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Recensione

Where's My Helmet?

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Avatar di Francesco Ursino

a cura di Francesco Ursino

Pubblicato il 31/05/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

6

Che connessione può esserci tra il Brasile e la mitologia nordica? Di preciso, a dire il vero, non sappiamo dirlo, a meno che non ci si riferisca a Where’s My helmet? Il platform in questione, infatti, è sviluppato dalla casa brasiliana Mega Boss Game Studio, e attinge a piene mani dai particolari più noti e importanti delle lontane terre del nord. Scopriamo se questo ardito miscuglio ha prodotto un gioco soddisfacente.

Il mio elmetto!Where’s My helmet? è un titolo che punta tutto sul gameplay, e il perché di questa affermazione lo si evince dai primissimi istanti di gioco. L’obiettivo di introdurre i personaggi e la storia che fa da sfondo al tutto, infatti, è affidato a non più di quattro schermate statiche, che mostrano in maniera un po’ approssimativa quale sia l’incipit narrativo. Visto che giocando non abbiamo avuto modo di capire quale sia stato l’avvenimento che ha dato il là alla storia, siamo andati a spulciare il sito ufficiale della produzione, laddove in effetti abbiamo trovato le spiegazioni che stavamo cercando. Sembra dunque che tale gnomo Ostein, visibile nella prima schermata cui accennavamo in precedenza, abbia la capacità di viaggiare indietro nel tempo; l’hobby principale del nostro è, a quanto pare, quello di accumulare cappelli e copricapi di ogni epoca storica. Alla epica collezione gnomica, però, manca proprio un copricapo dell’età vichinga, motivo per il quale Ostein ha pensato bene di andare a far visita ad Axel, scambiando il suo prezioso elmetto nordico con un comune berretto con visiera. Il giocatore, in tutto questo, dovrà vestire i panni proprio del vichingo Axel, e partire in un viaggio che lo porterà a riacciuffare il suo prezioso elmetto. In termini videoludici, tutta questa narrativa si traduce in numerosi livelli composti, al loro interno, da cinque brevi stage. Anche da questo particolare, difatti, si può comprendere come l’impostazione strutturale di Where’s My helmet? sia molto classica: una dinamica, questa, che si ripercuote specialmente nel gameplay.

Asce multiusoGiocare a Where’s My helmet? è un po’ come tornare indietro nel tempo. Quello che sorprende di questo platform tradizionale è come alcuni particolari del gameplay rimandino ai classici del passato. Per prima cosa, il giocatore avrà a disposizione un numero determinato di vite, aumentabile grazie alla raccolta degli speciali collezionabili sparsi per i livelli. Ognuna di queste vite consta di due cuori, i quali rappresentano i due attacchi che è possibile subire da Axel prima che il nostro tiri le cuoia; la conseguenza finale di questa impostazione è che, una volta terminate le vite a propria disposizione, il gioco proporrà il più classico dei “game over”. La cosa interessante è che non si tratta di una scenetta pensata per far presa sui nostalgici: se si terminano tutte le vite a propria disposizione, infatti, il giocatore sarà costretto a ricominciare tutto il gioco dall’inizio.La componente più succosa del gameplay, però, riguarda il modo in cui Axel riesce a sbarazzarsi dei suoi nemici. Il nostro eroe, infatti, può contare su due fidate asce affilate, che si riveleranno compagne insostituibili durante il viaggio. Oltre a poter lanciare le due asce, infatti, il giocatore potrà conficcare le lame nelle superfici verticali, di modo da costruire dei sostegni sui quali Axel può saltare con facilità. Si comprende come tutto questo garantisce uno sviluppo verticale dei livelli abbastanza interessante, visto che con un po’ di immaginazione è possibile raggiungere anche gli angoli all’apparenza più inaccessibili. Le asce multiuso, poi, si rivelano indispensabili nell’apertura di passaggi segreti e sbarrati.A prima vista, dunque, Where’s My helmet? sembra essere un platform capace di mischiare dinamiche di gioco classiche a qualche spruzzata di modernità, ma questo quadro idilliaco viene rovinato da un’esecuzione che stenta in diversi frangenti. Il difetto più importante del gioco, infatti, riguarda il sistema di controllo. Di base, il titolo è fruibile sia tramite pad che tramite tastiera, ma la prima opzione è da scartare per vari motivi. In primis, le poche istruzioni del gioco relative al sistema di controllo riguardano esclusivamente la tastiera, lasciando così all’immaginazione del giocatore munito di pad il compito di trovare il tasto giusto per eseguire le pur poche azioni da compiere. In secondo luogo, il meccanismo di lancio delle asce rende assai difficoltoso il destreggiarsi con qualcosa di diverso da un mouse; per poter lanciare le lame, infatti, sarà necessario utilizzare il puntatore presente su schermo, cliccando sul punto in cui si vuole scagliare la propria arma. In linea di massima tutto ciò è fattibile anche col pad, ma l’estrema rigidità e la scarsa reattività ai comandi (che si presenta anche con la tastiera, peraltro) rendono assai difficile l’impresa. L’impossibilità di determinare la sensibilità del mouse, unita alla cronica mancanza di altezza dei salti di Axel, non fanno altro che peggiorare maggiormente le cose.

