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Dead Rising: Matricole e Meteore #2

Dead Rising, quando il videogioco a tema zombi può divenire caustica satira "a mente fredda"

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Bentornati a Matricole e Meteore, la rubrica dedicata ai successi (e agli insuccessi) inaspettati della videoludica di massa. Dopo il bagno di Antica Roma che ha segnato l’esordio, questa seconda puntata della rubrica parlerà nuovamente di un’opera prima Capcom. Quella di oggi ha saputo però farsi strada in un panorama saturo come quello horror, fino ad arrivare più o meno intatto fino a oggi, ritagliandosi nel frattempo posizioni anche prestigiose quali essere titolo di lancio per Xbox One. Parliamo ovviamente di Dead Rising, la caustica avventura zombie di un giornalista spregiudicato.

Ma che c’entrano i legionari con gli zombi?

Le origini di Dead Rising sono curiosamente legate proprio a Shadow of Rome. Lo scarso successo dell’avventura di Agrippa e Ottaviano mandò in fumo qualunque possibilità di sequel, appaiato con le poche vendite di Onimusha Dawn of Dreams. Ma Capcom non era intenzionata ad abbandonare l’idea del “gioco occidentale da vendere agli occidentali”. Continuando a lavorare sull’ormai attempato motore grafico di Onimusha 3 l’atmosfera horror pareva un buon punto di partenza, e si sposava alla perfezione con il sotteso messaggio anticonsumistico dei film di George A. Romero. Da quel momento il lavoro va avanti speditamente e il gioco arriva sulle Xbox 360 di tutto il mondo tra agosto e settembre del 2006.

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Dead Rising parla di Frank West, un fotoreporter d’assalto che a seguito di una soffiata si fa trasportare in elicottero fino alla cittadina di Willamette, in Colorado. Il luogo è inspiegabilmente sotto quarantena da parte dell’esercito, e per questo Frank sarà costretto a rivolgersi a un pilota di elicotteri, che lo porterà via aria dietro promessa di una percentuale sullo scoop. Da questi si farà lasciare sul tetto del centro commerciale con la promessa di farsi tornare a prendere tre giorni dopo. Lo spregiudicato reporter non ci metterà molto a scoprire come la situazione a Willamette sia folle: in città è stato diffuso un misterioso virus che ha trasformato gli abitanti in zombie. Dopo che gli zombi avranno invaso anche il centro commerciale, Frank dovrà cercare di sopravvivere all’infezione e capire chi o cosa si nasconde dietro al cataclisma.

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Pance troppo piene, cervelli troppo vuoti

La storia si dipanerà quindi attraverso i Casi e gli Scoop, eventi che si verificheranno in un certo giorno entro una certa ora e che scopriranno altarini e sempre nuove aree del grande centro commerciale in cui si svolgerà la vicenda. Mancare uno di questi appuntamenti comporterà il fallimento dello scoop di Frank, con conseguente “svanimento nelle tenebre” della verità. Una struttura narrativa severa ma flessibile. Il motivo per cui fu (ai tempi) in parte rivoluzionaria fu proprio per la sua capacità di coordinare sia gli amanti della trama principale sia chi voleva semplicemente girovagare per l’ambientazione. Lo stesso Frank era volutamente antitetico agli “adolescenti mitologici” di gusto giapponese. Piuttosto aveva i tratti spregiudicati del tardo-trentenne dai modi spicci e con l’ovvia faccia tosta del giornalista d’assalto, pronto veramente a tutto pur di portare a casa la pellaccia e lo scoop (non necessariamente in quest’ordine).

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Ma passati l’adrenalina e il grottesco, ci si rende subito conto di come questo esordio abbia una satira molto più “a mente fredda” rispetto ai successivi capitoli. Più che la critica sociale la trama del primo Dead Rising sferza l’imperialismo americano, che insieme al consumismo produce umani insaziati, insaziabili e senza etica. Ciò è anche veicolo per frecciate sull’ambientalismo e sul mondo dei mass media, per quanto la sceneggiatura lasci intendere come non è attraverso la violenza, la pandemia o il terrorismo (sia fisico che psicologico) che si può cambiare la società. Con il passaggio a sviluppatori pienamente occidentali la critica sarebbe invece divenuta più “mirata” alle specifiche ossessioni, perdendo il sostrato più “profondo” nato proprio dall’avere artefici giapponesi.

