A differenza della precedente, bistrattata console Nintendo, la libreria di Switch si sta arricchendo, mese dopo mese, di una grandissima quantità di titoli interessanti, tra le eccellenze delle produzioni first party della casa di Kyoto ed una marea di titoli third party che non ci saremmo aspettati, spesso esclusivi.
Brigandine: The Legend of Runersia
- Piattaforma:
- SWITCH
- Genere:
- gioco-di-ruolo, strategico
- Data di uscita:
- 25 Giugno 2020
- Sviluppatore:
- Matrix Software
- Distributore:
A pochi giorni da Deadly Premonition 2, che ricalca perfettamente questo profilo, abbiamo recensito per voi un gioco dal minore richiamo pubblicitario ma che gli amanti della strategia (e della prima PlayStation) non potranno che amare: stiamo parlando di Brigandine Legend of Runersia, giunto da pochissimo in Europa nel solo formato digitale.
Un continente in tumulto
Runersia è un continente ricco, graziato dal mana concesso in abbondanza dal dio delle Rune e da condizioni climatiche ideali per il fiorire della civiltà umana: sulla sua superficie, a dividersi le fertili terre e le acque sorgive, cinque nazioni indipendenti, ognuna delle quali ha costruito le sue fortune su una pietra magica incastonata in un’armatura sacra, chiamata Brigandine. Una sesta nazione, Holy Gustava Empire, nata dalla fede di transfughi ed esiliati da Norzaleo, pur sprovvista di una sua Brigandine, sgomita con i regni circostanti per rivendicare il suo spazio e la sua sovranità. Da est a ovest, da nord a sud, però, a cavallo dell’anno 781, spirano venti di rivolta, come se un dio capriccioso avesse mescolato le carte. Sussurri di guerra e tumulti di vario genere percorrono tutto il continente, risvegliando nei suoi abitanti una brama di potere e di sangue, dopo decenni di convivenza pacifica.
Il giocatore può scegliere inizialmente tra una qualunque delle sei nazioni, e ad ognuna di esse corrisponde una campagna separata con personaggi, motivazioni e storie uniche, che sfociano in uno dei due finali possibili percorrendo quindi strade molto differenti l’una dall’altra.
La caratterizzazione dei personaggi, le note storiche, sociali e culturali ottenute man mano che si avanza nella conquista dell’intero continente, i dialoghi tra regnanti, sudditi e consiglieri sono tutti ben scritti, e riescono senza difficoltà a calare il giocatore in un’ambientazione affascinante. A corredo di un così riuscito contesto socio-politico, c’è una storia che tocca temi affatto banali come la fede, l’abuso del potere da parte dell’uomo, il prezzo da pagare alla guerra e, sopra ogni altra, l’affermazione dell’umanità dinanzi al divino.
Delle sei nazioni, abbiamo scelto Norzaleo per la nostra prima run, una monarchia insulare situata a nord ovest del continente, patria della Brigandine della Giustizia e di un popolo tanto fiero in battaglia quanto appassionato della nobile arte del teatro.
La storyline di questa nazione prevede che, in un tempo di relativa calma, nel breve volgere di qualche giorno due eventi cataclismici gettino il regno del caos: la misteriosa ed improvvisa dipartita del regnante, Rubino III, e la contemporanea invasione, ad est, da parte delle forze del già citato Holy Gustava Empire, che il giovane Rubino IV, principe ereditario, e i suoi fidati consiglieri ritengono responsabile anche dell’assassinio del re. Il destino del giovane principe, in verità più avvezzo alla sceneggiatura che non ai campi di battaglia (almeno inizialmente), è allora segnato: condurre la sua nazione fuori dalle secche e, contemporaneamente, vendicare la morte dell’amato padre.
Non mancano, comunque, motivi di interesse e personaggi di spessore rilevante anche nelle altre casate: la Mana Saleesia Theocracy e la Repubblica di Guimoule, perennemente in guerra lungo i confini comuni, la tribù delle Shinobi, una casta chiusa a base matriarcale che si nasconde nel fitto dell’enorme foresta a est di Norzaleo, e l’altra nazione insulare, le United Islands of Mirelva, uno stato guidato da pirati che ha però chiare mire espansionistiche sulla parte orientale del continente di Runersia.
