Recensione

Metal Gear Solid V: Ground Zeroes

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a cura di Pregianza

Nel bene o nel male, uno dei talenti più grandi di Kojima è sempre stata la capacità di far parlare di sé. Molti si aspettavano che la sua saga primaria, quella dei Metal Gear, si sarebbe conclusa con il quarto capitolo, osannato da critica e pubblico, o che il testimone del marchio sarebbe passato a qualcun altro dopo anni di onorato servizio, e invece Hideo ha rivelato un ultimo episodio, il tratto conclusivo della circonferenza tracciata con tutte le avventure inventate fino a quel momento. Peccato che quest’ultimo tratto non si sia rivelata una bella curva continua, ma una linea spezzata, divisa in un piccolo puntino chiamato Ground Zeroes, e un’ipotetica autostrada disegnata di nome The Phantom Pain. Oggi noi trattiamo il puntino, Ground Zeroes, un gioco su cui sono piovute critiche infinite a causa della sua natura di prologo e del prezzo ben lontano dalla percezione di onestà del pubblico pagante. Non vogliamo andare ancora a discutere di questi temi, è già stato fatto fino allo sfinimento, in questa sede vogliamo solo dirvi una cosa, ovvero se secondo noi Ground Zeroes merita o meno di essere giocato e se lascia ben sperare per il futuro di Snake. Vediamo un po’.
Here’s to you
Cronologicamente Ground Zeroes si pone dopo Peace Walker, e vi mette nei panni di Naked Snake, l’eroe destinato a divenire il temuto Big Boss. Il luogo in cui tutto si svolge è Camp Omega, un’installazione militare controllata dalle forze della XOF, organizzazione all’apparenza guidata da un misterioso individuo dal volto quasi scarnificato e fin troppo chiaramente decisa a dare del filo da torcere all’armata guidata da Snake. La sortita del guerriero con un occhio solo ha una motivazione molto semplice: trovare e salvare Chico e Paz, due personaggi forse ignoti ai più ma centrali nella trama di Peace Walker e ora tenuti prigionieri in condizioni inumane. 
Si tratta di una premessa ben più breve di quanto possiate pensare, ma Kojima riesce comunque a donarle un impatto impressionante. Il director ha eliminato del tutto qualunque interattività dalle cutscene e ogni velleità umoristica, abbracciando il Fox Engine e prendendo del tutto il controllo delle inquadrature. Fin dal filmato iniziale, un unico e curatissimo piano sequenza accompagnato a meraviglia dalle note di una canzone di Joan Baez e Morricone, ci si rende conto di essere di fronte a un Metal Gear ben più cupo, crudo e diretto dei predecessori. Quella di Ground Zeroes è chiaramente una storia tragica, la cui unica limitazione è quella di essere infilata in una missione basilare e completabile nel giro di una mezz’ora. Gli elementi più leggeri ricompaiono nel resto del gioco, ma il cambio di direzione rimane cristallino, ed è evidente come il fulcro narrativo del titolo stia tutto nella sua missione principale.
War changes
Non è solo il tono ad essere cambiato, ad ogni modo. Appena dato il via alla campagna ci si ritrova in un titolo trasformato, che ben poco ha ripreso dal passato. La scomparsa dei momenti umoristici si è portata via le casse di cartone che hanno sempre rappresentato una sorta di simbolo del marchio, la mimetizzazione legata alle tute indossate da Snake è sparita nel nulla, e l’intero sistema stealth ora sfrutta un modello più simile a quello visto in titoli come Hitman Absolution e l’ultimo Splinter Cell, con una serie di indicatori direzionali che si illuminano sempre più se una guardia vi nota e inizia a insospettirsi. Sono già grossi cambiamenti, ma poco contano davanti al gigantesco mutamento strutturale di Ground Zeroes, diventato una sorta di sandbox open world ambientato in una singola, grande mappa. 
Snake dovrà completare obiettivi specifici, certo, ma potrà esplorare liberamente tutto il Camp Omega, e raggiungere la meta in molti modi diversi. Un cancello sbarrato può essere superato scalando ostacoli, nascondendosi in camion di passaggio, creando un diversivo con degli esplosivi o semplicemente tallonando una guardia ignara, un gruppo di nemici può venir steso a forza di tranquillanti, cqc o massacrato con una delle torrette della base, e così via. Le possibilità sono parecchie, e vengono supportate da una rinnovata mobilità di Snake, che ora si sposta molto più fluidamente, ha perso la rotolata in favore di un tuffo a terra, ed è in grado di arrampicarsi un po’ ovunque. C’è addirittura una sorta di bullet time, che si attiva una volta scoperti e permette di eliminare un avversario prima che questi dia l’allarme, ma facilita eccessivamente le cose, e vi consigliamo di disattivarlo se volete un’esperienza più pura.
È una metamorfosi che ha influenzato ovviamente anche il comparto tecnico, a partire dal motore grafico, quel Fox Engine che mai prima d’ora era riuscito a mostrare la sua piena potenza. Qui invece non c’è cosa su cui si possa recriminare per quanto riguarda il colpo d’occhio, Ground Zeroes è un titolo graficamente splendido, con un sistema d’illuminazione superlativo, modelli poligonali di rara bellezza, volti realistici dei personaggi, una gestione dei tessuti eccelsa, e un lodevole ciclo giorno notte. Il dettaglio delle ambientazioni non è da crisi isterica, ma una gestione furba delle luci e delle texture fa passare la cosa istantaneamente in secondo piano. 
Ferite aperte
Il problema è che questa netta evoluzione tecnica non è stata accompagnata da uno sviluppo sufficiente del gameplay. Le scelte sopracitate sono interessanti, ma limitate, e il fatto che si senta la mancanza di molto di ciò che si è perduto per strada lascia intuire come forse le soluzioni adottate non siano poi così impeccabili. I Metal Gear sono da sempre titoli dove il game design la fa da padrone, quasi matematici nella loro precisione, che hanno dato il via a un genere e si sono sempre posti sulla sua cima, più che per l’azione stealth vera e propria, per l’incredibile unione di narrativa appassionante, gameplay intuitivo, e boss fight indimenticabili, con un apprezzabile pizzico di eccentricità a fare da collante. Ground Zeroes non ha nulla di tutto ciò: è un gioco molto più freddo e impersonale, un open world relativamente circoscritto, dove al di là del poter prendere il controllo di alcuni veicoli, o chiamare un elicottero in rinforzo, sono ben poche le meccaniche sconvolgenti. Giochi come l’ultimo Splinter Cell, già tirato in ballo, o altri esponenti del genere stealth sono andati incontro a una forte crescita, che li ha portati ad aumentare sensibilmente le azioni eseguibili e le possibilità di approccio. Metal Gear appare invece ancorato a una visione superata e non permette di usare il suono per distrarre le guardie, o mostra il fianco su aspetti importanti come l’interattività o l’intelligenza artificiale. Non che non ci siano stati ritocchi in quest’ultimo campo, ma un’aggressività aumentata appaiata a un campo visivo più ampio non basta, e vedere che nel 2014 è ancora possibile attirare i soldati nemici uno ad uno senza apparenti strategie di squadra e creare una montagnetta di corpi storditi infastidisce. 
Il quantitativo di missioni non aiuta. Si parla di cinque Special Ops, con una missione speciale esclusiva per PS4 e Xbox One da sbloccare trovando delle targhette sparse per la mappa. La varietà c’è, ma la locazione resta la stessa, e dopo un po’ il piacere inizia a calare. Va detto come ci vogliano ben più delle spesso denunciate “due ore” per completare il titolo (già il ritrovamento delle targhette non è una passeggiata, e in generale 4/5 ore di gioco totali sono una stima molto più realistica), solo non aspettatevi grande flessibilità mentre avanzate di missione in missione. 
La cosa più fastidiosa, quasi irritante a volerla dir tutta, è che anche con tutti questi  problemi Ground Zeroes resta un lavoro piacevole da giocare, uno di quelli che porta a immaginare chissà quali novità nel suo successore. Quello che Konami ha messo in campo è un antipasto, una sorta di grossa demo molto curata, che potrebbe trasformarsi in qualcosa di incredibilmente più progredito e unico, rinforzato dalla stessa folle cura per il sonoro, la regia e la narrazione. Abbiamo provato un gioco che lascia ben sperare, che porta a immaginare un Phantom Pain con mappe enormi, tante meccaniche non ancora svelate, cambiamenti sensibili alla formula, e una reale scalata all’apice del genere stealth. Solo che è tutto nella nostra testa, e per ora possiamo solo fidarci di Kojima.

