Dopo Elden Ring gli open world dovranno cambiare per forza

L'open world di Elden Ring è così ben fatto e così innovativo che rappresenta un nuovo punto di partenza per questa struttura.

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

Ormai è passato più di un anno da quest’articolo in cui parlavo dello stato degli open world. In quell’occasione lamentai una certa stagnazione di idee in questo ambito, che vedeva mondi aperti strutturati tutti alla stessa maniera, tra attività secondarie poco entusiasmanti e contenuti extra inseriti in quantità industriale soltanto per aumentare artificialmente la longevità del gioco.

In conclusione dell’articolo esprimevo i miei desideri riguardo a un open world ideale, un titolo in grado di cambiare il genere senza basarsi sulle solite strutture trite e ritrite, che magari sfruttasse le tecnologie delle nuove generazioni per creare un mondo aperto più vivo e immersivo da offrire al giocatore.

Mai avrei immaginato che un anno e qualche mese dopo mi sarei ritrovato a giocare a una delle esperienze videoludiche più belle della mia vita che, inoltre, si avvicina in maniera incredibile al mio concetto di open world ideale. E, ovviamente, il titolo di cui sto parlando non poteva che essere Elden Ring.

Cosa rende l’open world di Elden Ring speciale

Il nuovo capolavoro di From Software ha colpito il mondo dei videogiochi come una valanga sin dal giorno della sua uscita. Elden Ring è un titolo immenso e incredibile sotto qualsiasi lato lo si analizzi, ma è soprattutto la struttura del suo open world che ha ammaliato milioni di giocatori.

Dopo oltre un mese dalla sua uscita, il nuovo grande gioco nato dalla mente di Hidetaka Miyazaki continua a monopolizzare le discussioni su forum e social, con persone che continuano a scoprirne gli infiniti segreti, scambiarsi teorie sulla lore o informazioni sulle build migliori. Qualsiasi altro gioco uscito in questo periodo è stato travolto da questa tempesta che ne ha spento la voce sul nascere.

Basta muovere i primi passi nelle splendide lande dell’Interregno per rendersi conto che Elden Ring è diverso da qualsiasi altro open world esistente. Nelle mie oltre 150 ore (in continuo aumento) di gioco non ho mai visto un mondo virtuale così variegato e affascinante, che ti riesce continuamente a sorprendere.

L’esplorazione in Elden Ring ha un fascino unico: dopo ore e ore di gioco, anche quando si pensa di aver ormai visto tutto di una regione, si scopre ancora qualcosa di nuovo; può essere una caverna persa in precedenza o anche un semplice oggetto che era sfuggito al nostro sguardo. Esplorare le sconfinate lande dell’Interregno non mi ha mai annoiato, nemmeno per un istante, perché il titolo è in grado di sorprendere continuamente il giocatore senza dover riproporre contenuti uguali a quelli visti in precedenza e, soprattutto, l’esplorazione paga sempre con degli oggetti utili o persino con dell’ottimo equipaggiamento.

Cavalcare liberamente per poi essere attaccati senza alcun preavviso da un boss sbucato fuori dal nulla o ritrovarsi di fronte a una carovana che trasporta un tesoro prezioso sono solo un paio delle varie situazioni che si possono vivere mentre si vaga senza meta per l’immensa mappa.

Non ci si ritroverà mai di fronte a qualcosa di già visto e ripetuto. Niente accampamenti di briganti tutti uguali da liberare, collezionabili da trovare sparsi in giro per la mappa o sidequest in cui bisogna uccidere tot nemici o riportare tot erbe al PNG di turno. Vero, sparse nel gioco ci sono mini dungeon o rovine che hanno una struttura comune, ma ogni grotta o catacomba è completamente diversa dall’altra, sia per i nemici al suo interno, che per le trappole o per la stessa composizione del dungeon in miniatura.

L’esempio più calzante che mi viene in mente è quando sono finito in un mini dungeon che all’apparenza era la classica catacomba come altre già trovate nel gioco – ma tutto il dungeon era strutturato in modo tale che per finirlo fosse obbligatorio utilizzare i forzieri trappola in grado di teletrasportare in altre zone (sicuramente siete stati fregati da loro almeno una volta nel gioco).