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Tutto è un’arma, specialmente i CD

Al nocciolo comunque il gioco Capcom è un action molto grezzo, in cui si realizza il “sogno proibito” di molti appassionati dell’horror vecchia scuola: il giocatore viene letteralmente dato in pasto a migliaia di zombi dentro a un ambiente esteso ma circoscritto. Comunque decidiate di impostare il vostro soggiorno a Willamette, che sia ricercare la verità, salvare i superstiti o semplicemente folleggiare, l’istinto di sopravvivenza sarà la vostra arma migliore. Il centro commerciale è infatti pieno sia di zombi che di merci, e praticamente qualunque cosa raccoglibile ha un qualche impiego. Si va da armi canoniche (come quelle da fuoco) a desuete come quelle da taglio, passando per altre di puro gusto goliardico come CD, strumenti musicali, articoli sportivi, giocattoli, maschere, vasi di fiori, registratori di cassa. Tutte quante si romperanno con l’uso, obbligando quindi a cambiarle spesso o a raccoglierne di nuove.

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La possibilità di combinarle sarebbe arrivata solo col secondo capitolo, quindi in questo caso la sfida diventa il riuscire a ricordare dove si trovano le armi più efficaci e il percorso più veloce per raggiungerle una volta lasciato il rifugio. Per ripristinare la salute interverranno i cibi, mentre per i bonus passivi (durabilità armi, efficacia cure) andranno raccolti e tenuti libri e riviste. L’aura più grottesca e demenziale di Dead Rising si concretizza poi nella possibilità di abbigliarsi come meglio si crede, dai completi eleganti alle tute intime infantili, passando ovviamente per accessori e abiti femminili. A livello topografico Willamette è una sorta di “ciambella” con al centro un piccolo parco verde, e specialmente le prime volte impararsi la topografia del centro sarà una difficoltà in più. C’è infatti solo un punto (a Paradise Plaza) dove accedere al tetto e quindi al rifugio, e pertanto bisognerà passarvi a ogni entrata e uscita, perdendo secondi preziosi (le 72 ore di gioco equivalgono a 6 di tempo reale). Solo con il proseguire della trama si sbloccheranno varie scorciatoie; all’inizio sarà obbligatorio fare il “giro lungo”, tra l’altro stando costantemente sul chi va là a causa del livello basso.

Dead Rising- IMG_6Più Prestigio per tutti

A livello più statistico Dead Rising traduce la capacità di sopravvivenza in Punti Prestigio (PP), che riceveremo automaticamente al compimento di azioni come scattare foto, uccidere zombi, salvare e scortare superstiti, completare i casi e sconfiggere gli psicopatici. Raggiunto un sufficiente ammontare di PP Frank salirà di livello e migliorerà le proprie capacità, diventando più forte o resistente, aumentando il numero di oggetti trasportabili o guadagnando qualche sua mossa caratteristica. Storicamente il gioco fu comunque molto ben accolto dalla critica e dal pubblico, attratti sia dal contesto “sandbox” che dalle centinaia di cadaveri ambulanti possibili grazie alla potenza della Xbox 360. L’appena conclusasi sesta generazione fece parimenti passare un po’ “sotto silenzio” anche i difetti più oggettivi.

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Se il gioco introduce tutte le meccaniche divenute caratteristiche per il franchise, oggi emerge con prepotenza quanto Dead Rising sia legato alla “spietatezza” dell’epoca PlayStation 2. Non esistono checkpoint o salvataggi automatici, la storia principale obbliga a centellinare risorse e uscite e la crescita di Frank è particolarmente ripida. Questo primo capitolo inaugurava la consuetudine di ripetere più volte la campagna principale mantenendo livello ed esperienza accumulate, ma qui nei fatti si è obbligati a ricominciare più volte per riuscire a raggiungere un livello tale da potersi spostare decentemente per Willamette.

Oltre agli infiniti quantitativi di zombi barcollanti, proprio gli psicopatici saranno i “boss” del gioco, e spesso richiederanno una propria strategia per essere sconfitti e permetteranno di accedere ad armi uniche. La particolarità di questi sopravvissuti impazziti sta nella rappresentazione del loro delirio, esageratissimo in puro stile giapponese esattamente come l’espressività sopra le righe. Pur essendo molti ristretti alla “macchietta” riescono comunque a farsi ricordare, e forse di nuovo a renderli “zoppicanti” è l’ennesimo segno di “vecchiaia”. Per quanto dannosissimi, la loro intelligenza artificiale è goffa e spesso li fa incastrare negli scenari o ne inibisce le azioni. Certe battaglie poi (specialmente una in motocicletta e quella finale) erano e rimangono da dimenticare, così come la rozzissima maneggevolezza dei (pochi) veicoli presenti.

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Meglio migliaia ma imbecilli o uno solo ma intelligente?