Il buon livello di scrittura generale, una storia ben ramificata che percorre le singole motivazioni di ogni stato per poi sfociare in un finale corale e una discreta varietà nelle personalità e nelle sfumature culturali di ogni stato rendono Brigandine The Legend of Runersia un prodotto non solo gradevole a livello narrativo, ma anche decisamente rigiocabile, tanto sul breve periodo (noi abbiamo iniziato una seconda run appena ultimata la prima) quanto sul lungo, per quanti volessero invece concentrarsi più sul gameplay puro e semplice.
Sebbene, quindi, sia tecnicamente possibile saltare a pie’ pari tutte le fasi dialogiche, in realtà mai troppo invasive, per concentrarsi sulle battaglie e sulla composizione e gestione di un vero e proprio esercito, il nostro consiglio, per quanti posseggano una buona conoscenza della lingua inglese, è di dare spazio alla narrazione e vivere così l’esperienza di gioco senza fretta, come gli sviluppatori di Matrix Software avrebbero probabilmente voluto.
Quando Risiko incontra Fire Emblem
Il modo migliore per riunire sotto un unico stendardo l’intero continente di Runersia, infatti, è quello di prendersi tutto il tempo necessario per la pianificazione di ogni mossa, perchè agire d’impulso può significare perdere terreno, e perdere terreno, a sua volta, significa perdere tempo, ed il tempo è il vero, grande nemico del giocatore in Brigandine. Basti pensare che la principale differenza tra i tre livelli di difficoltà selezionabili ad inizio partita consiste nella quantità di tempo a disposizione del giocatore per conquistare tutti i regni di Runersia: se al livello più basso non ci sono limitazioni temporali, a quello intermedio il limite è fissato a ventiquattro stagioni, che diventano solamente dodici qualora si volesse optare per il livello più impegnativo.
Il motivo è presto spiegato: le risorse, soprattutto in termini di truppe, sono dannatamente limitate soprattutto nelle prime fasi di gioco, e, ancor di più, le basi catturate possono essere reclamate dal nemico in qualsiasi momento, e quindi senza un adeguato presidio da parte delle unità del giocatore, una fortezza appena conquistata può essere immediatamente persa, con l’obbligo di scendere nuovamente in battaglia per scacciare i nemici.
Questo impone un approccio moderato alla campagna di conquista, alla ricerca di un bilanciamento tra la necessità di muovere sempre in direzione del prossimo forte da conquistare e quella di lasciare indietro guarnigioni ben rifornite, onde evitare di essere scalzati dagli scranni appena conquistati: un po’ come in Risiko, arcinoto gioco da tavola, allora, i comandanti che avranno successo in Brigandine saranno quelli capaci di mediare tra le due anime di una guerra di conquista, dosando le forze e costruendo battaglioni adeguati alle necessità del momento.
Ogni squadra è composta da un massimo di tre capitani umani, ognuno dei quali può arruolare fino a sei mostri contemporaneamente, a seconda del livello raggiunto e della conseguente disponibilità di punti evocazione. Tuttavia, il limite massimo di cento creature arruolate contemporaneamente non consente di affidarsi alla forza bruta, e costringe alla pianificazione e alla gestione delle risorse tanto in termini di mana quanto di mostri.
Durante la nostra prima run, ci siamo trovati più volte a smontare e ri-assemblare squadre, affiancando combattenti di prima linea a medici e maghi, alternando ladri ad arcieri e cercando di ottimizzare l’efficienza del nostro esercito. La possibilità di arruolare nuovi soldati, tramite missioni secondarie in cui impegnare le nostre truppe o conquistando un regno nella sua interezza, apre a scenari tattici sempre nuovi, che lasciano grande libertà di approccio alle sfide proposte dal titolo Matrix.
