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Recensione

Etrian Odyssey Origins Collection | Recensione - Giochi belli e scelte scellerate

Una raccolta di grande valore storico e ludico, con centinaia di ore di contenuti, ma anche un lavoro pigro e sovrapprezzato.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Una raccolta essenziale per gli appassionati del genere
  • Prezzo di lancio fuori da ogni logica
  • Interventi sui giochi davvero al minimo sindacale

Informazioni sul prodotto

Immagine di Etrian Odyssey Origins Collection
Etrian Odyssey Origins Collection
  • Sviluppatore: Atlus
  • Produttore: SEGA
  • Distributore: SEGA
  • Testato su: SWITCH , PC
  • Piattaforme: PC , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo , Dungeon Crawler
  • Data di uscita: 1 giugno 2023

Dopo aver forgiato generazioni di giocatori su Nintendo DS, sfidando il mercato con titoli dichiaratamente hardcore ben prima che il grande pubblico si accorgesse – grazie perlopiù a Hidetaka Miyazaki e ai suoi Souls – della loro bellezza, Atlus riporta sugli schermi di Nintendo Switch i primi tre titoli del franchise Etrian Odyssey, in un pacchetto perfetto per i più giovani.

Proprio questi ultimi, che magari hanno sentito nominare solo il quarto e quinto episodio, pubblicati per 3DS più recentemente, potranno farsi le ossa con tre dei più impegnativi (e soddisfacenti) dungeon crawler in prima persona sul mercato.

Ma com'è venuto il pacchetto completo al netto della qualità dei titoli inclusi? Scopriamolo insieme nella recensione.

Storia?!? Chi ha bisogno di una storia?!?

Pubblicati su Nintendo DS nel triennio tra il 2007 ed il 2010, i primi tre episodi del franchise Etrian Odyssey restituivano un senso di continuità derivato non solo dalla vicinanza delle date di lancio, ma anche dallo stile di gioco e dalla scelta di adottare un approccio estremamente minimalista in quanto a narrativa, riducendo all'osso i dialoghi così da non rallentare ulteriormente i ritmi di gioco, già non rapidissimi.

Gli amanti delle vicende ben narrate e dei personaggi a tutto tondo si troveranno quindi dinanzi ad uno scenario piuttosto asciutto, con contesti ed ambientazioni che sostituiscono storie e motivazioni, e con strutture narrative adatte a party generici creati ad hoc dal giocatore.

Alla grande varietà di classi disponibili, che si amplia di capitolo in capitolo fino al terzo, non corrisponde quindi un'effettiva alternanza di personalità, visto che i personaggi sono poco più che marionette senza vita, tanto utili in battaglia quanto secondari per lo sviluppo delle vicende.

Sebbene si noti una leggera evoluzione, con il terzo capitolo che si arrischia a mettere nelle mani del giocatore delle scelte contestuali in misura maggiore rispetto a quanto non facciano i due predecessori, non è certo per lo spessore della narrativa che opterete per questa trilogia firmata da Atlus, quanto, piuttosto, per l'ipnotico loop di gameplay che non si discosta tanto da quello di giochi come Diablo e Borderlands: esplora, mappa, combatti, raccogli le spoglie sempre migliori al termine della battaglia.

A patto che si riesca a sopravvivere, s'intende.

Come se non bastasse, la scarsità di risorse ed un livello di sfida decisamente sopra la media impediscono al giocatore di mappare uno strato intero in una singola uscita, costringendolo a ritornare al villaggio di turno per fare scorta di oggetti, pozioni curative o, banalmente, per ripristinare i punti ferita e quelli abilità del proprio party.

Tre classici senza tempo, ma non per tutti

Ogni labirinto è un diabolico intreccio di trappole, finti muri, mostri che attaccano a sorpresa e scelte che, nella migliore delle ipotesi, conducono ad una battaglia inattesa e letale, come ad esempio quelle con i FOE, nemici di straordinaria forza che vagano per le mappe in percorsi prefissati.

