Death Stranding 2 tra futuro, Marinelli e pandemia: intervista a Hideo Kojima

A Tokyo abbiamo avuto l'occasione di parlare con Hideo Kojima, che ha risposto a molte interessanti domande su Death Stranding 2.

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

Alla fine della nostra lunga prova di Death Stranding 2: On the Beach, di cui potete leggere ogni dettaglio in questo articolo, abbiamo avuto la possibilità di parlare direttamente con il creatore della saga: stiamo ovviamente parlando del leggendario Hideo Kojima.

Il game designer ha parlato con noi e con gli altri colleghi provenienti da tutto il mondo per circa un’ora, rispondendo a tutte le domande dei presenti – comprese le nostre.

Kojima ha offerto una panoramica ricca di spunti, spaziando dalle dinamiche dello sviluppo e dall'impatto della pandemia sulla creazione di Death Stranding 2 al suo prezioso rapporto con il cast, con un'attenzione particolare a Luca Marinelli, fino a stuzzicare la nostra curiosità con alcune rivelazioni sul futuro della saga.

Passiamo dunque a scoprire tutte le curiosità dietro Death Stranding 2 raccontate direttamente dalla voce di Hideo Kojima.

Silvio Mazzitelli
Cosa voleva ottenere creando un seguito di Death Stranding? Quali erano i principali cambiamenti che voleva apportare rispetto al gioco precedente? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Con il passaggio da PlayStation 4 a PlayStation 5, la maggior parte dei cambiamenti si è concentrata sul game design e sulla storia

Vorrei che ricordaste il primo Metal Gear Solid, dove bisognava davvero concentrarsi sull’infiltrazione, altrimenti era Game Over. All’inizio del gioco, prima di arrivare all’ascensore, non si avevano armi, ma una volta superata quella parte, si poteva ottenere l’accesso ad alcune armi. Il motivo per cui avevo fatto questo è che, se avessi messo un’arma sin dall’inizio, i giocatori l’avrebbero usata per eliminare i nemici. Non sarebbe stato più un gioco “stealth”. È per questo che l’ho tolta deliberatamente, ma molti odiavano quella scelta e tanti nemmeno riuscivano ad arrivare all’ascensore. Nel primo Metal Gear Solid avevamo inserito molte meccaniche per insegnare cosa fosse lo stealth.

Così per MGS2, sapevo che le persone ormai capivano meglio il concetto, quindi ho reso le armi più accessibili. Si poteva persino mirare a specifiche parti del corpo dei nemici. Per Death Stranding 2: On the Beach ho usato lo stesso approccio.

All’inizio era un gioco incentrato sulle consegne, qualcosa che nessuno aveva mai visto prima, quindi alcune persone potevano sentirsi frustrate da ciò. Ma ora il pubblico ha familiarità con l’idea di un gioco simile, quindi in Death Stranding 2 volevo dare più libertà ai giocatori, anche a chi desidera combattere, per esempio. Ora si possono usare le armi – si può, ma non è obbligatorio. Si possono usare veicoli e moto – in questo secondo capitolo è tutto più accessibile. 

È sempre un gioco di consegne, ma volevo offrire più libertà a livello di meccaniche di gioco – questo era l’obiettivo. 

Per quanto riguarda la storia, se nel primo Death Stranding si parlava soprattutto di Sam e Cliff, questa volta si parla di chi è Lou, del rapporto tra Sam e Lou, e si ha un approfondimento sullo stesso personaggio di Sam. Questo era l’obiettivo narrativo di Death Stranding 2: On the Beach
Hideo Kojima
Quanto detto da Kojima è esattamente la sensazione che ho provato giocando Death Stranding 2 per 30 ore: il gioco, infatti, migliora esponenzialmente ogni aspetto del gameplay, introducendo tante novità interessanti e rivelandosi via via una versione "potenziata" del primo capitolo in tanti aspetti.
Silvio Mazzitelli
L’ha sorpresa il modo in cui i giocatori hanno usato gli elementi legati al multiplayer asincrono di cooperazione e connessione nel primo gioco? Questo ha influenzato le sue scelte per Death Stranding 2
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Sì. Per quanto riguarda il Social Strand System (SSS), non ero sicuro che le persone lo avrebbero capito e apprezzato – abbiamo persino fatto dei test per monitorarlo, e anche il nostro staff lo ha provato. Personalmente, quando gioco, uso molto le scale e costruisco i ponti, ma non mi metto mai a creare le autostrade: uso semplicemente quelle fatte dagli altri. È sempre stato il mio stile di gioco. 

Non pensavo che le persone si sarebbero appassionate tanto alla costruzione delle autostrade, ma dopo l’uscita del gioco ho visto che moltissimi si dedicavano proprio a quello! E ancora oggi, dopo cinque anni, c’è chi continua a costruirle e mantenerle – è stata una gioia inaspettata per me. 

