Recensione

The Guided Fate Paradox

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a cura di Pregianza

Il Verdetto di SpazioGames

7

Quando si tira in ballo Nippon Ichi, un jrpg è sempre dietro l’angolo, e se è di un loro gioco che si sta parlando, bisogna aspettarsi a breve una trafila di sistemi complicatissimi, meccaniche più o meno classiche rimescolate, e un gran numero di personaggi assurdi e storie demenziali. Anche un comparto tecnico pessimo, of course, ma ai fan della casa nipponica difficilmente è mai fregato qualcosa di questa problematica. 
L’altro elemento inevitabile è il ritardo, poiché i jrpg dell’azienda sono considerati abbastanza di nicchia, e quindi tendono ad arrivare dalle nostre parti molto tempo dopo la loro uscita giapponese. Ecco quindi arrivare anche nelle nostre lande soleggiate The Guiding Fate Paradox, un gioco già disponibile da un anno a Tokyo e dintorni, che a una prima occhiata potrà sembrare estremamente simile ai Disgaea, ma in realtà è una sorta di seguito spirituale di Zettai Hero Project: Unlosing Ranger VS. Darkdeath Evilman (non scherziamo, c’è davvero un gioco per PSP che si chiama così). Volendo precisare per i non appassionati di giochi dai nomi infinitamente lunghi, Zettai Hero vedeva un singolo eroe customizzabile affrontare vari dungeon, con una visuale isometrica e un combat system dotato di elementi roguelike e costruito attorno agli oggetti.
The Guiding Fate Paradox ripropone questa struttura, ma la modifica inserendovi alcuni fattori derivanti da altri lavori Nippon Ichi. Noi lo abbiamo provato, e oggi cercheremo di descrivervi cosa abbiamo visto e che impressione ci ha fatto. 
Congratulazioni! Lei è appena diventato Dio!
Premessa assurda ci aspettavamo, premessa assurda abbiamo trovato. Come da tradizione, The Guided Fate Paradox comincia in modo molto strano e mette il giocatore nei panni del giovane Renya, la cui unica abilità speciale risiede nel fatto di non aver mai vinto nulla, né un concorso a premi di paese né il premio di consolazione di una pesca di beneficenza. Tutto cambia quando il nostro incontra per caso una maid molto carina in un centro commerciale, che praticamente lo costringe a partecipare a una lotteria. Contro ogni aspettativa Renya vince il primo premio, peccato che non si tratta di uno yacht, di qualche milione di Yen o di una vacanza spesata, bensì della posizione di… Dio. Sì, avete capito bene, proprio Dio. La giovane maid infatti stende il vincitore con una mazzata in testa e lo trasporta direttamente a Celestia, dove gli rivela di essere un angelo di nome Liliel e che da quel momento il suo compito è quello di vegliare su tutte le creature dell’universo.
Comincia così un’assurda avventura, che vedrà il povero Renya invischiato in un casino di proporzioni, è proprio il caso di dirlo, celestiali, e costretto a incontrare una lunga lista di personaggi pieni di segreti da svelare.
Se non l’aveste notato dal nome del regno dei cieli, la trama del gioco ha qualche netto collegamento con quella dei Disgaea, ma riesce comunque ad essere più interessante ed elaborata della norma. L’unico problema che abbiamo notato è il suo avanzare eccessivamente lento, tramite cutscene lunghette che tendono ad essere piuttosto tediose, trattandosi principalmente di semplici dialoghi scritti. Fatto sta che, nonostante il modo di narrare scelto dagli sviluppatori non sia dei più leggeri e piacevoli, la trama di fondo risulta interessante e viene rinforzata da una bella dose di umorismo sempre presente nei titoli NIS. 
Oltrepassiamo la storia per arrivare al gameplay. Il motivo per cui abbiamo detto subito che il gioco vi ricorderà i Disgaea, oltre al comparto artistico del titolo curato dalla character designer della serie e alla visuale isometrica, è la complessità dei sistemi coinvolti. The Guided Fate Paradox mantiene la meccanica del lancio dei personaggi e degli oggetti, ma tutte le restanti meccaniche sono modificate alla base per avvicinarsi al precedentemente citato Zettai Hero Project. 
