Gli Imperdibili - Colpi di Scena

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a cura di Pregianza

La narrativa nei videogiochi è una caratteristica dall’importanza relativa. Ci sono generi in cui è fondamentale e altri che possono bypassarla quasi interamente in favore di altre qualità. Nella storia dei videogames, tuttavia, di storie notevoli ce ne sono state molte e con esse non sono mancati i colpi di scena, momenti inaspettati che hanno lasciato milioni di giocatori storditi davanti allo schermo con un’espressione ebete. Non tutti sono stati necessariamente “positivi”, certo, ma oggi tenteremo di elencare quelli che per noi sono stati i più imprevedibili, belli o pessimi che siano. 
Anche in questa classifica ci limiteremo alle solite regole: niente numeri, niente titoli della stessa serie, solo dieci scelte. Nessuna citazione onorevole, dopotutto vogliamo evitare di coprirvi di spoiler ancor più di quanto già stiamo per fare.
Ah, se non fosse chiaro: 
SPOILER ALERT!
Se non volete scoprire i punti salienti della trama di alcuni dei più noti videogame di sempre, andatevene istantaneamente. Giusto per esser sicuri, lo ripetiamo ancora una volta:
S-P-O-I-L-E-R  A-L-E-R-T
Poi non dite che non vi abbiamo avvisato.
Ok, il primo colpo di scena era a dir poco scontato. La maggior parte dei videogiocatori odierni lo riterrà cosa da poco, ma pensate a un gamer nei lontani anni ‘80, che supera dozzine di stanze ricche di pericoli convinto di controllare una sorta di super soldato armato con una corazza ultra tecnologica. Per tutto il tempo il nostro ha impersonato questo poderoso eroe dal volto sconosciuto, magari si è persino immedesimato nel personaggio, poi arriva la schermata finale e… BAM! Si scopre che Samus Aran in realtà è una formosa donzella. La rivelazione ha impietrito tante di quelle persone a suo tempo da meritare obbligatoriamente il posto in classifica, e ha permesso a Samus di divenire uno dei personaggi femminili più iconici di sempre. 
Braid è un titolo ricco di qualità e sorprese, e per tutta la durata della campagna il giocatore si convince che Tim, il protagonista, sia un eroe impegnato a salvare la principessa da un malvagio cavaliere nero. Durante l’avventura non mancano episodi in cui si nota una certa ossessione del buon Tim per la sua amata, ma è facile darvi peso, impegnati a risolvere i diabolici livelli. 
Poi si arriva alla scena finale, e ci si rende conto che il tempo fino a quel momento si stava muovendo al contrario e che Tim non è l’eroe, è un pericolosissimo stalker dalla mente disturbata, e che il cavaliere è in realtà il protettore della fanciulla. E’ un colpo al cuore notevole che era difficile prevedere nonostante gli indizi sparsi nel gioco, ed è più che sufficiente a rendere Braid una delle migliori esperienze indie in circolazione.
Che gli sceneggiatori nipponici abbiano la tendenza a creare storie grandiose ed esageratamente complesse è cosa nota. Alle volte tale propensione ha portato a capolavori di narrativa indimenticabili, altre volte… meno. 
Final Fantasy X? Non importa quanto lo amiate, ma contiene una delle rivelazioni più insensate e ridicole della storia dei jrpg. In pratica il protagonista non esiste, non è altro che il sogno di una civiltà perduta. 
E’ davvero difficile prendere sul serio la trama dell’intero gioco dopo una tale scoperta, ed è un peccato, perché obiettivamente fino a quel momento si era difesa discretamente bene. Ci sarebbero altre rivelazioni legate al padre di Tidus, alla vera natura di Sin, e a Yu Yevon, ma impallidiscono di fronte alla cavolata sopracitata.
Ancora un’altra presenza praticamente obbligata. Il plot twist di Silent Hill 2 è uno dei più disturbanti mai concepiti, specialmente quando si considera che inizialmente il protagonista, James, viene presentato come un uomo mite che pare genuinamente invischiato in faccende ben più grandi di lui. 
