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Pro
- Un vero survival horror classico e senza compromessi.
- Buoni enigmi, grande atmosfera e gestione dei ritmi di gioco ottimale.
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Contro
- Mantiene gran parte dei difetti del primo gioco.
- Ci sono ancora dei problemi grossolani sia grafici che di gameplay.
Il Verdetto di SpazioGames
Tormented Souls 2 rappresenta il ritorno di un progetto indipendente che, già con il primo capitolo, aveva sorpreso per la sua capacità di catturare lo spirito dei survival horror classici, non curandosi affatto delle derive moderne e rimanendo coi piedi bel saldi su strutture ludiche di oltre venti anni fa.
Con un certo orgoglio, il primo gioco (ecco la nostra recensione di Tormented Souls) non solo omaggiava classici del calibro di Resident Evil e Silent Hill, ma ne seguiva le tracce con convinzione. Rimanevano tuttavia delle problematiche legate al comparto tecnico e sin troppe ingenuità di gameplay.
Con Tormented Souls 2, lo sviluppatore Dual Effect, insieme all’editore PQube, si conferma consapevole della propria identità: non si tratta infatti di un tentativo di competere con i colossi del genere, ma della volontà di consolidare un linguaggio ormai quasi scomparso - quello del terrore statico, psicologico, costruito sull’attesa e sulla tensione.
La storia di Tormented Souls 2
Sebbene possa essere giocato avendo saltato del tutto il capostipite, in Tormented Souls 2 ci sono dei riferimenti che i nuovi arrivati potrebbero perdersi del tutto. Va però detto che questo secondo capitolo è stato studiato per essere fruibile anche per i nuovi arrivati senza troppi patemi d'animo.
Tormented Souls 2 riprende le vicende di Caroline Walker, la protagonista già vista nel primo episodio. Dopo aver affrontato gli orrori del Wildberger Hospital, Caroline vive ora con la sorella Anna, apparentemente guarita ma perseguitata da visioni, allucinazioni e comportamenti inspiegabili.
Un evento improvviso costringe la protagonista a tornare nell’incubo: la giovane ragazza scompare dopo un rapimento, lasciando dietro di sé indizi che conducono verso la misteriosa cittadina di Villa Hess. Da qui parte un viaggio che alterna dimensioni parallele, simbolismi religiosi, culti occulti e un costante senso di ambiguità fra realtà e allucinazione.
Il racconto, pur non privo di cliché, è narrato con una regia attenta e un tono volutamente rétro. Non cerca la complessità di un horror psicologico moderno, ma abbraccia l’iconografia classica: croci, maschere, ambienti sacri corrotti, apparizioni spettrali.
Rimane comunque una porta aperta per un possibile terzo capitolo, e tutto sommato non siamo così lontani da certe struttura narrative rese ben note già nel primo gioco. Anche per quanto concerne tutto il resto, Tormented Souls 2 conferma di non volersi discostare dal primo gioco; al contrario, affina la formula originaria e mitiga alcune delle problematiche più conclamate della serie.
Restano le telecamere fisse, le prospettive studiate per aumentare la tensione e l’uso della luce come risorsa vitale: rimanere troppo a lungo al buio porta infatti alla morte, rendendo la gestione dell’illuminazione una meccanica di sopravvivenza concreta.
A questo si aggiunge una maggiore interconnessione fra le aree: Villa Hess è concepita come un hub ampio, collegato a più edifici secondari, e la struttura labirintica restituisce la sensazione di esplorare un luogo vivo, non una sequenza di corridoi anonimi e poco caratterizzati.
Gameplay migliorato ma non ancora al top
Proprio a proposito della necessità di stare lontani dal buio, Tormented Souls 2 obbliga a una attenta gestione del proprio armamentario. Tenere l'accendino acceso per rischiarare le tenebre significa rimanere sguarniti di fronte a qualunque minaccia. Imbracciare una sparachiodi o un martello per risparmiare le già scarse munizioni, è un atto da compiere nelle zone più illuminate, anche se non sempre possibile.
La selezione rapida di armi e oggetti funziona grossomodo come quella dei moderni Resident Evil, ossia attraverso la scelta rapida che nella serie Capcom era delegata a tasti direzionali, mentre qui avviene tramite l'analogico destro. Coi tasti direzionali, infatti, si utilizzano i movimenti tank (per chi lo desidera), a ulteriore dimostrazione del fatto che Tormented Souls 2 serba un forte legame con gli albori del genere.
Il design dei nemici merita un discorso a parte. Dual Effect riesce a dare forma a un pantheon di creature disturbanti che si muovono fra anatomie deformate e iconografie religiose. I nemici comuni presentano varianti di figure umane contorte, con movimenti meccanici e rumori metallici che ne amplificano la minaccia.