Mi ha sorpreso molto anche il fatto che a chi piaceva Animal Crossing piacesse anche Death Stranding – non riuscivo a capirne il motivo! 

Quindi, per Death Stranding 2: On the Beach, ho dovuto pensare anche a quei giocatori che si divertivano a costruire autostrade e da lì è nata l’idea della monorotaia. Quando gioco, personalmente, costruisco la monorotaia solo nella prima città, ma so che ci saranno giocatori che non la costruiranno affatto. 

Una delle prime cose che il nostro team ha discusso è stata l’idea dei “LIKE”. 

Un “LIKE” non è una valuta – non ricevi oggetti né diventi più forte grazie ai LIKE. Per questo motivo, lo staff all’inizio era molto incerto. È come un “LIKE” nel mondo reale – non ha un valore concreto, ma ti fa sentire bene. Dal punto di vista del game design, è strano. Normalmente accumuli punti e ottieni un grado o delle ricompense, ma nel nostro caso il “LIKE” è solo un incentivo personale. È esattamente come un “LIKE” sui social. 

Volevo creare qualcosa del genere, e alla fine è sembrato che la gente lo apprezzasse. Mi aspettavo più critiche. Anche lo staff, che inizialmente era contrario al sistema, alla fine si è ricreduto. 

Quando introduco nuovi sistemi e meccaniche, per me è fondamentale osservare le reazioni dei giocatori dopo l’uscita del gioco. 

Per la Director’s Cut, ho potuto analizzare i dati dei giocatori, come le heatmap, e quella versione è stata realizzata analizzando e migliorando molti aspetti del gioco di base. 

Ora, essendo Death Stranding 2 un sequel, ho una comprensione più chiara di come potrebbero comportarsi i giocatori. 

In realtà speravo che la gente posasse lo zaino quando va a combattere, ma ho notato che quasi nessuno lo fa, perché pensa che perderebbe i pacchi! E suppongo che anche nella vita reale sia così, quindi, anche se lo avevo notato nei test, non ho inserito meccaniche per cambiare questo aspetto. 
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
 Perché ha scelto il Messico e l’Australia come nuove regioni in Death Stranding 2
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
 Il Messico è una naturale continuazione del continente nordamericano. Con la formazione della UCA, sarebbe stato logico collegare anche le città limitrofe agli USA. Ma come Sam ripete più volte, sarebbe un’invasione di un altro Stato sovrano, quindi ho dovuto riflettere su questo aspetto. 

In Death Stranding si collegava il continente nordamericano da est a ovest, rispecchiando l’esplorazione della frontiera americana. L’America aveva già le UCA, quindi per il sequel mi sono chiesto se usare o meno un’ambientazione simile. 

Nella prima idea che ho avuto il giocatore avrebbe dovuto scollegare tutto ciò che aveva connesso in precedenza, perché avrebbe scoperto che queste connessioni erano state un grave errore. Però non mi convinceva: soprattutto perché avrei riutilizzato la stessa identica ambientazione. 

Volevo una regione che si estendesse da est a ovest, come l’America, e che si affacciasse sull’oceano sia a nord che a sud. In quel caso, l’Eurasia o l’Africa mi sembravano continenti troppo vasti, ma in termini di dimensioni e scala, l’Australia mi è sembrata perfetta. 

Partendo da questa idea, dovevo trovare un modo per collegare il Nord America all’Australia, e come ultima risorsa abbiamo creato il “Plate Gate”

Il concetto stesso del Plate Gate mi permetterebbe di creare infiniti sequel! Non ho ovviamente piani per farlo, ma ho già in mente un’idea per un altro eventuale seguito. Non credo che lo realizzerò io ma, se passassi il progetto a qualcun altro, potrebbe probabilmente farlo. 
Hideo Kojima
È interessante come Kojima azzardi a ipotizzare altri possibili sequel di Death Stranding, parlando di come la possibilità di connettere altre regioni del mondo potrebbero dare vita a infiniti sequel.

Vedendo quanto fatto con Death Stranding 2: On the Beach è certamente una possibilità, ma chissà se alla fine della storia di questo secondo capitolo ci saranno porte lasciate aperte per un eventuale proseguimento...
Silvio Mazzitelli
Uno dei grandi temi di Death Stranding è connettere le persone, ma Death Stranding 2: On the Beach pone una domanda importante: ci saremmo dovuti connettere? Lei è molto attivo nei social media della vita reale, il gioco riflette anche la sua esperienza e il cambio di prospettiva verso questi ultimi? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Ne ho già parlato in altre interviste, e non vorrei dire troppo perché potrebbe essere uno spoiler

Abbiamo pubblicato Death Stranding prima della pandemia di COVID-19. Il mondo stava andando verso l’isolamento e la divisione, come ad esempio l’uscita del Regno Unito dall’UE. Così dicevo: “Connettiamoci. Andremo incontro a un disastro se non ci connettiamo.” Il tema, la storia e il gameplay del primo capitolo ruotavano tutti intorno a questo concetto. Dopo l’uscita, appena tre mesi dopo, è scoppiata la pandemia, e ne sono rimasto molto sorpreso – sembrava davvero Death Stranding, in un certo senso. 

