Occhio Critico: i prezzi del digitale

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Solo un anno è passato dalla presentazione losangelina di Xbox One, quando Microsoft svelò al mondo la sua visione per il futuro dell’intrattenimento casalingo fortemente incentrata sul digitale, con un progressivo, ma inevitabile, abbandono del supporto fisico.Sappiamo tutti com’è andata, e aggiungerei per fortuna, ma alcune delle linee guida della mancata rivoluzione di Microsoft erano secondo me molto valide, e preconizzavano la direzione che, inevitabilmente, l’industria prenderà da qui a qualche anno.C’è però una cosa su cui non solo Microsoft ma tutti i maggiori publisher si sbagliavano: il prezzo a cui proporre contenuti digitali disponibili anche in formato fisico.

Datemi un motivoIo stesso rappresento un esempio lampante di come a moltissimi videogiocatori serva un valido motivo per abbandonare la copia fisica, obiettivo ultimo di tutte e tre le produttrici di hardware nonché di publisher che si dedicano solo al software: sono un amante del supporto fisico, collezionista di vecchia data, e come tale adoro la puzza della plastica nuova (perché, a detta di ogni non-videogiocatore, è una puzza e non un odore), adoro poter sfogliare i manuali di istruzioni, sebbene, con gli anni, siano andati impoverendosi per quantità e qualità, e adoro poter recuperare qualche soldo da un gioco con il quale ritengo di aver concluso la mia esperienza ludica.Come me, milioni di videogiocatori nel mondo sono affettivamente legati al supporto fisico, nonostante alcuni innegabili vantaggi del digitale, come il risparmio di spazio e la possibilità, soprattutto in ambito console portatili, di avere decine di giochi in memoria senza bisogno di portarsi dietro altrettante cartucce.Il problema che però mi preme affrontare è che, al suddetto risparmio di spazio, non è finora corrisposto un equivalente risparmio economico: rispetto ai primi anni della scorsa generazione, oggi tutti i titoli di maggior richiamo sono disponibili sugli store digitali in contemporanea rispetto all’uscita fisica, consentendo agli amanti del digitale di scaricarli al day one (se non prima, grazie a promozioni speciali o al fatto che i rivenditori non sono ovviamente aperti alla mezzanotte).Il problema è che la forbice tra il prezzo del prodotto fisico e quello della controparte digitale è ancora vergognosamente ristretta (quando presente): vuoi Fifa’ 14 in digitale su PS4?Tieniti pronto a sborsare gli stessi 70 euro richiesti dalla versione fisica. O magari Watch_Dogs per Xbox One scaricato dallo store digitale Microsoft?Altri 70 euro, prego.Non serve un genio della finanza per capire che qualcosa non quadra: se per la stessa cifra ci si porta a casa un download intangibile, che non può essere rivenduto in un secondo momento, o un titolo scatolato con tanto di manuale e flier promozionali (magari con qualche codice per scaricare oggetti di gioco), dubito fortemente che qualcuno propenda per il primo, a meno di casi particolari.

