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Quando i soulslike incontrano le due dimensioni

Quando si pensa ai soulslike di solito vengono in mente i titoli ispirati ai capolavori di From Software generalmente in 3D, ignorando un interessante mondo parallelo creato in due dimensioni

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a cura di Silvio Mazzitelli

Redattore

Con l’uscita di Dark Souls, ormai quasi dieci anni fa, From Software creò un sottogenere all’interno degli RPG action che divenne un vero e proprio fenomeno della storia videoludica. Il capostipite in realtà fu Demon’s Souls, uscito nel 2009 in Giappone e attesissimo per il ritorno su PlayStation 5, che però non ebbe la stessa risonanza del suo successore, ma fu quasi un prologo a quello che sarebbe arrivato dopo.

Con Dark Souls il popolo dei videogiocatori riscoprì il gusto della sfida in un’epoca in cui molti titoli presentavano, nel gameplay, una semplicità a tratti eccessiva. Il capolavoro di Hidetaka Miyazaki fu la scossa che ci voleva in quel momento e da lì in poi arrivarono altri titoli simili, a cominciare dai due sequel dello stesso Dark Souls per poi passare a Bloodborne, caratterizzato da un gameplay molto più aggressivo, arrivando poi al premiatissimo Sekiro.

Questa nuova deriva degli action RPG prese un nome, ossia soulslike, che oggi sta a indicare tutti quei giochi che presentano caratteristiche molto simili al titolo originale di From Software, che ha di fatto creato, come accennavamo, un nuovo sottogenere.

Impresa lodevole in questo periodo storico, in cui tutte le strade possibili sono già state esplorate. Da lì in poi arrivarono molti titoli ispirati dal lavoro di From: basti pensare a Nioh, di cui è recentemente uscito anche un secondo capitolo, ma anche The Surge, Ashen, Code Vein e molti altri.

La cosa interessante dei Souls è che non soltanto sono riusciti a influenzare il genere degli action RPG in 3D, con tanti sviluppatori che hanno provato a cimentarsi nella loro personale visione del genere, ma hanno anche ispirato delle profonde innovazioni in altri ambienti, come il mondo dei giochi in 2D.

Questi si sono sviluppati parallelamente ai loro fratelli maggiori in 3D, con anche dei piccoli gioielli di design e gameplay, dando vita a un nuovo ramo: quello dei soulslike in 2D. Sono proprio loro a essere oggetto della nostra odierna disamina.

La morte in 2D

Oltre al combattimento, uno dei punti fondamentali di questo sottogenere è l’esplorazione. In ogni soulslike che si rispetti ci sono mappe molto complesse e variegate, collegate tra loro da scorciatoie e passaggi segreti che riconnettono intere aree di gioco tra di loro in modo da alleviare la frustrazione delle innumerevoli morti, evitando spesso al giocatore di ripercorrere totalmente zone già esplorate.

Nel caso dei giochi From Software abbiamo potuto ammirare alcune mappe incredibili sia per quanto riguarda il level design, con mondi di gioco connessi in maniera brillante tra loro, sia per la componente artistica, sempre suggestiva e piena di dettagli significativi anche per la trama.

Questa complessità, dovuta soprattutto alla tridimensionalità delle mappe, risulta difficile da trasporre in un contesto 2D. Ma nel mondo a due dimensioni esistevano già da molto tempo, persino prima dell’arrivo di Demon’s Souls, giochi con mappe complesse, piene di segreti e scorciatoie: stiamo parlando dei  metroidvania. Li citiamo perché i soulslike in 2D vanno sempre a braccetto con quest’altro genere, tanto che è ormai diventato un connubio quasi imprescindibile. D’altronde soltanto impostando le aree di gioco come un metroidvania si può restituire un'elevata complessità delle mappe anche in due dimensioni.

Resta dunque la magia dell’esplorazione, grazie alle meccaniche tipiche di questa tipologia, con abilità nuove che ci daranno accesso a zone inedite della mappa, o innumerevoli segreti nascosti dietro a delle pareti pericolanti, per citare due delle situazioni tipiche delle creazioni ispirate ai classici di Nintendo e Konami. Queste meccaniche ben si sposano con quanto i souls hanno da offrire.

