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Recensione

Strike Vector

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Avatar di Pregianza

a cura di Pregianza

Pubblicato il 02/02/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

8.5

Io li ricordo il Redeemer e la Railgun, i rocket jump e i razzi schivati di un millimetro. Io ogni tanto le vedo ancora le esplosioni cubettose quando chiudo gli occhi, i bestioni armati che balzavano da una piattaforma all’altra e le fraggate continue.
Io li ho giocati gli arena fps quando ero giovane. E forse ero pure troppo giovane, ma non importa. Importa solo che a quei tempi avevo i riflessi di un piccolo cyborg grazie ai videogiochi, e quando uscivo di casa tutto mi sembrava andare al rallentatore, perché lì di razzi, fucili a pompa e deathmatch non ce n’erano. 
Poi sono passati gli anni, con i videogiochi ho iniziato a lavorarci, e piano piano, lentamente ma inesorabilmente, i miei riflessi si sono arrugginiti. Il giocatore di fps che c’era in me è diventato una bestiola spaventata, mandata in letargo forzato da un eccesso di sparatutto sempre più semplificati, sempre più militarizzati, e con in mente solo l’accessibilità e le vendite a ogni costo. 
Questo finché uno studio indie di nome Ragequit non mi ha mandato un codice di Strike Vector.
Grazie. E bentornata cattiveria, ho circa dieci anni di furia repressa da sfogare sul mouse. 
Imma frag you in the sky
Attenzione, non commettete l’errore di appaiare direttamente Strike Vector ai vecchi sparatutto che tanto hanno segnato il gaming competitivo. Qui non si controllano omaccioni nerboruti armati fino ai denti, bensì piloti di Vector, delle navicelle corazzate capaci di raggiungere velocità supersoniche, che per qualche ignoto motivo si fanno a pezzi in arene fluttuanti. Inizierete a bordo di una nave composta da pezzi base, ma le armi saranno subito tutte disponibili, con i rispettivi potenziamenti. Prima di ogni partita, infatti, nel garage potrete personalizzare la dotazione del vostro mezzo scegliendo tra due bocche da fuoco, ognuna delle quali sarà a sua volta modificabile con un paio di caratteristiche che vanno dal tempo di ricarica al danno inflitto. Oltre alle armi avrete modo di scegliere anche tra una capacità passiva ben definita (difesa aumentata, velocità maggiore durante il boost, e via così) e un’utile abilità speciale. Ci sono molti elementi estetici modificabili, ma si sbloccano pian piano e non hanno alcuna influenza sulle statistiche. 
L’assenza di unlock significativi e di progressione del personaggio significa che il gioco presenta un bilanciamento privo di fluttuazioni, gestito peraltro più che bene. Le armi più difficili da utilizzare poiché dotate di traiettorie fisse sono le più dannose, mentre quelle a ricerca o a fuoco continuo sono meno devastanti, ma chiaramente più accessibili e consigliate ai principanti. Tale sistema dà vita a un fine equilibrio interno volto all’evoluzione delle capacità del giocatore, che inizia usando sventagliate di missili a ricerca, per poi passare agli strumenti da esperto abituandosi di partita in partita. Molti potrebbero voler sperimentare con combinazioni miste, ma io vi consiglio di prendere coppie della stessa arma per favorire uno specifico stile di gioco.
Vi chiederete perché i designer abbiano sentito la necessità di inserire nella loro opera proiettili a ricerca. Semplice: colpire gli avversari in Strike Vector non è esattamente una passeggiata. La velocità dell’azione non è semplicemente “alta”, qui si parla di svolazzare su mezzi veloci quanto i veicoli di F-Zero, ma capaci di virate improvvise in ogni direzione, e come potete immaginare non si tratta di bersagli facili. 
Se già mirare è arduo, non da meno risulta gestire il proprio mezzo, che durante le prime ore può sembrare una bestia impazzita nonostante si cominci con una visuale esterna predefinita. In realtà questo è dovuto solo al fatto che il tutorial è molto striminzito, e come tale non spiega alla perfezione le notevolissime meccaniche di gioco. Ogni Vector è difatti dotato di una forma secondaria, che gli permette di fluttuare in una posizione stabile e di schivare i colpi lateralmente. La trasformazione non si limita a facilitare il puntamento, ma ferma istantaneamente il mezzo, assicurando al giocatore di non spalmarsi sul muro più vicino anche dopo uno scatto feroce, e garantisce virate anche di 360 gradi in un lampo.
