Immagine di Valkyria Chronicles 4, Riavvolgere il tempo
Recensione

Valkyria Chronicles 4, Riavvolgere il tempo

Avatar

a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Avevamo paura, lo ammettiamo: come tutti i fan del franchise Sega, abbastanza unico nel suo genere da destare l’interesse anche di giocatori che normalmente non si cimentano con gli strategici a turni, eravamo rimasti insoddisfatti da Valkyria Revolution, che pure, in assoluto, non era un gioco da disprezzare.
Semplicemente, sacrificava sull’altare dell’immediatezza la profondità tattica e l’elevato grado di personalizzazione, due delle caratteristiche più vincenti del franchise: Valkyria Chronicles 4, che abbiamo sviscerato per voi e che arriverà su tutte le principali piattaforme (sì, anche Switch e Xbox One) il prossimo 25 settembre, torna dritto alle radici del brand, proponendo un setting, dei personaggi e delle meccaniche che sembrano uscite dritte dritte dal primo episodio.
E allora, bentornato al re!
 
Lacrime e sangue
L’inedito, e incredibilmente affascinante punto di vista offerto da Sega con gli eventi raccontati nel capostipite torna con questo quarto capitolo: nel tentativo di riallacciarsi quanto più possibile al setting e alle atmosfere delle avventure di Welkin Gunther e compagnia, Kohei Yamashita e la sua squadra di sceneggiatori hanno ambientato Valkyria Chronicles 4 non sono nel medesimo universo narrativo ma persino nello stesso arco temporale.
Durante la Seconda Guerra Europea, pochi mesi dentro l’anno 1935, il giocatore sarà chiamato a vestire i panni di Claude Wallace, giovane comandante proveniente dalla Gallia e del suo team, la Squadra E, cui la Federazione Atlantica affiderà un’ultima, disperata missione per capovolgere le sorti della guerra.
Il conflitto che vede quest’ultima contrapposta all’Impero, infatti, sembra incanalato verso una conclusione disastrosa, con le truppe imperiali già penetrate in un terzo dei territori della Federazione ed in continua avanzata: messo con le spalle al muro, l’alto comando della Federazione impiega le ultime risorse disponibili per attaccare in contropiede, sperando che un manipolo di valorosi soldati possa prendere Schwartzgrad, la capitale nemica, ponendo istantaneamente fine agli scontri.

Ecco che, allora, al capitano Wallace e ai suoi uomini viene aperto un varco tra le forze nemiche, consentendo loro di entrare in territorio ostile in maniera silenziosa, così da infiltrarsi tra le linee avversarie e giungere indisturbati al cuore della potenza imperiale: tra il dire ed il fare, però, c’è spesso di mezzo il mare, e la notizia che, nel frattempo, la patria della gran parte dei componenti della squadra E è stata invasa dai soldati dell’Impero non aiuta di certo il morale delle truppe…
Se l’intento del team di sviluppo era riprendere i temi e gli eventi del capitolo d’esordio, il risultato non può che dirsi raggiunto: con la leggerezza e l’umanità tipiche dei racconti giapponesi, Valkyria Chronicles 4 alterna con naturalezza momenti ilari, in cui la giovane età dei protagonisti emerge, ad altri in cui la crudezza della guerra e le atrocità commesse in suo nome assurgono al ruolo di protagoniste, spingendo ad una riflessione soprattutto con i tempi che corrono.
Per quanto possa sembrare dissonante a tratti, soprattutto a chi non è abituato al modo di raccontare storie degli sceneggiatori nipponici, l’avvicendarsi di scene di grande impatto emotivo e di altre decisamente leggere, con battutacce e cameratismo come se piovesse, riesce a creare un unicum godibile e funzionale, nel quale spiccano alcune delle personalità tratteggiate.
Su tutti il comandante, Claude Wallace, timido ed introverso ma anche deciso e dall’animo nobile, la silenziosa e letale cecchina Kai e l’inizialmente odiosa Riley riusciranno a ritagliarsi un ruolo da protagoniste, soprattutto per i giocatori che sceglieranno di approfondire i rapporti di amicizia spendendo qualche minuto nei dormitori ed assistendo ai relativi dialoghi opzionali.
Quando ieri sembra oggi
La formula che aveva decretato l’enorme (e meritatissimo) successo dell’episodio d’esordio torna quasi immutata in questo quarto capitolo, opportunamente arricchita e rifinita in alcuni aspetti, così da offrire una maggiore varietà di opzioni tattiche al giocatore: la struttura di Valkyria Chronicles 4 è ancora costituita da un’alternanza di fasi gestionali, in cui sviluppare nuovi armamenti per le truppe, farle salire di livello con l’esperienza accumulata e godere degli intermezzi in stile visual novel che portano avanti la narrativa, e fasi di battaglia, in cui si prende il controllo diretto dei propri soldati.
Ciò che rende questo mix unico risiede soprattutto nella gestione stessa delle battaglie: alla compassata profondità tattica degli strategici a turni, il prodotto Sega unisce degli elementi da sparatutto in terza persona all’acqua di rose, in cui il posizionamento delle truppe e la capacità di ottimizzarne i turni rivestono un’importanza capitale, almeno quanto l’arma imbracciata e il numero dei soldati nemici sul campo.
Ad ogni turno, è possibile spendere i propri punti azione come meglio si crede, concentrandoli su uno o due soldati o muovendo organicamente tutta la squadra in una data direzione: le differenti situazioni in cui la Squadra E si troverà richiederanno, di volta in volta, approcci radicalmente differenti, dallo stealth all’accerchiamento, passando per l’azione solitaria di un singolo soldato particolarmente adatto per il compito.