La loro gestione può essere a tratti problematica per via di alcune farraginosità di troppo e della non sempre fulminea reattività della protagonista, ma come succede con diverse giochi di questo genere, sarà poi l'abitudine ai sistemi di gioco (ancora troppo rigidi) a farvi venire fuori dalle situazioni più disperate.
In tal senso, Tormented Souls 2 risulta essere piuttosto punitivo e non lascia grande spazio a grossolani errori. Non è frustrante, ma provate a prendere sottogamba persino le situazioni che appaiono più semplici e vi ritroverete a ripartire dall'ultimo punto salvataggio. Neanche a dirlo, anche qui sono limitati e bisogna avere un nastro a portata di mano per salvare i propri progressi, con l'ovvia conseguenza di dover rifare intere sezioni se qualcosa va storto.
Le boss fight, seppur limitate nel numero, sono momenti discretamente calibrati. Ognuna ha una meccanica unica, non sempre complessa, ma sufficiente a differenziarsi dal combattimento standard. Il design visivo dei boss è ispirato e coerente con i temi del gioco: la corruzione della fede, la perdita dell’identità, la fusione tra carne e metallo.
Tuttavia, sul piano puramente ludico, alcune battaglie peccano di precisione: i movimenti della protagonista possono risultare un po’ rigidi e la finestra di schivata non è sempre reattiva.
Gli enigmi sono uno dei punti di forza più evidenti, pur rivelandosi in alcuni casi un po' criptici e non immediati. Si passa da congegni meccanici e codici numerici a enigmi visivi e logici che richiedono un’attenta osservazione. È evidente la volontà del team di riprodurre la gratificazione dei survival horror d’altri tempi, in cui risolvere un enigma non era solo un passaggio obbligato, ma un momento di sbarramento tipico del genere.
Nonostante i progressi, permangono però alcune criticità. La recitazione resta debole e certe linee di dialogo rischiano di compromettere l’atmosfera con toni involontariamente caricaturali. Alcuni puzzle, come già spiegato, possono risultare troppo criptici o mal bilanciati nella logica, richiedendo tentativi e ritorni frequenti tra zone lontane. Inoltre, l'eccessivo backtracking pesa non poco.
Rispetto al primo gioco ci sono più scorciatoie e maggiori possibilità di vedere le aree interconnesse con più attenzione, ma non mancano i classici momenti in cui bisogna fare le proverbiali traversate per poter aprire una porta prima inaccessibile, con tanto di nemici che si fanno vivi d'improvviso e che complicano le cose.
Tecnicamente com'è?
Sul fronte del bilanciamento, il titolo adotta una filosofia punitiva ma onesta. Le risorse sono scarse e questo obbliga a pensare, pianificare, scegliere con attenzione se affrontare un nemico o evitarlo. La morte è frequente ma raramente ingiusta: di solito è conseguenza di una distrazione o di un eccesso di fiducia, e in generale si tratta di un approccio che privilegia la tensione costante e il senso di rischio, in perfetto stile survival horror classico.
La durata media si attesta sulle 15-20 ore per una prima partita, con una curva di difficoltà crescente e con dei picchi che non superano mai la soglia dell'ingiustizia fine a se stessa. Le fasi finali aumentano la pressione in modo progressivo, culminando in un finale soddisfacente, che chiude il cerchio narrativo senza rinunciare a un pizzico di ambiguità.
Il comparto tecnico dimostra una crescita tangibile rispetto al primo episodio. L’uso dell’Unreal Engine è più maturo, con una migliore gestione delle luci dinamiche e texture di qualità superiore. Pur restando un prodotto indipendente, il risultato visivo è buono, tranne nei filmati in cui emerge una resa visiva di volti ed espressioni ancora grezza.
In game, la resa delle superfici, la densità di oggetti nelle stanze, il modo in cui l’illuminazione filtra attraverso le finestre o riflette sui pavimenti bagnati contribuiscono a un’estetica curata. Le animazioni restano ancora una volta il punto più debole, e sebbene siano migliorate rispetto al primo gioco non siamo ancora ad alti livelli.
Nel complesso, Tormented Souls 2 è una buona conferma: non solo del valore del team cileno, ma anche della vitalità di un genere che nella sua forma più "primordiale" molti davano per superato. È un titolo pensato per chi ama l’horror da vivere lentamente, per chi apprezza la paura che nasce dal controllo limitato e non dall’eccesso di potenza. È un’esperienza che non cede alla spettacolarità, ma al suo ritmo misurato, alla costruzione della tensione.