Ni no Kuni, Alla scoperta delle emozioni più intime del gioco di ruolo dei Level-5

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Quando il primo Ni no Kuni – La minaccia della Strega Cinerea vide la luce, il popolo di videogiocatori – specie quelli appassionati di giochi di ruolo di matrice nipponica – non pensavano di trovarsi tra le mani un prodotto di tale caratura, così splendido da vedere quanto da giocare. Come vi abbiamo ampiamente illustrato nel nostro precedente speciale dedicato al primo capitolo, la collaborazione con Studio Ghibli (autore di produzioni di indiscusso valore cinematografico come La Città Incantata, Il Castello Errante di Howl e Il Mio Vicino Totoro) ha permesso di vedere concretizzarsi un sogno, ossia quello di avere un videogioco forte del tratto che ha reso celebri le opere del Maestro Miyazaki. Se quindi abbiamo già avuto più di un momento per riflettere sull’impatto che il titolo prodotto da Bandai Namco ha avuto su di noi da un punto di vista puramente estetico, è altrettanto importante fare il punto della questione su ciò che il prodotto sviluppato dai talentuosi Level-5 è stato in grado di regalarci sotto l’aspetto emotivo. Un viaggio lungo una vita, attraverso le varie fasi della crescita di un piccolo, grande eroe.

Cosa scrivere di un sogno?Oliver è un bambino di soli tredici anni a cui purtroppo viene a mancare la propria madre. Questa, prima di morire gli lascia una bambola, Lucciconio (nota anche con il nome di Drippy o Shizuku), signore delle fate giunto a Motorville per trovare un ragazzo puro di cuore, il quale prende vita magicamente dopo essere entrato in contatto con le lacrime del ragazzo. Sorprendentemente, Lucciconio promette a Oliver di poter far tornare in vita il genitore scomparso, ma solo se questi si riterrà abbastanza coraggioso da poter affrontare un viaggio all’interno di un universo magico, il cui ingresso sarà garantito solo ed esclusivamente grazie all’uso di un libro altrettanto straordinario, l’Abbecedabra (o Magic Master, come definito nella versione nipponica del gioco). 

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All’interno di questo “mondo altro”, gli eroi faranno la conoscenza di versioni alternative di persone, animali e cose incontrate nella vita reale. Salvare nostra madre dal temibile maleficio di Shadar, il genio nero, salvando allo stesso tempo anche gli abitanti di questo universo parallelo sarà il nostro fine ultimo. Vien da sé che l’avventura che attende Oliver sarà un’impresa ai limiti della fantasia, un passo in avanti in un modo tanto incredibile quanto inquietante. La presenza di Studio Ghibli, quindi, non si ferma all’aspetto estetico, ma travalica i confini della personalità del protagonista, il quale non sfigurerebbe in un lungometraggio realizzato dall’amato studio cinematografico di film d’animazione giapponese. Oliver è quindi mosso dall’innocenza tipica di un bambino in età preadolescenziale, capace di assorbire gli eventi – anche drammatici – del mondo esterno in una maniera non concessa ad adulti dal cuore ormai freddo e impuro. 
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L’amicizia con Lucciconio, nata dall’obiettivo primario di riuscire a superare il trauma della morte della madre, diventa man mano il fulcro di una narrazione lenta e progressiva, che cambierà repentinamente il protagonista principale ogniqualvolta egli incontrerà i numerosi – e tratti grotteschi – personaggi sul proprio cammino. Esattamente come nella vita vera. Ni no Kuni – La minaccia della Strega Cinerea è quindi un affascinante percorso di formazione, una storia di origini in un mondo onirico dai tratti fantastici e dai personaggi surreali, elementi ben noti a tutti coloro che sono cresciuti coi bellissimi lungometraggi di Hayao Miyazaki e figlio. Ed esattamente come le opere cinematografiche da cui trae ispirazione, anche il gioco Level-5 tocca le giuste corde dell’anima prima ancora che riempirci gli occhi di zucchero con un’estetica e uno stile realmente unici.