Rispetto agli episodi precedenti, questa quarta iterazione aumenta sensibilmente la varietà di situazioni, grazie a biomi maggiormente diversificati che portano in dote differenti conformazioni del terreno e condizioni di visibilità: giunti ai titoli di coda, abbiamo impiegato due volte la stessa strategia solamente nelle schermaglie, ovvero le missioni secondarie che si sbloccano avanzando lungo la storyline principale, combattute su location già viste ma riarrangiate in quanto a clima e disposizione delle truppe nemiche.
Come per i precedenti titoli del franchise, l’abuso di queste battaglie non necessarie allo svolgimento della trama può portare a “drogare” il livello di esperienza e denaro disponibili, abbassando consistentemente il livello di difficoltà, che, altrimenti, si mantiene sugli standard medio/alti della serie, soprattutto durante l’ultimo terzo della campagna, alla resa dei conti con alcuni dei generali più potenti dell’Impero.
Le uniche due grandi novità introdotte nel gameplay sono rappresentate dalla nuova classe di soldati, i granatieri, e dalla maggiore importanza data dal gioco agli ordini impartibili dal giocatore, cui si aggiunge il supporto navale, che in alcuni frangenti (comunque abbastanza scriptati) risulta veramente una mano santa.
Pur essendo l’unica classe inedita del gioco, va riconosciuto che l’impatto sulle dinamiche di gioco dei granatieri è notevole: tanto lenti ed impacciati negli spostamenti, con un range di movimento paragonabile a quello, risibile, dei cecchini, quanto letali sulla media e lunga distanza, ideali per il crowd control e per sbloccare pericolosi imbuti creati dall’esercito avversario.
Utilizzandoli in combo con gli esploratori, poi, i granatieri aumentano la loro efficacia: possono infatti sparare anche in zone delle quali non hanno una visuale diretta, sfruttando quanto visto e memorizzato dai loro commilitoni più veloci e adatti allo scouting.
Al di là dello scarso numero di elementi inediti inseriti nella produzione, comunque, le meccaniche di gioco funzionano ancora a meraviglia, perché perfettamente bilanciate a livello di difficoltà e mai riprodotte dalla concorrenza, divisa tra giochi rigidamente a turni, spesso accusati di una certa passività, o strategici in tempo reale, difficilmente equiparabili a Valkyria Chronicles 4.
I più critici potrebbero obiettare che il motivo per cui noi occidentali non siamo ancora stufi della formula di gioco dipende anche da alcune cervellotiche scelte di marketing di Sega, che ha pubblicato il secondo episodio in esclusiva per PSP e non ha mai localizzato il terzo, a tutt’oggi confinato al suolo patrio: la speranza, allora, è che, in un’epoca di remaster continui, Sega dedichi a questo franchise il medesimo amore di cui sono infuse le rimasterizzazioni di Yakuza viste negli ultimi mesi, così da sdoganarlo definitivamente anche al di fuori del Sol Levante.
Arte e tecnica
Come spesso accade con titoli provenienti dal Sol Levante, bipartire il discorso relativo all’impatto visivo della produzione può aiutarne l’analisi: Valkyria Chronicles 4, è, come il capostipite, splendido da vedere, senza se e senza ma.
