Retrospettiva Final Fantasy: part 2

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a cura di Naares

Viaggiamo dai 16 ai 32 bit passando per il divorzio con Nintendo, e andiamo a scoprire i due capolavori che per sempre hanno consacrato la saga nell’olimpo dei videogiochi.
Sul finire del 1992 e a distanza di un anno e mezzo dal quarto episodio arriva sul mercato giapponese Final Fantasy V, secondo titolo della saga sviluppato su SNES. Il gioco si presentò come un prodotto decisamente più adulto rispetto ai predecessori, abbracciando una visione molto più drammatica nel dipanarsi della trama. Questa è infatti ricordata come una delle più cupe e nichilistiche scritte da Squaresoft, quasi una tragedia splendidamente sceneggiata, dove saremo chiamati a interpretare l’eroe di turno in mondo ormai condannato alla rovina. Il tema di fondo sarà la corruzione e la morte degli elementi, il disperato tentativo di recuperare una situazione che però continua a seguire il proprio corso naturale. In tutto ciò vanno a inserirsi dei personaggi ottimamente caratterizzati, legati anch’essi al destino di un mondo che ne prevede una morte inevitabile. All’interno della serie era già successo di avere a che fare con la dipartita di alcuni protagonisti, ma mai come in questo caso l’esperienza si fa estenuante, drammatica, quasi un inno al fatalismo contro cui l’uomo non può nulla. Ecco quindi tornare i temi del martirio e del sacrificio, tutte cose che il pubblico nipponico apprezza non poco, premiando il gioco nelle vendite e nel supporto della stampa.
Ma Final Fantasy V non si riduce solo ad una trama toccante e splendidamente realizzata. Si aggiunge anche un gameplay che pare la naturale evoluzione di quel job system introdotto col terzo capitolo della serie. I job disponibili sono diventati 22 (addirittura 26 nella versione sviluppata per GameBoy Advance), ed è possibile cambiarli e modificarli a piacimento per ciascun personaggio. Di nuovo cominceremo come Tuttofare, classe che non ci permetterà di eccellere in nulla in particolare ma, utilizzando dei frammenti di cristallo, avremo la possibilità di cambiare la nostra vocazione, selezionandola in una rosa che presenta vecchie conoscenze e classi del tutto nuove, come il Blue Mage (ripreso in tutti i successivi capitoli della saga ad eccezione del XIII e del XIV capitolo) e il Mimo. Torna l’Active Time Battle, e tornano anche i quattro personaggi utilizzabili in battaglia invece dei cinque del precedente episodio. 
Il gioco viene considerato da Sakaguchi come il migliore da lui realizzato, l’artista Yoshitaka Amano ne considera i propri dipinti dei personaggi come i più riusciti della saga, insieme a Terra di Final Fantasy VI. Un gioco attesissimo in Giappone, tanto che le autorità nipponiche richiesero a Square di non rilasciarlo durante un giorno scolastico, preoccupati che i ragazzi potessero saltare in massa le lezioni per fare le tipiche file prima dell’apertura dei negozi.
Non c’è molto da discutere: Final Fantasy VI è un capolavoro. Niente riserve o compromessi, solo un’avventura epica, emozionante, esperienza totalizzante d’ampio respiro, un pezzo di storia dell’intrattenimento videoludico, uno di quei titoli cui i veterani ripensano e con orgoglio si gongolano in un malinconico “io c’ero”.
Fu rilasciato sempre per SNES nel 1994, sommerso di elogi e critiche entusiastiche dalla stampa, premiato con innumerevoli riconoscimenti ufficiali ed ottime vendite, e ancora oggi identificato come una delle più alte espressioni del videogaming di ogni tempo, al pari di capolavori come Ocarina of Time, Final Fantasy VII, Half Life e Super Mario Bros.
Diversamente dai precedenti capitoli della serie, Final Fantasy VI è ambientato in un universo steampunk lontano dal fantasy medievale. Lo scenario cambia, il background culturale è profondamente diverso, con riferimenti alla tecnologia, al teatro, alla recitazione e tanto altro ancora, in una paradossale ma terribilmente omogenea mistura tra magia e tecnologia, che sarà poi ripresa nei due titoli successivi.
