Sapevate che Spyro non doveva essere viola? Scopriamo le curiosità sulla serie

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

Spyro, in questi giorni, è letteralmente sulla bocca di tutti. Con l’annuncio dell’arrivo di Spyro: Reignited Trilogy nel prossimo mese di settembre, il draghetto viola più celebre della Storia dei videogiochi sta vivendo una sorta di seconda giovinezza, anche se alcuni giocatori non più alle primissime esperienze non si sono mai dimenticati di lui. Era il 1998 quando Insomniac portò sulle nostre PlayStation il debutto assoluto di una serie che sarebbe diventata simbolica per la stessa console e che, a distanza di oramai vent’anni, scalda ancora il cuore di chi, fianco a fianco con Spyro, in qualche modo ci è cresciuto.
In attesa dell’uscita di Reignited Trilogy, oggi vogliamo dedicare questo angolino a noi: noi che Spyro lo abbiamo già giocato, ma che, magari, non sappiamo tutto su di lui. Abbiamo così raccolto curiosità e retroscena sulla trilogia originale di Insomniac, per condividerle con voi e scoprire come è nato e come si è sviluppato lo storico amico/spalla di Crash Bandicoot.

Non si nasce dall’oggi al domani (e si nasce verdi, mica viola)

Sony aveva le idee chiarissime: aveva bisogno di differenziare la sua offerta ludica, sulla prima PlayStation, per attirare una fetta di utenza più giovane, rispetto al pubblico prevalentemente adulto a cui, almeno in teoria, si rivolgevano successi come Tomb Raider, Metal Gear Solid o Resident Evil. Fu con queste idee in mente che Mark Cerny, che oggi sicuramente conoscerete per essere il system architect di PS4, collaborò con Insomniac per dare i natali a Spyro.
Il design del personaggio, tanto per cominciare, non fu però per niente semplice: la realizzazione del look del draghetto doveva sposare due necessità diverse sui mercati, considerando che in Occidente doveva essere sia sicuro di sé che carino da vedere, mentre per il Giappone si puntava soprattutto sulla sua adorabilità. Una differente caratterizzazione che, ancora oggi, potete notare voi stessi nei materiali promozionali, che rappresentano uno Spyro in versione badass nelle pubblicità dedicate ad Europa e Nord America, e molto più simile ad uno splendido draghetto coccoloso nel caso di quelli nipponici.
A prescindere, comunque, dal modo in cui il protagonista doveva essere temprato in base al target di riferimento sui mercati, si decise di andare sul sicuro, con il design che venne messo in mano a Charles Zembillas che, incredibile ma vero, era già stato il disegnatore di Crash Bandicoot. Non è solo questione di giochi che hanno vissuto in simbiosi, di esclusive PSX affini, di demo integrate l’uno nell’altro, insomma: Crash e Spyro sono stati fratelli fin dal primo giorno della loro esistenza. Come solitamente si fa, Zembillas produsse diversi sketch con il possibile look definitivo di Spyro, arrivando solo dopo numerosi tentativi a quello che sarebbe poi stato il draghetto così come lo abbiamo conosciuto. C’era, però, una piccola differenza: inizialmente, infatti, si era deciso che Spyro sarebbe stato verde. All’atto pratico, però, Insomniac si rese conto la sua colorazione non forniva un sufficiente stacco cromatico dall’erba presente in moltissimi degli scenari del gioco, con il personaggio che, di fatto, spariva, mimetizzandosi nella texture del pavimento, come raccontò a suo tempo lo sviluppatore John Fiorito. Si optò così per un meno consueto viola, divenuto poi sinonimo di Spyro stesso, con Insomniac che si convinse anche del fatto che, con un colore simile, Spyro si sarebbe facilmente distinto dai tanti draghi presenti nei mass media. Effettivamente, a vent’anni di distanza, non possiamo dar loro torto in alcun modo.