Nel mondo reale – nel XXI secolo – abbiamo qualcosa di simile alla Rete Chirale, cioè internet. È stato diverso rispetto, ad esempio, alla pandemia di influenza spagnola del XIX secolo. Siamo sopravvissuti alla pandemia grazie a internet e al fatto che le persone erano connesse online

Così è successo che ora ci sono persone nel nostro studio che lavorano da casa e di cui non conosco nemmeno il volto. Anche i concerti dal vivo erano stati cancellati, tutto era diventato streaming online. Capisco che fosse inevitabile durante la pandemia. Lo stesso vale per la scuola: invece di giocare con gli amici o imparare dai professori, ci si limitava a guardare uno schermo, come se si stesse guardando un video su YouTube. 

Tutto stava convergendo verso il metaverso. Accendevi la TV e tutti parlavano di come fossimo ormai nell’era del metaverso, in cui non c’era più bisogno di interagire fisicamente con le persone. Ho pensato che stavamo andando nella direzione sbagliata. 

La comunicazione tra esseri umani non dovrebbe essere così. 

Incontri persone per caso o vedi cose inaspettate. Con la strada che stavamo percorrendo, tutto questo sarebbe andato perduto. 

Avevo già un’idea per Death Stranding 2 prima della pandemia, ma dopo aver vissuto quell’esperienza, ho sentito che qualcosa non andava e l’ho riscritta. 

La cosa più strana è stato proprio il fatto che, dopo aver creato un gioco che aveva come tema “connettiamoci, invece di isolarci”, è arrivata la pandemia, e ho cominciato a pensare: “Forse connetterci così tanto non è una cosa così positiva.” 

Si torna quindi di nuovo alla teoria del bastone e della corda. Ci sono molte anticipazioni di questo tema nel gioco e sono sicuro che molti di voi capiranno cosa intendessi arrivando alla fine dell’esperienza. C’è per esempio un personaggio che esprimerà gli stessi sentimenti che io ho provato durante il periodo della pandemia. 

Al momento vi posso dire che il logo è un indizio: nel logo del primo Death Stranding, i fili (strands) partivano dal basso e il tema generale era “connettiamoci”. In Death Stranding 2: On the Beach, invece, i fili nel logo scendono dall’alto e ricordano un po’ quelli del logo de Il Padrino

Anche all’interno del gioco vedrete dei fili che partono da tante persone e vanno verso l’alto, come per Dollman e i soldati robotici. Sono tutti indizi. Quando si inizia davvero a riflettere su cosa significhi connettersi, si comincia a farsi delle domande… ma questo è tutto quello che dirò per il momento. Giocate il resto del gioco quando uscirà a giugno! 

So che tutti avete vissuto la pandemia, quindi penso che certi sentimenti vi sembreranno familiari, anche se non posso esserne totalmente sicuro. Non sto dicendo che il metaverso sia malvagio, ma voi siete venuti fin qui e avete giocato al gioco per quattro giorni. Oggi, una cosa del genere si farebbe solo online. 

Questo gioco però parla di connessioni. Capirete meglio man mano che proseguirete in Death Stranding 2; credo che dopo un po’ inizierete a sentirlo. È per questo che vi abbiamo invitato a venire qui fisicamente, nonostante i vostri impegni. Persone provenienti da tutto il mondo si sono riunite qui nei nostri studi, incontrandosi e dando il via a moltissime conversazioni. Avete poi visto il panorama dalla stazione di Tokyo, o magari siete entrati per caso in un ristorante qualunque – queste cose fanno parte dell’esperienza umana. Queste coincidenze e accadimenti non voluti si legano tra loro in modo naturale, ma tutto ciò non esiste nel metaverso. 

Magari per ora starete pensando: “Ma che cosa sta cercando di dire?”, ma sono contento che tutti ce l'abbiano fatta ad essere qui e mi dispiace molto che non abbiate potuto giocare fino alla fine! 
Hideo Kojima
Kojima si riferisce a noi presenti all'evento in risposta a questa domanda, e non posso che concordare su quanto detto riguardo le connessioni umane. Quest'evento è infatti stato qualcosa che se vissuto online non sarebbe stato affatto uguale, dato che mi ha dato la possibilità di "connettermi" con colleghi provenienti da ogni parte del mondo – e anche con lo staff di Kojima Productions. 

