Recensione

Tacoma

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Quando Gone Home arrivò sul mercato, per i cosiddetti walking simulator era un periodo di interessanti e audaci sperimentazioni narrative. Grazie alla sua avventura ottimamente orchestrata, ricca di chiaroscuri e una narrazione ambientale in grado di tenere alta la curiosità del giocatore fino alla fine, il gioco ebbe numerosi riconoscimenti da parte della stampa specializzata, che ne esaltava tutta le sue particolarità. Sebbene gli studi di sviluppo abbiano spesso la tendenza ad andare sul sicuro e proporre dei seguiti, Fullbright ha deciso non solo di cambiare completamente ambientazione e catapultarsi nello spazio, ma anche di tentare di ampliare la portata dei propri progetti e far evolvere la formula che li ha resi popolari. Ovviamente, la natura autoconclusiva della loro opera prima, agevola molto questo compito.
Cosa è successo?
Nei panni di Amy Ferrier dovrete portare a termine il lavoro per cui siete stati messi sotto contratto: imbarcarvi all’interno della stazione spaziale deserta chiamata Tacoma e recuperare ODIN, l’intelligenza artificiale della Venturis Corporation che giace al suo interno. In attesa che i file vengano trasferiti, Amy si imbatte nelle registrazioni dell’equipaggio e in diversi dettagli che le riveleranno cosa è davvero accaduto lì dentro. 
Essendo Tacoma un’avventura unicamente basata sulla storia, pressoché scevra di importanti elementi di gameplay, senza puzzle e senza combattimenti, era lecito aspettarsi grande attenzione per quanto riguarda la sceneggiatura. Fullbright ha certamente svolto un ottimo lavoro in tal senso, eppure si avverte una sensazione di distacco mentre davanti ai nostri occhi si dispiegano – attraverso degli ologrammi e degli elementi a realtà aumentata – le vicende narrate. Non è tanto l’assenza di un ambiente familiare a creare questa barriera, ma è più una questione prospettica che tende a lasciar osservare (quasi stalkerare) le diverse personalità che si trovavano su Tacoma, rendendole tutto sommato estranee e lontane. I ritmi e gli escamotage per suddividere idealmente in scaglioni la trama sono buoni, mentre la struttura attraverso cui letteralmente si “naviga” tra le informazioni è un po’ debole e mostra il fianco a una ripetitività parzialmente scongiurata dalla brevità dei dialoghi. Se non altro, il giocatore ha l’assoluto controllo su ciò che viene raccontato: ha la possibilità di sbloccare le sequenze audiovisive e di riavvolgerle o mandarle avanti a piacimento, mettendole anche in pausa quando i “fantasmi” dell’equipaggio permettono l’interazione coi pannelli a realtà aumentata che recano con sé. Quando ciò avviene, Tacoma mostra forse la sua parte migliore: approfondisce ulteriormente le diverse personalità dell’equipaggio, vi lascia conoscere la loro umanità, le preferenze, le preoccupazioni di tutti i giorni, le loro storie. E lo fa con incredibile naturalezza, mettendo in luce delle routine che in fondo appartengono a tutti, che possono essere comprese poiché non si appoggiano agli stereotipi che abbiamo sempre visto nei videogiochi. Gli uomini e le donne che si trovavano dentro la Tacoma sono credibili e reali, nonostante per tutto il gioco vedrete solo le proiezioni stilizzate dei loro corpi. Quando interagirete coi pannelli, dicevamo, potrete accedere a molte loro informazioni personali, come scambi di battute attraverso una chat o via mail. Diversi file sono corrotti e danneggiati, pertanto non c’è mai il rischio di trovarsi davanti a dei muri testuali che annoierebbero persino i più strenui difensori delle avventure narrative, né esiste la necessità di leggere davvero tutto per far avanzare il gioco. Tuttavia diventa essenziale se si vuole avere un quadro completo e approfondito della vicenda.
Quale destino?
Vicenda che tra l’altro svela troppo presto le informazioni più di rilievo, spegnendo di fatto la fiamma della curiosità che avvampava con ardore quando si giocava a Gone Home, che al contrario di Tacoma sapeva bene come costruire il climax e coinvolgere fino alla fine. Tacoma però dà più strumenti al giocatore affinché possa scoprire il magnifico lavoro che Fullbright ha fatto sui personaggi: lo fa introdurre nelle loro camere e lo immerge in un contesto credibile, gli fa osservare le loro foto, le loro abitudini, il modo di esprimersi e, soprattutto, gli fa conoscere le dinamiche di vita quotidiana che intercorrevano tra i membri dell’equipaggio poco prima che avvenisse il disastro. 
L’interazione del giocatore è dunque finalizzata al controllo e alla scoperta della trama e non è una sorpresa che Fullbright abbia voluto portare avanti una tradizione nata con Gone Home. Al di là dell’esplorazione e dell’inserimento di qualche codice numerico per sbloccare degli armadietti, Tacoma offre in definitiva quella che potrebbe essere definita una novella interattiva. La progressione è lineare ma le diverse sezioni allestite consentono uno spazio di manovra sufficiente per decidere quanto a fondo si vuole scavare nel passato della nave. 
Il punto è che il gioco ha qualche problema con gli spazi non utilizzati e che molti dei dettagli che farete emergere non aggiungeranno davvero nulla alla trama, pertanto se vorrete sapere vita, morte e miracoli dell’equipaggio e arrivare dunque attorno alle cinque ore di gioco, sarà tutta una questione di curiosità personale. Oltretutto, un’eventuale e ossessiva ricerca non potrà salvarvi dal reperire diversi oggetti spazzatura.
Tacoma offre però una storia davvero solida e con un finale in grado di stuzzicarvi, raccontando in maniera molto franca dei problemi che ci coinvolgeranno inevitabilmente nel prossimo futuro, dando corpo all’idea di fondo di alcune grandi corporazioni che avranno un controllo impressionante sui propri utenti. Ma senza esasperare i toni.
Sebbene tecnicamente rimanga in tutto e per tutto un titolo indipendente, con tutte le limitazioni del caso, Tacoma dimostra di avere grande attenzione per i dettagli e per il mondo di gioco, modellato in maniera egregia per farvi sentire davvero all’interno di un luogo che nella vostra vita, con ogni probabilità, non visiterete mai.
MINIMI:
Sistema operativo: Windows 7 or higher, 64-bit
Processore: 1.9ghz Intel i5-equivalent processor or higher
Memoria: 4 GB di RAM
Scheda video: Onboard or dedicated graphics accelerator with 1GB+ of video RAM
DirectX: Versione 11
Memoria: 11 GB di spazio disponibile

