Recensione

Strange Brigade, a spasso tra le mummie

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Ah, l’ “archeologia dell’avventura”. Esploratori rampanti sempre a metà tra gli storici e i tombaroli, luoghi esotici, antiche maledizioni, epoca delle ultime grandi esplorazioni (dall’Ottocento a salire). Un genere esploso al cinema con Indiana Jones e continuato nei videogiochi prima con Lara Croft e poi con Nathan Drake. Dopo molti anni passati sulla loro serie di punta Sniper Elite, i Rebellion Developments vogliono contribuire al genere con Strange Brigade, un action chiassoso dalle velleità cooperative per PS4, Xbox One e PC. Dopo la sua rivelazione all’ultimo E3, oggi vi diciamo se la loro incursione nel sarcofago del third-person shooter ha avuto buoni risultati.

L’Avventurosa Brigata contro le Abominevoli Aberrazioni Aberranti
Il titolo del gioco è un nomen omen: ci troviamo ad assistere alle avventure della Stange Brigade, quattro avventurieri che sotto l’egida della corona d’Inghilterra attraversano per il mondo risolvendo crisi e misteri. È composta dalla cacciatrice africana Nalangu Rushida, dall’ex-operaia di fabbrica Gracie Braithwaite, dal soldato Frank Fairburne e dal professor Archimedes de Quincey, giovane accademico prestato ai servizi segreti. La loro nemesi è Seteki, regina non-morta che minaccia di conquistare il mondo risvegliando il suo esercito di zombi provenienti direttamente dall’Antico Egitto. La trama per far muovere il giocatore nelle nove missioni della campagna principale è effettivamente tutta qui, e dinanzi a cotanti stereotipi tutti insieme verrebbe quasi da dire di lasciar perdere la trama, ma fortunatamente Strange Brigade ha la qualità di non prendersi troppo sul serio. Un po’ sceneggiato, un po’ prosa radiofonica e un po’ “cartone del sabato mattina”, il pargolo di Rebellion presenta personaggi abbastanza sopra le righe e un narratore esterno che commenta ogni singola azione dentro e fuori dalle cutscene. Lo stesso stile dei dialoghi è volutamente caricato, infarcito com’è di aggettivi, allitterazioni e commenti velleitari. Ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi a una simile impostazione, ma vi diciamo che potrebbe valere la pena spegnere il cervello e godersi il viaggio.
Se la campagna principale presenta una trama che è volutamente niente di eccezionale, l’attrattiva principale del gioco è ovviamente il suo gameplay, che si configura come un action di massa con enigmi ambientali e collezionabili da raccogliere. All’inizio di ogni missione il giocatore prende il controllo di un membro della brigata e lo guida per il livello scelto, approfittando dei suoi punti di forza e delle abilità sia tecnologiche (armamenti) che magiche. Ogni componente della brigata reca con sé un amuleto che si carica con le anime dei nemici sconfitti, e che una volta pieno permette di scatenare un’abilità unica. Per quanto concerne le armi da fuoco, ciascun giocatore porta con sé solo due armi e un tipo di ordigno da lancio. Se le normali bocche da fuoco consumeranno munizioni (che non saranno mai un problema), l’arma da lancio avrà bisogno di un breve periodo di ricarica prima di poter fare un nuovo lancio. Qualora gli avversari si avvicinino troppo verrà in aiuto la possibilità di schivare o di colpire a mani nude, mossa la cui potenza e tipologia varia a seconda del personaggio scelto.
I nemici saranno invece non-morti, che inesorabili si accalcheranno contro di noi e andranno sfoltiti a suon di proiettili. Non esiste un sistema di coperture, cosa costringe il giocatore a mantenere un atteggiamento perennemente aggressivo e in movimento. La varietà dei nemici è più che buona: oltre ai soliti zombi claudicanti ve ne sono anche di più specializzati, da quelli corazzati alle testuggini, fino agli “assassini” e agli sputafuoco. Tale varietà, unita alla carnale sensazione dei colpi sparati, rende l’incedere molto pastoso per quanto a volte vittima di una confusione preponderante.
Il labirinto dei re
Nei fatti a essere veramente protagonista è l’ambientazione, che per quanto non sia varia come i nemici mostra sempre un buon grado di ispirazione. L’abbattere orde di nemici viene per quanto possibile inframmezzato da enigmi ambientali. Nessuno di questi è particolarmente difficile, in quanto per la maggior parte delle volte si tratta di trovare e attivare leve o interruttori nascosti (certe volte anche sotto limite di tempo) oppure di allineare i fasci di luce emessi da cristalli attivati da un colpo di amuleto. Nei primi livelli sono presenti anche enigmi a pressione, in cui camminare sulle mattonelle del pavimento nel giusto ordine per sbloccare la via. Il gioco poi abbonda di camere sbarrate da rompicapo facoltativi, che celano oro e collezionabili. Questi ultimi serviranno a cambiare l’effetto dell’amuleto mentre l’oro a comprare nuove armi tra una missione e l’altra. Il bottino a volte produrrà anche delle pietre mistiche, che quando incastonate nelle armi aggiungeranno effetti o ne limeranno lacune come rinculo o cadenza di fuoco. Bisogna tuttavia fare attenzione nell’abbinamento in quanto la successiva rimozione della gemma ne comporterà la rottura.