Resta poi la grande curiosità di comprendere fino in fondo l'affermazione legata al "non ci saremmo dovuti connettere", toccata solo in parte nelle mie 30 ore di gioco – ma anche io non posso (e non voglio!) aggiungere altro per evitare spoiler.
Silvio Mazzitelli
La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto profondo sul mondo e questa influenza sembra risuonare anche in Death Stranding 2: On the Beach. Ha accennato al fatto di aver riscritto in modo significativo la sceneggiatura a causa della pandemia. In che modo ha cambiato la sua visione per il sequel? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Non è successo solo a me: molti creatori si sono sentiti allo stesso modo. È stato un evento vissuto da tutto il mondo. Chi avrebbe mai pensato che potesse accadere una cosa del genere? 

All’inizio del gioco si vede Fragile andare a trovare Sam e Lou nel loro rifugio – quella scena l’avevo già scritta quando stavo ancora lavorando al primo Death Stranding

Nel gennaio 2020 ho chiesto a Léa [Seydoux] di partecipare al sequel. Era proprio all’inizio del COVID. Lei ha accettato, quindi inizialmente avevo pianificato di girare la performance capture quello stesso anno e inserire quella scena alla fine della Director’s Cut. Ma poiché la pandemia è scoppiata a febbraio, non abbiamo potuto fare nulla e alla fine siamo stati costretti a rimandare. Tuttavia, ci siamo poi potuti concentrare sulla Director’s Cut, quindi alla fine è andata bene così. 
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
Ha sempre scelto nuovi attori per ognuno dei suoi lavori. Qual è il processo o il criterio con cui li seleziona? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
A causa del COVID, lo sviluppo è stato più lungo del previsto. Di solito, per un titolo AAA servono circa quattro anni, ma stavolta ce ne sono voluti cinque. 

È un lavoro che richiede molta forza, sia fisica che mentale. Prima di girare dobbiamo scansionare l’attore, decidere acconciatura, trucco e costumi, poi creare i dati digitali. E per registrare le scene bisogna far coincidere le agende di tutti. 

A differenza del cinema, però, non possiamo girare tutto in tre o quattro mesi: ci si incontra periodicamente nel corso dello sviluppo. È un processo faticoso, sia per noi che per gli attori. Non è “tre mesi e poi ciao”. Dopo c’è anche l’ADR (ossia il ridoppiaggio), ad esempio. 

Prendiamo Luca [Marinelli], che interpreta Neil: non appare solo nelle cutscene. Quando il personaggio compare come NPC, bisogna registrare anche suoni, gemiti, respiri, grugniti… e questa parte sembra non finire mai. È dura. E, naturalmente, gli attori lavorano anche ad altri progetti. 

A quel punto tutto si basa sulla connessione, proprio come in Death Stranding. Il mio processo di casting parte sempre da attori che mi piacciono. Guardo film e serie e penso: “Voglio lavorare con questa persona”. Poi li contatto direttamente per presentare il mio concept. 

Alcuni di loro, fortunatamente, sono fan, o hanno familiari o agenti che lo sono. Poi sta a loro dire “sì” o “no”. È una relazione a lungo termine, quindi cerco sempre di passare del tempo con loro: andiamo a cena, parliamo, cerco di capire se sono davvero adatti al ruolo. Se accettano, iniziamo a lavorare con gli agenti. 

Per esempio, Léa è stata riscannerizzata per Death Stranding 2: On the Beach in piena pandemia. Solo la fase di scansione dura almeno tre giorni. Scansioniamo persino i denti, dal dentista. È un processo lungo. Quando i dati arrivano, molto tempo dopo, cominciamo finalmente a rifinirli. 

L’artista che lavora sul volto di Léa lo guarderà ogni giorno per un paio d’anni. Non potresti farlo se non ti piacesse davvero! 

Nel primo Death Stranding adoravo Lindsay Wagner. Ero un suo grande fan: ho tutti i Blu-ray dei suoi film e li ho visti tutti. L’artista che le era stato assegnato, però, non la conosceva. Alla fine, dopo mesi passati a guardarla ogni giorno sullo schermo, è diventato un fan anche lui. È una storia vera: a fine produzione sono andato alla sua scrivania e ho visto lì il cofanetto de La donna bionica. Gli ho chiesto perché ce l’avesse e mi ha detto che, dopo tutto quel tempo passato a lavorare sul suo volto, era diventato a sua volta un fan dell’attrice

Questo è quindi il mio processo di selezione. Faccio anche dei provini, certo, ma è soprattutto una questione di connessione. Questo vale anche per OD, Physint e per altri progetti. 
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
C’è una scena o un’interpretazione da parte di un attore in Death Stranding 2 di cui si sente particolarmente orgoglioso? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
 Sì. C’è una scena tra Neil e Lucy. Finora forse ne avete vista solo una, ma ce ne saranno molte altre di interessanti più avanti. 

