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Recensione

Freedom Wars

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 17/11/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7.5

Giunto in Europa anche in formato fisico per la gioia dei numerosi fan che preferiscono la custodia al download digitale, Freedom Wars porta sulle spalle un fardello notevole, in quanto unico titolo tripla A first party dell’anno su PSVita.Cosviluppato da Sony Japan Studio, Dimps e Shift, viaggia verso occidente dopo le buone recensioni e la discreta accoglienza ottenuti in patria, dove spopola il sottogenere degli hunting game, diretta emanazione della saga di Monster Hunter: riuscirà a scalzare i due Soul Sacrifice dal trono di migliori titoli di questo tipo disponibili per l’elegante console portatile di mamma Sony?

Il grande fratelloDifferentemente da molti suoi congeneri, Freedom Wars può vantare un background narrativo di tutto rispetto, che pesca a piene mani da un certo tipo di fantascienza cupa ed apocalittica che, però, pone le sue fondamenta su presupposti più che plausibili.I due punti fermi attorno a cui ruota il mondo ideato dai ragazzi di Sony Japan sono la mancanza di materie prime e le forti limitazioni alla libertà personale: in un futuro parecchio distante da oggi, eppure così vicino per le tematiche trattate, il nostro pianeta è stato prosciugato di tutte le sue risorse e la popolazione, in numero eccedente rispetto al normale, è costretta a vivere in città-stato chiamate Panopticon.Vere e proprie cattedrali nel deserto, queste roccaforti (che corrispondono a città realmente esistenti e che regoleranno anche il traffico del multiplayer online) sono in guerra tra loro, nel pieno spirito di collaborazione umano in circostanze sfavorevoli, e constano di Cittadini e Peccatori, due categorie ben distinte di abitanti.I primi rappresentano il cervello: ingegneri, medici, scienziati, letterati, proprietari del loro tempo e delle poche risorse a disposizione; i secondi, come si intuisce dal nome, sono il braccio, carne da macello costretta a scontare pene esorbitanti (nell’ordine del milione di anni) per la sola colpa di essere venuti al mondo.Inutile dire che il nostro alter ego sarà un Peccatore, e uno dei peggiori: avendo perso la memoria in seguito ad un duro impatto con un mostro, dev’essere rieducato al combattimento e alla vita del Panopticon, e come tale, rappresenta un vero e proprio spreco di spazio e aria.Scelto il look del nostro (e dell’inseparabile Automa) tramite il discreto editor interno al gioco, saremo gettati subito nella mischia, a combattere i Rapitori che le altre città-stato inviano per sottrarci le menti migliori, tentando, nel contempo, di alleggerire l’esorbitante totale degli anni di reclusione da scontare.Il mondo di gioco in cui Freedom Wars è ambientato è ben ricreato e affascinante, e la storia, sebbene un po’ prevedibile nei suoi sviluppi, riesce a dare un senso alle missioni, e offre sicuramente qualcosa in più rispetto alla media dei titoli del genere: peccato allora che molti dei comprimari manchino di mordente, e recitino senza troppa convinzione ruoli quasi predefiniti, nuocendo, in fin dei conti, al grado di immersione.