La maggior parte delle ambientazioni e dei combattimenti si configura però in una classica struttura “ad arena”, in cui non si può proseguire oltre prima di aver sconfitto tutti i nemici. Tali luoghi sono sempre colmi di ostacoli ambientali, trappole e barili esplosivi fatti apposta per rendere i combattimenti superabili a prescindere dai potenziamenti, anche in funzione del fatto che i personaggi non hanno livelli o punti esperienza.
La malvagia Seteki trae il proprio potere da particolari manufatti chiamati Gabbie delle Anime, purificabili dai nostri eroi solo una volta abbattuti i loro guardiani. Tale artificio narrativo unito al fascino dell’Antico Egitto ha permesso però ai Rebellion di imbastire anche qualche bossfight interessante. Abbiamo sia nemici di dimensioni medie (che nei livelli avanzati diventano mini-boss) che qualche esemplare gigante, che per quanto semplice (i punti deboli a cui sparare sono chiaramente indicati in celeste) danno un tocco di sapore non indifferente. In tal senso la battaglia finale l’abbiamo trovata veramente ispirata, nonostante la sua semplicità di fondo.
È ancor più un peccato quindi che molti dei livelli della campagna finiscano semplicemente con una Gabbia delle Anime da purificare dopo essere sopravvissuti a ondate sempre più soverchianti. È anche capitato che questi stessi nemici minori si intromettessero come disturbatori tanto negli enigmi quanto nelle bossfight, e se nel primo caso bastava insistere perché finissero dopo un po’, il loro continuo rigenerarsi nel secondo caso dava un fastidioso senso di difficoltà artificiale.
Più siamo meglio stiamo
Se la campagna principale con le sue discrete sette-otto ore di durata fa naturalmente la parte del leone, il gioco presenta altre due modalità: l’orda e la sfida a punti. La prima è abbastanza auto-esplicativa, si sopravvive a ondate sempre crescenti di nemici; la loro sconfitta frutta oro da spendere nell’acquisto di nuove armi per la partita in corso o per sbloccare camere sepolcrali contenenti pozioni curative e schemi per nuove bocche da fuoco. Questa è l’unica modalità in cui bisogna davvero preoccuparsi delle munizioni, in quanto le postazioni “fisse” da cui rifornirsi sono limitate e bisogna affidarsi alle scorte lasciate cadere dai nemici sconfitti.
Per quanto concerne la sfida a punti, è una modalità in cui a contare non è l’oro ma il virtuosismo contro i non-morti. Accantonati gli enigmi, tali sezioni sono più guidate e portano all’estremo lo sfruttamento dell’ambiente per prevalere contro grandi quantitativi di nemici. Ogni uccisione frutta punti, e ulteriori ne vengono assegnati rispettando obiettivi secondari come limiti di tempo, precisione e danni fatti e subiti. Questa modalità presenta nove contesti differenti (corrispondenti alle location attraversate durante la campagna) ma per ora il numero di livelli e prove è abbastanza limitato. La presenza di un cartello “prossimamente” per molte schermate lascia però intendere che Rebellion supporterà il gioco dopo la pubblicazione.
I punteggi e i record ottenuti vengono poi inseriti nella classifica generale consultabile da internet. Avendo provato il gioco prima dell’uscita ufficiale i server erano ancora abbastanza vuoti, ma per quello che abbiamo visto il codice appariva già decisamente stabile anche facendo da host. Quando si è in cooperativa i giocatori possono aiutarsi rianimandosi a vicenda: i punti di rigenerazione sono dei sarcofagi ai lati delle arene. Se il giocatore in attesa ha in inventario una pozione curativa (se ne può portare solo una per volta) allora può uscirne anche da solo.
Specifichiamo che per quanto il gioco non faccia mistero di voler puntare soprattutto sul comparto online, si cura anche di rendere tutte le modalità di gioco fruibili anche al giocatore singolo. Le minacce sono infatti superabili anche da soli, e il gioco non necessita neppure di una connessione permanente. Dobbiamo però riportare che in solitaria l’esperienza è inevitabilmente più limitata, in quanto c’è il rischio di venire soffocati da tutto quello che il gioco ci lancia addosso.