Ogni labirinto è un diabolico intreccio di trappole, finti muri, mostri che attaccano a sorpresa.
Scovarli, segnarne sulla mappa il percorso ed evitarli a tutti i costi rimane una delle priorità assolute delle prime ore di gioco, pena un game over rapido e doloroso.

Da questo punto di vista appare decisamente opportuna una delle poche novità introdotte in questa raccolta, ovvero la modalità Passeggiata, che abbassa drasticamente il livello di sfida e tende una mano anche ai giocatori più giovani – o comunque a quelli che non si sono mai cimentati con un DRPG (dungeon RPG) truce ed intransigente come questi.

Al netto della possibilità di attivare l'automap, che disegna la mappa attorno al nostro party man mano che esploriamo senza bisogno di alcuno sforzo, una delle meccaniche più divertenti è rappresentata proprio dalla possibilità di disegnarsi la propria mappa, evidenziando punti d'interesse, eventuali scrigni, trappole, muri posticci e caselle che conducono in posti inaspettati.

Inutile dire che quest'aspetto della produzione si presta molto meglio alla modalità portatile di Nintendo Switch, grazie ad una buona implementazione dei controlli tattili (comunque più comodi con un pennino) e ad un leggero effetto zoom che rende le mappe e le piccole icone meglio visibili rispetto alla controparte DS.

Il sistema di combattimento, dal canto suo, sacrifica l'effetto novità sull'altare della profondità e dello spessore tattico, consentendo una miriade di approcci differenti a scontri a turni altrimenti abbastanza canonici per il genere, al netto del già citato, inflessibile livello di difficoltà.

Il party, composto da due linee di combattenti, l'una in prima e l'altra in seconda posizione, è interamente costruito dal giocatore – e, come tale, può essere soggetto a madornali errori di valutazione o, nella migliore delle ipotesi, a combo di rara potenza, capaci di azzerare i gruppi di nemici incontrati in appena un paio di turni.

La cadenza degli scontri è regolata da un indicatore nella parte alta della schermata, che cambia colore fino al rosso a segnalare l'imminenza di un attacco: nonostante gli scontri casuali facciano storcere il naso alle nuove leve oggigiorno, nella struttura di gioco originaria pensata quindici anni fa da Atlus essi si trovano perfettamente al centro dell'esperienza, e la loro frequenza risulta raramente eccessiva, commisurata com'è alla presenza di mostri di grande potenza che girano per le mappe.

Optare per dei personaggi predefiniti, soprattutto ad inizio partita, diventa allora quasi una necessità per i giocatori meno forgiati dalla battaglia, e può risparmiare ore di grinding nei casi peggiori: nondimeno, l'approccio alle battaglie ed alla composizione del party deve privilegiare la flessibilità e il lavoro di squadra, perché anche il team di guerrieri da prima linea più potente può poco contro nemici corazzati e senza il supporto di maghi ed arcieri dalle retrovie.

La possibilità di respeccare è contemplata, ma non esattamente a buon mercato: azzerare e riassegnare i punti esperienza elargiti ad un personaggio ne abbassa il livello complessivo di ben cinque unità, costringendo, in moltissimi casi, ad una manciata di ore di grinding per riportare la situazione su binari accettabili.

Come i giochi di FromSoftware, però, la trilogia di Etrian Odyssey è raramente ingiusta: quando si muore lo si fa perchè si è affrontato male uno scontro, o si è arrivati con troppa fretta allo resa dei conti con un boss, e le colpe ricadono quasi sempre sul giocatore, che a quel punto può decidere di mollare o di rimboccarsi le maniche.

Inutile dire che, nel secondo caso, scatta la stessa scintilla che spinge a non desistere nel mondo di Elden Ring o tra gli attacchi di Sekiro, e, con essa, l'amore per i tre giochi.