Mostrateci la viaOltre che scorretta nei confronti del consumatore, cui viene proposto un prodotto digitale evidentemente in sovrapprezzo, questa pratica è assai miope: Microsoft, Nintendo e Sony guadagnerebbero non poco da un mercato prevalentemente digitale (un passaggio totale richiederebbe almeno un decennio, temo), perché taglierebbero costi notevoli di confezionamento, trasporto, distribuzione e, nel contempo, infliggerebbero un duro colpo al mercato dell’usato, che, dal loro punto di vista, è un cancro che si è notevolmente esteso nel corso delle ultime due generazioni di console.Io stesso, nonostante il mio amore per i supporti fisici, non disdegnerei di poter alternare acquisti fisici a quelli digitali con maggior frequenza, ma a patto di un consistente risparmio: un titolo appena pubblicato dovrebbe costare in versione digitale tra il venti e il trenta per cento in meno della controparte fisica nei negozi.In questa percentuale rientrerebbe lo svantaggio di non poterlo rivendere o permutare, la mancanza di manuale fisico, custodia e disco: non so a voi, ma a me spesso si sono rovinate delle custodie (soprattutto durante i traslochi è quasi inevitabile), e la possibilità di avere un serbatoio di altre custodie con cui scambiarle è stato un toccasana.Nel caso di Nintendo, poi, essendo gli acquisti legati alla console e non all’account, nel malaugurato caso di rotture, smarrimenti o furti, si può dire addio alla propria libreria digitale.Insomma, pagando cinquanta euro un titolo nuovo in uscita invece che settanta, molti videogiocatori sceglierebbero di votarsi al digitale con maggiore frequenza, e gli unici a perderci sarebbero i punti vendita che dell’usato hanno fatto il loro cavallo di battaglia.La nuova generazione di console, in questo senso, potrebbe rappresentare un nuovo inizio, scevro da questa iniqua politica di prezzi sul digitale, ma finora non si sono visti grandi miglioramenti.E che non ci vengano a dire che sono aumentati sconti e offerte: un vero appassionato di una tal saga difficilmente riesce ad aspettare i tre o quattro mesi necessari per veder calare di prezzo il titolo tanto desiderato.Nonostante le roboanti dichiarazioni su un futuro digitale e sulla lotta al mercato dell’usato, tanto la console Sony quanto quella Microsoft sono dotate di hard disk minuscoli (500 GB lordi, al netto poi dei rispettivi sistemi operativi), che, includendo patch enormi e contenuti scaricabili, non possono contenere che una manciata di giochi: si insinua allora il dubbio che nessuno dei colossi dell’industria videoludica abbia davvero scommesso sul digitale, e che dovremo aspettarci un’altra generazione in cui i download costeranno quanto la copia fisica, quantomeno nella finestra di lancio.

Where do we go from here?Apparentemente non sto scoprendo l’acqua calda, e ogni videogiocatore lo sa, ma le scelte a nostra disposizione, all’uscita di un gioco che aspettavamo, sono ancora tre: propendere per la copia fisica, spendere gli stessi soldi per un download digitale, o aspettare e sperare in sconti futuri su una delle due versioni.In questa situazione, è normale che la percentuale di giochi pacchettizzati sia ancora nettamente dominante rispetto alle vendite digitali, ed è altrettanto normale che colossi della vendita al dettaglio, instancabili nel proporre offerte (non sempre vantaggiose, ma tant’è…), pubblichino a fine anno dei bilanci da capogiro, che probabilmente finiscono con il rovinare la digestione a molti, a Tokyo, Kyoto e Redmond.Un’ultima spiegazione potrebbe essere che, dietro questa insana politica di prezzi digitali, ci siano le lobby di potere del mondo del mercato immobiliare, che guadagnerebbero non poco dai videogiocatori di tutto il mondo che, sommersi dalla loro collezione di giochi, si vedono costretti a cambiare casa ogni lustro.O magari quest’ultimo paragrafo è figlio della mia indigestione di caramelle gommose di ieri sera, non fateci caso.

Anche un lama non particolarmente dotato a livello intellettivo capirebbe che non si può proporre un prodotto intangibile allo stesso prezzo di uno che prevede un manuale, una custodia, una copertina, un disco.

Eppure questo succede quotidianamente, su tutti i maggiori negozi digitali in ambito console: evidentemente ci sono dietro interessi che sfuggono alle semplici dinamiche di mercato viste da noi giocatori, ma, qualunque essi siano, sono loro i veri responsabili dell’esistenza di un mercato dell’usato così fiorente, del quale le tre grandi aziende dell’industria videoludica non perdono occasione di lamentarsi.

Quindi, semplicemente: o abbassate i prezzi digitali o smettete di versare lacrime di coccodrillo.