Sgargiante di luce dinamica
Graficamente parlando Strange Brigade è davvero piacevole. Pur non raggiungendo una varietà estrema, su PS4 le ambientazioni sono lussureggianti e ispirate, riproducendo le rovine dell’Antico Egitto in maniera mitica e immaginifica. I colori neutri come il giallo della sabbia e i grigi delle pietre contrastano benissimo con il blu e il celeste della magia antica, e vengono completati dal ricchissimo disegno della selvaggia vegetazione che li avvolge. Gli sviluppatori hanno fatto un gran lavoro riguardo le fonti di luce, la cui abbondanza rende ancor più scenografici gli scorci. In un’occasione colori così carichi vengono sostituiti da un grigio marittimo, quando la trama del gioco trova un modo per inserire un personaggio avulso all’Antico Egitto, ma anche così il senso dell’esplorazione rimane palpabile. Non stiamo certo parlando di un Uncharted, e anzi il paragone con quest’ultimo è improprio sia per il gameplay assai più leggero che per la spiccata componente fantasy e soprannaturale che invece domina in Strange Brigade. Altra nota di merito va alla stabilità tecnica: il gioco non ha mai perso un fotogramma, seppur con qualche (raro) caricamento in ritardo di texture. Piccola nota dolente per quanto concerne i personaggi: poligonalmente sono massicci, ma l’illuminazione in questo caso li fa sembrare un po’ troppo “finti” quando visti da vicino. La loro estetica invece è particolare: è esagerata, ma si tratta di un’esagerazione assai pensata, ricca di rimandi all’Ottocento inglese industriale e coloniale. Anche le singole parlate sono state decisamente studiate, inserendo nelle battute molti giochi di parole, accenti e frasi idiomatiche, che ovviamente la localizzazione traduce come può. Peccato per i sottotitoli fin troppo piccoli anche per un normale TV ad alta definizione. Segnaliamo anche un’equalizzazione del sonoro non perfetta, in quanto gli effetti sonori e la voce narrante tendono a sovrastare con troppa insistenza la colonna sonora, fatta di tracce ambientali ed etniche buone ma non eccezionali.

-Immediato, divertente e chiassoso…

-Grafica piacevole e dettagliata

-Varietà di approcci e bossfight carine

-… A volte fino al confusionario

-In solitario perde mordente

7.5

Con Strange Brigade gli sviluppatori di Rebellion hanno voluto tentare ancora una volta qualcosa di nuovo, impostando un action in terza persona accessibile e dall’alto tasso di chiassoso divertimento. Un divertimento che però va preso a giuste dosi, in quanto il fattore confusione rende faticose le sessioni sul lungo periodo. Il voler puntare tutto o quasi sulla componente cooperativa è a sua volta una gradita novità, abbinato a una modalità storia con molti scontri ispirati che ne compensano in parte la durata non eccezionale e la narrativa quasi sempre sopra le righe. Ancora una volta rimpiangiamo un po’ la mancanza di una cooperativa locale, così come le poche modalità di gioco. In ogni caso Strange Brigade rimane un prodotto sviluppato con professionalità e anche con un’illuminante dose di ispirazione, che per quanto sia un po’ “eccessivo” potrebbe essere un buon videogioco con cui trascorrere questi ultimi giorni d’estate o per avvicinarsi degnamente al mondo dei third-person shooter.

Voto Recensione di Strange Brigade, a spasso tra le mummie - Recensione


7.5