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La conturbante distopia magicpunk di Arcane Stagione 2 è valsa la lunga attesa

Netflix comincia il percorso di Arcane Stagione 2, con i primi tre di nove episodi disponibili da oggi per chiudere la storia di Jinx e Vi (e non solo).

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Avatar di Valentino Cinefra

a cura di Valentino Cinefra

Ex Staff Writer

Pubblicato il 09/11/2024 alle 10:18

Avevamo lasciato Arcane, la straordinaria serie Netflix ispirata al mondo di League of Legends, col proverbiale botto. Nel crescendo del finale della prima stagione, Fortiche ha salutato gli spettatori con un cliffhanger di quelli impietosi che, per ben 4 anni (era il 2021 quando Netflix pubblicò le ultime tre puntate), con un vetro che stava per infrangersi e con il fiato sospeso.

Arcane riparte proprio da quel razzo esploso dal cannone di Jinx, manifestazione bellica del tormento interiore della ragazza dalla mente distrutta, e la splendida “What Could Have Been” di Sting ad accompagnare la scena. Per l’esattezza, la serie riparte qualche istante dopo l’esplosione, con le macerie causate dall’impatto con la sala consiliare di Piltover.

Le nove puntate della prima stagione ci avevano subito fatto capire che dei colorati e frizzanti personaggi di League of Legends, pensati per merchandise (quello che trovate su Amazon), cosplay e microtransazioni, e non per sostenere una narrazione completa, non c’era granché.

Fortiche aveva fatto (giustamente) quello che voleva con Vi, Jinx, Caitlyn, Jayce e tutti gli altri. Li aveva costruiti, distrutti e poi decostruiti, messi di fronte a scelte pivotali e forze trainanti di scene strazianti, fatti confrontare con le conseguenze della propria hubris.

Le prime tre puntate della seconda stagione alzano ancora il tiro, se possibile.

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Tutti i personaggi di Arcane affronteranno conseguenze di scelte importanti.

Arcane, il magicpunk che non fa sconti

Tra Piltover e Zaun è chiaro che non c’è più nessuna possibilità di avviare un percorso diplomatico, a questo punto. Questa consapevolezza serpeggia tra i personaggi, nei loro sguardi mai così vivi grazie a un’animazione di Fortiche in stato di grazia (se possibile ancora migliore), che permette ai caratteri dei personaggi in scena di esprimersi senza il bisogno di dialoghi didascalici.

La posta in gioco è altissima, la scala di tensione sale inevitabilmente e al centro della polveriera che sta per esplodere c’è proprio Jinx. Il personaggio è sempre più vicino alla sua vocazione da villain di League of Legends e, proprio per questo, è sempre più difficile empatizzare con lei e ci si allontana dalle sue motivazioni.

Arcane scongiura rapidamente il rischio di vedere una banale storia di eroi e cattivi.

In parte è normale perché le sue azioni sono sì motivate da un vissuto che riemerge attraverso flashback e rinnovate connessioni con altri personaggi, ma distruttive e sempre più esplicite nel voler vedere il mondo bruciare (titolo del secondo episodio, non a caso).

Tuttavia, Arcane scongiura rapidamente il rischio di vedere una banale storia di eroi e cattivi perché la tensione di cui sopra viene gestita, dal punto di vista emotivo, da parte di altri personaggi positivi che dovranno reagire a traumi devastanti.

“Siamo tutti cattivi nella storia di qualcun altro” era uno degli immortali leit-motiv della narrazione della prima stagione, e rimane valida anche in questo caso. Ancora una volta la bilancia dell’equilibrio emotivo dei personaggi si modifica, sempre e solo grazie alla forza trainante delle motivazioni dei personaggi, frutto di una scrittura sempre più coerente e solida che accelera verso un tono sempre più lugubre ma evocativo.

In questa seconda stagione Arcane manifesta totalmente tutto il suo ecosistema magicpunk costruito sul disagio sociale, sempre sostenuto dalla fiction fantasy di League of Legends come allegoria di una società ormai irrecuperabile, se non con estreme soluzioni.

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L'elemento magico entra in scena in maniera importante.

Fa un certo effetto, per il momento storico attuale del nostro mondo non-magicpunk, ascoltare personaggi che parlano di movimenti bellici, prese di posizioni di schieramenti che sono sempre più colorati di una chiarissima sfumatura di grigio, e il costo delle vite umane necessarie da sostenere per recuperare uno status quo.

In questo racconto si muove la ricerca ossessiva di Jayce per la soluzione all’enigma dell’hexcore, mentre cambiamenti irreparabili (per ora sospesi tra il promettente e l’apocalittico) travolgono personaggi a lui vicini.

L’uomo del progresso di Piltover è per altro protagonista di uno spiegone sull’arcane, la forza magica intrinseca del mondo che dà il titolo alla serie, che risulta un po’ raffazzonato rispetto alla solidità del resto di sceneggiatura e dialoghi proposti in questi tre episodi.

E rimane fondante la narrazione del lancinante rimorso di Vi per aver perso definitivamente sua sorella. Il suo rapporto con Caitlyn che prende svolte fisiologiche per poi creare suspense e sorpresa, almeno in almeno un paio di occasioni, e la sua necessità di tradire le proprie origini per abbracciare la necessità di ricercare l’ordine.

Tra i nuovi personaggi c’è invece Ambessa, a dir poco fondamentale dopo la sua frettolosa introduzione nel finale della stagione precedente.

L’intrigo politico alla base del nuovo status quo risulta di gran lunga il filone narrativo più completo.

In una manovra politica che non può che ricordare il miglior Tywin Lannister de Il Trono di Spade (quello di G.R.R. Martin per carità, non quello di HBO), la belligerante rappresentante di Noxus fa il suo prepotente ingresso nella narrazione globale di Arcane.

Lo fa diventando protagonista dell’intrigo politico alla base del nuovo status quo che, per il momento, risulta di gran lunga il filone narrativo più completo, aspettando l’evoluzione di quello magico e di Zaun nei prossimi sei episodi.

Se c’è una cosa che non delude di Arcane ma, anzi, è legittimamente coerente con ciò che ha costruito nel corso della prima stagione, è la schiettezza della sua narrazione.

Lo è nelle fasi espositive e di raccordo così come nelle sequenze d’azione. Quest’ultime, con una colonna sonora sempre più urbana e affine ai sentimenti punk di Arcane, sono allo stesso modo magistralmente complesse ma sempre comprensibili nonostante l’utilizzo di svariati registri visivi, che non confondono lo spettatore ma arricchiscono il racconto.

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Ambessa è un personaggio affascinante che ha tanto da esprimere.

Gli scontri non sono mai edulcorati, la violenza è sincera e non c’è niente che freni Fortiche nel portare in scena ciò di cui ha bisogno per esprimere i colori della propria narrazione. Nessun personaggio è al sicuro, né ci si può aspettare che agisca in modi prevedibili o scontati.

In una trama che era complessa già di suo si inseriscono altri filoni, personaggi e segreti che irrompono nelle vite dei protagonisti per proiettare una nuova luce su di loro. C’è tanto da raccontare e altrettanto da portare al gran finale con la meritata giustezza.

Per capire se Fortiche, Netflix e Riot Games abbiano creato la degna conclusione di un capolavoro, nonché un caso più unico che raro nel mondo degli adattamenti videoludici e dell’animazione in generale, non ci resta che aspettare (con grande fiducia) le prossime tornate di episodi il 16 e 23 novembre.

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