Lucciconio, amico mioAmicizia, morte, speranza. Tutte tematiche che Ni no Kuni – La minaccia della Strega Cinerea affronta con un delicato tocco narrativo, senza mai scadere nelle banalità del caso. A differenza di un Final Fantasy tradizionale, dove spesso l’eroe è mosso da intenti più consueti in un contesto spesso e volentieri contraddistinto da tematiche New Age e steampunk (ad eccezione chiaramente di alcuni capitoli classici dell’era a 16 e 32-bit della saga ideata da Sakaguchi), il gioco di ruolo targato Level-5 è invece di un classicismo quasi straniante, un coraggioso passo in una direzione diametralmente opposta ai ben più sgargianti JRPG moderni. Una scelta inconsueta ma vincente, atta a trasformare un “semplice RPG di matrice nipponica” in un’emozionante storia capace di toccare i cuori e gli animi di ciascuno di noi. Perché se il lutto è un argomento tristemente noto a moltissimi lettori, anche i meccanismi che legano i personaggi di Oliver e Lucciconio preferiscono trasmettere al giocatore una “sensazione” prima ancora che un plot twist narrativo o una magistrale sequenza cinematica. 

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Questo perché, nonostante sia palese l’influenza di pellicole come La Città Incantata o ancor più I Racconti di Terramare (non a caso, le tematiche tra il titolo Bandai Namco e il capolavoro di Goro Miyazaki sono estremamente simili), Ni no Kuni – La minaccia della Strega Cinerea vuole innanzitutto raccontare una storia d’amore, nel senso più puro del termine. Il nostro scopo, come accennato poche righe più in alto, sarà ritrovare l’affetto materno, un incipit ben diverso dai classici imperi in guerra o principesse da salvare, visti in decine e decine di titoli simili. E se all’inizio la sensazione di trovarsi tra le mani un surrogato delle fiabe per bambini sarà molto forte, basteranno una manciata di ore di gioco per rendersi conto del contrario. E quel finale, capace di ribaltare ogni certezza (tranquilli, non faremo alcuno spoiler, magari tra di voi c’è ancora qualcuno intenzionato a recuperare il gioco sulla vecchia PS3), restituisce in maniera ancor più prepotente il concetto che un gioco di ruolo deve innanzitutto saper raccontare una gran bella storia, prima ancora che mostrarla nella maniera migliore possibile. Ora, con Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno – in dirittura d’arrivo su console Sony PlayStation 4 a partire dal prossimo 10 novembre di quest’anno – la sensazione che i Level-5 ci diano nuovamente un nuovo biglietto d’ingresso per il loro mondo fantastico è molto forte, complice anche la volontà di proporre tematiche dai toni ancora più drammatici e adulti, che a quanto pare toccheranno argomenti come il rapporto tra fratelli. L’avventura di Evan, sovrano del regno di Ding Dong Dell, e di Roland, un visitatore proveniente da un mondo parallelo, sarà quindi una nuova prova del fuoco nonché un ennesimo atto di coraggio da parte dell’ormai celebre sviluppatore giapponese, ancora una volta pronto a lanciarci nel sogno, facendoci emozionare come pochi sono in grado di fare.

Il percorso emozionale del primo Ni no Kuni è stato un cammino verso l’età adulta, un reale racconto di formazione costellato di problematiche e questioni intimiste (come la perdita di un genitore) che hanno lasciato il segno a tutta quella schiera di videogiocatori verso cui il prodotto Level-5 era rivolto. Un “sogno” lasciato volutamente sospeso in un’atmosfera che viaggia nella realtà fantastica di un libro di favole e che – ne siamo certi – troverà la sua massima espressione nel sequel di prossima uscita, quel Ni no Kuni II: Il Destino di un Regno che promette di andare ben oltre i confini narrativi tracciati dal predecessore. Ed anche solo per questo, c’è da attenderlo con il cuore tra le mani.