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Recensione

7 Days to Die

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Avatar di Forla

a cura di Forla

Pubblicato il 13/07/2016 alle 00:00
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Il Verdetto di SpazioGames

4.5

Sembra incredibile ma gli zombie, anche dopo tanti anni di onorato servizio, sono ancora sulla cresta dell’onda. I ragazzi di The Fun Pimps hanno quindi deciso di utilizzare questi marcescenti raminghi nella loro produzione, un titolo che miscela meccaniche survival col crafting più sfrenato in stile Minecraft. Il titolo, che ha visto una lunghissima fase di early access su PC, invece di uscire dal limbo dell’incompiutezza preferisce approdare sulle console casalinghe, una scelta che non ci sentiamo in alcun modo di condividere. A fronte di tutte le problematiche emerse durante la nostra prova possiamo dire con certezza assoluta che sarebbe stato meglio sistemare il prodotto piuttosto che distribuirlo nello stato in cui versa. Se volete sapere perché è caldamente consigliato non sopravvivere all’apocalisse zombie, continuate a leggere.
L’orrore della desolazione
Partiamo subito descrivendo uno degli aspetti migliori del titolo, ovvero le possibilità di personalizzazione della partita. 7 Days to Die è un sandbox open world in cui l’unico scopo è la sopravvivenza, obiettivo raggiungibile attraverso la raccolta di risorse e il crafting di tutto ciò che è necessario: dagli strumenti di lavoro, alle armi e ovviamente il rifugio. Il mondo di gioco è popolato da non morti ed è quindi necessario essere adeguatamente preparati per affrontarli. Il titolo offre un’ampia gamma di impostazioni per definire in maniera piuttosto efficace quella che sarà la nostra esperienza. Prima di tutto si possono contare sei livelli di difficoltà, ognuno dei quali contiene dei preset per le altre impostazioni che possiamo comunque andare a modificare manualmente. Si può ad esempio intervenire sull’aggressività e l’andatura degli zombie, che normalmente sono lenti di giorno ma rapidi e feroci la notte, rendendoli sempre mansueti o bellicosi. Similmente possiamo settare parecchi fattori che vanno ad incidere sul gameplay, come la durata delle giornate, il drop degli oggetti alla morte, la durezza dei blocchi e il quantitativo di risorse che si trovano in giro. È inoltre possibile accedere alla modalità creativa che concede al giocatore di concentrarsi sulla costruzione senza dover badare troppo al fattore sopravvivenza. Una volta scelte tutte le impostazioni del caso si inizia la partita, ed è qui che le cose cominciano ad andare male. 
Indipendentemente dalla scelta della mappa, che può essere il modello predefinito Navezgane oppure generata randomicamente, ci ritroviamo immersi in ambientazioni spoglie e brutte da vedere. Alcune si difendono meglio di altre, ad esempio foreste e montagne sono effettivamente meno inguardabili dei deserti delle brulle steppe, ma la sensazione generale rimane quella di un gioco estremamente datato. 
Un breve tutorial ci introduce alle meccaniche di base di raccolta e crafting accompagnandoci nella prima mezz’oretta, durante la quale entreremo in possesso dei principali strumenti di lavoro, vestiti e armi. Si renderà palese anche la struttura “bloccocentrica” del titolo che, esattamente come Minecraft, permette di smantellare praticamente qualsiasi cosa e ricostruire da zero con i materiali ottenuti. Dopo aver appreso le basi però, l’unico motivo buono per esplorare le spoglie ambientazioni dovremo inventarcelo noi. Il titolo infatti non dispone di un sistema di missioni legate a NPC né tantomeno un impianto narrativo di alcun genere. Esplorazione, innalzamento delle caratteristiche del personaggio ed edificazione di una base operativa: questo è quanto c’è da fare senza praticamente nessun buon motivo per farlo, ma se sta bene a voi…
No
Spiace dirlo, ma oltre al sistema di crafting e building, che in effetti potrebbero riservare al giocatore appassionato un monte ore di gioco difficile da calcolare, per tutti gli altri l’offerta ludica è pessima. Il movimento per il mondo di gioco, lento e pesante, rende una tortura l’esplorazione. Il combat system è legnosissimo e le animazioni dei non morti sembrano provenire dall’epoca PS2; inoltre, tutte (davvero, tutte!) le morti degli zombie sono terribilmente glitchate (cosa che, lo ammettiamo, ci ha fatto sghignazzare parecchio). La gestione dei menù è macchinosa e mal si adatta all’utilizzo del pad, prolungando a dismisura i tempi di microgestione delle risorse e del crafting. Anche dal punto di vista estetico il titolo pecca gravemente, con ambientazioni sciatte e asset ripetuti all’infinito, che presentano un’apocalisse zombie che puzza di già visto, una spudorata e continua ripetizione di sé. Il tutto è condito da una serie infinita di bug e glitch che inficiano pesantemente l’esperienza di gioco. Il peggiore che abbiamo riscontrato causa il freeze dell’immagine per qualche istante e si ripete con una costanza veramente snervante. Se non volete essere partecipi di questo scempio da soli potete anche decidere di giocare in cooperativa in split-screen con un amico, in modo da poter soffrire a fianco di qualcuno che comprende a pieno le vostre pene. Il gioco dispone altresì di un comparto multiplayer, sia cooperativo che competitivo, nel quale potrete testare la completa inefficacia del sistema di shooting e il combattimento in mischia privo di impatti contro altri esseri umani spaesati quanto voi. In ultima analisi, 7 Days to Die è un gioco inaccettabile, il cui porting su console non solo è indegno, ma anche una presa per i fondelli nei confronti dell’utenza PC, pagante, che dal 2013 gioca in early access. Ci sentiamo di bocciarlo in toto sia come gioco in sé, sia in quanto rappresentante di una pratica irrispettosa dei giocatori,  che svilisce il medium videoludico.

– Parecchie impostazioni di personalizzazione della partita

– Sistema di crafting profondo

– Alcuni glitch fanno ridere

– Bug e glitch ovunque

– Combat system e animazioni legnose

– Tecnicamente inaccettabile

– Navigazione dei menù macchinosa

– Sopravvivere senza uno scopo (soprattutto da soli) non è divertente

4.5

Non ci sono mezzi termini per dirlo: 7 Days to Die è un gioco brutto, che magari sarà più gradevole e fruibile nella sua incarnazione PC, ma su console rimane inaccettabile. Il comparto tecnico d’altri tempi è affiancato da un combat system senza fisica e legnoso, mentre le animazioni dei nemici non si capisce bene se fanno ridere o piangere. Gli spostamenti lenti e la difficoltosa gestione dei menù rendono la fruizione pesante e macchinosa anche per un giocatore abituato a titoli incentrati su building e crafting. Dulcis in fundo, la presenza di numerosi bug, alcuni veramente allucinanti, minano definitivamente un’esperienza che sconsigliamo a tutti.

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