Si controlla solo Renya, accompagnato inizialmente da Liliel e in seguito dagli altri strambissimi angeli della schiera celeste, ed è possibile muoversi di una casella alla volta nelle mappe. Ogni missione si svolge in un meccanismo chiamato Fate Revolution Circuit, che trasforma i desideri dei fedeli in mondi virtuali in cui combattere contro delle manifestazioni negative per esaudire la volontà dell’interessato. Essendo direttamente correlato alle azioni di Dio, nel Fate Revolution Circuit il tempo avanza solo quando il protagonista compie un’azione, caratteristica che rende gli scontri a turni, nonostante la gestione di attacchi e movimento sia fondamentalmente differente rispetto a un jrpg classico. Il vostro o la vostra partner, peraltro, non verranno controllati direttamente, bensì guidati dall’IA, programmabile tramite ordini che ne decideranno il comportamento. I compagni avranno anche modo di prendervi e lanciarvi, per farvi ottenere vantaggi posizionali rispetto a certi nemici, ma spesso non si comporteranno in modo geniale e andranno gestiti accuratamente per rappresentare realmente un aiuto. Molti giocatori probabilmente punteranno ad abbandonare completamente il proprio accompagnatore nelle fasi avanzate, concentrandosi sul solo Renya. 
Onnipotente fino a un certo punto
Le mappe non sono complesse come quelle di Disgaea, ma il motivo è presto detto: sono generate randomicamente e non contengono geocristalli o altre amenità simili (delle sfere che infliggono status sparse per i pavimenti non sono altrettanto significative, seppur importanti). No, in The Guided Fate Paradox si ha a che fare con una serie di stanze e corridoi, dove la vostra visuale varia in base alla locazione e la maggior parte dell’esplorazione è dedicata al ritrovamento di utili oggetti. In particolare ogni casella va tenuta d’occhio, perché può contenere trappole e strumenti che facilitano la navigazione, tutte cose che vanno a influire sull’affaticamento di Renya. 
Già, perché il protagonista, oltre ai punti vita e al mana, dovrà curarsi anche di una percentuale che indica la stamina nel Fate Revolution Circuit, che una volta arrivata a zero inizierà a far calare i punti vita ad ogni passo. Gonfiare l’indicatore è semplice, basta nutrirsi con il cibo trovato per le mappe o acquistato in un comodo negozio nel quartier generale, ma non sempre si hanno provviste a disposizione, lo spazio nell’inventario è limitato e in generale i dungeon più complessi sono strutturati per spingere il giocatore ad avanzare senza tergiversare eccessivamente.
Altra peculiarità del gioco è l’importanza dell’equipaggiamento, che va a influenzare in modo pesante non solo il look del personaggio (a volte con oggetti assurdi, come macchinine corazzate utilizzabili come pantaloni), ma anche tutte le sue capacità. Due spade garantiranno abilità offensive comuni e assalti combinati, uno scudo offrirà una passiva attivabile per aumentare la difesa, un elmo da soldato un bonus temporaneo alla mira, e così via. Avanzando si otterranno capacità sempre più potenti e spettacolari, tutte attivabili al costo di punti abilità che si ricaricano col tempo come la salute del giocatore.
Persino lo sviluppo di Renya dipende dall’equipaggiamento: le armi infatti possono eseguire un burst energetico se usate abbastanza a lungo e, una volta ottenuto l’effetto, il protagonista guadagna delle icone sacre da spendere in un comodo pannello per la modificazione fisica. Di missione in missione il vostro alter ego divino diverrà sempre più potente, e potrà eventualmente resettare le sue abilità al ritrovamento di icone più potenti da sostituire ai poveri +1 delle fasi iniziali. Il menu degli attributi si chiama Divinigram, e offre un quantitativo smodato di possibilità, una manna per tutti coloro che amano spendere