CONSIGLIATI:
Sistema operativo: Windows 7 or higher, 64-bit
Processore: 2.9ghz Intel i7-equivalent processor or higher
Memoria: 8 GB di RAM
Scheda video: Dedicated graphics accelerator with 2GB+ of dedicated video RAM
DirectX: Versione 11
Memoria: 11 GB di spazio disponibile
Note aggiuntive: Runs best installed on a SSD

– Storia interessante e ben narrata, con personaggi di spessore

– Ottimo esempio di narrativa ambientale, che evolve il concept visto in Gone Home

– Il giocatore ha il controllo totale sul ritmo del racconto

– Le rivelazioni importanti arrivano troppo presto

– Nonostante la grande attenzione per i dettagli, molti oggetti sono trascurabili

– Le sezioni di intermezzo sono davvero blande e noiose

8.0

Tacoma, così come Gone Home, è un grande esempio di narrativa ambientale e di storia che sa aprirsi gradualmente al giocatore, immergendolo passo dopo passo in una situazione credibile. Anche se le rivelazioni di peso arrivano molto presto e non si sente lo stesso coinvolgimento dell’opera precedente, la profondità dei personaggi e la cura degli sviluppatori per la propria creatura vi ammalieranno di sicuro. A patto che siate degli amanti di un genere dove gli elementi classici di gameplay sono assenti e la trama svetta su tutto il resto.

Voto Recensione di Tacoma - Recensione


8