La storia inizierà con Terra e la sua perdita di memoria, che la porterà in una spirale di accadimenti splendidamente sceneggiati, accompagnata da personaggi che man mano si aggiungeranno all’avventura. Saranno proprio trama e personaggi gli elementi più indimenticabili di questo gioco immenso, con caratteri sfaccettati e approfonditi come mai era stato fatto prima. Impossibile non citare la splendida Terra, senza dubbio alcuno uno dei protagonisti più riusciti dell’intera saga, oppure il coraggioso Locke, o ancora la meravigliosa Celes. In totale potremo controllare ben quattordici personaggi, il numero più alto per qualunque altro gioco della serie. Assolutamente impeccabile il lavoro svolto con Kefka, sublime incarnazione della follia e del disturbo nichilistico e, a detta di molti, il miglior “cattivo” della saga. 
Ad accompagnare tutte le modifiche nel setting c’è un profondo rifacimento dello stile grafico che non fa rimpiangere i capitoli precedenti. Il Mode 7 di Nintendo viene utilizzato ancora una volta, ma adesso in maniera molto più intensiva, implementandone le features per la mappa del mondo, contro un quarto e quinto capitolo in cui veniva usato solo per gli spostamenti in airship.
La colonna sonora, nuovamente affidata al sensei Uematsu, raggiunge vette artistiche mai sfiorate prima, con pezzi che già dopo un primo ascolto riescono a sedimentare nelle orecchie e nel cuore di chi ascolta. Basti pensare alla malinconica dolcezza dell’intro, in assoluto uno dei migliori brani dell’intera saga, sottoposto negli anni ad innumerevoli rifacimenti e remix sia da parte di Uematsu che dalla enorme community di fan.
Sul fronte del gameplay non vi furono differenze di chissà che tipo rispetto al passato. Tornarono gli scontri casuali, l’Active Time Battle, la profonda personalizzazione di equipaggiamenti e setup, ma in linea di massima non fu cambiata una formula più volte dimostratasi vincente. Una importante novità riguarda però gli attacchi speciali, che solo con questo sesto episodio vengono per la prima volta implementati nella saga.
Ad oggi Final Fantasy VI viene considerato il miglior capitolo della serie da moltissimi veterani del gaming, e da svariati esponenti della stampa videoludica.
La difficile produzione di Final Fantasy VII cominciò nel 1994, essendo il titolo originariamente previsto per SNES. A causa dei tempi che si allungavano e del lancio delle nuove console il progetto fu infine dirottato su Nintendo 64. Come quasi tutti sanno, nacquero però un certo numero di divergenze tra Square e Nintendo, causate essenzialmente dalla scelta di adottare le cartucce per la nuova console a 64 bit. A causa delle dimensioni limitate del supporto, Square si ritrovò senza spazio sufficiente per realizzare il proprio progetto, decidendo quindi di portare il tutto su una nuova console che tutto sommato stava avendo un buon successo sul mercato. Questa console si chiamava PlayStation. Tale decisione da parte di Square portò ad una brutta e lunga rottura con Nintendo, e solo in tempi recenti le cose si sono parzialmente risanate.
Dopo uno sviluppo travagliato e durato tre anni Final Fantasy VII arriva su Sony PlayStation, supportato da una macchina di marketing notevole per l’epoca, con pubblicità ed eventi organizzati nei mesi precedenti al lancio. La strategia funziona, tanto che il gioco ottiene uno straordinario successo da parte della critica ed un riscontro commerciale capace di bissare il successo dei capitoli precedenti. Per quanto il genere dei JRPG tenda a vendere la maggior parte delle copie nella settimana di lancio, per poi crollare quasi in verticale, Final Fantasy VII rappresentò una curiosa – ma comprensibilissima – eccezione. Il gioco continuò a vendere facendo grossi numeri nelle settimane e nei mesi successivi, ma ciò che più sorprese furono le vendite anche a distanza di anni. Per supportare il successo di un titolo tanto ricercato, Square si organizzò per distribuirlo in tutte le salse, stampando a lungo le versioni PSX e PC, nonché ripubblicizzandolo a supporto della retrocompatibilità di PS2 e riproponendolo nel 2009 su PS3. A tutto maggio del 2010 Final Fantasy VII ha venduto oltre 10 milioni di copie, confermandosi come il titolo più venduto della serie, con ampio vantaggio. Ma perché tutto questo incredibile successo?