I forzieri mi facevano ricomparire in zone all’apparenza uguali a quelle già visitate, ma con sottili differenze che permettevano di progredire nell’esplorazione. Un piccolo dungeon dal level design geniale, che mi ha lasciato veramente stupito per quanto sia stato in grado di mandarmi in confusione la mente. Il bello è che poi un contenuto di qualità simile è molto secondario nell’avventura e persino ben nascosto nella mappa ed è quindi facile perderselo.

Ma non è finita qui, perché persino i boss che si ripetono hanno delle differenze sostanziali nelle loro diverse versioni: a volte possono avere dei minion con loro, oppure possono avere un move set variato o persino arrivare insieme a un altro boss già affrontato, per uno scontro ancora più impegnativo.

D’altronde il quantitativo di boss battle presenti in Elden Ring è così alto che era improponibile pensare di avere boss sempre diversi, dunque è comprensibile la scelta di riproporne alcuni ed è encomiabile lo sforzo fatto per fare in modo che tra uno scontro e l’altro vi siano comunque differenze che non consistano solo in vita e danni maggiori rispetto all’incontro precedente.

Qui stiamo parlando dei contenuti cosiddetti “riempitivi” e molto secondari; se si va a parlare dei Legacy Dungeon o di altre aree ci troviamo di fronte a dei veri e propri capolavori di level design per il modo in cui sono strutturati.

Basta già solo l’esempio del Castello di Grantempesta, senza poi contare l’incredibile Leyndell, la capitale, che mi ha lasciato a bocca aperta, arrivato per la prima volta al suo interno, per la sua incredibile complessità.

Il metodo migliore per descrivere la differenza tra gli altri open world e quello di Elden Ring è quello di paragonarla alla stessa differenza che esiste tra un prodotto confezionato industrialmente per essere venduto all’ingrosso e un lavoro d’artigianato realizzato con la massima cura anche nel più insignificante dei particolari. Gli sviluppatori di From Software hanno messo così tanto impegno in ogni aspetto dell’open world di Elden Ring che definirlo maniacale sarebbe riduttivo.

Un tale livello di attenzione, in un mondo così vasto che sembra non finire mai, non si era mai visto prima.

Il mondo del cambiamento

Un’altra cosa che rende incredibile l’open world di Elden Ring è la cura verso la lore, che è strettamente legata alle zone che visiteremo. In base ad alcune nostre azioni il mondo di gioco cambierà sostanzialmente, con eventi che, senza fare spoiler, renderanno certe zone completamente diverse da come le conoscevamo.

Inoltre troveremo spesso fazioni rivali intente a combattersi, soldati a caccia di mostri e strani rituali o eventi sinistri in pieno svolgimento mentre magari stiamo passando da un villaggio o in un bosco. Il mondo di gioco è vivo e noi ne siamo solo una piccola parte, che lotta con le unghie e con i denti per farsi un nome in quanto aspirante nuovo Lord Ancestrale. Non dà l’idea di un mondo preconfezionato, ma di una terra piena di storie e leggende che vengono raccontate dal paesaggio stesso.

Non tutte queste storie poi devono essere legate a eventi macroscopici: ad esempio, ricordo di essere rimasto incredibilmente sorpreso quando mi sono ritrovato a esplorare un castello assediato da alcuni semiumani. Al suo interno era presente il cadavere di una grossa creatura mai vista prima (che poi avrei ritrovato viva e con la voglia di farmi la pelle solo molte ore dopo) e un cavaliere particolarmente ostico che utilizzava tecniche legate al sangue.

Dopo aver trionfato, appena fuori dal castello ho incontrato un PNG che con due semplici frasi mi ha fornito l’intero contesto, facendomi capire cosa stava accadendo, e in più mi suggeriva anche di parlare con un altro PNG legato proprio a quel castello, di cui avevo completamente dimenticato l’esistenza. Ho trovato questa semplice vicenda, marginale per quanto riguarda la storia principale del gioco, di un fascino incredibile, visto che solo con elementi visivi e poche frasi mi avevano dato tutti gli elementi per comprendere i fatti a cui avevo assistito e preso parte.

Il nuovo capolavoro di From Software, con tutti gli elementi elencati fin qui e spiegati ancora meglio nella recensione del nostro Domenico, mette in evidenza quanto la formula tipica degli open world sia ormai diventata troppo abusata e stantia.

