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Alle origini di Devil May Cry - parte I

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Avatar di Parzival

a cura di Parzival

Pubblicato il 30/11/2017 alle 00:00

Sebbene non sia stato ancora ufficializzato da parte di Capcom, circolano ormai da mesi per il sottobosco del web voci riguardanti l’arrivo di Devil May Cry V, voci che si sono fatte sempre più insistenti dopo un leak che negli scorsi giorni ha fatto luce sul progetto, rivelandone anche parecchi contenuti. Sembra proprio trattarsi di un quinto capitolo che prosegue le vicende di Devil May Cry 4 (guarda caso recentemente tornato in veste rimasterizzata su PC e console current gen) e che non ha nulla a che fare con il reboot DMC: Devil May Cry ad opera di Ninja Theory. Interrogandoci sul perché di questa scelta, ripercorriamo insieme la storia di questa incredibile serie fin dal suo esordio nel lontano 2001.

Il Resident Evil 4 che non fu

Devil May Cry è un titolo che è stato in grado di rivoluzionare il genere degli action imponendosi come paradigma degli hack and slash; ma forse non tutti sanno che in origine sarebbe dovuto essere il quarto capitolo della saga di Resident Evil. Verso la fine degli anni ’90 infatti c’era parecchio fermento in quel di Capcom per portare la celebre serie horror sulla nuova PlayStation 2 di Sony, così si decise di affidare lo sviluppo e la direzione a un giovane game designer di nome Hideki Kamiya, che per il titolo aveva in mente un concept molto veloce e dinamico, in netto contrasto con i ritmi compassati e i fondali prerenderizzati che avevano caratterizzato Resident Evil fino al terzo capitolo. Kamiya iniziò a lavorare al titolo con il team rinominato Little Devil, implementando una telecamera dinamica e diversi altri accorgimenti che pian piano lo fecero allontanare un po’ troppo dai classici canoni della serie. La situazione allarmò il produttore, Shinji Mikami, che spiegò le proprie perplessità al general manager di Capcom e, dopo mesi di discussioni, convinse i vertici della società a rendere quel progetto di Resident Evil 4 un gioco completamente nuovo: quello era il primo Devil May Cry. 
Liberi dai vincoli di Resident Evil, Kamiya e il suo team si sbizzarrirono creando un action super frenetico che implementava anche diversi elementi esplorativi ed enigmi. Un design gotico dei livelli, accompagnato da una colonna sonora heavy metal che enfatizzava i continui combattimenti, rappresentò la cornice perfetta per mettere in scena una storia folle lontanissimamente legata alla Divina Commedia del Sommo Poeta: non è un caso che il protagonista si chiami Dante e suo fratello Vergil. Dante è figlio del leggendario demone Sparda e di un’umana di nome Eva, possiede perciò fattezze umane ma anche enormi poteri. La nostra storia inizia con l’incontro – o meglio con lo scontro – con Trish (qualcuno ha detto Beatrice?) venuta a cercarci per sincerarsi delle nostre capacità e per chiederci di aiutarla a fermare il malvagio Mundus, imperatore dei demoni e nemico di Sparda, che è risorto da 20 anni e che, ora nel pieno delle sue forze, è intenzionato a conquistare il mondo degli umani. Il primo Devil May Cry divenne in breve tempo una killer app per PlayStation 2 grazie al suo stile ma soprattutto al suo gameplay fatto di veloci e originali combattimenti acrobatici.

Ebony, Ivory, living in perfect harmony

Dante ha sempre a disposizione uno spadone e due pistole semi-automatiche, Ebony e Ivory (un chiaro riferimento alla famosa canzone del 1982 di Paul McCartney e Stevie Wonder) ma può trovare anche altre armi da fuoco e demoniache nel corso del gioco. È inoltre in grado di trasformarsi temporaneamente in un demone (Devil Trigger) diventando più forte e veloce e sbloccando una serie di mosse speciali. Uno degli elementi più caratteristici del titolo era la possibilità di combinare gli attacchi con armi da fuoco e quelli con la spada per continuare a colpire gli avversari con combo a mezz’aria, idea che Kamiya aveva avuto grazie ad un bug scoperto in un altro progetto di Capcom: Onimusha Warlords. 

Nonostante l’enorme successo del titolo, che tanto doveva alla personalità e alle intuizioni di Hideki Kamiya, nonché a tutti i riferimenti culturali che contribuirono a renderlo così pop e stiloso, Capcom decise di affidare lo sviluppo del sequel ad un altro team capitanato da Hideaki Itsuno che fino ad allora si era occupato di titoli come Capcom vs SNK e Power Stone per Dreamcast. Ma di questo parleremo nella seconda parte di questo approfondimento, per cui restate sulle nostre pagine per scoprire come si è evoluta la storia del franchise Devil May Cry.

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