Seguendo la struttura tracciata da Final Fantasy VI, anche il settimo capitolo è ambientato in un universo steampunk. Il nostro avatar è una specie di attivista/criminale, un membro del facinoroso gruppo Avalanche che si oppone alla Shinra, mega corporazione che sta letteralmente succhiando l’energia del pianeta. La trama del gioco avrà inizialmente delle connotazioni naturalistiche piuttosto comuni, aka mondo morente, industria contro natura, salvataggio del pianeta e via dicendo. Tutto questo nelle prime battute del gioco, fino a quando non scopriremo che dietro tutta questa teatrazione si muove qualcosa di molto più oscuro e spaventoso. Tra frequenti colpi di scena e personaggi variegati e credibilissimi, la storia di Final Fantasy VII scorrerà in modo molto cinematografico, con dialoghi brillanti e ben inseriti nei diversi contesti, fluttuando tra love story, triangoli amorosi, ricerca di vendetta e la volontà di scoprire la propria vera identità. Il cast di Final Fantasy VII fa davvero faville, presentando un protagonista dal passato oscuro e legato a doppio filo con quello dell’antagonista, quel Sephiroth che per tanti altro non è che l’incarnazione stessa della crudeltà. Un “cattivo” che odieremo, talmente immedesimati nel personaggio di Cloud non potremmo fare altro, eppure comunque un cattivo affascinante, carismatico, con una sua logica e con i suoi perché. Ad accompagnare una trama di circa 40 ore sono le innumerevoli sottotrame, quest e missioni facoltative che ci porteranno a spendere abominevoli quantitavi di ore su questo titolo che non si lascia minimamente intimidire dagli attacchi del tempo. Potremo quindi dilettarci in un gran numero di attività secondarie, raccolte di oggetti, armi, armature, piccioni dorati e via dicendo, starà solo alla quantità di tempo che vorremo dedicargli.
Il gameplay rimane piuttosto simile a quello dei capitoli precedenti, offrendo ancora scontri casuali, combattimento con ATB e una grande personalizzazione offerta al giocatore. In particolare tale caratteristica viene utilizzata dal sistema delle Materia, che ci permetterà di aggiungere particolari qualità ad armi e armature. Un sistema simile è stato recentemente annunciato per il prossimo Bravely Default.
Dal punto di vista tecnico assistiamo ad una rivoluzione, giustificata dal passaggio ai 32 bit. Per la prima volta nella serie viene abbracciato il 3D, almeno per quanto riguarda i personaggi. I fondali rimarranno invece in due dimensioni, ma saranno talmente colmi di dettagli da non farci assolutamente rimpiangere la scelta. La colonna sonora sfrutterà le notevoli capacità del supporto CD, offrendo melodie ad alta qualità e presenti in abbondanza, con alcuni dei brani più belli di tutta la serie, come lo splendido Aeris’ Theme, Lifestream, Jenova’s Theme, Main Theme e la bellissima One-Winged Angel. Inizia anche lo sperimentalismo di Square con la grafica computerizzata, e per la prima volta possiamo apprezzare la CGI in un capitolo della serie. Una tecnica che se vista adesso fa sorridere, ma innegabile trampolino di lancio per una compagnia che in seguito ne avrebbe fatto il proprio cavallo di battaglia.
Final Fantasy VII fu il primo capitolo della saga ad essere ufficialmente portato in Europa.
Abbandonate le console della Nintendo, l’ottavo capitolo della saga di Final Fantasy esce su PlayStation all’inizio del 1999, e l’anno dopo su PC.