Un modo diverso di realizzare un platform 3D: uno sguardo all’orizzonte

Per realizzare il design di Spyro, Insomniac si basò fortemente su un’idea: gli scenari dovevano essere ampi. Ci si ritrova, così, in dei livelli che puntano a spingere il giocatore all’esplorazione, consentendogli di vedere anche alcune parti in lontananza, raggiungibili grazie alla planata del draghetto. Dal punto di vista tecnico, per gestire la profondità di campo Insomniac giocò intelligentemente con i poligoni: le figure lontane venivano rappresentate con un numero limitato, mentre via via che ci si avvicinava divenivano maggiormente dettagliate. Il risultato fu che il giocatore si sentiva all’interno di veri e propri mini-mondi da esplorare, nei quali era libero di correre e, se arrivava abbastanza in alto, planare. Per raggiungere appieno quanto desiderato, Insomniac si servì anche di un altro piccolo espediente, che sicuramente ricorderete: in alcuni punti, infatti, Spyro poteva raggiungere un piano superiore grazie ad una sorta di “teletrasporto” che lo faceva ruotare su sé stesso. Mentre il giocatore attendeva il completamento dell’animazione, in realtà il gioco nascondeva un caricamento che doveva preparare il livello superiore dello scenario.
Non si vive, però, di soli sguardi all’orizzonte. L’altro elemento su cui Insomniac volle puntare forte fu la caratterizzazione dei nemici. Mentre nei platform dell’epoca, come ad esempio il contemporaneo Crash Bandicoot, questi ultimi agivano in base ad un pattern basato sulla ripetitività (andare avanti e indietro, lanciare una fiammata ogni tot secondi, tirare fuori degli spuntoni a intervalli regolari e così via), i nemici di Spyro reagiscono alla sua presenza. Alcuni, quando lo vedono, gli corrono incontro per attaccarlo, altri fuggono per farsi inseguire, altri ancora scatenano un colpo di pancia per rispedirvi alla distanza, altri attaccano a lungo raggio e (odiosissimi) alcuni si nascondono dietro scudi di metallo per respingere le vostre fiamme. Non si trattava di nulla di particolarmente elaborato, non rispetto alle odierne tecnologie, ma i cattivoni dei livelli di Spyro avevano personalità tangibili che spingevano il giocatore ad agire di conseguenza, con l’intento di farlo sentire completamente immerso in un mondo in cui Spyro era molto più che un ospite costretto ad evitare i guai o a saltare sulla capoccia dell’ennesimo pattern animato e texturizzato.