Inserite poi un combat system basato su schivate, parate e gestione della stamina, nemici e boss brutalmente dannosi e qualche trappola per morire con ancor più facilità – a cui va aggiunto il sistema dei falò, tra resurrezioni e perdita di “anime” – e la progressione in stile RPG con oculata scelta della build in base al proprio stile di gioco: avrete così un perfetto soulslike in 2D. Anche questo ramo specifico però si è evoluto in maniera autonoma, non restando focalizzato su un modello base, ma arrivando a inserire elementi tratti addirittura da ulteriori generi.

Le molteplici facce dei soulslike bidimensionali

Pensando ad alcuni degli esempi più famosi di questo interessante sottogenere, possiamo far iniziare tutto da Salt and Sanctuary, titolo di Ska Studios uscito nel marzo 2016 su PlayStation 4 e poi giunto anche su tutte le altre piattaforme.

Salt and Sanctuary fu un po’ il capostipite di questa sperimentazione ed essendo stato uno dei primi – se non il primo in assoluto – era veramente molto classico nella sua struttura, tanto che fu appunto definito un Dark Souls che incontra Castlevania.

Il gioco ebbe un notevole successo sia di critica che di pubblico, grazie al sistema che riprendeva tutti gli aspetti principali dei soulslike e li adattava ottimamente per le due dimensioni (compresa la possibilità di lasciare messaggi e giocare in multiplayer, anche se solo in locale) e a una direzione artistica parecchio ispirata con personaggi disegnati a mano e un’atmosfera ben congegnata.

Da lì arrivarono altri interessanti titoli, ad esempio nel 2018 ci fu Death’s Gambit, creato totalmente in pixel art e anch’esso d’impostazione molto classica: ambientazione fantasy con la possibilità di utilizzare armi corpo a corpo e magie – ma con una vena un po’ più action rispetto a Salt and Sanctuary per via di una maggior velocità delle battaglie e per alcuni elementi introdotti, come ad esempio delle mosse speciali molto potenti per ogni arma.

Sono poi nate delle ibridazioni interessanti, come i recenti Dark Devotion e Blasphemous, entrambi accomunati dal tema di base, legato alla religione cristiana. Dark Devotion è uscito nell’aprile 2019, sviluppato da Hibernian Workshop e creato in una buona pixel art. Unisce a un sistema da soulslike e a un’enorme mappa interconnessa in stile metroidvania anche elementi da rogue like – o meglio lite, in questo caso. Infatti, a ogni morte il nostro personaggio perderà tutto l’equipaggiamento raccolto fino a quel momento: fortunatamente nell’hub principale di gioco ci sarà un fabbro che può ricostruirci, a costo zero, dell’equipaggiamento di base, che andrà a migliorare man mano che sbloccheremo nuovi progetti, uccidendo boss e mostri.

I migliori pezzi d’equipaggiamento si troveranno però solo sul campo, cosa che ci spingerà a cercare di sopravvivere il più possibile. Dunque niente falò da cui ricominciare a ogni morte, al massimo potremo ripartire da un teletrasporto attivato (massimo uno per volta) per tornare più vicini all’area della nostra ultima dipartita; in più aggiungete delle epiche boss fight e una trama molto enigmatica da scoprire per piccoli dettagli e avrete più di un richiamo ai soulslike, qui mixati con altri elementi in maniera originale.

Blasphemous invece è un titolo uscito a settembre 2019 e creato dagli spagnoli The Game Kitchen. Profondamente ispirato all’iconografia cattolica e realizzato in un’ottima pixelart di notevole impatto, in Blasphemous prevale maggiormente una componente più legata ai metroidvania, a cui si unisce una progressione tra platform e action in cui il nostro personaggio, il misterioso penitente, non si evolverà tramite statistiche da RPG, ma migliorerà le sue abilità trovando oggetti e potenziando la sua arma, la spada Mea Culpa.

