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Recensione

Dustforce

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Avatar di Gianluca Arena

a cura di Gianluca Arena

Editor

Pubblicato il 16/02/2014 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

7

Gli ultimi mesi hanno segnato una notevole accelerata sul fronte della quantità e qualità del software uscito per PlaystationVita: da Muramasa Rebirth a Toukiden, passando per OlliOlli, la piccola di casa Sony sembra aver iniziato con il piede giusto questo 2014, probabilmente aiutata anche dal lancio di PS4, di cui si sta dimostrando la più naturale delle propaggini.Al fitto calendario uscite si aggiunge anche Dustforce, tecnicissimo platform firmato HitboxTeam, port del titolo già visto su PC esattamente due anni fa.Come sarà venuta la versione per console portatile?Scopritelo con noi.

Con una ramazza in manoFiglio del lavoro e della passione di quattro programmatori, Dustforce è completamente privo di alcuna premessa narrativa: esattamente come i classici arcade da sala giochi di un paio di decenni fa, cui il gioco si ispira chiaramente anche nella sua struttura di gioco, non ci sono storie né dialoghi a sorreggere il tutto, e siamo sicuri che pochi fra voi lettori ne sentiranno la mancanza.Eppure, lo diciamo subito, un sottofondo narrativo non avrebbe guastato, fornendo un ulteriore incentivo a proseguire lungo i 54 livelli di cui si compone il gioco: il nutrito catalogo indie di PSVita consta già di titoli dalla fruizione altrettanto rapida ed adrenalinica, su tutti un certo Hotline Miami, la cui natura arcade non pregiudica, comunque, la presenza di una trama interessante, seppure minimalista.Dustforce non si cura minimamente di caratterizzare i quattro differenti “spazzini ninja” selezionabili, ognuno con caratteristiche diverse in quanto ad agilità, rapidità, potenza, ma ci getta immediatamente nell’azione, lasciandoci intuire da subito che ci aspettano tempi duri.

Prova. Fallisci. Riprova.Il tutorial introduttivo riesce nell’impresa di prepararci alle dinamiche e all’elevato livello di difficoltà dell’intera produzione senza però darci il tempo di metabolizzare la grande mole di informazioni che ci getta in pasto: un timer scorre impietoso, e, se è vero che ognuna della possibilità acrobatiche del nostro alter ego viene spiegata da due-righe-due di testo, ci sarà data solo una possibilità per mettere in pratica quanto suggerito.I più bravi strapperanno subito un tempo decente, mentre i meno avvezzi alle acrobazie usciranno dal livello introduttivo più scoraggiati che altro: questa è una scelta di design ben precisa, che torna immutata dalla versione originaria, e che preferisce dotare il giocatore del minimo sindacale in quanto a conoscenze, costringendolo a massicce dosi di trial and error, piuttosto che portarlo per mano fino ai titoli di coda (come sembra essere in voga da qualche anno a questa parte).Pur avendo consumato centinaia di monetine (e qualche strato di pelle dei polpastrelli) in decine di diverse sale giochi nel corso della nostra adolescenza, non troviamo che l’approccio scelto da Hitbox (qui riproposto da QLOC, che si è occupata del porting per le versioni console) sia necessariamente il migliore: il rovescio della medaglia è infatti costituito dalla presenza latente, ma costante, dello spettro della frustrazione, che insegue il giocatore come i fantasmini di Pac-man, pronto a ghermirlo al primo picco di difficoltà.