Imparate a usare la trasformazione al momento giusto, e le complesse mappe congegnate dai Ragequit non vi creeranno più problemi. Per la cronaca, in questo caso il mio non è un consiglio spassionato ma una sorta di ordine, perché se non doveste farcela tanto vale abbandonare subito il gioco. Ciò deriva anche dalla struttura delle mappe, e dalle formule “vecchio stile” da cui Strike Vector è pervaso. Non c’è rigenerazione dei punti vita, dunque dovrete scattare a curarvi usando dei comodi bonus sparsi per le mappe. Ogni locazione è piena zeppa di coperture e ostacoli per facilitare la fuga durante un inseguimento o confondere un avversario. E infine le vostre abilità si ricaricano più rapidamente raccogliendo orologi sparsi in modo simile alle cure. Tradotto: imparate a muovervi alla svelta, o morite in un tripudio di fuoco e olio. 
Personalmente, ho trovato il sistema magnifico. Anche se il mirino sposta solo in parte il Vector e molto del movimento è lasciato alla tastiera, era da anni che non percepivo un perfezionamento graduale simile a forza di giocare. Ad ogni partita si memorizza qualche nuova zona utile nelle mappe, ad ogni morte si impara qualche trucco, e durante gli scontri uno contro uno l’adrenalina sale a livelli inverosimili. Questo è tutto ciò che deve regalare un arena shooter, e Strike Vector riesce a farlo in modo divino.
Le altre scelte degli sviluppatori sono apprezzabili dai veterani, ma vanno sicuramente di più a gusti. Schiantarsi contro un muro vi porterà a perdere una uccisione e a penalizzare la squadra, visto che il punteggio finale deriva dalla somma di ogni kill e queste possono andare in negativo dopo troppi incidenti, e non manca la possibilità di guidare il Vector con una visuale in prima persona. L’ho trovata meno esaltante e utile di quella da fuori, ma indubbiamente favorisce la precisione a discapito della visibilità.
Insomma, è un gioco che non fa sconti, uno sparatutto duro e puro che mescola elementi di classici come Unreal e Quake Arena a pezzi di simulatori di volo, il tutto in un frullatore atomico turbo. Evviva.
Speeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeed!
Non è tutto gioia e botti ahimè. Strike Vector è pur sempre un indie senza pretese, e come tale è partito da una base abbastanza scarna. Il gioco è solo competitivo, senza modalità in singolo di alcun tipo a parte un volo libero che aiuta a memorizzare le poche mappe disponibili. Persino le modalità sono pochette, e tolti gli immancabili Deathmatch tutti contro tutti e a squadre rimangono un classico Domination Mode e un interessante Bounty Hunter Mode. L’ultima modalità non è una novità assoluta, meglio chiarirlo subito, si parla pur sempre di una sorta di regicidio dove si accumulano monete eliminando gli avversari, si perde denaro morendo o schiantandosi, e i tre giocatori più ricchi risultano visibili da qualunque distanza. 
Strike Vector punta quindi tutto sulla sua stellare giocabilità, catturando il giocatore con le sue battaglie più che con i suoi contenuti. Gli sviluppatori, comunque, hanno promesso di aggiornare costantemente il gioco in modo del tutto gratuito, ed è già previsto un update per febbraio. 
Passando al comparto tecnico, il titolo si difende bene pure in questo campo, grazie all’uso oculato del sempre solido Unreal Engine. Non è un gioco strabiliante dal punto di vista grafico, ma la velocità dell’azione aiuta parecchio a ignorare gli elementi più rozzi del paesaggio e la buona modellazione di mappe e navi fa il resto. Apprezzabile in particolare la fluidità anche in situazioni concitate, che non è mai calata sotto i 60 frame sulla nostra configurazione e sembra mantenersi stabile senza troppi problemi anche su macchine di fascia media. 
Qualche bug e crash l’abbiamo notato, ma a parte un fastidioso conflitto che ci ha costretto a rimappare i controlli nulla di apocalittico.

– Gameplay stratosferico, velocissimo ed esaltante

– Riprende alla grande molti elementi dei vecchi arena fps

– Bilanciato degnamente e molto più tattico di quel che sembra

– Verrà aggiornato gratuitamente con costanza

– Difficile da padroneggiare, scoraggerà i più

– Pochi contenuti, e una manciata di modalità

– Qualche bug

8.5

Strike Vector è un titolo un po’ rozzo, dotato di contenuti limitatissimi e solo competitivo, ma, se aspettavate da anni un arena shooter fatto come si deve, potete finalmente smettere di cercare. Il titolo Ragequit ha un sistema di controllo stratosferico, difficile da padroneggiare, e in grado di regalare un’infinità di battaglie esaltanti e completamente folli. Tantissimi dei meno esperti verranno scoraggiati dalla velocità estrema delle battaglie e dalla durezza del gameplay, eppure è impossibile non premiare un lavoro con una giocabilità del genere, anche con tutti i suoi limiti. Se gli sviluppatori lo faranno crescere come promesso, potrebbe facilmente diventare un piccolo sparatutto di culto. Ora prendetelo, andate, e spaccate tutto.

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