporale sembra essere davvero relativa e quasi annullata, sia come concezione da parte del team, che nel titolo stesso, dove nulla ha senso finché non ne troveremo noi. Teniamo bene a mente il pensiero che potrebbe rivelarsi la nostra unica àncora di salvezza in questo mondo chiuso e ottenebrato dall’omologazione e dal conformismo: “always be cheerful”.

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