Ho già raccontato in diverse occasioni che vidi un film italiano, Martin Eden, con Luca Marinelli. Mi colpì tantissimo. Forse lo vidi prima della pandemia, ma scrissi un commento per la promozione del film in Giappone. Dopo questo fatto, Luca mi mandò un’email: mi disse che era un mio fan sin dalla sua infanzia e che aveva letto il mio commento sul film. Chiese i miei contatti al distributore, e così ci conoscemmo. 

Quando ho pensato di coinvolgerlo, sapevo che il suo personaggio doveva superare quello interpretato da Mads Mikkelsen. Mi sono chiesto: “Sarà mai possibile?”. 

Il personaggio di Mads non poteva tornare in Death Stranding 2, quindi sapevo che alcuni fan sarebbero rimasti delusi. Dovevo trovare qualcuno che potesse andare oltre. Mi sono ricordato di Luca, gli ho scritto direttamente e gli ho proposto il ruolo. Ha accettato subito. 

Cercavo anche un’attrice per interpretare Lucy, ma in piena pandemia non era facile. Un giorno, Luca mi ha chiesto se avessi trovato la sua “controparte”. Gli ho risposto di no. Lui mi disse che sua moglie (Alissa Jung, ndr) è un’attrice e anche regista, così ci siamo incontrati e l’ho trovata davvero brillante, intelligente, perfetta per il ruolo di Lucy. 

Li abbiamo scansionati entrambi nel pieno della pandemia. Neil ha delle scene anche con Norman, mentre Alissa, che interpreta Lucy, ha soprattutto scene con Luca. Non posso dire di più, per non fare spoiler. 

Luca, intanto, stava girando una serie, M: Il figlio del secolo, diretta da Joe Wright. Quando gli avevo offerto il ruolo era bellissimo, sembrava un giovane Alain Delon. Ma al momento della scansione era cambiato: gli ho chiesto cosa fosse successo. Mi ha risposto: “Sto ingrassando per interpretare Mussolini.” Non potevamo fare molto, quindi lo abbiamo scansionato così com’era. 

Un anno dopo, al momento del motion capture, era di nuovo cambiato. Ho pensato: “Oddio, non è il Luca che mi aspettavo”, ma abbiamo poi risolto digitalmente. È stato un bel problema, ma la serie che ha girato è davvero ottima! 

La maggior parte delle scene tra Alissa e Luca sono solo tra loro due, e la cosa interessante è che, essendo marito e moglie nella vita reale, hanno una chimica incredibile. Luca viene dal teatro, Alissa è attrice e regista – a volte cercava di prendere il controllo anche sul set! Abbiamo girato allo studio SIE di Los Angeles, uno studio enorme, quasi come un set di Hollywood. Io e un paio di persone del mio staff andavamo per gestire le riprese, ma c’erano molte altre persone tra tecnici, addetti al make up e altri ancora. Quando Luca ha cominciato a recitare, però, tutti si sono avvicinati per guardare. Non mi era mai successa una cosa del genere. 
Hideo Kojima
E insomma: dopo quanto detto su Luca Marinelli e sul suo grande talento, non vedo l'ora di vedere le scene che lo riguardano, dato che durante la prova l'ho visto solo una volta nella boss battle molto simile a quelle contro Cliff del primo capitolo che ho citato nell'anteprima.
Silvio Mazzitelli
Perché ha deciso di introdurre un ciclo giorno/notte all’interno del gioco? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Beh, è un gioco open world, e avevamo già questo meccanica in Metal Gear Solid V. Il tempo, in un certo senso, è un tema centrale di Death Stranding. Trovo che sia una cosa molto bella poter ammirare l’alba, il tramonto o semplicemente guardare il cielo. Nel primo capitolo non ero riuscito a inserire questi elementi per alcune limitazioni all'epoca legate all’engine, questa volta però sono riuscito a implementarli, anche se non credo siano nulla di speciale. 

All’inizio, le scene notturne che avevamo creato erano troppo scure, e tutti quelli che ci giocavano finivano per cadere dai dirupi. Abbiamo inserito dei fari e regolato l’illuminazione più volte, ma ci siamo resi conto che essere troppo realistici non funziona in un videogioco. 