La palette cromatica è ampia e comprende tantissime tonalità pastello che accarezzano l’occhio del giocatore, creando un magnifico ossimoro con i temi trattati e con le ambientazioni devastate dalla guerra: il motore utilizzato è una versione riveduta e corretta del Canvas Engine che accompagna il franchise sin dal debutto su PS3, opportunamente potenziata per non sfigurare sulle attuali console.
Il risultato finale è sicuramente superiore a quanto ammirato nella versione rimasterizzata del primo episodio, uscita su PS4 un paio d’anni or sono, ma, nel complesso, non riesce ad allinearsi con le migliori produzioni viste sulle ammiraglie Sony e Microsoft.
Questo perché, al di là della bontà del character design e del tratto artistico, che dipingono un’Europa unica, come solo un illustratore giapponese potrebbe disegnarla, l’espressività dei volti dei protagonisti, la quantità di animazioni e la fluidità dei movimenti dei personaggi durante le fasi di battaglia sono tutte migliorabili, come se il team di sviluppo si sia concentrato (per scelta o per necessità, non è dato saperlo) più sul comparto artistico che su quello meramente tecnico.
A fine generazione, è improbabile pensare che i limiti siano dovuti alla natura multipiattaforma del progetto o alla scarsa conoscenza degli hardware ospiti, ed è quindi più lecito pensare alla poca flessibilità del motore proprietario, che potrebbe essere accantonato in futuro.
Detto di queste piccole mancanza tecniche, il resto del pacchetto è confezionato in maniera mirabile: il doppiaggio nipponico batte di gran lunga quello inglese (la doppia traccia è sempre gradita), la colonna sonora è impetuosa e maestosa come al solito e i rinnovati menu  aggiungono chiarezza alle lunghe fasi preparatorie degli scontri.
Pur senza alcuna patch aggiuntiva, non abbiamo riscontrato problemi di alcun tipo: su PS4 Pro non c’è l’ombra di cali di frame rate né di glitch di qualsivoglia tipo.
Chiosa finale per la longevità complessiva: la campagna principale può essere portata a termine in una trentina abbondante di ore, al netto dei tentativi andati a vuoto (che saranno molteplici, soprattutto durante l’ultimo terzo dell’avventura), ma cimentandosi anche nelle numerose missioni secondarie è possibile estendere questo valore di almeno altre quindici ore, per la gioia degli appassionati.

Struttura di gioco ancora unica nel suo genere

Narrativa e personaggi di spessore

Profondo e longevo

Artisticamente di alto livello…

Poche novità nel complesso

…ma tecnicamente si poteva fare qualcosa di più

La bontà delle meccaniche di gioco, la loro freschezza anche a dieci anni dall’esordio del capostipite, figlia anche dell’unicità del combat system, e una cura eccezionale tanto per la personalizzazione del proprio esercito quanto per l’aspetto narrativo sono, oggi come ai tempi del primo capitolo, i tratti vincenti di Valkyria Chronicles 4, che va a collocarsi nell’olimpo degli strategici a turni su console, insieme ad XCom 2 e alla trilogia di The Banner Saga.

Se amate il genere e giocate prevalentemente su console le scelte non sono poi così tante, ma faremmo un torto al lavoro di Sega se dicessimo che solo per questo motivo dovreste dare una possibilità al loro ultimo lavoro: ciò che vi suggeriamo, piuttosto, è di provare la demo se anche non foste appassionati del genere, perché potreste scoprire un universo meraviglioso.