Cinema

Mission: Impossible - Fallout, la recensione del film con Tom Cruise

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Ci sono personaggi che più di altri riescono a entrare nell’immaginario collettivo, passo dopo passo, film dopo film, cambiando tutto senza cambiare niente. Non parlo necessariamente di supereroi in calzamaglia – dopotutto, di quelli ne è pieno il mondo – ma di semplici esseri umani con quel qualcosa in più, quella “scintilla” in grado di stravolgere il corso delle cose. Un coraggio, quello insito in loro, più raro di quanto si possa pensare e proprio per questo unico e indissolubile. Era il 1996 quando Ethan Hunt travolse il mondo delle spy stories con il primo Mission: Impossible (diretto da Brian De Palma). Oggi, anno 2018, nulla è cambiato. O quasi. La missione è ancora più che “possibile” per Ethan. E il regista Christopher McQuarrie lo sa bene, tanto che non ha dovuto insistere un granché per reclutare nuovamente Tom (Cruise) e la sua terribile forza di volontà. Anzi, in un certo senso potrebbe essere accaduto l’esatto contrario.

Mission: Impossible – Fallout prende il via esattamente come da programma. La minaccia ruota attorno a un temibile personaggio nascosto nell’ombra e chiamato Lark, di cui nessuno conosce la vera identità. Nel mentre, i Discepoli – gruppo terroristico di fama internazionale – ha tutta l’intenzione di mettere sotto scacco l’intero pianeta creando così un “nuovo ordine” (grazie anche a ben tre testate nucleari al plutonio). Una situazione sul filo del rasoio, che solo uno come Ethan Hunt (Tom Cruise) può tentare di di risolvere, nonostante MI6, CIA e agenti segreti di vario tipo facciano di tutto per complicare le cose, rendendole ancora più complesse. Vi è un po’ de I Soliti Sospetti nel DNA di questo nuovo Mission: Impossibile (scritto, e non è una coincidenza, proprio da McQuarrie). Il pericolo, avvolto nell’ombra, è questa volta impalpabile e incerto, tanto che spesso e volentieri si ha la sensazione che i buoni siano i veri cattivi. E viceversa.Nonostante i 56 anni, Tom veste ancora con estrema disinvolture i panni dell’agente sotto copertura dell’IMF: tra corse a perdifiato, salti nel vuoto, scazzottate e inseguimenti in aria e a terra, l’impressione è siano passati appena un paio di anni da quanto il buon Ethan lavorava al soldo del grande John Woo, in Mission: Impossible 2. E ciò è un bene. Mission: Impossible – Fallout non cerca però la spettacolarità a tutti i costi, bensì tenta (riuscendoci in larga parte) di dosare gli elementi che hanno reso immortale la serie, stando molto attenti a non tradirne lo spirito di fondo. E da questo punto di vista, il sesto capitolo di M:I non manca di certo il bersaglio.
Dove il film rallenta (poco) è verso la metà, quando il confine tra bene e male è ancora piuttosto labile e si ha come l’impressione che ogni dialogo sia messo lì solo ed esclusivamente per prepararci a quello che verrà (tranquilli, non vi riveleremo nulla di tutto ciò che ruota attorno al finale). Perché se questo sesto capitolo non funziona solo sulle sequenze action, perfettamente spalmate all’interno della pellicola, lo si deve a una trama che fa del “doppiogioco a più strati” il suo punto di forza, con l’agente Hunt sempre al centro dell’attenzione (oltre al fatto che la vicenda è legata a doppio filo a quanto visto nel precedente Mission: Impossibile – Rogue Nation). Senza dimenticare i personaggi di August Walker (interpretato da Henry Cavill, il Superman dell’Universo DC) e Ilsa Faust (Rebecca Ferguson), in grado di dare un boost non indifferente al quadro complessivo di questo Mission: Impossible – Fallout.Ma è Tom a fare da baricentro all’intera macchina produttiva del film: sono i suoi salti senza controfigura, le sue spericolate scene d’azione, le sue arrampicate a perdifiato a donare al film di McQuarrie quel quid in grado di distinguere Fallout dalla pletora di action movie apparsi in questi anni in sala. Finché il meccanismo funzionerà a dovere, la saga di Mission: Impossible è destinata a continuare negli anni. Sempre che l’agente Ethan Hunt abbia il coraggio, non appena i tempi saranno maturi, di affrontare una nuova “missione impossibile”. Noi siamo pronti a scommettere che sarà proprio così.

Il miglior capitolo della serie dai tempi di Mission: Impossible 2

Tom Cruise è inarrestabile

Qualche punto morto, specie verso la metà

8.0

Mission: Impossible – Fallout è innanzitutto un atto d’amore verso il personaggio di Ethan Hunt, che da oltre vent’anni crede che nulla sia impossibile, specie portare a termine la sua missione. Missione, che in quest’ultimo episodio diretto da Christopher McQuarrie porta ai massimi livelli il tasso d’adrenalina, senza mai scadere nelle banalità o i cliché del caso. E se la serie di M:I è arrivata sino a questo punto, un grazie lo si deve anche e soprattutto al buon Tom. Se l’agente Hunt non avesse la pellaccia più dura dell’acciaio, non saremo mai arrivati a questo punto.

Voto Recensione di Mission: Impossible - Fallout, la recensione del film con Tom Cruise - Recensione


8