Il giocatore si affeziona al povero James durante la campagna, costretto ad affrontare nemici apparentemente usciti dalla mente del peggiore dei serial killer solo allo scopo di riunirsi con sua moglie. Questo almeno finché non si arriva all’hotel, e una videocassetta svela che il protagonista ha in realtà ucciso sua moglie, malata terminale, e che le mostruosità di Silent Hill sono nate dalla sua tormentata psiche. 
E’ un colpo di scena spaventosamente brutale, che ruota attorno a un tema non facile da discutere (l’eutanasia), e cambia completamente il punto di vista del giocatore nel giro di una manciata di secondi. Magistrale. Sarebbe bello se la serie tornasse a tali livelli di shock emotivo.
La serie Metal Gear Solid è da sempre piena di colpi di scena inaspettati. Nel primo capitolo la vera identità di Master Miller ha lasciato a bocca aperta molti giocatori, e sia il terzo che il quarto episodio vantano numerose scene capaci di disintegrare completamente le aspettative dei giocatori. Tuttavia è nel secondo titolo che Kojima è riuscito a regalarci la regina di tutte le trollate, con una mossa che nessuno, o comunque pochissimi, si aspettavano. 
A quei tempi i leak non erano così comuni come oggi e con un po’ di abilità era possibile ancora sorprendere i giocatori. Kojima-San ha voluto farlo scartando uno dei protagonisti più amati in assoluto. Non era più Snake l’eroe del gioco, bensì Raiden, un ragazzotto biondo che prendeva il posto del burbero condottiero dopo le prime ore di gioco.
Il povero bishounen in tuta attillata riuscì magicamente ad attirarsi l’odio di quasi tutti i fan della saga sostituendo Snake, perché percepito come un protagonista non all’altezza del precedente. La cosa più incredibile? Nel quarto capitolo quel geniaccio di Kojima è riuscito pure a far apprezzare il personaggio, trasformandolo in un poderoso cyborg ninja. Well played Hideo. Well played.
Un protagonista in preda all’amnesia è uno dei clichè più utilizzati in assoluto. Vale per qualunque media, non solo i videogiochi. Ciononostante, in Knights of the Old Republic gli sviluppatori di Bioware sono partiti da questa ordinaria base per arrivare a una conclusione shock che ha stupito molti giocatori. 
Per buona parte della campagna ci si rende conto di essere un jedi atipico e importante per qualche stramba motivazione, ma la storia è strutturata magistralmente per convincere l’utente che Darth Revan, il cattivone attorno a cui tutte le vicende del gioco ruotano, sia bello che defunto e che l’unica minaccia sia un sith di nome Darth Malak. Invece all’improvviso si scopre di aver controllato sempre Revan in persona, a cui è stato fatto il lavaggio del cervello dal consiglio degli Jedi nella speranza di ottenere informazioni sui Sith. Colpo di scena numero 2: la vostra compagna Bastila era consapevole di tutto.  
Knights of the Old Republic dimostra che, strutturando a dovere un titolo, anche da un punto di partenza banalotto si può tessere una trama eccezionale. 
Dark Souls non è un gioco che punta molto sulla narrativa, ma questo non significa che non presenti sorprese da questo punto di vista. Il bello è che si tratta praticamente solo di sorprese accuratamente nascoste.