Missioni su missioniUna volta lasciata la nostra fredda cella, ci troveremo a confrontarci, in arene dalle dimensioni abbastanza contenute, con Rapitori dalle dimensioni imponenti, o, a seconda del tipo di missione che accetteremo, contro altri combattenti umani: né la dinamica a squadre, né il forum deciso sul multigiocatore sono novità per il genere, ma Freedom Wars prova a mescolare le carte in altri campi, specificatamente proponendo dinamiche da third person shooter e dotando i combattenti del Rovo, che amplia notevolmente lo spettro delle possibilità per i giocatori.Iniziamo dalle prime: oltre alle canoniche armi bianche, caposaldo di questo sottogenere di giochi, con la semplice pressione della croce direzionale si può passare alle armi da fuoco, divise in leggere e pesanti.Strategicamente, questo aggiunge profondità anche alle missioni apparentemente più lineari: sebbene i proiettili siano limitati, per evitare che i giocatori girino troppo al largo dai mostri, è possibile rinvenirne altre sul campo di battaglia, impostando così un combattimento a distanza, delegando il corpo a corpo agli altri membri del party, cui si possono impartire ordini in maniera rapida e intuitiva.La differenza tra portarsi dietro un Uzi e un lanciarazzi è evidente, e le ripercussioni sul gameplay anche, e se a questo si aggiunge la possibilità di utilizzare un rudimentale sistema di coperture, appare chiaro come gli sviluppatori si siano sforzati di offrire soluzioni alternative a quelle già viste in decine di giochi simili, anche se, purtroppo, a scapito della qualità delle dinamiche classiche di combattimento, meno “fisiche” e soddisfacenti di quelle viste altrove, Monster Hunter in primis.I colpi andati a segno non restituiscono il feedback che ci si aspetterebbe, e, complice una gestione della telecamera non sempre cristallina, spesso è il caos a regnare su schermo, soprattutto durante le battaglie più concitate: non che la cosa renda l’ultima fatica Sony ingiocabile, ma la visceralità degli scontri di un Soul Sacrifice, per dire, è lontana.L’altra feature innovativa proposta da Freedom Wars è il Rovo, un rampino attaccato al braccio del nostro alter ego e di tutti gli altri Peccatori che incontreremo, che consente di attaccarsi a tutte le superfici del gioco e di scalarle, e, allo stesso modo, di arrampicarsi sui colossi che saremo chiamati ad affrontare: alla luce anche dell’impossibilità di saltare, il ruolo del Rovo, inizialmente secondario, va prendendo importanza durante la campagna principale, fino a diventare un prezioso strumento nelle fasi finali del gioco.Anche in questo caso, c’è un sottotesto strategico in gioco: il Rovo può specializzarsi in tre diverse categorie (attacco, difesa e cura), sposando bene tanto uno stile di gioco aggressivo e votato all’offesa quanto uno più attendista.Il consiglio, però, è di non contare troppo sui nostri compagni d’arme: l’intelligenza artificiale che li muove non è delle più raffinate, tanto in fase di attacco, quando faticheranno a schivare attacchi prevedibilissimi (e altrettanto dannosi), quanto in ambito difensivo, quando sceglieranno il momento meno opportuno per provare a rianimare un alleato caduto, morendo nel processo.Chiaramente il focus del gioco è sulle modalità multigiocatore, che, al momento dei nostri test, si sono rivelate efficienti e prive di fenomeni di lag significativi, ma una maggiore attenzione sulle routine comportamentali dei nostri alleati avrebbe reso maggiormente godibile anche le numerose ore necessarie ad arrivare in fondo alla campagna per giocatore singolo.

Tripla A?Anche sotto il profilo tecnico, dove ci si aspettava valori produttivi di primo piano visto che si parla di un titolo first party, ci sono molte luci, ma anche delle ombre: i modelli poligonali soddisfano, il motore non ha praticamente mai mostrato incertezze durante le ore di test e il character design, seppure discutibile se rapportato alla storia (molti dei Peccatori vestono all’ultima moda), denota una certa cura e un tratto ricercato.Allo stesso tempo, però, le arene sono poche a livello numerico e tutte molto anonime, come anche tutti gli ambienti interni di gioco, spogli e assai poco attraenti; il bestiario è povero e non consta di creature dal design particolarmente ardito e, in generale, non si ha mai l’impressione di trovarsi dinanzi ad uno dei giochi più performanti per la macchina Sony.Detto di un multiplayer soddisfacente, che rimanda a classifiche mondiali sempre in evoluzione, il sonoro merita invece più d’una lode: il parlato giapponese con sottotitoli in italiano è una scelta azzeccatissima, non solo per la qualità intrinseca del voice acting degli attori nipponici, ma anche perché preserva lo stile orientale della produzione, e dona un senso di estraneità che si confà alle vicende narrate.

– Ambientazione originale e accattivante

– Prova a proporre qualcosa di nuovo nel suo sottogenere

– Doppiaggio originale

– Buon multiplayer

– Manca un po’ di fisicità

– A.I. dei compagni a singhiozzo

– Arene insoddisfacenti per qualità e numero

7.5

Freedom Wars soffre delle aspettative eccessive che gravavano sulle sue spalle e dell’agguerrita concorrenza su Vita, con i due eccellenti Soul Sacrifice e il più che dignitoso Toukiden, ma, preso di per sé, è un hunting game di buon livello, che propone un’ambientazione accattivante, varie digressioni alla formula consolidata del genere e un comparto multigiocatore privo di sbavature.

I patiti del genere non dovrebbero farselo scappare, ma anche coloro i quali rifuggono da questo tipo di giochi potrebbero trovarne ipnotici i ritmi e gradevole il sistema di crafting, a patto di soprassedere su una I.A. altalenante e una fisicità mai davvero convincente durante le battaglie.

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