Certo, qualche trappola risulterà un po' cheap per gli occhi dei giocatori moderni – e il layout di alcune delle mappe può rivelarsi diabolico – ma in tutti e tre i titoli contenuti nel pacchetto i motivi per continuare a giocare anche negli inevitabili momenti di scoramento superano di gran lunga quelli per passare ad un altro titolo, magari meno esigente.

Fuori mercato

Se anche non fosse stato aggravato dalla mancanza di contenuti inediti e di aggiunte davvero significative, il prezzo a cui questa Collection viene proposta, peraltro nella sola versione digitale, è davvero incomprensibile: la somma richiesta è la stessa per i giochi tripla A nuovi sull'attuale generazione di console, ovvero ottanta, sonanti euro.

Basti pensare che quel capolavoro senza fine di Tears of the Kingdom è stato venduto a quasi undici euro in meno di questa somma, e che questo prezzo per un gioco esclusivamente digital su Nintendo Switch, a memoria, non si era mai visto.

La Collection manca di contenuti inediti e aggiunte significative, oltre che delle migliorie apportate ai remake che uscirono su 3DS.
Certo, parliamo di centinaia di ore di gioco se sommiamo tutti e tre i prodotti inclusi, e procurarsi una copia di questi in versione DS risulta oggi abbastanza difficoltoso, oltre che dispendioso, ma questo non giustifica una richiesta palesemente spropositata da parte di Atlus e Sega: proposta anche solo a venti o venticinque euro in meno questa Origins Collection avrebbe spiccato nel rapporto quantità/prezzo fin dal lancio, ma a prezzo pieno diventa davvero difficile rivolgerle uno sguardo.

La situazione non migliora qualora decidiate di acquistare singolarmente uno o più giochi: tutti e tre i capitoli costano poco meno di quaranta euro l'uno, rendendo l'acquisto in blocco addirittura conveniente (!?!) dal punto di vista meramente matematico.

Ad aggiungere il danno alla beffa la scelta di non includere nel pacchetto nessuna delle notevoli migliorie apportate ai primi due giochi dai remake pubblicati per Nintendo 3DS, anch'essi introvabili (se non a cifre da capogiro) sul mercato: i tre giochi contenuti in questa Origins Collection non sono che versioni in alta definizione degli originali per DS, con una ricampionatura audio e poco più a distinguerli dagli originali.

Questo si traduce in una presentazione visiva alquanto spartana anche per gli standard di Switch, console capace di offrirci spettacoli notevoli a patto che i team di sviluppo si impegnassero sul fronte dell'ottimizzazione: non ci siamo imbattuti in alcun problema tecnico, fortunatamente, eppure abbiamo dovuto ripetutamente chiudere un occhio (e mezzo) su texture in bassissima risoluzione, asset riciclati, animazioni quasi nulle ed un discreto pop-in degli elementi durante le fasi esplorative.

Queste problematiche risultano più evidenti giocando su un televisore dalla diagonale ampia, e la modalità portatile di Switch viene in provvidenziale soccorso dell'età dei tre giochi proposti, ma in generale si poteva fare molto di più da questo punto di vista.

A non aver perso un'oncia del suo fascino sono invece le colonne sonore firmate dal veterano Yuzo Koshiro, riproposte in un campionamento non esente da colpe ma sicuramente più nitido ed apprezzabile di quello visto su DS.

Nonostante l'assenza di doppiaggio, allora, un bel paio di cuffiette in-ear è quanto mai consigliato, per qualunque dei tre titoli optiate.

E su PC come va?

A cura di Domenico Musicò

Abbiamo provato i tre Etrian Odyssey anche in versione PC, su Steam. I tre giochi separati, e non inseriti in un unico pacchetto da cui è possibile accedere ai singoli capitoli, condividono comunque la medesima estetica dei menù di avvio. Ogni gioco da poter provare e finire in modo indipendente ha dunque le stesse opzioni grafiche, a dimostrazione del fatto che in questa riedizione in alta definizione si è voluto usare lo stesso tipo di trattamento, uniformando il lavoro di ammodernamento.