Inoltre, anche le cutscene riflettono l’orario del giorno, quindi anche l’illuminazione doveva adattarsi. È stato piuttosto difficile per i nostri sviluppatori. Dicevo loro che volevo una scena in controluce, più cinematografica, ma il team rispondeva che in quel momento il sole stava salendo e colpiva un certo punto. E poi, siccome non è una scena pre-renderizzata, tutto ciò che Sam indossa – cappello, equipaggiamento, ecc. – si riflette nella scena, come anche le condizioni atmosferiche del momento. 

Per fare un esempio, dal nostro punto di vista, idealmente ci piacerebbe che i giocatori affrontassero la battaglia con il mech-piovra di notte. Naturalmente, ognuno può giocarci all’orario che preferisce! 

Anche le consegne cambiano molto tra giorno e notte. Quando torni nella tua stanza e dormi, hai la possibilità di dormire fino al mattino. Abbiamo inserito apposta quest’opzione, perché sappiamo che alcuni giocatori non amano giocare di notte. Ma molti, durante i test, trovavano fastidioso dover rispondere ogni volta alla domanda legata alla volontà di dormire. Se ricordate, in Metal Gear Solid V si poteva far scorrere il tempo con un sigaro. Qui questo non succede, ma si può comunque regolare l’orario dormendo. 
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
In Death Stranding 2: on the Beach sembra esserci un focus molto maggiore sul combattimento tattico. Questo cambiamento quanto ha influenzato in generale il game design e la narrativa? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Dunque, non voglio suggerire alle persone di puntare al combattimento o qualcosa del genere, ma ci sono tantissimi giocatori in tutto il mondo che mi chiedono di fare un altro Metal Gear, quindi anche qui ho aggiunto più opzioni per il combattimento. Questo però è ancora un gioco incentrato principalmente sulle consegne.

Puoi evitare i nemici facendo un giro più lungo sulla mappa, oppure passando velocemente con un veicolo o una moto in un accampamento, oppure puoi affrontarli; volevo che la scelta spettasse al giocatore. In caso questi scelga il combattimento, abbiamo dovuto modificare il design delle armi per renderle più facili da usare. 

Mentre lavoravamo su queste meccaniche, ero un po’ preoccupato, perché molti membri del team che lavoravano con me su Metal Gear lavorano ancora con me, e continuavamo a chiederci: “Sembra troppo Metal Gear?” ma non lo abbiamo fatto volutamente

Ho già parlato prima del tema “non avremmo dovuto connetterci” e vi ho raccontato anche della teoria del bastone e della corda di Death Stranding, in passato. Oggi, anche se il mondo è connesso tramite una corda, che conosciamo come l’online, la gente continua a giocare a titoli in cui si usa il “bastone”, sparandosi a vicenda. Per questo volevo creare un gioco in cui si usa soprattutto una “corda”, e questo è stato Death Stranding

Oggi nel mondo ci sono così tanti conflitti. Alla fine, connettersi con la corda non è la soluzione a tutto. Higgs vi dirà qualcosa di simile nel gioco: per connettersi, serve anche un bastone. Più si andrà avanti con il gioco e più capirete meglio cosa Higgs intende. Questo è uno dei motivi per cui ho detto “non avremmo dovuto connetterci”, e non si tratta unicamente di un aspetto legato al gioco, ma anche di una riflessione a livello sociale. 
Hideo Kojima
Confermo che sia io che altri colleghi in diversi punti del gioco abbiamo provato un forte senso di déjà-vu da Metal Gear, legato ad alcune meccaniche del gameplay, specialmente per quanto riguarda l'utilizzo delle armi da fuoco e dello stealth. 
Silvio Mazzitelli
Nel gioco c’è un desiderio di tornare alle radici degli stealth game? In questo secondo capitolo sembra esserci una maggiore attenzione alle meccaniche stealth, sia per quanto riguarda le basi nemiche che con le nuove CA. 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Non è affatto obbligatorio giocare in modo stealth se un giocatore non lo desidera. Ho solo pensato che ci fossero delle persone a cui piace giocare in modo furtivo. Io, personalmente, non gioco mai stealth
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
Com’è nata la sua collaborazione con Woodkid? Quali erano le sue aspettative per questa collaborazione? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Ne ho parlato anche in altre occasioni, ma nel gennaio del 2020, quando sono andato a Parigi per presentare l’idea del sequel a Léa, Cécile [Caminades] mi disse che c’era un musicista fan del gioco desideroso di conoscermi. Io però ero già pronto per tornare a Tokyo, quindi, a essere sincero, ero un po’ riluttante. 

Alla fine ci siamo incontrati nella hall dell’hotel e lui voleva farmi ascoltare un brano su cui stava lavorando. Così ci siamo messi le cuffie lì, in hotel, e l’abbiamo ascoltato. Era un pezzo incredibile. Ho pensato: “Cos’è questa meraviglia? Sei un genio!”. La canzone era Goliath, che all’epoca non era ancora uscita. Credo stessero ancora lavorando al mix finale. Da quel momento mi sono innamorato della sua musica. 

