Recensione

March to Glory, la recensione di un solido strategico a turni

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Napoleone Bonaparte è una delle figure storiche più affascinanti: il generale e poi imperatore francese, a cavallo del XVIII e XIX secolo ha infatti scosso alle fondamenta il Vecchio Continente, ha riportato alcune delle più affascinanti vittorie sul campo di battaglia, Austerlitz, Friedland, Borodino sono solo alcuni dei nomi scolpiti nella pietra dal passo del suo esercito e accanto a Napoleone hanno convissuto alcuni fra i più celebri strateghi e teorici della guerra, come Carl von Clausewitz, Michail Illarionovič Kutuzov o, ancora, Michel Ney. È dunque inevitabile che tale periodo abbia ricevuto molteplici attenzioni, anche in campo videoludico, soprattutto per quel che riguarda le varie sottocategorie nell’ambito degli strategici, dove Slitherine Ltd. è uno dei principali alfieri. Sotto l’ala del publisher, questa volta è toccato ai ragazzi di Shenandoah Studio – già autori di Battle of the Bulge e Gettysburg: The Tide Turns – narrare e far rivivere alcuni dei più celebri scontri che hanno visto contrapporsi le truppe francesi alle numerose coalizione europee che si sono succedute e March to Glory si presenta come uno strategico a turni duro e puro, senza troppi fronzoli, dove l’unica cosa che conta è il fuoco… Tutto il resto non ha importanza.
Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno
Con la loro nuova opera, i ragazzi di Shenandoah Studio hanno badato al sodo e tutti gli sforzi sono stati riposti nella creazione di un wargame dove, per usare la celebre definizione di Clausewitz scritta nel Vom Kriege, non c’è spazio per la strategia, ma solo per la tattica. Questo significa che March to Glory si concretizza solo ed esclusivamente in una serie di numerose battaglie – ovviamente le più celebri combattute da Napoleone Bonaparte – e la campagna principale in singleplayer è priva di un comando ad ampio respiro, non esiste ad esempio una fase gestionale, un sistema di reclutamento o dei territori da conquistare, ma solo e semplici duelli già prefissati sparsi sul territorio europeo, dalla Prussia al Regno Austro Ungarico, senza dimenticare le sconfitte fra i ghiacci del regno dello Zar. Al di là del singolo scenario, introdotto con una breve spiegazione del contesto storico, gli obiettivi risultano però tutti piuttosto simili e non si distanziano molto dal conquistare e/o difendere alcune delle principali città situate nella mappa di gioco. Accanto alla campagna principale, c’è poi la possibilità di giocare alcune mappe scelte casualmente dal computer, ma anche in questo caso non esiste una vera e propria libertà, dato che i teatri degli scontri vengono pescati dal medesimo pool di battaglie disponibili nella campagna, senza che vi sia la possibilità di settare alcun parametro, come la conformazione morfologica della mappa, la sua grandezza, le tipologie di truppe impiegate o le condizioni di vittoria. Inoltre, non mancano ovviamente le sfide in multiplayer, affidate come sempre al sistema di play-by-email tipico di Slitherine Ltd., modalità che riesce a valorizzare al massimo la tattica impiegata durante le battaglie, dove ciò che conta è solo essere una mossa avanti rispetto al proprio avversario, in un sistema di gioco in cui ogni spostamento può far la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Piani di battaglia
Le battaglie in March to Glory sono come quei piatti semplici della nonna, fatti con pochissimi ingredienti, ma di cui non ti stancheresti mai. Molti dei titoli appartenenti al catalogo di Slitherine Ltd., a prescindere dai differenti team di sviluppo coinvolti, hanno sempre una impervia barriera d’ingresso, moltissime statistiche e modificatori di cui tenere conto e per avere la meglio occorre conoscere alla perfezione i tanti punti deboli e di forza delle tantissime tipologie di truppe presenti. In March to Glory, la complessità risulta molto più abbordabile, anche grazie ad una UI chiara e con tanti suggerimenti c’è sempre modo di sapere la bontà della propria prossima mossa, ma attenzione a parlare di semplificazione, perché questa parola non appartiene al vocabolario del wargame creato da Shenandoah Studio. Partendo da pochi elementi, i dev sono stati infatti capaci di creare un titolo in cui la tattica traspare in ogni singola azione e nel quale i risultati sono sempre frutto delle decisioni del giocatore, in una totale assenza di aleatorietà, da sempre il principale nemico di ogni generale da mouse e tastiera. Il vero protagonista è il terreno di gioco: la mappa, a differenza di altri suoi simili presentati nei vari strategici a turni, non è infatti suddivisa nei canonici quadrati o, al massimo, esagoni, ma presenta forme più irregolari, che rendono gli spostamenti meno standardizzati e valorizzano l’abilità del giocatore nel tessere un piano ad ampio respiro. Ogni casella è poi contraddistinta da una differente tipologia di terreno, come colline, fiumi, paludi e città e ciascuna variante gioca un ruolo fondamentale sulle capacità difensive e offensive dei plotoni. Ad esempio, le città sono veri e proprio baluardi e spesso serve l’artiglieria per avere la meglio, dato che le truppe assediate ricevono bonus sia per quel che riguarda il morale, sia per i rifornimenti di nuove unità. Ancora, le pianure sono ottime per sfruttare lo slancio e l’assalto