La scarsa agilità del vichingo AxelIl sistema di movimento del nostro personaggio, riprendendo il discorso del paragrafo precedente, mostra il peggio di sé durante i salti; è possibile notare ciò nel momento in cui è necessario lanciare velocemente le varie asce per poter così costruire una sorta di scala capace di far superare un’altura. Se a questi difetti si aggiunge il fatto che le asce lanciate scompaiono dopo pochi secondi, si comprende come la difficoltà di movimento e quella di puntamento vadano a restituire sensazioni poco piacevoli. Tutto ciò si ripercuote negativamente sul livello di difficoltà, che dunque risulta abbastanza alto non tanto per scelte di game design, quanto per i difetti appena citati. Proponiamo infine qualche riflessione, cambiando completamente argomento, sul comparto tecnico. Di per sé, il gioco offre pochi spunti rilevanti; la grafica, ad esempio, propone una realizzazione bidimensionale che non eccelle in alcun ambito, pur regalando schermate pulite e tutto sommato gradevoli. Vale la pena soffermarsi poi sul comparto audio, che cerca di proporre accompagnamenti audio vivaci, che però risultano un po’ fastidiosi dopo poco tempo, anche perché poco vari.

HARDWARE

Requisiti minimi: Sistema operativo: Windows 7/8/8.1 Processore: 2.0 GHz Memoria: 2 GB di RAM Scheda video: NVIDIA GeForce GT 210 (or better) DirectX: Versione 10 Memoria: 200 MB di spazio disponibile

Requisiti Consigliati: Sistema operativo: Windows 7/8/8.1 Processore: 2.83 GHz Memoria: 4 GB di RAM Scheda video: NVIDIA GeForce GT 240 (or better) DirectX: Versione 10 Memoria: 200 MB di spazio disponibile

– Impostazione classica da platform bidimensionale

– Le dinamiche legate all’utilizzo delle asce sono ben ideate

– Sistema di controllo poco reattivo e impreciso

– I movimenti del protagonista creano difficoltà impreviste

6.0

Where’s My helmet?? è un platform senza lode né infamia. Come visto nella recensione, il gioco in questione attinge a piene mani dal gameplay dei platform classici, aggiungendo le dinamiche legate all’utilizzo delle asce. È un peccato che tutto ciò risulti mal eseguito, specialmente se si pensa al sistema di controllo poco reattivo, e ai movimenti del protagonista, sempre troppo rigidi.

In sostanza, dunque, il gioco Mega Boss Game Studio cerca di proporre un’esperienza al tempo stesso originale ma di stampo classico, senza riuscire tuttavia ad avere quella marcia in più che gli consenta di farsi strada nell’affollato catalogo delle piattaforme di digital delivery. Un gioco tutto sommato sufficiente, ma nulla di più.

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