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Recensione

Monkey Island 2: LeChuck's Revenge

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Avatar di seifer77

a cura di seifer77

Pubblicato il 09/11/2006 alle 00:00
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E’ passato solo un anno da “The Secret Of Monkey Island”: è passato solo un anno da quella pietra miliare che ha lasciato un segno indelebile nella memoria di noi videogiocatori. Siamo nel 1991. “LeChuck’s Revenge” non fu il classico sequel creato appositamente per puntare sul successo del primo episodio; Ron Gilbert lo stava già scrivendo ancor prima che la Lucasfilm Games (divenuta nel frattempo semplicemente LucasArts) desse alle stampe il primo “Monkey Island”. Egli voleva solo dare un seguito alla storia dell’aspirante pirata Guybrush Threepwood e darle quella che, nella sua mente, ne era la naturale conclusione. Perchè è con “LeChuck’s Revenge” che, in effetti, si conclude la “vera” saga, quella che Gilbert diede alle stampe e che, nei suoi piani, doveva proprio fermarsi a questo capitolo; gli episodi successivi, per quanto validi possano essere (ed il terzo in effetti valido lo è, il quarto un pò meno), sono solo mera speculazione da parte di mamma Lucas. E, in fondo, è un peccato che la splendida conclusione di questo secondo episodio, venga “annullata” con uno sbrigativo espediente dal prologo di “The Curse Of Monkey Island”. Ma di questo parleremo più avanti.

“Quando LeChuck ti vuole morto, sei morto”.Sono trascorsi alcuni anni dai fatti di “The Secret Of Monkey Island”. All’inizio del gioco troviamo un Guybrush più maturo, segnato da una barba incolta e dalle esperienze vissute negli anni trascorsi da quando era un imberbe ragazzino, con il sogno di diventare un “temibile pirata”, ad oggi. Il Nostro si trova sull’isola di Scabb, seduto attorno ad un falò, in compagnia di due pirati, intento a raccontar loro la storia di come, qualche anno prima, riuscì ad eliminare il pirata fantasma LeChuck. Guybrush non è ancora soddisfatto delle ricchezze e della fama acquisite da quando è divenuto un pirata, e vuol partire alla ricerca di Big Whoop, il tesoro che potrebbe dargli ancor più gloria ed ammirazione. Ma non ha fatto i conti con il braccio destro di LeChuck, Largo LaGrande che, complice la proverbiale distrazione di Guybrush, riuscirà a riportare “in vita” (il virgolettato è d’obbligo!) LeChuck, stavolta sotto forma zombiesca! E, per di più, assetato di atroce vendetta nei confronti del nostro Guy. Così, dunque, il nostro eroe sarà costretto ad affrontare le peripezie di questa nuova avventura che, oltre a fargli affrontare nuovamente il nemico di sempre, lo porterà ad incontrare una vecchia fiamma e a far luce sul suo oscuro passato…

Pirati “splatter”.Gilbert decise di ovviare alle critiche rivolte a “The Secret Of Monkey Island” sul piano della difficoltà, introducendo due livelli di gioco, fatto del tutto nuovo per un’avventura grafica: “LeChuck’s Revenge”, infatti, può essere giocato in modalità “facile” e “difficile”, e questo non potè che essere un enorme passo avanti sul piano della longevità, che si attesta su livelli altissimi. Venne anche studiata una modalità media, che però non venne introdotta nella versione finale per motivi di tempo, con grande dispiacere di Ron, che sosteneva fosse quella più adatta per la maggior parte dei videogiocatori. Rispetto a “The Secret Of Monkey Island”, inoltre, il tono è estremamente più dark, più splatter: avremo a che fare con mutilazioni, profanazioni tombali, sputi, sangue e morte. I meravigliosi fondali, disegnati a mano con grande cura, e poi digitalizzati (per l’epoca pura arte!), sono di notevole ausilio nella creazione di tali atmosfere. Il tutto deriva soprattutto dal notevole rilievo che Gilbert dedica ad una delle sue passioni, il Voodoo, disciplina dalla quale è sempre stato affascinato e che qui rappresenta una sorta di filo conduttore; più di una volta nel corso del gioco, infatti, la pratica tanto cara a Ron ricorrerà nei discorsi e nelle azioni dei protagonisti. Ma la presenza massiccia dei riti e delle usanze Voodoo non mina affatto l’inconfondibile umorismo, talvolta macabro, che da sempre contraddistingue la serie e ne rappresenta uno dei punti di forza, che si riflette anche nei numerosi enigmi, spesso totalmente assurdi, partoriti dalla mente dei programmatori.

Un finale “sibillino”Il finale di MI2 è stato soggetto a molteplici interpretazioni, e probabilmente rappresenta uno dei più grandi misteri della storia videoludica, quindi merita senza dubbio un paragrafo a parte. Gilbert non ne ha mai svelato il vero significato; la sua dipartita dallo staff Lucas costrinse gli sviluppatori del terzo episodio a liquidarlo in maniera molto sbrigativa e semplicistica, slegando completamente i due titoli con un pretesto quantomeno scontato (l’ipotesi del sogno). Chi scrive non vuole assolutamente anticipare nulla riguardo l’assurdo epilogo del gioco, solo anticiparvi ciò a cui andate incontro: uno dei finali più belli e geniali che la storia dei videogiochi abbia mai partorito.

HARDWARE

PCOS: DOSPROCESSORE: 286RAM: 640kbScheda Video: VGAMacintoshO/S version 6.0.7 or higher16 MHz 68020 or higher2 MB RAM256-color, 13″ or larger display

MULTIPLAYER

Assente

-E’ Monkey Island!

-Due livelli di difficoltà

-Splendidi enigmi

-Longevità alle stelle

-Finale leggendario

-Troppi altri ancora!

-Perchè?Ne ha!?

0

Difficile trovare le parole giuste per descrivere cosa “Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge”, abbia significato per il popolo dei videogiocatori appartenenti alla generazione del sottoscritto. Ancor più maturo del primo episodio, più oscuro, più longevo. L’introduzione di due livelli di difficoltà fu un evento non trascurabile, che lo rese fruibile anche a coloro che, con il nascente movimento di avventure grafiche, non avevano ancora avuto nulla a che fare. Un giocone con i controfiocchi, dunque, entrato a pieno diritto nella storia, da giocare tutto, senza sosta, fino al folle delirio finale. Forse la migliore avventura grafica di sempre.

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