Dopo che sono tornato in Giappone, Woodkid ha pubblicato il suo nuovo album, durante l’estate o l’autunno, e Goliath era proprio lì. Ho visto anche il videoclip e, con mia grande sorpresa, sembrava davvero ambientato nel mondo di Death Stranding. Sono rimasto sbalordito

Ho cercato poi le sue vecchie canzoni e guardato i suoi video precedenti, e in uno c’erano una spiaggia e una balena – sono rimasto davvero colpito. Così l’ho contattato e gli ho scritto: “Com’è possibile che siamo così simili?!”. E il resto è storia. 

Dopo la scomparsa di Ryan dei Low Roar, non sapevo come affrontare la colonna sonora di Death Stranding 2: On the Beach. Poi mi sono ricordato del legame con Woodkid e gli ho chiesto se voleva partecipare. Ha accettato subito. 

Due o tre anni fa è venuto nel nostro studio in Giappone e ha iniziato a scrivere la musica per il gioco in una sala riunioni proprio accanto al mio ufficio. È tornato poi un paio di volte, siamo andati insieme a Suginami a Tokyo per registrare le voci di un coro per una sua canzone, abbiamo registrato l’orchestra a Parigi… È stato tutto davvero divertente. 

Naturalmente non c’è solo Woodkid: nel gioco si sentono molte canzoni, tutte di musicisti che amo. Ci sono anche alcuni brani dei Low Roar

Non dovrei parlare troppo di questa faccenda, ma dopo la morte di Ryan ho ricevuto un’email dalla sua famiglia: avevano trovato alcune tracce non finite e mi hanno chiesto se potevo completarle. Ho detto loro che non potevo. Non sono Ryan, e quei pezzi non erano finiti. 

Qualche tempo dopo – credo l’anno scorso – mi hanno inviato invece i file di un album già mixato, e da lì ho selezionato alcuni brani. Nel gioco ci sono quindi sia nuove uscite dei Low Roar che pezzi del passato

Come ho detto per il casting dopo Mads [Mikkelsen[, anche per la musica ero molto preoccupato. I Low Roar erano diventati iconici in Death Stranding. Tante persone mi scrivono o mi mandano DM chiedendomi se riuscirò mai a superare l’esperienza musicale offerta in Death Stranding grazie ai Low Roar. 

Il mese scorso, durante l’evento al SXSW a cui ha partecipato anche Woodkid, abbiamo pubblicato uno dei suoi brani. È stato accolto benissimo in tutto il mondo. Woodkid mi ha detto per la prima volta: “Avevo una pressione enorme addosso. Temevo che la gente mi rifiutasse, perché non ero i Low Roar. Ma adesso mi sento sollevato.”
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
Può raccontarci qualcosa di più sul processo di selezione della colonna sonora? Anche se sappiamo che non può nominare artisti specifici, quanto incidono i suoi gusti musicali in questa scelta? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Per la colonna sonora abbiamo lavorato con Ludvig Forssell, e ho incluso anche alcuni brani di Woodkid. Tutti gli altri musicisti sono artisti che ascolto quotidianamente e che mi piacciono davvero. 

Proprio come per il casting degli attori, li contatto direttamente: a volte chiedo di poter usare un loro brano, altre volte sono loro stessi a proporsi per scriverne uno nuovo, e così si avvia uno scambio continuo. 

L’anno scorso ho iniziato ad ascoltare Caroline Polachek e sono diventato un suo grande fan. Dopo averne parlato su Instagram, mi ha contattato. Abbiamo iniziato a scriverci in DM, siamo rimasti in contatto e ci siamo incontrati a Parigi, dove mi ha detto che voleva scrivere una canzone per Death Stranding 2: On the Beach. Lavora molto velocemente. Sentirete il suo pezzo nella scena del Plate Gate: si chiama “On the Beach”. 

C’è anche un artista mongolo, Magnolian. Aveva firmato la colonna sonora di un film mongolo che avevo visto e mi era piaciuto molto, così abbiamo iniziato a scriverci. È venuto anche in Giappone qualche tempo fa. L’ho contattato per chiedergli se potevamo usare alcuni brani dal suo album, ha accettato e mi ha anche inviato canzoni inedite dal suo prossimo disco. 

Poi c’è anche Hania Rani, pianista di Berlino, che mi è stata presentata a sua volta da Cécile – ancora una volta le devo molto. È venuta in Giappone di recente e ci siamo incontrati di persona. 

