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Warhammer 40,000: Gladius - Relics of War - provato

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Avatar di Daniele Spelta

a cura di Daniele Spelta

Redattore

Pubblicato il 31/05/2018 alle 00:00
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Se scorro la mia libreria di Steam, scorgo almeno una decina di titoli ambientati nell’universo di Warhammer, sia questo nella sua versione fantasy, oppure nelle vesti più cupe e futuristiche di Warhammer 40,000. Fra giochi di football, strategici in tempo reale e GDR, è sorprendente come la licenza non sia mai stata sfruttata per dar vita ad un 4X, mancanza colmata dai ragazzi di Proxy Studios – in collaborazione con Slitherine – con Warhammer 40,000: Gladius – Relics of War, la cui data di pubblicazione è prevista all’incirca per l’inizio di questa estate. Se però pensate di trovarvi davanti ad un reskin di Civilization o di Endless Legend in salsa Space Marines vi sbagliate di grosso: mi sono infatti bastate poche ore per capire come il titolo non cerchi di imitare pedissequamente quanto già fatto da altri ma, partendo da basi simili, tenti di dare una visione propria del genere. La versione testata era ovviamente un assaggio di ciò che si vedrà nella release finale, l’unica fazione disponibile era quella degli Space Marines, da utilizzare esclusivamente nella classica partita sandbox, ma anche al netto delle limitazioni è chiara al 100% la totale devozione di Gladius a tutto ciò che è il mondo di Warhammer 40,000, nel bene e nel male.
Non c’è spazio per le chiacchiere 
Gli Space Marines, i Necron, gli Ork e gli Astra Militarum non sono personaggi che vanno per il sottile e con cui ci si siede tranquillamente a discutere davanti ad un caffè e la lotta per la conquista del pianeta Gladius, il corpo celeste in cui è ambientata l’avventura e che cela sulla sua superficie i resti di una civiltà perduta, non lascia spazio ad altro che Bolter e Chainsword: le quattro fazioni presenti al lancio sono infatti coinvolte in una guerra senza esclusione di colpi e, dato il costante stato di belligeranza, in Warhammer 40,000: Gladius è del tutto assente la componente diplomatica. Davanti ad un’affermazione del genere, i fan di lunga data dei 4X, sempre usi a tessere trame e a stipulare alleanze da tradire alla prima occasione, potrebbero avere un mezzo mancamento e, non lo nego, anche io mi sono trovato inizialmente spiazzato davanti a tale scelta, soprattutto ripensando a come questa decisione avrebbe ridotto le possibili modalità di vittoria. Privare la propria opera di uno dei pilastri portanti del genere significa escludere tutto ciò che concerne il commercio, le dichiarazioni di guerra, gli accordi sul transito nei territori neutrali e un’altra serie di finezze che il recente Civilization VI ha portato all’estremo grazie al sistema delle Agende, un vero tocco di classe che è riuscito a valorizzare tutta l’interconnessione e i rapporti fra le varie nazioni. Ma se Civilization VI è stato, almeno in questa meccanica, un vero esempio da seguire, la lista di opere in cui ci si trova a lottare con una IA deficitaria è davvero lunga: per un Europa Universalis che ha dalla sua un’infinità di varianti diplomatiche, ci sono almeno dieci altri titoli in cui le potenze guidate dalla CPU hanno dei comportamenti per lo meno dubbi. Ripensando quindi ai molti passaggi a vuoto nella storia dei 4X sul versante della diplomazia, non appare in fin dei conti un’eresia la strada adottata da Proxy Studios, esclusione che ha un suo perché sia dal punto di vista del design, sia in prospettiva di coerenza narrativa – l’universo di Warhammer 40,000 è infatti una storia di guerra pressoché senza fine – e ha inoltre permesso al team di sviluppo di concentrare i propri sforzi su ciò che è il vero cuore dell’opera, ossia l’aspetto bellico.  
Lasciamo parlare i Bolter
L’importanza data ai duelli fra Space Marines, Orks, Necron ed Astra Militarium è ravvisabile in molti aspetti del gioco, uno su tutti l’albero delle tecnologie. Quest’ultimo è stato diviso in 10 tier e, se si escludono gli edifici principali contenuti nei gradini iniziali, buona parte delle ricerche ruota attorno alle truppe, alle loro abilità speciali e alle varie armi o potenziamenti con cui migliorare il proprio esercito. Grazie alle molteplici variabili, i duelli, da sempre uno dei punti deboli dei 4x, paiono assumere finalmente la giusta rilevanza in Warhammer 40,000: Gladius e, fra Space Marines d’assalto, Vindicator e Dreadnought, le tipologie di truppe da schierare sono davvero numerose, a cui poi affiancare unità speciali, come i Capitani o, ancora, i Cappellani, in grado di dare supporto grazie alle loro specializzazioni. Questi combattenti godono poi di un sistema di livellamento e di doti tipiche di un gioco di ruolo – non aspettatevi chissà quali rivoluzioni ovviamente – tutti elementi che avvicinano Warhammer 40,000: Gladius quasi ad un wargame. Infine, anche il pianeta stesso, quel Gladius da esplorare e da sfruttare per ottenere le risorse, nasconde non poche insidie, non i soliti “barbari” che fungono da carne da macello nelle fasi iniziali, ma mostruosità generate dal Caos che possono dare non poco filo da torcere.  
Still to come
Come in tutti i 4x, solo la prova definitiva e un numero consistenti di ore di gioco potranno determinare il giudizio finale ma, al netto dell’unica fazione presente in questa build, la sensazione provata è stata quella di avere fra le mani un titolo che, nel nome di un maggior focus sulle battaglie, ha lasciato indietro gli altri elementi chiave del gioco. La gestione della propria fazione si è dimostrata molto leggera, anche perché gli Space Marines – probabilmente la razza “base” del gioco – hanno dalla loro un unico insediamento centrale, attorno al quale costruire gli edifici necessari alla raccolta delle risorse e all’arruolamento delle truppe, sfruttando un sistema simile ai distretti visti nell’ultimo Civilization VI. Anche l’economia, vuoi per l’assenza del lato diplomatico, si riduce ad un sistema di semplice raccolta dei materiali, un meccanismo ad incastro che sfrutta i pochi edifici messi a disposizione delle truppe dell’Impero, in cui occorre semplicemente tenere sott’occhio le truppe addestrate per non finire in “bancarotta” o per non abbassare troppo il livello di fedeltà. L’unico reale scambio commerciale avviene in avamposti mercantili neutrali, in cui acquistare alcuni armamenti più potenti. A causa dell’assenza di un vero lato economico, in Warhammer 40,000: Gladius non c’è modo di costruire un imponente impero economico e tutte le fazioni presenti sono unicamente dedite alla guerra e alla conquista.
 