della cavalleria, mentre le colline sono perfette postazioni da cui sfruttare  i cannoni, dato che il campo visivo non tiene conto degli eventuali ostacoli posti davanti alle bocche da fuoco. Pur non presentando estensioni considerevoli, le mappe risultano apprezzabili dunque per la loro profonda caratterizzazione e per gli spunti tattici presentati dalle numerose combinazioni possibili fra i terreni e le truppe presenti su di esse, senza dimenticare poi l’importanza di mantenere unito il proprio esercito e della continuità della linea di comando: spingere un singolo plotone troppo dentro le linee nemiche, nel tentativo di creare un cuneo può essere infatti un terribile autogol, perché c’è il rischio che le unità si trovino tagliate fuori rispetto al resto dell’esercito, con pesanti conseguenze per il morale e per la capacità di reintegro. 
La Grande Armee
Accanto alle mappe, anche le differenti unità svolgono un ruolo fondamentale: nonostante la varietà non sia proprio elevatissima – ci sono solo delle generiche schiere di fanteria, cavalleria, artiglieria e i generali – queste sono più sufficienti per creare un discreto ventaglio di mosse e tattiche da mettere in gioco. Ogni corpo d’armata è infatti contraddistinto da due valori, uno inerente alle truppe in sé, l’altro al morale: per costringere alla ritirata le file nemiche non è infatti necessario eliminare fisicamente ogni soldato, ma occorre anche giocare con il morale, ad esempio facendo fuoco con l’artiglieria su una città, per provocare un incendio e minare la stabilità degli avversari. Vi sono poi ovviamente dei valori offensivi e difensivi che, come detto in precedenza, variano anche a seconda del terreno su cui si trovano le unità, che possono essere impiegate sia nel corpo a corpo sia, se si tratta di fanteria, dalla distanza. Ogni offensiva ha poi dei risultati differenti, perché lanciare la cavalleria contro i fanti nemici costringe questi ultimi a disporsi a quadrato, formazione molto più resistente agli assalti all’arma bianca, ma molto vulnerabile se bersagliata da lontano con i cannoni. Inoltre, durante la campagna, prima di ogni nuova missione, esiste un turno preliminare in cui devono essere promosse alcune unità, operazione molto semplice e che non porta via che un paio di click, ma dal peso specifico considerevole durante lo scontro, magari potenziando le capacità difensive di un corpo di fanteria posto a difesa di una collina, oppure dotando un di un maggiore campo visivo un’altra schiera posta in avanguardia, da sfruttare magari per intercettare gli spostamenti nemici, facendo così fuoco per primi. 
Le combinazioni possibili sono davvero numerose, nulla è lasciato al caso e, pur nella limitatezza numerica delle truppe e delle mappe dalle dimensioni ridotte, si ha davvero l’impressione di guidare un vero esercito, fra accerchiamenti, deviazioni, finte ritirate e prolungati assedi. Quello che davvero fa la differenza in questo frangente è la chiarezza dell’UI, che non nasconde nulla sotto una pesante coltre di incertezza, me mette subito nero su bianco i possibili esiti di una mossa, colorando ad esempio anche le zone della mappa in cui si subirebbe un eventuale fuoco di sbarramento. March to Glory viene inoltre premiato da un tasso di difficoltà molto scalabile, il che lo rende perfettamente adatto anche ai neofiti, anche se ai livelli più bassi l’IA ogni tanto si produce in mosse all’apparenza incomprensibili, in cui è fin troppo evidente la volontà di non metter eccessivamente con le spalle al muro il giocatore. La buona resa delle battaglie riesce nel complesso a non far risaltare eccessivamente le mancanze quantitative del lavoro di Shenandoah Studio, anche se restano evidenti le limitazioni dettate da missioni che sembrano tutte uguali, da eserciti fatti con lo stampino e da mappe dal corto respiro. Infine, anche il comparto grafico non può di certo venire inserito tra le cose meglio riuscite, ma di certo March to Glory non ha alcuna velleità sotto questo punto di vista e se state cercando un titolo capace di togliervi il fiato dal punto di vista tecnico, siete voi semplicemente ad essere in errore.

– Mappe ricche di risvolti tattici

– UI chiara e pulita

– Molte combinazioni tra terreno e unità

– Nessuno spazio per la casualità

– Campagna in singleplayer priva di mordente

– Missioni spesso troppo simili

– Poche tipologie di unità

7.0

Il principale errore sarebbe quello di avere troppe pretese nei confronti di March to Glory, il cui compito principale -e che svolge egregiamente- è quello di restituire un’esperienza tattica senza eccessivi orpelli, dove conta solo fare la guerra, in un sistema a turni che non rivoluzionerà di certo il genere, ma dove nulla viene lasciato al caso. Il risultato sul campo di battaglia è eccellente, lo schema messo in piedi da Shenandoah Studio evita ampiamente il rischio aleatorietà e premia i giocatori capaci di sfruttare al pieno le molte combinazioni possibili tra le unità e il terreno di gioco. Oltre alle battaglie in sé, March to Glory non ha però molto altro da offrire, la campagna di gioco è solo un elenco di missioni in cui gli obiettivi si riciclano di volta in volta, non c’è un collante che dia un senso di progresso nella modalità principale e non esistono varianti tra le tipologie di unità.

Voto Recensione di March to Glory, la recensione di un solido strategico a turni - Recensione


7