Il sistema di controllo di Dustforce, peraltro, presta il fianco a qualche critica, leggendo di quando in quando con un pizzico di ritardo alcuni input dell’utente, come il salto o lo scatto, effettuabile alla pressione del tasto cerchio: il paradosso che si viene a creare, quindi, è quello di un gioco che richiede precisione e tempismo certosini in molti frangenti (sin dal terzo – quarto livello), senza offrirne al giocatore, che perirà più di una volta per colpe non sue.Il grande rammarico viene dal fatto che, quando i controlli non fanno le bizze, Dustforce sa divertire, offrendo un level design articolato e “bastardo”, premiando il giocatore tecnico, che non ha paura di provare e riprovare, e che sa fare delle acrobazie contro la gravità il suo pane quotidiano.Non avremmo pensato mai che darci di ramazza sarebbe riuscito a divertirci, e nel contempo, farci imbufalire tanto: le ore di test si sono equamente divise tra momenti di esaltazione per la performance perfetta e una pioggia di bestemmie per un livello di difficoltà che a tratti sfiora il sadismo.Purtroppo, la struttura di gioco costringe il giocatore ad ottenere la valutazione massima in determinati livelli per sbloccarne di nuovi dal grande HUB centrale, promuovendo, nel contempo, la rigiocabilità degli stage e la rabbia del giocatore: ottenere la valutazione massima sia per la quantità di sporco ripulita sia per i trick eseguiti è infatti molto più semplice a dirsi che a farsi.Il contatore delle combo, in basso a sinistra, si svuota al minimo contatto con uno dei nemici, strategicamente posti nella maniera più infame, e anche se non eseguiamo alcuna manovra spettacolare per qualche secondo, il che si traduce in spettacolari sequenze acrobatiche, foriere di grande soddisfazione, o in rovinose cadute che portano dritte a ricominciare il livello da capo.Se questa alternanza non vi spaventa, l’ultima fatica Hitbox Team saprà tenervi impegnati abbastanza a lungo.

Poco ma buonoIl minimalismo estetico della versione per PC torna, insieme alla ricercatezza e alla cura dei dettagli che sul brillantissimo schermo OLED di PSVita risaltano ancor più: Dustforce è un’ulteriore dimostrazione che non servono migliaia di poligoni ed effetti particellari da urlo per compiacere l’occhio, e che un buon comparto animazioni, una palette di colori azzeccata e il giusto accompagnamento sonoro possono restituire sensazioni assai piacevoli al pubblico.

Purtroppo, come per il gameplay, anche per l’aspetto tecnico non possiamo esimerci dal mettere qualche puntino sulle i: in un paio di circostanze, la magnetica colonna sonora, a base di sintetizzatori e ritmi indiavolati, si è improvvisamente ammutolita, lasciandoci nel silenzio più assoluto. In un caso il problema si è risolto da solo non appena tornati dalla stanza principale, mentre nell’altro è stato necessario riavviare il gioco per tornare a godere dell’accompagnamento sonoro.Probabilmente una patch risolverà la situazione, ma al momento la cosa lascia un po’ di amaro in bocca, esattamente come la scelta (non sappiamo a chi imputarla) di prevedere il cross play con PS3, ma non il cross buy.I 9,99 euro richiesti per il download non sono un prezzo eccessivo, ma di certo la possibilità di comprare sia la versione casalinga sia quella portatile avrebbe aggiunto valore al prodotto.

– Stile innegabile

– Sa come divertire…

– Veloce e tecnico

– Controlli non sempre perfetti

– …e anche come irritare

– Manca il cross buy

7.0

Siamo convinti che per proporre un gameplay senza compromessi, che richiede pazienza e precisione, un gioco debba essere impeccabile, tanto nel sistema di controllo quanto nel bilanciamento della difficoltà: Dustforce, che pure rimane consigliato agli amanti della acrobazie e delle sfide, non riesce ad essere esente da pecche in nessuno dei due ambiti, trasformandosi quindi in una ripida salita con qualche buca di troppo, che non tutti saranno disposti ad affrontare.

Come tutte le salite ripide, però, arrivare in cima offre soddisfazioni uniche, ripagando in parte della rabbia e della frustrazione accumulati.

Una patch che risolva qualche problema audio e magari il supporto al cross buy renderebbero perfetto un titolo che oggi è solo discreto.

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