Sarebbe però estremamente sbagliato correre a conclusioni affrettate, perché Proxy Studios ha lavorato di fino sulla caratterizzazione delle quattro razze, la cui gestione segue percorsi completamente differenti, varietà che andrà ovviamente tastata con mano, ma che promette una certa profondità e differenziazione alle singole partite. Quest’ultimo discorso vale anche per le quest, una serie di missioni mano a mano dalla portata crescente e che si affiancano alla mera distruzione delle razze avversarie, un sistema di obiettivi che, auspicabilmente, sarà differente per ciascuna fazione.

– Cupo e scuro come deve essere un Warhammer 40,000

– L’idea di un 4X su licenza Games Workshop non può che essere interessante

– Molti spunti sul lato bellico

L’idea alla base di Warhammer 40,000: Gladius è sicuramente intrigante, se non altro perché, fra le decine di titoli ambientati nell’universo di Games Workshop, di strategici 4x ancora non se ne erano visti. Dopo la curiosità iniziale e l’entusiasmo che sempre c’è quando si guidano degli incazzatissimi Space Marines mentre fanno a fette qualsiasi nemico si pari lungo il loro cammino, sono sorti anche un paio di interrogativi: solo la prova di tutte le altre fazioni, con le rispettive unicità, potrà infatti dissipare i dubbi sulla parte gestionale, apparsa debole se confrontata con altre produzioni appartenenti allo stesso genere, titoli rispetti ai quali Warhammer 40,000: Gladius pare però aver una marcia in più nel condurre una guerra spietata e senza fine.

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