Il fattore temporale è di fondamentale importanza anche durante le battaglie vere e proprie, quando il gioco abbandona le sue velleità da strategico in 4K a larga scala e si avvicina molto al modello proposto da titoli come Final Fantasy Tactics o Fire Emblem: le missioni (con pochissime eccezioni) hanno infatti una durata massima di dodici turni, al termine dei quali i difensori saranno dichiarati vincitori qualora nessuno degli invasori stazioni su uno degli esagoni che delimitano la città oggetto della contesa.
Questo significa che, in qualità di attaccanti, ruolo che rivestiremo nella maggior parte dei casi, dovremo adottare tecniche offensive ed esporci, fatalmente, ai contrattacchi nemici, pur di conquistare la città in tempo, laddove, invece, quando saremo chiamati a difendere i nostri confini dovremo costruire un paio di linee di difesa e tenere duro a dispetto degli incessanti assalti nemici.
L’intelligenza artificiale che muove le truppe nemiche si è dimostrata discreta al livello intermedio di difficoltà, senza particolari sbavature e con l’utilizzo di tecniche di accerchiamento e di costante ricerca delle unità più deboli; le cose si fanno decisamente più interessanti innalzando al massimo la difficoltà, quando, oltre all’implacabile scorrere del tempo, i comandanti nemici sono capaci di infliggere danni ingenti.
Il nocciolo del gameplay è quello visto e rivisto altrove, senza particolari spunti, eppure funziona egregiamente: a differenza del più volte citato titolo Nintendo, Brigandine vede una suddivisione della sua mappa in esagoni, il che offre più punti di contatto tra le truppe e consente tattiche difensive più efficaci a protezione delle unità più vulnerabili, ma, a parte questo, è sempre la consueta alternanza tra magie, attacchi fisici e abilità speciali a scandire la progressione delle battaglie.
Quando la pianificazione che precede la fase di attacco, denominata Organization Phase, è stata svolta con diligenza, assegnando le giuste truppe e i giusti comandanti alle situazioni più spinose ed occupandosi del micromanagement delle singole unità (che possono passare di livello ed aumentare le proprie statistiche), difficilmente il verdetto del campo di battaglia mentirà.
I giocatori più frettolosi, tuttavia, potrebbero trovare gli stringenti limiti temporali e la morte permanente dei mostri evocati in caso di caduta in battaglia ostacoli insormontabili alla godibilità del titolo. Da parte nostra, abbiamo trovato la buona profondità strategica, il grande numero di truppe assoldabili e la libertà di approccio degli elementi assai godibili, che contribuiscono a creare un titolo sfaccettato ed impegnativo, che non mancherà di soddisfare gli appassionati del genere, pur senza raggiungere le vette toccate dai prodotti di Intelligent Systems e Square Enix.
Arte vs tecnica
Consci delle limitazioni di budget con cui sarebbero dovuti scendere a compromessi, i programmatori di Matrix Software hanno spinto forte su una direzione artistica unica, che potesse caratterizzare il loro prodotto e distinguerlo dalla massa di concorrenti, e, sotto questo punto di vista, il lavoro svolto è eccellente.
Brigandine Legend of Runersia sfoggia artowrk di splendida fattura per tutti i personaggi giocabili, anche per quelli secondari e recrutabili solamente accedendo a missioni secondarie del tutto opzionali: Raita Kazama, Jin Tamura e Yuta Kotano, tre artisti non di grande fama nel paese del Sol Levante, hanno dato vita ad un mondo barocco, a metà tra il fantasy classico ed il taglio più oscuro che ha reso immortali capolavori del calibro di Final Fantasy Tactics e Tactics Ogre, franchise a cui Matrix Software non ha mai fatto mistero di ispirarsi.
La bellezza dei disegni, sublimata dall’edizione da collezione e dalla copertina reversibile di quella standard giapponese (a proposito, per chi volesse importarla è bene sapere che supporta la lingua inglese), rende meno dolorosa la staticità delle fasi dialogiche, proposte con il classico stile da visual novel e, come tali, assai poco appetibili per quanti non si lasciassero rapire dalla storia.