Tutti questi artisti li ho contattati direttamente. La scelta dei brani rispecchia completamente i miei gusti musicali. Spero che le tracce piacciano anche a voi. 
Hideo Kojima
Oltre i pezzi già noti di Woodkid e dei Low Roar, confermo che nel gioco ci sono molti altri artisti validissimi. Kojima è poi bravissimo a selezionare il giusto brano per ogni momento di gioco – specialmente quelli che partono mentre si è in viaggio con Sam.
Silvio Mazzitelli
Death Stranding 2: On the Beach affronta argomenti profondi, come la perdita e il lutto. Da dove nasce l’ispirazione per questi temi? Deriva da esperienze personali? 
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
Nasce da dentro, quindi direi che per metà è basata su esperienze reali che ho vissuto e per metà frutto di finzione.

Arriva da un luogo molto intimo, da pensieri come il senso di solitudine, il mistero di dove vadano i morti, o il dolore di non aver avuto un vero addio con qualcuno che abbiamo perso
Hideo Kojima
Silvio Mazzitelli
Qual è stato l’aspetto più gratificante nella creazione di Death Stranding 2: On the Beach
Silvio Mazzitelli
Hideo Kojima
È una domanda difficile. Ho scritto il concept di questo gioco completamente da solo, durante la pandemia. 

Yoji [Shinkawa] passava magari una volta a settimana, ma per il resto lavoravo senza vedere nessuno di persona. È stato un periodo davvero duro. Alcune persone lavorano ancora da casa. Eppure, nonostante tutto quel caos, ora siamo quasi arrivati al traguardo. 

Durante la pandemia pensavo che non ce l’avremmo mai fatta. Credo che tutti gli studi abbiano provato la stessa sensazione. Non potevamo girare nulla, era tutto fermo, e mi chiedevo: “Come faccio a realizzare un gioco così?” 

Ma, grazie al supporto di tante persone, adesso siamo davvero vicini alla fine. 

Credo che abbiamo iniziato il performance capture nel 2021. In quel periodo non potevo andare a Los Angeles a dirigere: lo studio non lo permetteva. Era così per tutti gli studi. Quindi abbiamo dovuto fare tutto da remoto: io da Tokyo, connesso online con Los Angeles. 

Gli attori ovviamente dovevano andare in studio, ma io dovevo spiegare tutto da lontano: “Stai qui, cammina lì, fai questo...” È stato difficilissimo. Usavamo iPad e smartphone, ma non funzionava granché. A un certo punto pensavo di impazzire. 

Poi un mio conoscente di Sony ha creato una cosa chiamata “mado”, cioè “finestra”. È come uno smartphone gigante, un monitor a due vie che sembra quasi una porta: se ti metti davanti, puoi vedere dentro lo studio di LA. Vedi e senti tutto in tempo reale. 

Purtroppo non puoi davvero “entrare dall’altra parte”, ma ci hanno prestato due di questi dispositivi e siamo riusciti a fare le riprese. Anche Norman si è avvicinato a quella “finestra”. È stato difficile, ma c’era anche qualcosa di bello in tutto questo. 

Quando lavori di persona, puoi parlare direttamente, cambiare le cose sul momento. Ma da remoto, di solito, fai un meeting ogni settimana o ogni mese, quindi tutto rallenta. Capita di scoprire troppo tardi che qualcuno stava lavorando su un’idea già scartata. Credo che tutti gli studi abbiano affrontato problemi simili. 

Quindi, qual è stata la parte più gratificante? Semplicemente il fatto che siamo riusciti ad arrivare fino in fondo e a concludere il gioco
Hideo Kojima
Prima di congedarsi Kojima ha voluto dedicare ai presenti un saluto, che vogliamo riportarvi integralmente:
 
«Come dicevo prima, questo è un gioco sulla connessione tra le persone. Al di là del fatto che avremmo dovuto connetterci o meno, sono felice di aver potuto incontrarvi tutti. Mi dispiace non aver potuto parlare con ognuno di voi più a lungo. Questa connessione non sparirà. Oggi ci siamo connessi. E possiamo rafforzare ancora questo legame. Ora avete vissuto sia questo evento dal vivo che l’esperienza virtuale di Death Stranding 2: On the Beach.
Godetevi questo momento di comunicazione reale, dal vivo!

Grazie di cuore»

Parole perfettamente in linea con il senso di Death Stranding, un gioco che – come affermato da Kojima stesso in più occasioni – è nato proprio dalle sue connessioni con le altre persone. E ulteriori connessioni tra esseri umani – non "sviluppatori" e "redattori", esseri umani e basta – sono nate proprio in questo evento, e non nego di essermi molto emozionato nel sentire queste parole da parte della persona che con i suoi giochi ha influito enormemente nella mia vita.

Ringrazio dunque anche io di cuore Hideo Kojima e tutto il suo staff per il tempo dedicato a farmi e farci scoprire Death Stranding 2.

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