Dopo aver giocato Elden Ring non si può più tornare indietro. L’idea di tornare a mondi aperti pieni di collezionabili, fetch quest trite e ritrite e accampamenti da liberare tutti uguali è sempre più inaccettabile e obsoleta. Elden Ring ha definito nuovi standard nella creazione di un open world e le altre case di sviluppo non potranno certo fare finta di niente.

Il futuro da ora in poi

Non mi aspetto che da un giorno all’altro gli open world seguano tutti l’esempio di Elden Ring, sarebbe impossibile dato il tempo di preparazione e sviluppo che ci vuole per realizzare titoli simili. Dunque è scontato che per almeno un paio d’anni vedremo ancora titoli con una formula classica. Mi aspetto però che tra qualche anno il panorama di questa tipologia di giochi sia molto diverso da quello che esiste ora.

Nella recente GDC, Ubisoft ha presentato una nuova tecnologia chiamata Ubisoft Scalar: questa permetterà di creare mondi ancora più grandi e dettagliati grazie alla possibilità di effettuare i calcoli legati ad alcune componenti, come ad esempio il motore legato alla fisica, alla gestione dell’IA o all’audio, tutto in cloud, così da non pesare soltanto sull’hardware di una console.

Questa tecnologia è potenzialmente molto interessante, e potrebbe effettivamente portare degli importanti cambiamenti in questo campo, a patto che non venga usata in maniera errata.

Quanti di voi hanno completato al 100% titoli come Assassin’s Creed Odyssey o Valhalla? Questi due titoli avevano dei mondi già di loro enormi, pieni di attività secondarie che richiedevano come minimo oltre il centinaio di ore per fare qualsiasi cosa presente nella vasta mappa di gioco. Il problema è che le attività alla lunga erano stancanti e ripetitive, non c’era nulla che faceva realmente sentire il giocatore in un mondo vivo che esiste indipendentemente dalle sue azioni.

Non mi riferisco soltanto ai titoli open world di Ubisoft, che per lo storico che hanno sono i più rappresentativi per quanto riguarda questa struttura, ma alla maggior parte di quelli più classici, che fanno sentire il giocatore non in un mondo realmente vivo, ma in ambientazioni magari bellissime da vedere, ma troppo artificiali, come quando si visita l’area dedicata ai pirati o all’Antico Egitto di un parco giochi.

La nuova tecnologia di Ubisoft ha un potenziale enorme, ma sarebbe sprecata se venisse utilizzata per creare titoli con mondi aperti ancora più immensi, ma riempiti di contenuti ripetitivi e senz’anima in cui far perdere il giocatore per 300 ore che, alla fine, non lasciano davvero nulla se non una noia di fondo mascherata da divertimento.

Quello che vorrei vedere nel prossimo futuro dei titoli che adottano una struttura open world non è un’ondata di cloni di Elden Ring, così come era successo ai tempi per Dark Souls. Sicuramente, molti si ispireranno al capolavoro di From in futuro – e ben venga la cosa se i novelli sviluppatori daranno un’impronta unica alla loro opera senza scadere in copie mal riuscite –, ma sarà estremamente difficile emulare l’incredibile qualità che ha portato il titolo From Software nuovamente sul trono massimo dei soulslike e non solo.

Quello che vorrei accadesse è che si sviluppasse una nuova consapevolezza, e cioè che si possono realizzare open world diversi dalla classica formula trita e ritrita.

Elden Ring ha creato un nuovo standard per quanto riguarda gli open world, che mi rendo conto non possa essere raggiunto da tutte le altre case di sviluppo, dato che l’approccio di From è stato unico e personale. La forza del mondo aperto di Elden Ring sta proprio in quest’approccio nato dalle competenze uniche del team nipponico, che non ha rinunciato alle caratteristiche che lo hanno reso famoso, adattandole perfettamente a questa nuova struttura.

Ed è proprio questo che spero di vedere da altri sviluppatori: che provino nuovi approcci nella costruzione di mondi aperti con idee e meccaniche uniche, che possano rendere l’esperienza sempre più variegata e originale e non omologata a una singola struttura oramai sin troppo abusata.

Dopo Elden Ring gli open world non possono più essere gli stessi e mi auguro che il capolavoro di From sia solo il punto di partenza verso una nuova era che porti a un cambiamento radicale dei prossimi grandi mondi in cui potremo perderci.

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