Il combattimento è caratterizzato da una componente più action, in cui non sarà presente una barra della stamina ma sarà possibile utilizzare le preghiere, ossia delle speciali magie, tramite l’utilizzo di una sorta di barra del mana, più altri attacchi speciali con la propria spada, unica arma del gioco. C’è un sistema simile ai falò, ma con punizioni meno intense degli altri soulslike: dopo il decesso si vedrà infatti diminuita la propria barra legata alle magie, oltre ad altri malus minori. Sarà comunque possibile cancellare questi malus recuperando la propria “colpa” nel luogo della propria morte.

Anche Blasphemous è caratterizzato da intensi scontri con i boss e da una trama frammentata che lascerà al giocatore il piacere di scoprirla poco per volta e di interpretarla.

Il genere soulslike ha poi influenzato altri capolavori del mondo dei metroidvania, che, anche se definibili come dei soulslike in 2D in tutto e per tutto, hanno indubbiamente tratto ispirazione dai capolavori di From Software. Due esempi che tutti avranno presente sono Hollow Knight e Dead Cells.

Hollow Knight è un titolo del 2017 creato dal Team Cherry e uscito su tutte le console attuali e PC. Fondamentalmente è un metroidvania basato molto sulle fasi platform, ma presenta alcuni elementi in comune con i soulslike, come il sistema dei checkpoint simile ai falò, con conseguente perdita della valuta di gioco alla morte e la possibilità di recuperarla tornando sul posto.

C’è anche un focus particolare sulle boss battle, anche se non risultano così ostiche come nei soulslike, e soprattutto l’atmosfera e il modo di narrare la storia si ispirano molto al sottogenere appena citato.

Dead Cells, titolo degli sviluppatori Motion Twin uscito nel 2018, è un perfetto mix tra elementi da roguelike e metroidvania, ma al suo interno si sono fatte strada alcune meccaniche prese di peso dai titoli di Miyazaki, tanto che sul sito ufficiale del gioco questo viene definito dagli stessi creatori come “soul-lite” (ossia con meccaniche derivate dai titoli From, ma meno preponderanti che in altri giochi).

Stavolta la meccanica che più risalta è quella del recupero della vita persa attaccando con aggressività, cosa presente già in Bloodborne, ma non mancano boss impegnativi caratterizzati da pattern d’attacco da memorizzare e battaglie all’ultima schivata.

In conclusione

Miyazaki, prima con Demon’s Souls e poi con Dark Souls, ha creato un sottogenere che ha ispirato alcune delle menti più brillanti dell’industria videoludica. Grazie all’apporto della serie delle anime oscure sono comparse sul mercato tante idee inedite, basate su rielaborazioni ed evoluzioni del nuovo sottogenere soulslike; idee elaborate da diversi sviluppatori in tutto il mondo e che hanno portato queste meccaniche anche nel panorama delle due dimensioni.

Il motore dell’industria videoludica è da sempre stato la creatività e questi titoli in 2D, riusciti tanto quanto i loro fratelli maggiori in 3D, dimostrano che con delle buone idee alla base sarà facile creare un gioco in grado di intrattenere gli appassionati. Non ci resta che attendere con trepidazione la prossima incarnazione bidimensionale dei soulslike, per vedere se sarà all’altezza di quanto uscito finora – considerando che la febbre da Souls, complice anche l'avvento di Demon's Souls come titolo di lancio di PS5, è tutt'altro che paga.

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Commento

Miyazaki, prima con Demon’s Souls e poi con Dark Souls, ha creato un sottogenere che ha ispirato alcune delle menti più brillanti dell’industria videoludica. Grazie all’apporto della serie delle anime oscure sono comparse sul mercato tante idee inedite, basate su rielaborazioni ed evoluzioni del nuovo sottogenere soulslike, idee elaborate da diversi sviluppatori in tutto il mondo e che hanno portato queste meccaniche anche nel mondo a due dimensioni. Il motore dell’industria videoludica è da sempre stato la creatività e questi titoli in 2D, riusciti tanto quanto i loro fratelli maggiori in 3D, dimostrano che con delle buone idee alla base sarà facile creare un gioco in grado di intrattenere gli appassionati. Non ci resta che attendere con trepidazione la prossima incarnazione bidimensionale dei soulslike, per vedere se sarà all’altezza di quanto uscito finora.