Fin dall’inizio ci si convince di dover seguire un’antica profezia per riaccendere la fiamma dei Lord e far ripartire l’era del fuoco, ma è tutta una menzogna: durante la quest si viene manipolati dall’antico serpente Frampt e da Gwynevere, formosa divinità che consegna il mistico Lordvessel al giocatore ad Anor Londo. Quello che non si sa è che la sexy dea è in realtà un’illusione creata da Gwyndolin, divinità deforme che si annida nei meandri della città, e che è possibile evitare del tutto sia le sue influenze che quelle di Frampt aggirando certe sezioni del gioco e parlando con il serpente Kaathe. Una volta fatto si scopre di essere il discendente diretto del pigmeo possessore dell’anima oscura mostrato nel filmato introduttivo, e di avere una possibilità alternativa al sacrificio per riaccendere la fiamma… spegnerla e dare il via a una nuova era oscura. Non sarà un finale particolarmente longevo o eclatante, ma dà una soddisfazione infinita scoprire che la conclusione “cattiva” è in realtà quella più sensata e che capire come ottenerla è persino più difficile che completare questo splendido e punitivo titolo. 
Lo abbiamo detto all’inizio, in questa classifica non tutti i colpi di scena elencati sono ben fatti. Quello di God of War 3, ad esempio, è terribile.
Per tutta la campagna il nostro puccioso Kratos combina un casino indicibile, compie un massacro impunito di mostruosità e divinità, peraltro distruggendo mezzo mondo ad ogni uccisione di abitante dell’Olimpo. Si nota che qualcosa non quadra, e alla fine tutto viene svelato da Athena, in una rinnovata forma spirituale: gli dei sono tutti impazziti a causa dei mali usciti dal vaso di Pandora nel primo God of War e Kratos rappresenta l’unica speranza dell’umanità perché in lui al momento dell’apertura è entrata, appunto, la speranza. 
Sì, non stiamo scherzando, la speranza. Il personaggio più incacchiato, violento, vendicativo della storia dei videogiochi, un guerriero i cui grugniti e le cui urla sono divenuti icona è… la speranza. Santa Monica, scrivere sceneggiature dopo aver bevuto è una pessima idea. 
Ah, giusto per chiudere in bellezza, Kratos alla fine si sacrifica suicidandosi per salvare il mondo (il tutto dopo averlo quasi distrutto fregandosene bellamente per tutta la campagna). Cose brutte.
Would you kindly? Questa semplice frase introduce uno dei colpi di scena meglio riusciti della storia. A metà gioco si raggiunge finalmente Andrew Ryan, l’individuo a cui in teoria si deve il disastro accaduto a Rapture. Peccato che l’incontro con Ryan riveli più di una sorpresa: Atlas, la misteriosa voce che vi ha guidato fino a quel momento è in realtà Fontaine, la vera mente criminale dietro a tutto, desiderosa di impadronirsi della città sommersa. Voi siete il figlio illegittimo di Ryan, modificato geneticamente per raggiungere in poco tempo l’età adulta e condizionato per obbedire senza discussioni a qualunque comando preceduto da un “potresti gentilmente”, e fino a quel momento avete solo avuto l’illusione della libertà di scelta. La rivelazione è talmente sconvolgente da sminuire tutti gli avvenimenti successivi. Mindsplosion.
Pochi conoscono Baiten Kaitos. Male, perché questo titolo è una piccola gemma tra i jrpg, e uno dei migliori prodotti dell’era Gamecube. La sua qualità principale? La trama, che pur presentando alti e bassi vanta uno dei colpi di scena più superlativi mai congegnati. Il personaggio principale, Kalas, fin da subito controllato tramite i consigli di uno spirito guida e non direttamente, all’inizio sembra un giovane desideroso di vendetta nei confronti dell’impero e fedele alla causa della giovane Xelha. Questo finché non si arriva nelle caverne di lava e Kalas si rivela una spia per la misteriosa Melodia, che fin dall’inizio aveva finto di essere dalla parte dei buoni allo scopo di riportare alla vita una oscura divinità di nome Malpercio.
Il resto dell’avventura vi vede quindi agire allo scopo di far ravvedere Kalas, e riportarlo dalla parte degli eroi. Il colpo di scena merita la posizione in classifica non solo perché inaspettato e ben calcolato, ma perché porta il giocatore ad affezionarsi a un personaggio consapevolmente dalla parte dei cattivi, che fin dall’inizio non fa altro che ingannare il gruppo e chi lo osserva da dietro al pad.