– Tecnicamente notevole

– Struttura open world più libera rispetto al passato

– Narrativa e regia straordinarie, seppur le si possa apprezzare per poco

– Missione primaria brevissima, accompagnata da poche altre operazioni

– Il gameplay non si è evoluto quanto il comparto tecnico

– Interattività limitata delle mappe e IA scarsina

7.0

Metal Gear Solid V: Ground Zeroes è un riflesso nel deserto, una sbiadita immagine in lontananza che potrebbe essere un crudele miraggio o una splendida oasi capace di salvare una vita. L’ultima opera di Kojima è una gioia per gli occhi, ma è purtroppo anche solo un assaggio di ciò che la serie può raggiungere sulle console attuali. Non è tanto la durata scarsa a non convincerci, quanto il gameplay, che non si è evoluto con la stessa poderosa spinta del comparto tecnico, perdendo molte delle connotazioni tipiche della saga e guadagnando troppo poco per meravigliare realmente un giocatore di vecchia data, specie considerando la crescita del genere stealth negli ultimi anni. Anche con tutte le sue mancanze, comunque, questo prologo riesce a divertire, e a emozionare con una narrativa di una durezza quasi disarmante che farà desiderare a molti il resto della storia al più presto. Ora non resta che attendere, e sperare che tutte le limitazioni viste qui spariscano in The Phantom Pain.

Voto Recensione di Metal Gear Solid V: Ground Zeroes - Recensione


7