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Layers of Fear | Recensione - Vecchie storie, nuova veste

Layers of Fear racchiude tutti i contenuti della saga e crea un filo comune che collega tutto. Operazione furba o necessaria?

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

In sintesi

  • Tutti i contenuti della serie in un unico pacchetto.
  • Migliorie grafiche grazie ad Unreal Engine 5.
  • Mini episodi di raccordo per raccontare un'unica storia.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Layers of Fear (2023)
Layers of Fear (2023)
  • Sviluppatore: Bloober Team
  • Produttore: Anshar Studios
  • Distributore: Bloober Team
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PC , XSX , PS5
  • Generi: Survival Horror
  • Data di uscita: 15 giugno 2023

Layers of Fear non è un nuovo capitolo della serie. Non è nemmeno quella che potremmo propriamente definire una remastered o un remake di sana pianta.

Si tratta piuttosto di una via di mezzo, di un approccio differente – e molto furbo – che si avvicina a quella che in gergo potremmo chiamare "edizione definitiva", con l'unica differenza che gli sviluppatori hanno creato un buon raccordo che collega idealmente tutti i contenuti della serie finora pubblicati.

Chi ha già giocato i due capitoli principali e i DLC , dovrebbe comunque essere interessato a questa nuova uscita o può semplicemente passare oltre? Nella nostra recensione vi raccontiamo se Layers of Fear, nato dall'accoppiata Bloober Team e Ansher Studios, merita o meno l'attenzione degli amanti delle storie horror.

Layers of Fear, storie di artisti maledetti

Layers of Fear è soprattutto un'occasione per chi non conosce la saga di recuperare tutto quanto in un unico pacchetto. Se non si tratta di una riedizione di vecchie uscite poco ci manca, e non basta di certo l'incipriata con Unreal Engine 5 e poco altro per dare nuovo lustro a ciò che di fatto non rappresenta affatto una novità.

Ma cosa è esattamente Layers of Fear e cosa devono aspettarsi i giocatori? Vale davvero la pena recuperarlo anche se si conoscono molto bene i primi due giochi?

Riteniamo innanzitutto che questo tipo di operazione sia per il team di sviluppo un modo molto semplice e poco faticoso per avere nuovi fondi da destinare a progetti più grandi. La comunicazione sul prodotto è stata volutamente poco chiara fin dall'annuncio, con frasi sibilline e video che esaltavano l'uso del nuovo motore grafico per far brillare gli occhi al giocatore medio, che si fa facilmente irretire da lustrini e paillettes in bella mostra.

Layers of Fear è semplicemente una riproposizione dei primi due giochi e del contenuto extra del capostipite chiamato Inheritance, a cui si aggiunge adesso la storia di una scrittrice ambientata all'interno di un vecchio faro che lega il tutto e chiude le vicende con una nota finale.

Questo lavoro di raccordo, va detto, funziona piuttosto bene e dà un credibile senso di continuità tra storie che hanno come comuni denominatori l'arte e i deliri della mente.

«La vita morale dell’uomo è uno dei soggetti che l’artista può trattare, ma la moralità dell’arte consiste nell’uso perfetto di uno strumento imperfetto», scriveva Oscar Wilde ne Il Ritratto di Dorian Grey. La frase è la summa dei patimenti del protagonista della prima storia, che fonde le ossessioni di un dramma familiare dai contorni torbidi e malsani con le terribili suggestioni allucinatorie di un pittore con irrecuperabili problemi mentali

Il protagonista del primo Layers of Fear è travolto dall’angosciosa ricerca del proprio capolavoro perfetto, che si mescola ai sensi di colpa che emergono nei rari momenti in cui la pazzia si ritira per lasciare spazio agli ultimi residui di lucidità.

Il solenne maniero in cui è ambientata l'avventura, che sembra lo spot perfetto per la letteratura gotica a cavallo tra ‘800 e ‘900, pare quasi respirare affannosamente e scricchiolare sotto l’insostenibile peso della nequizia umana. Si espande, si contorce, si ribella al dramma consumato tra le sue mura, vive e soffre come un personaggio reale. 

Si tratta di uno dei migliori esempi di come un walking simulator – perché questa è la natura della serie ideata da Bloober Team – possa riuscire a raccontare al meglio gravi malattie mentali come la schizofrenia. La storia è davvero ottima e, anche se nel gioco è impossibile morire, il senso di costante tensione mentre il mondo attorno a voi cambia di continuo è piuttosto accentuato.

Layers of Fear 2 narra invece la storia di un attore con la personalità totalmente alla deriva, mentre si barcamena alla ricerca di sé e di ciò che giace nel suo Io più profondo. La struttura della storia non si distanzia granché dal capostipite – e segue dunque uno schema già ben consolidato, che prevede la costruzione della vicenda frammento dopo frammento. 