A corredo di cotanta bellezza, c’è una colonna sonora di altrettanto pregio, firmata da Tenpei Sato, compositore di lungo corso della serie Disgaea di NIS America, nonché del più recente Labyrinth of Refrain: tra archi, sortite in campo rock, pianoforti e chitarre elettriche, la lunga cavalcata lungo le sei campagne disponibili non sarà mai noiosa, accompagnata sempre da un adeguato tappeto musicale. Fin qui, insomma, il versante artistico è promosso senza riserve.
Purtroppo, però, quello tecnico, nonostante l’utilizzo dell’Unreal Engine, denuncia la limitatezza del budget a disposizione e qualche spigolo di troppo in quanto a modellazione poligonale e comparto animazioni, abbastanza carenti per gli standard imposti da Switch negli ultimi anni.
I modelli poligonali sono assai limitati per numero, con un solo tipo di eroe per categoria (i Chierici, ad esempio, sono tutti identici tra loro, così come gli arcieri e così via), e i mostri che, al passaggio di livello, si limitano al semplice cambio di colore per differenziarsi dalle unità di più basso rango. Stesso discorso per le animazioni, limitate ad una per l’attacco, una per la difesa e una per la dipartita: sebbene svolgano il loro compito senza sfigurare particolarmente, non siamo esattamente dalle parti dell’eccellenza, ecco.
Il piattume degli scenari e lo stacco tra i magnifici artwork dei segmenti narrativi e la generale rozzezza delle fasi in-game frenano le ambizioni di un prodotto che per altri versi, come la quantità di contenuti, rasenta invece la perfezione.
Brigandine The Legend of Runersia consta infatti di sei differenti campagne, della durata media di una trentina di ore l’una, a cui si affianca una modalità libera, denominata Alternate Chapter, in cui è possibile reclutare cavalieri da ognuna delle sei nazioni e costruire liberamente il proprio esercito, con tanto di valutazioni alle performance del giocatore basate sulla velocità e sul numero di perdite. Se contiamo che ogni battaglia include dei dialoghi specifici a seconda delle unità schierate e che il totale dei personaggi reclutabili è di oltre cento, ecco che siamo dinanzi ad un’opera magna, capace di tenere potenzialmente incollati al pad per centinaia di ore.
Chiudiamo questa disamina dell’aspetto tecnico della produzione con una notizia buona ed una un po’ meno: la prima riguarda le performance del gioco, la seconda la traduzione inglese.
Se le prime non hanno lasciato adito a lamentele particolari, con il frame rate stabile e l’assenza di qualsivoglia tipo di bug, la seconda, invece, si è rivelata lacunosa, alternando una buona resa dei testi a errori grammaticali marchiani.
Inutile dirlo, ma la lingua italiana non è presente: audio giapponese e sottotitolazione inglese, com’era lecito attendersi da una produzione indipendente come questa.
Se siete rimasti affascinati da Brigandine, vi raccomandiamo di mettere gli occhi anche su Fire Emblem: Three Houses.
+ Incantevole direzione artistica
+ Strabordante quantità di contenuti
+ Colonna sonora orchestrale di prim’ordine
– Alcune mappe decisamente poco ispirate e troppo grandi
– Piuttosto ripetitivo sul lungo periodo
7.8
Brigandine The Legend of Runersia è un ritorno graditissimo, uno di quelli che non ci aspettavamo ma di cui, tutto sommato, avevamo bisogno. La sua comunanza tra avanzamento su un’ampia mappa con diverse nazioni in guerra e combattimenti tattici a turni offre un’esperienza unica nel suo genere, quantomeno su Switch, e, sebbene le vette raggiunte nei rispettivi campi da Civilization VI e Fire Emblem Three Houses rimangano lontane, il prodotto Matrix Software riesce a farsi perdonare con un’ispiratissima direzione artistica ed un’offerta ludica imponente.
Al prezzo di un comparto tecnico non proprio entusiasmante e di una certa ripetitività di fondo, allora, tutti i possessori di Switch possono avere accesso a circa duecento ore di contenuti di buona qualità, con la promessa di decine di run uniche possibili e di oltre un centinaio di personaggi recrutabili. Se avete già spolpato i mostri sacri del genere su Switch (i già citati ma anche Valkyria Chronicles, Wargroove e Mario + Rabbids), Brigandine rappresenta un’ottima scelta.