In seguito allo stratosferico successo di Final Fantasy VII, l’ottavo capitolo si sarebbe potuto permettere qualsiasi leggerezza e avrebbe comunque venduto come il pane. Le vendite in effetti ci sono state – si è arrivati agli otto milioni – ma fortunatamente Square ha deciso di non adagiarsi sugli allori. Migliorando la propria conoscenza della Computer Graphic Square confeziona una intro da manuale, epica e trascinante come mai si era visto sul mercato. Ancora oggi il video introduttivo di Final Fantasy VIII viene considerato come il migliore mai apparso in un videogame, nonostante gli anni trascorsi.  Nonostante il cast possa non essere eccezionale come quello del precedente capitolo, Final Fantasy VIII sfoggia tra le proprie fila un protagonista considerato da molti il migliore della saga insieme a Terra e tre eccellenti coprotagonisti come Rinoa, Seifer e Laguna. La trama – che non è stata prodotta da Sakaguchi ma da Kitase e Nomura – ha un incipit che avvicina il gioco a molte produzioni anime/manga degli ultimi anni, con un’ambientazione scolastica e personaggi ordinari chiamati a divenire eroi. Il tutto si colloca nel bel mezzo di una guerra, dove la pace sembra una chimera nelle mani della magia e della stregoneria. Per quanto la sceneggiatura si ponga come al solito su ottimi livelli e corra con ritmi incalzanti e frequenti colpi di scena il gioco non riesce comunque a sfoggiare l’intensità e il peso emotivo raggiunti dal sesto e settimo capitolo. 
Square decide di osare nel comparto gameplay, presentando tutta una serie di novità molto coraggiose. Il sistema di combattimento viene pesantemente modificato, specialmente nella strategia dietro i boss fight e le magie. Spariscono infatti gli MP, e per usare le magie dovremo prima assorbirle dai nostri nemici, potendole quindi utilizzare fino al loro esaurimento. Viene introdotto un sistema denominato Junction, che in pratica rivoluziona la gestione dell’inventario. Potremo collegare (junction appunto) le varie magie assorbite alle statistiche del nostro personaggio, alle Summon (qui chiamate Guardian Force) e alle armi, ottenendo dei bonus o degli effetti particolari. Ovviamente tali bonus vanno man mano riducendosi utilizzando quella particolare spell, cosa che porta il giocatore a dover farmare per avere la magia cappata o comunque vicina al cap. Tale sistema non ha incontrato il favore del pubblico né della stampa, essendo considerato sì approfondito, ma nel contempo anche troppo macchinoso, lasciando interdetti molti appassionati.
Cambia anche l’utilizzo delle Summon, che oltre a poter essere legate al personaggio, richiedono adesso una interazione durante la sequenza d’evocazione, dove il giocatore sarà chiamato a pressare ripetutamente un tasto per potenziare l’effetto della mossa. 
Anche i nemici subiscono una profonda modifica, variando di livello e seguendo il nostro. Trovandoci a visitare una vecchia area ad esempio, non avremo a che fare con mostri facili da uccidere magari con un solo colpo, ma questi tenderanno ad aumentare il proprio livello per scalare la sfida. La cosa si applica anche ai boss, quindi cercare di livellare in previsione di uno scontro importante non è necessariamente una chiave di vittoria.
L’aspetto tecnico del gioco lasciò sbalorditi al momento della release, offrendo un incremento qualitativo notevole rispetto al precedente capitolo. Si trattava sempre di personaggi 3D su sfondi bidimensionali, ma questa volta gli scenari erano immensamente più realistici e pieni di dettagli. Ciò fu dovuto alla precisa volontà di abbandonare il superdeformed in favore di un’estetica più adulta e reale. I personaggi furono quindi rappresentati con le giuste proporzioni, molto diversi rispetto a quelli dei precedenti capitoli, cosa che rese i video in CGI ancora più spettacolari. Novità anche nella colonna sonora, con il tema principale Eyes on me per la prima volta cantato direttamente ingame dalla bravissima Faye Wong.
A dispetto del successo commerciale e dall’amore mostrato da chi ha conosciuto la saga tramite questo capitolo, oggi Final Fantasy VIII viene considerato dai veterani del franchise come il primo vero passo falso di Square, raggiungendo una qualità nettamente inferiore rispetto alla media della serie, sia per quanto riguarda il gameplay che, soprattutto, per la trama.

Lo sperimentalismo di casa Square è continuato negli anni, con un quinto episodio spiccatamente drammatizzato ed un ottavo all’insegna di modifiche nel gameplay invero non molto apprezzate da critica e appassionati. Il sesto settimo episodio sono però due perle di indiscusso valore, ancora oggi considerati due dei videogame più belli della storia, titoli assolutamente consigliati per chiunque voglia godere di un centinaio d’ore di sana letteratura, lasciandosi immergere in universi palpitanti che profumano d’epica. Nel prossimo appuntamento vedremo la conclusione dell’epoca 32 bit e l’inizio di quella a 128 con Playstation 2.