La nascita di Ripto, voci e nomi celebri, fonti di ispirazione illustri

Ora che abbiamo ripercorso alcuni retroscena che hanno portato alle origini di Spyro, ci concediamo qualche viaggio anche in delle piccole curiosità che strizzano l’occhio agli appassionati della serie.La prima, probabilmente la più nota, è che si puntò in altissimo con la colonna sonora del gioco, al punto che venne affidata a nientemeno che Stewart Copeland, già batterista dei The Police. L’artista venne rapito dal titolo e decise di giocare i livelli numerose volte, prima di comporre i brani che riteneva più adatti ad accompagnare il giocatore nelle sue scorribande. Ancora oggi, sfidiamo i nostri lettori ad affermare che non ricordano alcuni dei motivetti (e, soprattutto, degli strumenti musicali ricorsivi) che caratterizzavano l’esperienza musicale proposta da Spyro.
Copeland non era, però, l’unico volto noto della saga: nei tre episodi della trilogia originale, infatti, diversi dei protagonisti condividevano i doppiatori con il celebre cartone animato Spongebob, mentre per i fan italiani la questione è un po’ diversa. All’epoca, uno dei doppiaggi in italiano che divennero più celebri (con i suoi pregi e i suoi difetti), fu quello del primo Metal Gear Solid. Ebbene, il cast scelto a suo tempo da Halifax per la localizzazione del gioco di Konami venne riproposto in blocco nella serie Spyro: ecco, così, che Alessandro Ricci passò da Solid Snake al tirchio Riccone, che Massimo Marinoni passò da Otacon e Gray Fox a nientemeno che Spyro. I nomi sono molteplici: Angelo Cola, doppiatore del colonnello Campbell, prestò la sua inconfondibile voce a numerosi personaggi minori presenti nei livelli, Andrea Piovan (già Liquid Snake) fu Hunter, Jessica Juffré (già Naomi Hunter) fu Elora, Ilaria D’Elia (che fu Meryl Silverburgh) diede la voce a Bianca, Benedetta Ferraro (Nastasha Romanenko) fu Zoe e così via. Chi all’epoca aveva vissuto il primo Metal Gear Solid, insomma, non poteva certo fare a meno di notare questo ritorno in blocco di voci divenute, col tempo, estremamente familiari.
Non è tutto, per quanto riguarda le curiosità a tema Spyro: una che vogliamo assolutamente menzionarvi è come è nato il nome di Ripto, il cattivone dell’episodio Spyro 2: Gateway to Glimmer (commercializzato anche come Spyro 2: Ripto’s Rage). Scritto in caratteri katakana giapponesi, infatti, Spyro sembra leggersi proprio “Ripto” in caratteri occidentali. Dopo averlo notato, gli sviluppatori decisero di tenere questo nome perché suonava bene e di proporlo nel sequel dell’episodio originale, proprio per battezzare il cattivissimo antagonista che il draghetto dovrà cacciare con le sue proverbiali fiammate e cornate.
Ricordiamo anche che alla sua uscita, nel 2000, Spyro 3: Year of the Dragon è ricordato per qualcosa in più che il suo nome celebrativo. Mentre, insomma, il titolo dell’episodio precedente veniva direttamente dall’antagonista, in questo caso Insomniac si limitò a fare riferimento al fatto che, effettivamente, il 2000 fosse l’Anno del Drago—niente di più appropriato, per un nuovo Spyro. Erano anni in cui, purtroppo, aveva spaventosa popolarità la famosa “modifica”, ossia un ritocco hardware a PlayStation che consentiva di riprodurre giochi piratati sulla console, aggirando così l’acquisto di una copia regolare. Spyro 3 affrontò la pirateria a modo suo, con un mezzo che si rivelò particolarmente efficace e che, per un paio di mesi, tenne lontani i furbetti dal gioco: il titolo era in grado di rendersi conto del fatto che girasse su un CD masterizzato e non originale, con il risultato che, di tanto in tanto, azzerava casualmente alcuni dei progressi compiuti dal giocatore. Non è tutto, perché per sfinire ulteriormente i pirati il gioco in versione europea passava casualmente da una lingua all’altra, rendendo difficile reimpostarla (immaginate di giostrarvi con le opzioni in tedesco, per capirci). In alcuni percorsi, oltretutto, era possibile imbattersi nella fatina Zoe, che senza girarci troppo intorno avvisava il giocatore del fatto che la sua copia non fosse regolare—una cosa che Insomniac volle inserire anche per informare chi, magari, non aveva nemmeno idea del fatto che avesse in mano una copia pirata, anziché una originale.
Dopo gli scenari accresciuti in Spyro 2, comunque, Spyro 3 tentò di farsi notare per un’altra caratteristica chiave: tante nuove meccaniche. Per evitare di appesantire troppo i controlli del personaggio di Spyro, raccontò Insomniac all’epoca, si decise di inserire diversi personaggi giocabili, ognuno dotato delle sue caratteristiche uniche. I livelli vennero ulteriormente estesi proprio per favorire l’utilizzo di meccaniche diverse in scenari differenti appositamente progettati per gli amici di Spyro, con l’intento finale di offrire al giocatore un’esperienza che sapesse differenziarsi rispetto ai primi due episodi. Addirittura, tra le fonti di ispirazione di alcuni livelli impostati sullo shooting, Insomniac citò nientemeno che Doom, un vero e proprio mostro sacro del genere—che difficilmente chiunque potrebbe ricondurre, con i suoi sanguinolenti demoni, all’adorabile e coloratissimo drago-figo della prima PlayStation.
Proprio Spyro 3: Year of the Dragon segnò, però, il divorzio di Insomniac dal suo draghetto di grandissimo successo: all’epoca, raccontò Ted Price (CEO del team), il draghetto cominciò ad essere visto come un personaggio limitato nelle azioni, rispetto a come stavano evolvendo i videogiochi e le interazioni offerte agli utenti. Per questo motivo, la serie non trovò più la fortuna che contraddistinse le prime release, mentre il team di sviluppo poté dare i natali ad un’altra saga che si sarebbe rivelata un successo: Ratchet & Clank.
In seguito, la saga Spyro, pubblicata nella prima trilogia da Sony in collaborazione con Universal, passò ad Activision con Vivendi (Universal Games) a fare da ponte: il gigante francese era infatti anche proprietario di Blizzard, quando in seguito si completò la totale acquisizione di Vivendi Studios. Questa portò alla nascita dell’odierna e definitiva Activision Blizzard, che fuse insomma tutto ciò che era di Activision e tutto ciò che era di Blizzard—per farla semplice. Nel passaggio alla nuova formazione, rimase “uccisa” Sierra, che era parte di Vivendi Studios, ma della quale Activision mantenne alcune proprietà intellettuali che riteneva valide, come Crash Bandicoot e Spyro.
A chi, ancora oggi, di tanto in tanto si chiedeva che fine avesse fatto Spyro prima dell’annuncio della Reignited Trilogy, raccomandiamo semplicemente di dare un’occhiata alla serie Skylanders.

Stiamo scoprendo sempre di più che la nostalgia è un fattore determinante, nell’odierno mercato videoludico. C’è sempre un posticino, nel cuore dei videogiocatori, per personaggi come Crash e, in questo caso, come Spyro. Ecco perché abbiamo voluto dedicare questo articolo a scoprire alcune curiosità e retroscena sulle caratteristiche e la nascita della fortunata serie di Insomniac, che tra una gemma brillante, un ladro di uova sghignazzante e una pecorella sfuggente è indubbiamente tra i ricordi videoludici di moltissimi di noi.