Dan Houser, lo storico sceneggiatore di Grand Theft Auto e Red Dead Redemption, ha finalmente svelato i retroscena di uno dei più grandi misteri nel mondo dei videogiochi: perché Agent, l'ambizioso progetto annunciato da Rockstar nel 2009 come esclusiva per PlayStation 3, non ha mai visto la luce.
Durante un'intervista con Lex Fridman, l'autore ha ammesso di essersi cimentato con almeno cinque versioni diverse del gioco, senza mai riuscire a trovare una formula che funzionasse davvero per il gameplay in mondo aperto che ha reso celebre la software house.
La questione, secondo Houser, è di natura strutturale e riguarda l'essenza stessa del genere spionistico.
Gli elementi che rendono avvincenti i film di spie l'azione frenetica, le missioni contro il tempo, le tensioni geopolitiche e gli assassinii non si adattano bene a un videogioco open-world dove il giocatore si aspetta libertà di esplorazione e ritmi più rilassati.
"Quelle pellicole sono molto, molto frenetiche, e procedono battuta dopo battuta", ha spiegato Houser, sottolineando come nei film d'azione il protagonista debba correre da un punto all'altro per salvare il mondo, impedire un omicidio e poi di nuovo salvare il mondo.
Questo contrasto tra la natura cinematografica del genere spionistico e le meccaniche di gioco tipiche di un mondo aperto ha tormentato Houser per anni. Il creativo ha confessato che continua a pensarci anche di notte, cercando di capire se esista davvero un modo per far funzionare il concetto.
"Non so cosa sarebbe potuto diventare perché non siamo mai arrivati abbastanza avanti da sviluppare una storia vera e propria", ha ammesso, rivelando che il team si era limitato a creare versioni iniziali del mondo di gioco senza mai riuscire a dargli una direzione solida.
Le iterazioni di Agent esplorate da Rockstar variavano notevolmente nell'ambientazione. Se quella annunciata ufficialmente era ambientata negli anni Settanta durante la Guerra Fredda, Houser ha rivelato che almeno un'altra versione era stata concepita in epoca contemporanea.
Nessuna delle due, tuttavia, è riuscita a superare la fase di sviluppo preliminare proprio per le ragioni strutturali identificate dal game director.
Il problema fondamentale, secondo l'analisi di Houser, sta nel diverso approccio che i giocatori hanno con un mondo aperto rispetto alla narrazione lineare di un film. Nei titoli open-world di successo di Rockstar, il giocatore può prendersi tutto il tempo che vuole per esplorare, divertirsi e dedicarsi ad attività secondarie.
Questa filosofia funziona perfettamente quando si interpreta un criminale, perché per definizione non si hanno vincoli o ordini da seguire. Ma per una spia professionista, questa libertà entra in conflitto con la necessità narrativa di agire con urgenza e seguire precise direttive.
Houser ha lasciato Rockstar all'inizio del 2020, dopo una carriera straordinaria in cui ha firmato la sceneggiatura e la produzione dei titoli più iconici della casa di sviluppo, tra cui la serie Grand Theft Auto dal terzo al quinto capitolo, entrambi i Red Dead Redemption, Bully e Max Payne 3.
Nel 2024 ha fondato Absurd Ventures in California, una compagnia transmediale che si occupa di libri, fumetti, videogiochi e animazione ambientati in un nuovo universo creativo chiamato Absurdaverse. Con lui hanno fatto il salto anche altri veterani di Rockstar come Lazlow Jones e Michael Unsworth.
La riflessione finale di Houser solleva una questione che va oltre il caso specifico di Agent: è possibile creare un buon gioco spionistico in mondo aperto? L'autore sembra dubitarne, almeno se si vuole rimanere fedeli agli archetipi del genere.
La lezione appresa da questa esperienza fallimentare è che non tutti i generi cinematografici si prestano automaticamente alla trasposizione videoludica, soprattutto quando si cerca di applicarvi le meccaniche diventate standard per i giochi in mondo aperto.
Quello che funziona per un criminale anticonformista come i protagonisti di GTA potrebbe non funzionare per un agente segreto vincolato da missioni urgenti e protocolli operativi.