La voce narrante di Tony Todd (leggenda dal cinema horror e protagonista della serie Candyman) è una profonda e inquietante eco che vi rimbomberà in petto, pronta a ricordarvi con amare verità che la spersonalizzazione d’attore non potrà mai cancellare il doloroso passato.

Gameplay rinnovato o identico nella sostanza?

Il secondo capitolo di Layers of Fear provava in effetti a fare qualcosa in più a livello di gameplay, tentando timidamente di uscire di tanto in tanto da quel recinto auto-imposto delle camminate lungo gli scenari in cui si interagiva con sparuti elementi disseminati lungo le aree in continuo mutamento.

All'epoca Bloober Team (trovate su Amazon The Medium in versione PS5) era ancora un piccolo studio di sviluppo con scarsissima esperienza nei sistemi di gioco più complessi, e non c'era nulla che prevedesse una difesa diretta da parte del protagonista, né tantomeno nulla che fosse legato ai conflitti a fuoco.

Il primo gioco è più ispirato ed efficace, ma è col secondo che si ha un equilibrio migliore.
Sebbene il primo gioco fosse artisticamente più ispirato ed efficace, è col secondo che si ottiene un equilibrio migliore, con tutta una serie di migliorie tangibili che lasciavano intravedere un buon futuro per un potenziale nuovo racconto. Non ci aspettavamo di certo che Layers of Fear si chiudesse idealmente con lavoro di cucitura finale, perché in fin dei conti le due storie sono molto lontane. 

Eppure, con questa sorta di riedizione che sarebbe meglio chiamare rivisitazione con opportuni accorgimenti, Layers of Fear adotta forse la soluzione migliore per tutti: per i giocatori, che possono godere della serie avendo una serie di storie pronte a intrattenerli e farli riflettere sui profondi disagi di chi lotta coi propri demoni;  per gli sviluppatori, che avranno modo di capire se potrà esserci effettivamente un futuro.

Le novità a livello di gameplay di questa nuova uscita, soprattutto considerando l'identità di gioco che non poteva essere cambiata per ovvie ragioni, sono davvero trascurabili e non rappresentano in alcun modo nulla di rilevante.

L'uso della lampada per scacciare le apparizioni non è dunque così importante e non dà un valore aggiunto all'opera, che dà invece il meglio di sé nella forza dei racconti e nella ricercatezza del comparto artistico unico e ricco di citazione mai banali, che dimostrano conoscenza e amore per l'arte a tutto tondo.

Anche le sezioni aggiuntive, mai viste finora, sono grossomodo dello stesso tenore dei due capitoli principali. La serie ha da sempre lasciato spazio ad alcune congetture dei giocatori, che potranno raggiungere più di un finale ed elaborare gli elementi della storia per giungere alle proprie considerazioni. Va tuttavia specificato come il significato finale e quanto raccontato non siano elementi narrativi liberamente interpretabili, e che l'utente potrà al massimo ricamare su dei dettagli lasciati volutamente in sospeso.

Abbiamo provato Layers of Fear su PS5 e non siamo rimasti per nulla sorpresi dal comparto grafico. Nonostante l'effettistica e le migliorie che l'Unreal Engine 5 consente di sfoggiare, trattandosi di due giochi vecchi "passati" sul nuovo motore grafico si notano non poche sbavature rimaste pressoché intatte. Ci riferiamo in particolar modo alla modellazione poligonale un po' grezza di parte della mobilia, o a quelle texture che durante la prima uscita non brillavano esattamente per bellezza.

Il sonoro è inquietante come allora e Layers of Fear andrebbe senza dubbio giocato con delle buone cuffie per aumentare l'immedesimazione. Noi lo abbiamo testato con le Pulse 3D e possiamo assicurarvi che l'esperienza ne guadagna davvero molto, soprattutto nei momenti in cui i lucidi deliri da incubo si riversano nella quotidianità che i protagonisti tentano invano di rifiutare, e che sono ormai diventati parte integrante delle loro percezioni alterate da traumi, perdite, ossessioni, violenze e da una mente che ha perso per sempre contatto con la realtà.

Voto Recensione di Layers of Fear | Recensione


7.5

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Tutta la serie in un unico pacchetto

  • Sezioni inedite, utili per creare un efficace raccordo tra le storie narrate

Contro

  • Il lavoro su Unreal Engine 5 non impressiona

  • Operazione molto furba, che aggiunge poco rispetto a quanto già visto

Commento

Layers of Fear non è un nuovo gioco, né un remake. Sembra essere più una sorta di edizione definitiva che include i due vecchi capitoli e una sezione che lega le due storie insieme. Il passaggio ad Unreal Engine 5 non sbalordisce affatto e i lievi miglioramenti di gameplay non sono così rilevanti, pertanto ci sentiamo di dire agli amanti della serie che non è il caso di rigiocare alla stessa cosa. Discorso diverso per chi non ha mai avuto modo di avvicinarsi al franchise: questa è l'occasione migliore per farlo, forse l'ultima.
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