centinaia di ore sui jrpg. Unito al succitato sistema del burst, che potenzia gradualmente l’equipaggiamento, e alla possibilità di personalizzare a piacere anche i compagni, tale scheletro fondamentale rende The Guided Fate Paradox un gioco indicato per i malati del perfezionismo, come i Disgaea prima di lui e gran parte delle produzioni della software house nipponica. Pensate solo che ci sono addirittura cosucce come gli artefatti sacri, che una volta posizionati portano a perdere statistiche ma donano potenti abilità aggiuntive, e che la struttura da Roguelike si estende alle morti, portando a una perdita netta di ogni oggetto ottenuto e di tutti i livelli, con il mantenimento delle sole icone per potenziare le statistiche.  
Per ottenere una serie di equipaggiamenti degni, e trarre il massimo dallo sviluppo del personaggio, bisogna dunque studiare accuratamente quali set salvare nel menù dell’evocazione divina, una comoda funzione che permette di cambiare oggetti durante le missioni (si può salvare solo nel quartier generale, quindi è più che necessario farne uso), e quali meraviglie lasciare al sicuro nell’inventario di Celestia. Pure i soldi vengono dimezzati ad ogni morte, pertanto è il caso di infilarli in banca appena possibile.  
Complessivamente, tanto di cappello a Nippon Ichi per aver creato ancora una volta un gameplay spaventosamente complesso e profondo, e un gioco con un livello di sfida più che degno, capace di mettere alla prova in buona parte delle boss fight. L’opera tuttavia ha anche parecchi problemi, e il primo sta nella sua stramba natura, che funzionava a meraviglia su PSP con Zettai Hero Project, ma non sembra avere lo stesso impatto su console maggiore. Il complesso sistema incentrato su armi e armature infatti, seppur originale, è abbastanza confusionario, e il suo resettarsi in caso di morte porta spesso a un semplice reload, perché l’aumento di statistiche non vale la candela se non dopo aver messo da parte un buon numero di oggetti degni. La strategia da applicare nelle battaglie è praticamente tutta basata sulla mobilità delle tecniche e sull’uso oculato delle proprie risorse, non riuscendo ad avvicinarsi a quelle degli altri giochi di ruolo tattici della casa. La struttura può risultare ripetitiva, in quanto costruita attorno al grinding e a serie infinite di scontri. E il comparto tecnico, come spiegato all’inizio, resta indecente (pare un titolo ps2 a tratti… in molti tratti… sempre).
Insomma, ciò che il gioco guadagna in velocità delle battaglie e originalità lo perde in strategia, e ciò che ottiene in termini di trama lo perde in ritmo della narrazione. 
Almeno sul sonoro si son fatti grossi passi avanti, i doppiaggi in lingua inglese sono abbastanza buone, e la giapponesissima colonna sonora ha qualche pezzo da applausi.

– Storia interessante e ricca di umorismo

– Gameplay piuttosto originale, profondo e complesso

– Sempre dozzine di ore di contenuti per i perfezionisti

– Livello di sfida discretamente elevato

– Il ritmo della narrazione lascia a desiderare

– Perde in tatticità ciò che guadagna in velocità e originalità

– La formula funzionava meglio su portatlie

– Tecnicamente scarso

7.0

The Guided Fate Paradox è un titolo Nippon Ichi in ogni atomo. Si tratta di un peculiare tipo di jrpg, con elementi roguelike, un discreto livello di sfida, e il solito ammasso di meccaniche e sistemi pensati per chi sguazza nelle statistiche e nella tatticità. Questa struttura, tuttavia, era più indicata su console portatile, e su Ps3 mostra qualche crepa, legata alla ripetitività della formula, a una certa perdita di tatticità rispetto ai jrpg classici, e a un ritmo narrativo che lascia a desiderare. Nel complesso il gioco è comunque consigliato ai fan della software house nipponica e dei suoi profondissimi titoli, ma resta un’opera per pochi, con difetti macroscopici.

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