Va comunque detto che non sono presenti così tante scelte, e che in fin dei conti gli anni sul groppone delle opere originali su DS, assieme al tipo di operazione che è soltanto una rimasterizzazione in alta definizione, non consentono di mettere mano a importanti possibilità per godere delle blande migliorie. I giocatori potranno selezionare gli FPS illimitati o optare per blocchi a 30, 60, 75, 120, 144 e 150. Potranno anche scegliere se attivare o meno il V-Sync, selezionare il tipo di definizione e se attivare o meno l'antialiasing, presente a 2, 4 e 8x.

Quando si affrontano i dungeon, si notano chiaramente tutti i limiti che i tre Etrian Odyssey si portano dietro, e francamente un rifacimento completo avrebbe dato maggiore lustro a questa serie. Così com'è, avanzando lungo i dungeon si nota davvero troppo lo stacco netto tra gli elementi realizzati meglio e quelli che invece hanno una resa delle texture semplicemente pessima. Etrian Odyssey III fa una figura migliore degli altri due, ma non è di certo privo dei difetti di cui vi abbiamo parlato.

I ritratti dei personaggi duranti i dialoghi, i menù, le mappe, i mostri e gli elementi di contorno spiccano molto rispetto a tutto il resto. Al contrario, è purtroppo una consuetudine imbattersi in brutture che fanno male agli occhi e che sembrano rimaste inalterate nonostante l'operazione di miglioramento grafico. Tra alberi che sembrano di cartoncino, terreni che sembrano fanghiglia impastata e altre parti dello scenario troppo brutte per essere vere, è chiaro come gli utenti acquisteranno i tre Etrian Odyssey solo per un fattore nostalgico o per recuperare una serie che sembrava ormai perduta. Si poteva fare molto, molto di più, ma evidentemente il budget non lo consentiva.

Voto Recensione di Etrian Odyssey Origins Collection


7.3

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Centinaia di ore di gioco divise in tre solidissimi titoli

  • Impegnativo all'inverosimile, ma raramente ingiusto

  • Gameplay loop e combat system ipnotici

Contro

  • Nessuna aggiunta a parte la modalità Passeggiata

  • Prezzo clamorosamente fuori mercato

  • Tagliati i contenuti delle versioni Untold viste su 3DS

Commento

Con Etrian Odyssey Origins Collection, purtroppo, siamo dinanzi ad un film già visto: tre ottimi titoli che, a modo loro, hanno fatto la storia del genere di appartenenza e che risultano ancora estremamente godibili nell'anno domini 2023, trattati con troppo sufficienza da chi dovrebbe amarli di più, ovvero Atlus e Sega, rispettivamente sviluppatore e publisher.
L'assurdo prezzo richiesto al lancio e la quasi totale assenza di innovazioni realmente impattanti, per non parlare della mancanza dei contenuti dei remake usciti su 3DS, in qualche modo confinando questo cofanetto a fare gola solo agli appassionati più duri e puri – perché nessun neofita, a queste condizioni, ci si avvicinerebbe.
Nondimeno, nonostante il tentativo di monetizzare al massimo contando esclusivamente sulla qualità dei giochi, questi ultimi non deludono, e sapranno regalare centinaia di ore di divertimento (e di improperi!) a chiunque non possegga più un DS o non abbia tempo, voglia e soldi di reperire una rara cartuccia sul mercato dell'usato.
Il voto finale riflette questa dicotomia, e risulta una media tra l'ottima valutazione che meriterebbero i giochi e la sufficienza stiracchiata che invece avremmo affibbiato al port e alla collection in sé.
Per il futuro, speriamo solo che Atlus riservi ad altre sue brillanti IP un trattamento più consono alla loro storia.
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