Recensione

Gypsy, la recensione della prima, e probabilmente unica, stagione

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a cura di TheIappi

Anche la grande ed eterna Naomi Watts sbarca sulla piattaforma streaming più conosciuta del mondo, proponendoci Gypsy, un thriller psicologico di cui è la protagonista. L’attrice britannica naturalizzata australiana è sicuramente la stella di un cast che si dimostra all’altezza della situazione, nonostante il continuo accostamento con un pezzo da novanta dell’industria cinematografica internazionale.
La serie è disponibile su Netflix dal 30 giugno 2017.
Non tutto quello che luccica è oro
La protagonista è Jean Holloway, stimata psicoterapeuta e madre di una bambina dai riccioli d’oro, Molly. Jean ha una famiglia perfetta, una vita perfetta: una figlia dolce e solare, un marito affascinante, Michael ( Billy Crudup ), stimato ed apprezzato avvocato. E’ riconosciuta da tutti come un modello da imitare e perseguire, una donna in carriera e allo stesso tempo una madre attenta e presente. 
L’utopica vita di Jean, però, ci viene smontata sin dai primi minuti dei primi episodi: dal primo momento in cui facciamo la sua conoscenza, infatti, appare chiaro che psicoterapeuta ha una tendenza pericolosa: non è in grado di rispettare i ruoli. Il rapporto tra paziente e persona curante deve essere necessariamente asimmetrico, con la punta rivolta verso il curante che si trova in una situazione di forza rispetto al paziente, il quale invece è in una situazione di debolezza. Questo garantisce al paziente un aiuto a superare le sue difficoltà.
Jean invece mette tutto sullo stesso piano, rischiando di immedesimarsi eccessivamente nel paziente. Cosa che puntualmente accade, finendo per influenzare in modo attivo con azioni sconsiderate la vita dei propri pazienti.
Questo rapporto malato, viene amplificato da una figura, una giornalista per essere precisi: Diane Hart. Diane non è nient’altro un’identità fittizia che la psicoterapeuta utilizza per esprimere le proprie velleità, una fuga dalla realtà che le permette di divagare verso la persona che era, e che forse per necessità non può più essere. Jean e Diane: due facce di una stessa medaglia.
Nel momento in cui Jean fa la conoscenza di Sam, paziente con una difficile storia d’amore alle spalle, Jean si lascia coinvolgere fino al collo, perdendo il controllo. Diane prende il sopravvento, con risvolti tutti da scoprire.
La quantità non è sempre sinonimo di qualità
Partiamo da un presupposto: l’originalità è sempre un aspetto da valorizzare. Questa produzione ha esplorato un campo non comune, originale, difficile da trasmettere attraverso lo schermo, riuscendo a suscitare interesse e curiosità. I tratti dark con il sapiente uso dello specchio, ha contribuito a rappresentare molto bene la figura di Jean, divorata da un dualismo le cui cause purtroppo rimarranno ignote.
La storia è davvero interessante, le sensazioni percepite sono quelle giuste, riesce a non annoiare eccessivamente nonostante ovviamente i ritmi siano lenti, privilegiando giustamente le riflessioni cervellotiche volte a risolvere situazioni difficili in cui Jean si caccia nel corso degli episodi. Naomi Watts poi è davvero pazzesca, sempre adeguata, mai una parola fuori posto o un’espressione troppo spinta nel momento sbagliato, e in un genere legato visceralmente ai personaggi vista la completa assenza di azione fa tutta la differenza del mondo. 
Gli spunti di trama sono molteplici, non si percorre sono solo una strada ma anzi, vengono affrontate numerose storie di pazienti in difficoltà, con una buona caratterizzazione di ognuno di loro. Questo aspetto salva in parte le cose, donando una buona diversità che limita in parte l’incedere ripetitivo.
Ecco, questa diversità di storyline rappresenta anche il più grosso limite della produzione, a causa di un’apparente incapacità degli sceneggiatori di far coesistere e convergere le storylines in un risvolto comune, o quantomeno in un epilogo adeguato. La scrittura inizialmente crea una buona base di partenza, inserendo gli elementi giusti per uno sviluppo multidirezionale della trama, la stessa trama che però si perde in essi, giungendo di fatto dopo 10 episodi a una nube fatta di mezze verità, storie concluse frettolosamente che al posto che confluire in un cliffhanger finale rimangono fini a sé stesse. 
Nelle fasi finali si accende qualcosa, una timida fiammella, ma tutto viene rimandato alla seconda stagione che, recentemente, è stata ufficialmente cancellata.
Uno sguardo nel profondo
La distruzione di sé stessi e la coesistenza delle due anime, quella di Jeane e quella di Diane, è evidente fin da subito: la sensazione di prigionia e soffocamento che sente la prima, è benzina sul fuoco per la seconda, malata e senza freni. Badate, sotto questo punto di vista la produzione riesce in modo eccellente a trasmettere la difficoltà di vivere una vita tormentata da una doppia personalità. Jean Holloway è debole, non riesce a essere lucida e padrona di sé stessa. E allora cede, e Diane prende piede: una volta che le endorfine e che l’adrenalina di una vita al limite dell’errore ti pervadono, è difficile smettere. Allora si prosegue, rischiando ogni volta di più, sempre più al limite del burrone, perchè è la sensazione di cadere che da ancora più gusto nel rimanere in piedi. 
Esattamente come con le droghe, inizialmente Jean riesce a gestirsi, riesce a controllare gli eventi. Ma più passa il tempo, più le bugie aumentano e diventa sempre più difficile mantenere il controllo della situazione, che lentamente le sfugge di mano. 
Naomi Watts ha un’importanza fondamentale merito in questo, riuscendo a trasmettere tutta l’ansia, il dolore e la bipolarità delle due figure presenti dentro di lei. D’un tratto controllata e precisa, poi improvvisamente, a seconda del contesto, una mente perversa e malata. Un’interpretazione di livello superiore la sua, con tanto di scene passionali – omosessuali e non – davvero ispirati. 
Purtroppo non potremo mai approfondire la figura di Jean, scoprire quale background possiede e cosa l’ha resa cosi instabile, nonostante qualche piccolo dettaglio cominci ad emergere nelle fasi finali. Questo non fa altro che rafforzare quella nebulosa di informazioni e vicende lasciate a sé stesse, una mancata quadratura del cerchio che purtroppo è una costante di tutta la produzione. 

+ Noemi Watts perfetta

+ trama varia,interessante e originale

– regia qualitativamente non costante

– trama che non porta a nulla, ci si dimentica dove si vuole arrivare

– dialoghi a volte banali e fuori contesto

6

Spesso utilizziamo l’espressione “occasione mancata”, ma in questo caso è particolarmente azzeccata. L’idea era davvero interessante, il cast era ottimo con una Watts particolarmente a proprio agio nella figura di Jean.

Purtroppo però il risultato non è quello che era lecito aspettarsi viste le premesse, principalmente a causa di una narrazione che di fatto porta a spasso lo spettatore e poi lo abbandona cosi, senza troppi giri di parole. Il plot finisce per attorcigliarsi su sé stesso, circondato e attanagliato da una varietà che, iroia della sorte, era proprio uno degli aspetti migliori della produzione. Anche la regia e i dialoghi sono responsabili di alti e qualche basso davvero importante, con almeno un paio di scene davvero da rivedere.

La notizia recente della cancellazione ufficiale della seconda stagione non fa altro che renderci tristi ed aumentare il dispiacere per una produzione che, nonostante tutto, aveva del potenziale.

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6