Il centro commerciale di Willamette tratteggia con oggettività negozi, ristoranti e cinema, impostandosi con dei colori sgargianti. Questo “realismo” era per i tempi un passo avanti notevole, e anche oggi non ha perso molti colpi. La presenza di negozi dai nomi volutamente generici e citazionistici permette a Capcom di disegnare un perfetto “non-luogo”, un tempio del consumismo frivolo che in quanto tale sta dovunque e da nessuna parte. Tale asetticità è chiaramente sporcata dai migliaia di zombie che costantemente lo affolleranno, e che come il fluire delle onde si avvicineranno per poi ritrarsi quando colpite. Tali “scene di massa” vanno prese esattamente per quello che sono, dato che una volta visti da vicino gli zombie hanno una modellazione molto semplificata e una quantità molto limitata di modelli differenti.

Discorso insieme analogo e differente va fatto per i personaggi umani. Il design di tutti quanti si imposta su un insistito “occidentale”, con lineamenti anche volutamente imbruttiti rispetto agli “standard”, ma le espressioni facciali sono veramente invecchiate male. Alcuni personaggi femminili poi non riescono a salvarsi dalla classica apparenza da “bambola di porcellana” che finisce con lo stonare con il resto del cast (primario e secondario). Chiaramente Dead Rising non si risparmia nel mostrare smembramenti e schizzi di sangue scuro, e volendo questo è uno dei tanti segni che lo ricollega al “nonno incompreso” Shadow of Rome. Visti oggi questi effetti visivi sono più coreografici che impressionanti, e i tratti fumettosi dell’azione rendono ancora una volta la violenza a schermo irreale e grottesca.

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Carnevali zombie con contorno di satira

Innovativo per i tempi e interessante per la contemporaneità è il cercare di variare l’esperienza introducendo una modalità alternativa a quella delle 72 ore dove sopravvivere all’infinito e la presenza di finali multipli. Ancora una volta si tratta di conclusioni narrative piuttosto taglienti, alludendo con cattiveria l’opinione pubblica è talmente ingoffata di notizie e quotidiane disgrazie che anche una cosa gravissima come un’epidemia di zombi svanisce nel marasma dopo poco.

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Alla prova del mercato Dead Rising quindi riuscì dove Shadow of Rome aveva fallito, sfociando in una serie di sequel, contenuti scaricabili e opere derivate andata avanti fino a oggi. Già da Dead Rising 2 Capcom abbandonò l’esclusiva Xbox, affidando addirittura il lavoro a uno studio esterno, i canadesi Blue Castle Games (oggi si chiamano Capcom Vancouver). Con loro il franchise virò su una critica più “mirata”, prendendo in giro le idiosincrasie dell’americano medio e dello show-business. Con il passaggio all’attuale generazione il primo episodio venne a sua volta ripubblicato in digitale come multipiattaforma. Nonostante i tentativi di rendersi più “serioso” con il quarto e quinto capitolo, Dead Rising avrebbe poi ripiegato quasi in toto verso l’esagerato, il demenziale e il carnevalesco. Basta vedere quanto siano cresciute negli anni con gli oggetti combinabili (e poi pure i veicoli), i luoghi siano sempre meno circoscritti ma sempre più pieni di zombi, accompagnati poi a una drastica riduzione del livello di difficoltà generale. Vedremo quale sarà il futuro.

Dead Rising è la prima Matricola di questa rubrica. Un videogioco per i tempi molto originale, incattivito, sottilmente folle e dai molteplici approcci, per quanto oppressi da una ripetitività un po’ troppo prepotente. Prima che il brand optasse per l’esagerato e il carnevalesco, il naturale “distacco” dello sviluppatore giapponese ha permesso una trama più universale e ancora adesso stranamente attuale. Tuttavia affrontare Dead Rising oggi potrebbe non essere la più facile delle imprese, vista la rigida struttura sia narrativa che di progressione. Se riuscirete a passare sopra le evidenti “rughe” però scoprirete il capitolo più sferzante e genuino della saga. Benvenuti a Willamette.

Voto Recensione di Dead Rising: Matricole e Meteore #2 - Recensione


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Commento

Dead Rising è la prima Matricola di questa rubrica. Un videogioco per i tempi molto originale, incattivito, sottilmente folle e dai molteplici approcci, per quanto oppressi da una ripetitività un po’ troppo prepotente. Prima che il brand optasse per l’esagerato e il carnevalesco, il naturale “distacco” dello sviluppatore giapponese ha permesso una trama più universale e ancora adesso stranamente attuale. Tuttavia affrontare Dead Rising oggi potrebbe non essere la più facile delle imprese, vista la rigida struttura sia narrativa che di progressione. Se riuscirete a passare sopra le evidenti “rughe” però scoprirete il capitolo più sferzante e genuino della saga. Benvenuti a Willamette.